Here comes the Sun

28 maggio PA, nell'entroterra della Fazione della Libertà

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    Quando Ambërle gli aveva detto che avrebbe dovuto tenere la mano a riposo, Iona era scattato in piedi ed era esploso come un tornado. Per quella sera si prospettava alquanto difficile completare il lavoro. Non poteva combattere con un arto invalido, sarebbe stato un suicidio. Senza contare che avrebbe dovuto affrontare due mercenari, due combattenti come lui, due assassini come lui e chissà quanto abili. Qualcosa doveva pur fare, ma cosa? Non poteva rimandare, non era nel suo stile. Quando c’era un lavoro da compiere si prefissava una scadenza e puntualmente la rispettava. Se decideva di portare tutto a termine in un giorno, lo faceva, se invece decideva per due ore, lo stesso. Era un mercenario molto organizzato, lui. Poiché lui era saltato in aria come una molla e aveva cominciato ad imprecare, Ambërle aveva fatto un passo indietro e l’aveva fissato sbalordita. Iona si chiese se non avesse esagerato. Fu allora che anche lei si innervosì. Esclamò che aveva passato due intere ore ad occuparsi di lui e desiderava che tutto il suo tempo non andasse sprecato. Iona rimase interdetto: difficilmente qualcuno si rivolgeva a lui in quel modo. Nessuno sfidava Iona. Forse solo qualcuno, in un pub o in un bar. Qualcuno di molto ubriaco o di molto stupido. Una volta lo aveva in un’osteria un ragazzotto che pretendeva di essere uno spadaccino dalle capacità immani. Aveva cominciato a punzecchiarlo dal momento in cui lo aveva visto in compagnia del proprio drago e non l’aveva più lasciato in pace. Forse era più giovane di lui e vantava di una certa stabilità economica a giudicare dalle sue vesti e dall’ottima manifattura delle sue armi. Eppure, taglia di più una lama arrugginita nella mano di un guerriero che non una spada d’oro nella mano di un ciarlatano. Iona ad un certo punto si era alzato, aveva lasciato il proprio boccale di vino e aveva guardato il ragazzo negli occhi. Ora che lui era in piedi, questi si era accorto di essere molto più basso di Iona ed aveva sgranato gli occhi. Poi in un certo qual modo, si era fatto coraggio e aveva estratto la sua preziosa lama da piccolo lord, brandendola come se fosse una mazza di scopa. Per un attimo, Iona ridacchiò perfino. La gente di un certo livello tende ad immaginarsi invincibile, « ma i soldi non ti salvano la vita. », aveva pensato. Anche lui un tempo era stato membro di una famiglia più che rispettabile, anzi. I Diarmuind erano veri combattenti, guerrieri assetati di sangue e macchine da guerra invincibili. Iona non si era preoccupato di estrarre la spada, aveva preso il proprio pugnale e l’aveva stretto tra le dita. Il ragazzo e gli altri uomini e donne seduti ai tavoli e al bancone erano scoppiati a ridere. Come poteva quella piccola lama vincere contro una spada di tutto rispetto? Il ragazzo aveva affondato il primo colpo e Iona l’aveva schivato come se non fosse avvenuto davvero. Due uomini possenti avevano sgombrato i tavoli e le sedie attorno a loro e creato una sorta di arena di battaglia. Qualcuno incitava il ragazzo, qualcun altro aveva persino fatto una scommessa su di lui: nessuno credeva che Iona potesse vincere. Il ragazzo aveva continuato a colpire e colpire furiosamente, senza mai riuscire a sfiorare la pelle di Iona. Alla fine, quest’ultimo aveva bloccato il fendente della spada con il piatto della lama del pugnale e con tutta la sua forza vi aveva spinto contro, buttando all’aria spada e spadaccino che aveva prontamente afferrato per il bavero della casacca e gli aveva puntato il pugnale alla gola, facendogli scorrere un rivolo di sangue. Vi erano stati applausi di ogni genere, grida, urla e boccali di vino offerti dalla casa ma a Iona non era importato: aveva dimostrato ancora una volta a sé stesso che nessuno poteva mettersi contro di lui. Quel breve istante in cui gli era tornato alla mente quel ricordo, lo estraniò per un attimo da ciò che stava accadendo attorno a lui. Si ricordò di Ambërle e tornò a fissarla, inarcando un sopracciglio. Lei lo fissò e, con un furbo sorrisetto stampato sul viso, gli disse che probabilmente una soluzione c’era. Si sedette e lo invitò a fare lo stesso. « Posso immaginare di che lavoro si tratti, ora che so che sei un mercenario, e sono disposta ad aiutarti, » disse, « Ma a modo mio. Che ne dici? Ci stai? ». Iona si era seduto e le aveva dedicato uno sguardo allibito. Come poteva chiedergli di affiancarlo nel proprio lavoro? Era forse impazzita anche lei? « Forse non hai ben capito di cosa si tratta » rispose lui mettendo su la più sardonica delle sue espressioni, « Stasera dovrò occuparmi di due uomini, due mercenari come me. Cosa credi di poter fare, tu? ». Iona la scorse per un istante, « Non si direbbe che tu abbia esattamente il fisico da guerriera. E poi, non credo che tu riesca ad immaginare il pericolo in cui incorreresti. » Mentre diceva quelle parole, Iona si fermò tuttavia a pensarci per un istante. Ambërle era una strega e, come tale, era a conoscenza di chissà quanti incantesimi differenti. Forse non era poi tanto impossibile come idea da scartare, anzi, poteva persino essergli utile. Fece una pausa, poi si sporse in avanti e la fissò intensamente negli occhi. « Supponiamo che io dovessi accettarti, la responsabilità di ciò che potrebbe avvenirti è solo e soltanto tua. » mise subito in chiaro, « Ma, in ogni caso, cosa avresti di preciso in mente? ».
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Eh beh, si sa che le pieghe criminali trasformano le role in scritti epici :guru:
     
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    Lo scatto di ira che ebbe Ambërle, sembrò stupire parecchio Iona, che la guardò quasi in maniera sconcertata. Per un attimo la strega notò che lo sguardo del ragazzo si era perso nel vuoto, così come la sua mente, probabilmente, si stava perdendo tra i sentieri che conducevano a chissà quale genere di ricordo. Ambërle attese che Iona tornasse sulla terra, lo fece senza fretta e nel mentre pensò a cosa avrebbe potuto fare. Con i suoi poteri non aveva mai fatto del male a nessuno, non ne aveva mai avuto bisogno, non si era mai trovata nei guai. Ciò non significava che non sapesse come fare: anno dopo anno, gli anziani del Boschetto si erano premutati di far apprendere a streghe e stregoni sia incantesimi curativi, sia incantesimi distruttivi. Ambërle aveva preferito di gran lunga l'uso della prima categoria di incantesimi, ma sapeva controllare gli elementi e sapeva sfruttarli a proprio vantaggio, e allo stesso modo conosceva incantesimi degni di nota per compiere un lavoro con i fiocchi, come Iona avrebbe fatto se ne fosse stato in grado.
    Quando lei gli propose il suo aiuto, lui lo rifiutò e quasi la schernì, ma lei non si scompose neanche un po'. Inarcò solo leggermente un sopracciglio, sorridendo beffarda. -Mi stai sfidando, cavaliere, non è così?-domandò, cercando di trattenere una risata. Iona non aveva idea, probabilmente, di cosa fosse capace un mago, che lo si sfidasse o meno; se fosse stata un'altro genere di persona, un altro genere di strega, Ambërle gli avrebbe sicuramente dato prova delle sue capacità, magari rompendogli un arto senza neanche dargli il tempo di rendersene conto. Ma no, lei non era così, lei non amava strafare né tanto meno fare del male agli altri senza il ben che minimo motivo, motivo per cui evitò qualsiasi tipo di incantesimo; se avesse accettato il suo aiuto, Iona avrebbe avuto più che una semplice prova delle sue capacità.
    Poi, improvvisamente, il cavaliere di drago parve riflettere e cambiare idea. "Ci siamo" si disse lei, capendo che era il momento giusto per giocarsi tutte le sue carte. --cominciò lei un po' incerta, sporgendosi leggermente verso di lui-Supponendo che tu mi accettassi, ne ricaveresti molto più di quanto pensi. Ucciderei quei due con immensa facilità Iona, dovresti capirlo da solo che ne sarei in grado. Il come dipende da cosa mi troverò davanti.- Ambërle aveva parlato lentamente, con una calma esageratamente snervante. Voleva mostrarsi sicura di sé, non voleva dare affatto a vedere che in realtà aveva un po' di timore ad uccidere qualcuno.
    Ambërle aveva sete e fece per alzarsi, ma poi ci ripensò. Non le costava nulla dare a Iona piccole prove delle sue capacità, così che, magari, avrebbe accettato senza troppi indugi. Fissò la brocca di vetro che si trovava su un vicino scaffale, si concentrò e quella cominciò a fluttuare nell'aria. Avrebbe voluto vedere che faccia aveva Iona in quel momento, curiosa di sapere se la cosa lo stupisse o meno, ma evitò di deconcentrarsi e portò a termine il viaggio della brocca. Quindi fece la medesima cosa con due bicchieri, poi guardò la finestra: adesso veniva la parte più difficile, anche se lei sapeva perfettamente di potercela fare. La finestra si spalancò e il vento fresco e carico del profumo dei fiori entrò nella stanza immediatamente. -Uisce- pronunciò lentamente e attese qualche secondo; poi un rivolo d'acqua guizzò attraverso la finestra spalancata e Ambërle lo guidò direttamente nella brocca, pienandola, quindi si girò a guardare Iona tutta soddisfatta. -Hai sete, Iona?-domandò, inclinando il capo di lato e sorridendo.
    Ambërle Labaarth @



    Non potrei essere più d'accordo :3 E qualcosa mi dice che tu hai una bella mente criminale..
     
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    Si accorse che Ambërle parlava in modo differente secondo lo stato d’animo che provava o che voleva provocare nel suo interlocutore. Iona aveva deciso di darle una possibilità, di vedere cos’era capace di fare quella strega oltre a preparare pozioni. Ci aveva pensato su, e l’idea di avere un’esperta dell’arte magica al suo fianco non gli andava proprio a genio ma neanche lo repelleva. Molti Cavalieri come lui avevano come compagni di viaggio streghe e stregoni; a volte erano amici d’infanzia, altre si erano incontrati durante i propri percorsi, altre volte ancora, c’erano sotto relazioni amorose. Iona non aveva mai incontrato stregoni che con lui avessero stretto amicizia. Non che Iona glielo avesse permesso. Non riusciva a capire come un mago potesse desiderare così ardentemente la compagnia di un Cavaliere e viceversa. Non pensava che potesse trattarsi di protezione e difesa d’entrambi. Il primo aveva dalla sua parte la magia, l’altro si presupponeva che fosse abile nell’arte militare e aveva al suo fianco una bestia feroce. Si immaginò per un attimo al fianco di Ambërle mentre girovagava per le fazioni svolgendo lavori dove lo richiedevano. Vide se stesso, Hrones e lei, che chiacchieravano. Gli parve assurdo. Aveva ventiquattro anni e, da quando ne aveva sedici non aveva avuto più nessuno al suo fianco eccetto Hrones. Si rese conto di essersi estraniato ancora una volta. Ambërle si sporse verso di lui. Disse che se l’avesse accettata, ne avrebbe tratto grandi profitti: la stava sottovalutando, era capace di uccidere quegli uomini, il come rimaneva di sua scelta. Iona notò una strana nota nella sua voce. Immaginava che Ambërle non avesse neanche mai ferito un uomo, chiaramente il doverne uccidere non uno ma, addirittura, due, la terrorizzava. Iona sorrise, e la fissò ancora una volta. « Vuoi fare la dura, Ambërle? Va bene, te lo concedo ». Vide che lei faceva per alzarsi, ma improvvisamente si bloccò. Si risistemò sulla sedia e fissò una brocca che si trovava su uno scaffale, quasi concentrandosi. Incuriosito, anche lui fissò quel contenitore. Lo vide tremare un po’ e poi sollevarsi in aria. Iona sollevò un sopracciglio e sorrise di gusto: Ambërle stava dandogli dimostrazioni del proprio potere. Il percorso della brocca terminò con un piccolo tonfo sul tavolo accanto al quale erano entrambi seduti. Portato a termine quel viaggio, Ambërle concentrò il proprio sguardo su due bicchieri e fece lo stesso. All’improvviso la finestra si spalancò ed una ventata di fresca aria primaverile sembrò riempire la stanza e cacciare via l’odore di chiuso. Ambërle disse qualcosa che Iona non capì. Dopo qualche secondo, un fiotto d’acqua entrò sinuoso dalla finestra, muovendosi sinuoso come una serpe fino a quando non raggiunse la brocca, riempendola totalmente. Ambërle si voltò verso di lui, esibendo un sorriso soddisfatto. Iona la fissò, sorrise e abbassò il capo come in segno di sardonica riverenza. Allora lei gli chiese se non avesse sete. « Mh... Acqua? Non avresti del vino, della birra o dell’hausbrand? » ghignò soddisfatto. Se Ambërle poteva sollevare una brocca e riempirla d’acqua, probabilmente qualora ve ne fosse stato il bisogno avrebbe potuto far fluttuare una pietra acuminata e scagliarla sulla testa di uno dei mercenari. Sospirò. « Va bene, » ammise infine, « Stasera verrai con me. Io ti ho avvertita. » fece una pausa fissandosi la mano fasciata. « Ecco il piano. Lùberon dista circa quindici miglia da qui e la raggiungeremo in circa dieci minuti volando con Hrones. Hrones ci lascerà in un punto strategico e scavalcheremo le mura della città. Fortunatamente non sono ben protette. Una volta giunti lì, grazie ad una mappa troveremo la bottega del mercante e ci infiltreremo al suo interno. Io mi occuperò delle due guardie e tu sarai dietro di me di guardia. Siamo d’accordo? ». Iona le aveva illustrato il piano per sommi capi, il resto sarebbe venuto da sé. « Poiché viaggeremo di notte, dovrai riposarti. Non voglio pesi di alcun genere, non dovrai fiatare o fare mosse avventate. Ascolterai tutto ciò che ti dirò e farai altrettanto. Ricordati che se qualcosa dovesse andare storto, siamo spacciati entrambi. » Iona si accasciò sulla sedia e cominciò a dondolare la testa avanti e indietro, guardandosi attorno. Attendeva la risposta di Ambërle: sicuramente si sarebbe spaventata e avrebbe rinunciato a venire con lui. Sorrise fra sé, immaginando che probabilmente l’aveva spaventata. O forse no. Ambërle aveva una certa tempra, doveva ammetterlo: più di una volta l’aveva sfidato quel giorno. Un nuovo pensiero si fece strada in lui: dove avrebbe riposato attendendo quella notte? Doveva trovare una locanda, ma era escluso riuscire a scovarne una nei paraggi. Aveva visto il panorama dall’alto mentre Hrones era in volo e non aveva scorto altro se non case e minuscole villette. Spesso aveva dormito anche nelle radure e nelle foreste, appoggiato al tronco di un albero o usando un masso come cuscino. Ma si era trattato di appena un ora, non un intero pomeriggio. Se avesse dormito scomodamente per tutte quelle ore, si sarebbe svegliato troppo intirizzito e dolorante. Decise che in ogni caso vi avrebbe pensato più in là. Si drizzò nuovamente appoggiando le spalle allo schienale e la fissò. « Allora? Dov’è il mio boccale di vino? » ridacchiò beffardo.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Io? Su, così mi fai arrossire! :3
    Visto? ùwù Iona già comincia a pensarci. Potrebbe pensarci meglio in un letto caldo e comodo però... :gurufiore:
     
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    Mentre si dilettava nel trasporto di brocca e acqua, Ambërle si rese conto di quanto quello spettacolino potesse risultare ridicolo, in un certo senso. Se Iona avesse accettato la sua proposta, di certo lei non si sarebbe dovuta divertire a far fluttuare oggetti come fosse stata un fenomeno da baraccone. Vedeva immagini di corpi stesi a terra, sangue ovunque che le annebbiava la mente. Fortuna voleva che Ambërle non era mai stata debole di stomaco, il sangue non le aveva mai causato problemi, sia che fosse in minime quantità sia il contrario; certo, i cadaveri non era all'ordine del giorno, ma si sarebbe adattata. Trovare un cavaliere da servire era sempre stato il suo sogno, per svariati motivi: lei sarebbe voluta essere un cavaliere, ma il destino le aveva riservato dei poteri magici piuttosto che abilità con le armi, ma lei aveva imparato ad accettare tutto questo. Ciò non toglieva che il suo voler avere a che fare con i draghi fosse svanito; quando aveva scoperto che molti cavalieri chiedevano l'aiuto di un mago, lei si era prefissata un nuovo obbiettivo: diventare abile in più campi possibili e cercare un cavaliere che l'avrebbe accettata per queste sue abilità. Iona non era certo il tipo di cavaliere a cui aveva sempre pensato, era un po' burbero e sfacciato, ma tutto sommato non sembrava male. Finché si fosse comportato in modo ragionevole e si fosse dimostrato una persona intelligente e in grado di tenere in piedi una conversazione, ad Ambërle sarebbe andato bene, benissimo.
    Quando anche l'ultima goccia di acqua finì nella brocca, Iona le sorrise di rimando e abbassò il capo per "rendere omaggio" a tutto ciò che aveva visto. E poi chiese tutto fuorché dell'acqua. Ambërle lo fissò allibita: davvero credeva che tutto ciò fosse stato fatto per offrirgli uno stupido bicchiere d'acqua? Per quel che la riguardava, se si fosse trattato solo di quello, Iona si sarebbe anche potuto servire da solo. Sbuffò contrariata e fece per chiamare a sé il vino che aveva in casa, quando Iona la stupì, accettando la sua proposta. Ambërle si illuminò, aveva voglia di saltargli addosso come fanno le bambine vedendo tornare a casa il padre dopo un'intera giornata d'assenza. Prontamente, Iona le illustrò il piano, chiaro e comprensibile. E soprattutto semplice. Si, perché detto così, quel piano non sembrava prevedere nulla di difficile, nulla che lei non avrebbe potuto sostenere, nulla che non avrebbe potuto affrontare e superare con facilità estrema. Quando Iona finì di illustrarle il tutto, Ambërle lo guardò accigliata, quindi inarcò un sopracciglio e disse -Tutto qui?- Poi scoppiò in una risata, che probabilmente agli occhi di Iona la fece passare per una sciocca. Raccolse tutte le sue forze e tornò in sé, un po' a fatica, quindi cominciò a scusarsi prontamente -Sul serio, perdonami, è che mi aspettavo che fosse più difficile come missione!-cominciò a spiegare, ancora con le lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco, l'ombra di un sorriso ancora sul viso. Si costrinse a calmarsi del tutto, Iona avrebbe potuto anche innervosirsi per quella sua sconsiderata reazione, e ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
    Poi, con fare da attrice, si diede un leggero schiaffo sulla fronte, dicendo -A, già, il vino!- quindi, con un sorriso, pronunciò -Fíon- ed attese. Pochi secondi dopo, dal buco della serratura della porta, entrò un fiotto di vino rosso, talmente fino da risultare quasi invisibile. Il liquido si gettò nel bicchiere davanti a Iona, impregnando l'area del suo forte odore. Ambërle, invece, si versò dell'acqua nel bicchiere, alzandolo leggermente quasi a voler brindare e bevendo subito dopo, senza aspettare che Iona rispondesse al gesto. -Avrai bisogno di ristoro anche tu, Iona-constatò la strega, fissandolo negli occhi e sostenendo lo sguardo duro e beffardo di lui senza problemi, avendo ormai superato la diffidenza e la timidezza innate nei confronti di chiunque -Mangerete e dormirete qui, bevete e vi mostrerò la vostra stanza.-concluse, alzandosi e riponendo la brocca e i bicchieri da dove li aveva presi, chiudendo poi la finestra e attendendo che anche Iona si alzasse e la seguisse.
    Ambërle Labaarth @


    Oh, ma figurati! :')
    Ma tranquilla che casa Labaarth è tipo una locanda, se ha fame mangia pure xDxD
     
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    Non appena aveva udito il piano, Ambërle era scoppiata in una fragorosa risata. Iona era rimasto accigliato. « Tutto qui? » aveva chiesto lei tra le lacrime. Si aspettava qualcosa di più per questa missione. Iona aggrottò le sopracciglia. Qualcosa di più? Cosa credeva, che far fuori due mercenari sicuramente grossi come querce armati fino ai denti fosse come giocare a mescolare intrugli? Scosse la testa irritato, ma si convinse a mantenere la calma. « Credo che tu non abbia ben capito, Ambërle » si sforzò di risponderle tranquillamente, « Forse ti sfugge qualche particolare. Vedi, probabilmente non hai mai conosciuto un mercenario in vita tua. Anzi, avrei ragione di credere che io sono il primo che incontri. » Improvvisamente si bloccò. Ambërle non poteva conoscere i mercenari, certo. Lei non sapeva nulla di quel mondo nascosto che si agita convulsamente nell’ombra. Lei era cresciuta sicuramente in una famiglia amorevole, che le era rimasta accanto sempre e comunque, che l’aveva cresciuta, che l’aveva educata, che l’aveva amata e che non l’aveva mai lasciata sola. Ambërle possedeva entrambi i genitori, una casa accogliente, l’amore di una famiglia e, Iona poteva immaginarlo, miriadi di amici ovunque. Lui, d’altro canto, non aveva nulla di tutto questo. O comunque, non lo aveva più. Nonostante la sua fosse stata una famiglia di mercenari, di guerrieri e di assassini, l’avevano amato come non mai. Suo padre, alla sera, lo prendeva sulle ginocchia e gli raccontava le sue avventure di quando aveva l’età di Iona; suo nonno gli insegnava a tirare d’arco e a centrare un bersaglio tirando lame differenti; sua nonna aveva sostituito la madre che non aveva mai conosciuto, gli aveva raccontato delle storie fantastiche fino a quando era stato troppo piccolo, e gli aveva dato libri da leggere quando era divenuto capace di farlo. Quanto amava la storia di quel gruppo di Hobbit e del magico Anello. Era la sua storia preferita in assoluto, la ricordava in ogni singolo dettaglio. Sua nonna Deidra una volta gli aveva detto che quella storia era stata scritta tanti e tanti anni prima della sua nascita e, addirittura, ancor prima dell’Apocalisse. Allora il piccolo Iona aveva desiderato ardentemente essere impavido come Frodo e saggio come Gandalf. Si guardò ancora una volta la mano fasciata. All’indice indossava un anello d’oro. Non lo aveva mai tolto. Se lo indossava, era in memoria di sua nonna, di Frodo, della Terra di Mezzo, della sua infanzia felice, dell’amore che aveva ricevuto quando era un bambino. Tornò a parlare con Ambërle e il suo tono si addolcì. « Quello che voglio dire... È che non basterà far fluttuare una brocca per uccidere due uomini che... Salutano la morte come una vecchia amica. » Iona si fermò a pensare. Da dove gli era uscita quella frase? Sicuramente, da uno di quei libri che sua nonna gli aveva fatto leggere da bambino. « Io non so quanto sia capace un mago, non l’ho mai saputo, ma spero che le tue abilità ci siano utili, Ambërle. O saremo davvero nei guai. ». La ragazza si ricordò che lui desiderava del vino. Non era essenzialmente la sua bevanda preferita. Preferiva l’hausbrand, dolce e ardente come una fiamma, nelle giornate di inverno quel concentrato liquoroso aveva il potere di riportare in vita i morti. Anche il vino fluttuò nell’aria, serpeggiando attraverso il buco della serratura di una porta e riempendogli il bicchiere. Iona afferrò il bicchiere, smosse il liquido e lo portò alla bocca, bevendolo tutto d’un fiato. Il sapore era dolciastro, ma non era poi tanto male. Ambërle desiderava che rimanesse a dormire lì. Gli avrebbe dato un pasto e una camera, per prepararsi per quella notte. Iona sgranò gli occhi. Davvero gli stava offrendo tutto ciò? Forse la fortuna non lo aveva poi abbandonato. Lei si alzò, sparecchiò il tavolo e gli fece cenno di seguirlo, poiché gli avrebbe mostrato la sua stanza. Iona si alzò a fatica, essendo piuttosto spossato. Si sgranchì le lunghe gambe e inarcò la schiena. Si avvicinò ad Ambërle, pronto a seguirla. « Tu sei la prima... Come dire? Stolta che offre il letto ad un mercenario » sghignazzò sfoderando un sorriso beffardo. « Sei sicura che vada bene? Anche per i tuoi genitori, intendo. » Iona si accorse che non pronunciava quasi mai la parola “genitori” e quando la pronunciava non era mai accompagnata dall’aggettivo “miei”. Socchiuse brevemente gli occhi, passandosi una mano tra i capelli. « In ogni caso, sembra che io debba ringraziarti. Per tutto, ecco. » Si accorse nuovamente che non ringraziava mai nessuno. Solitamente, erano gli altri che lo ringraziavano per aver loro risparmiato la vita.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Pfff, voglio proprio scoprire in che letto farai dormire il mio Iona, sciagurata :gurufiore:
     
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    Le parole di Iona suonarono ad Ambërle come un rimproverò. I suoi occhi si abbassarono e cominciarono a contemplare il pavimento, mentre la vergogna tornava a farsi strada in lei. Iona aveva ragione, uccidere due persone come quelle non era come fare trucchetti di magia da quattro soldi per impressionare qualcuno e persuaderlo ad accettare una qualche idea, come aveva fatto lei. Significava molto di più, e nonostante lei si sentisse pronta ad affrontare anche un omicidio, se serviva davvero a farla entrare completamente nelle grazie del cavaliere, c'era qualcosa radicato dentro di lei, nel profondo, che le suggeriva di lasciar perdere tutto, che era tutta una follia e che sicuramente non sarebbe filato liscio come aveva progettato Iona, e i suoi sogni sarebbero sfumati per sempre. Ma Ambërle non avrebbe rinunciato a quella possibilità, era troppo concreta per lasciarla andare. -Si, sei il primo mercenario che incontro-confessò lei rialzando lo sguardo-Ciò non significa che non ti avrei potuto affrontare e distruggere in un battito di ciglia.-Fece una pausa, cercò le parole migliori per continuare il suo discorso e si accorse che non esistevano parole cosiddette migliori, ma semplicemente parole, che se dette in un certo modo e in un certo contesto, avrebbero avuto una loro efficacia. -Un mago è più pericoloso di un assassino, Iona, dobbiamo ringraziare non so quale entità visto che nelle fazioni regna ancora la pace, visto che non è ancora comparso nessuno squilibrato che sfrutta la magia in maniera sbagliata, esercitando poteri negativi che distruggerebbero l'equilibrio del nostro mondo.-Stava parlando con calma e serietà e qualcosa le diceva che quelle erano le parole più convincenti che avesse mai potuto trovare -Ma se mai dovesse apparire un individuo simile, non ci sarà spada o drago in grado di fronteggiarlo. Ti sarò più utile di quanto credi, te lo prometto.- E se prometteva, Iona poteva star certo che non sarebbe venuta meno a quella promessa.
    Iona bevve il vino, poi ascoltò ciò che Ambërle aveva da dirgli e rimase allibito. Già, lei era una folle, lo aveva dimostrato nel momento in cui si era fidata di uno sconosciuto. Sorrise -Questa stolta ha le sue ragioni, mercenario.-gli rispose, poi uscì dalla stanza, imboccando uno stretto e buio corridoio, dove lei sarebbe potuta andare senza il bisogno di accendere la luce, ma lui no. -Éadrom-disse quindi, lasciando che una specie di palla luminosa fluttuasse tra le strette mura e illuminasse il loro cammino. -I miei non avranno problemi, sanno già che rimarrai qui per un po'!-confessò lei, che aveva già progettato tutto fin dall'inizio. -Non devi ringraziarmi, Iona, siamo... pari, adesso.- "Se tutto andrà a buon fine saremo molto più che pari!" pensò lei, quindi si fermò davanti ad una porta. -Conlàn- disse, e la porta si aprì un po' scricchiolante. C'era odor di chiuso in quella stanza, che di rado veniva aperta per qualcuno. -Non è il massimo, ma è comunque meglio di niente-gli disse entrando e aprendo la piccola finestra per far cambiare un po' l'aria. Poi si riavvicinò alla porta -Non ci sono chiavi in questa casa, puoi immaginare perché-ridacchiò-Se vuoi posso chiuderti qui e lasciarti riposare, poi ti vengo a chiamare quando la cena sarà in tavola.-
    Ambërle Labaarth @


    Tz, ma nel mio, mi pare più che ovvio. Nel mio mio, intendo :3
     
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    Ambërle sorrise al suo averla chiamata “stolta” e, uscendo dalla stanza, imboccò uno stretto cubicolo buio e privo d’aria. Iona aveva abbassato la testa, poiché non vedeva nulla, per evitare di sbatterla qualora il soffitto si fosse abbassato vertiginosamente. Ambërle lo precedeva sicura della propria strada, mentre lui era costretto a tastare le mura come i ciechi. Allora lei pronunciò una parola che Iona non capì, e un globo di luce si andò creando innanzi a loro. Iona socchiuse le palpebre per abituarcisi e si guardò attorno. Le mura erano più strette di quanto aveva immaginato e il soffitto non era poi tanto basso quanto s’era aspettato, poteva camminare a testa alta. Per i suoi genitori, disse che non sarebbe stato un problema, poiché a quanto pare sapevano che si sarebbe fermato lì per la notte. Iona si fermò a pensarci. Lo sapevano? Le ipotesi erano effettivamente due: o Ambërle aveva organizzato tutto sin dall’inizio, o aveva il vizio di invitare a dormire a casa propria il primo sconosciuto che incontrava sulla sua via. Non doveva ringraziarla, disse lei, ormai erano pari. Iona ci rimuginò sopra. Come potevano essere pari se lui non aveva fatto nulla per lei? Ci pensò e rimandò indietro i suoi ricordi fino a quel mattino, quando l’aveva incontrata. Non aveva fatto proprio nulla lui, anzi. Aveva impugnato la lama dalla parte sbagliata, aveva rischiato di recidersi una vena, si era fatto curare da lei, servire del vino e offrire un rifugio per quella notte. Se questo era “essere pari”, Iona non lo comprendeva proprio. Sentì qualcuno che lo chiamava e si bloccò. Certo, non è che l’avesse propriamente sentito. Era stato più... Come se avesse pensato che qualcuno l’avesse chiamato. Istintivamente fece quel percorso a ritroso e sbucò nuovamente nella stanzetta dove lui e la ragazza erano stati fino a quel momento. « Hrones? » chiamò mentalmente. « Sono tra gli alberi accanto alla casa, Iona. » rispose il drago, « Che succede? ». « Ambërle mi ha medicato la ferita. E offerto un letto per stanotte... » rispose lui. « C’è forse dell’altro? » chiese ancora Hrones. « E stasera viene con noi. » si risolse d’ammettere Iona. « L’avevo immaginato. Bene, io rimarrò qua fuori, se hai bisogno di me devi solo chiamarmi ». Iona disse che l’avrebbe fatto e tornò indietro, ripercorrendo nuovamente lo stretto corridoio fino a giungere accanto ad Ambërle. Quando lei lo guardò, lui biascicò un “Hrones” facendo spallucce. « I tuoi sanno di Hrones? Insomma, non vorrei che uscissero di casa e si ritrovassero quel bestione davanti agli occhi. Potrei mandarlo di nuovo via ma, in effetti, non saprebbe dove andare e... Non sono abituato a stare lontano dal mio drago, comprendimi. » disse Iona tutto d’un fiato. Intanto lei aveva aperto la porta ed era entrata. La stanza non era molto grande, ma sufficientemente vivibile per una persona. Iona non era un tipo schizzinoso, anzi, si accontentava molto facilmente. C’era odore di chiuso, probabilmente non veniva utilizzata quasi mai. Ambërle aprì la finestra e lasciò che un po’ d’aria esterna rinfrescasse la camera. Il letto era piuttosto basso, come constatò Iona. Lui era solito comparare l’altezza di un letto con le sue gambe. Se era molto più basso, alzarsi sarebbe stato, per così dire, “faticoso”. Il letto era ben fatto, contava di materasso, cuscino e due coperte. Accanto ad esso, vi era un piccolo cassone di legno e al di sopra un mozzicone di candela in un contenitore di bronzo. C’era anche una sedia, dall’altro lato della stanza. Iona si affacciò alla finestra. Essa dava sul retro della casa. Pensò che fosse ottimale per stare vicino a Hrones. Sospirò e si stiracchiò tutto. Le ossa scricchiolavano e sentiva i muscoli a pezzi. Sbadigliò e si sedette sul letto, allungandovi le gambe sopra. Questo cigolò sotto il suo peso, ma pareva essere molto resistente. Ambërle fece una battuta circa l’assenza di chiavi in quella casa. Iona ridacchiò scuotendo la testa con finto disappunto. Lei gli chiese se preferisse essere chiuso là dentro ed essere richiamato per la cena. Iona guardò ancora dalla finestra, e constatò che erano nel pieno del pomeriggio. « Va bene così, non c’è bisogno che tu mi chiuda. Piuttosto, non dovremmo cenare tardi o avremo il peso del cibo sullo stomaco. » disse. « Ah, e un ultima cosa. » si sistemò il cuscino dietro la testa e piegò le gambe affinchè fosse più comodo. « Non amo la verdura, quindi ti pregherei di non cucinare nulla del genere. » rise di gusto. Si guardò le maniche della camicia. Erano macchiate di sangue e nonostante si fossero comunque asciugate, rischiava di sporcare le lenzuola. Si tolse la casacca, la appallottolò neanche fosse uno straccio e la lanciò sulla sedia, dove questa atterrò scompostamente.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Ehiiiii Reagiscimi (?) a questi ultimi righi! :gurufiore:
     
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    Iona seguiva la strega senza fare un fiato, probabilmente sforzandosi un po' per cercare di non inciampare o sbattere da qualche parte in quell'ambiente buio e sconosciuto. Quando Ambërle si girò per un attimo per vedere se fosse tutto apposto, lo vide come intento a dare spiegazioni a qualcuno; e, infatti, Iona la guardò e pronunciò il nome del suo drago, segno che erano intenti a conversare. Ambërle annuì leggermente ed entrò nella stanza, aprendo la finestra per far rinfrescare l'aria. Vide Iona studiare la piccola stanzetta. Era piccola e piuttosto spartana, ma d'altronde i Labaarth non la usavano molto, anzi, a dire la verità l'avevano usata davvero pochissime volte. Un tempo era stata la stanza della piccola Ambërle, ma quando scoprirono di aver adottato una strega per figlia, Marcus e Annabelle si dettero da fare per costruire un'altra ala della casa, per farle una stanza più grande e un laboratorio, entrambi spaziosi e utili per tutto ciò che concerneva la magia. E così, quella piccola stanzetta era diventata "la stanza degli ospiti" di uso raro e occasionale, ossia solo quando un qualche cliente di Marcus o di Annabelle si avventurava nella foresta e rimaneva a dormire lì prima di affrontare il viaggio di ritorno.
    Iona chiese ancora se i genitori di lei sapessero di Hrones, e spiegò che l'idea di farlo allontanare nuovamente non gli andava a genio. Ambërle scosse la testa in segno di diniego -Non ne sanno nulla e per ora è meglio che non lo sappiano, o mi sarà impossibile uscire di casa senza creare troppi sospeti, così come sarebbe impossibile per te riposare e compiere un lavoro dignitoso, se lo scoprissero.-gli spiegò la strega. Se i suoi genitori fossero venuti a conoscenza della vera identità di Iona e dell'istenza di un drago nelle loro vicinanze, probabilmente Ambërle sarebbe stata chiusa in casa a vita. -Gli diremo che ti sei semplicemente perso, nulla di più.-concluse lei, quindi passò a tutt'altro argomento, chiedendo al cavaliere se volesse che la stanza fosse chiusa. Lui rispose di no, avvertendola poi che sarebbe stato meglio mangiare presto, aggiungendo anche il genere di pietanze che non avrebbe gradito. Per tutta risposta, Ambërle inarcò un sopracciglio, cercando di nascondere l'espressione divertita. -Tra un'ora sarà pronta la cena, ma, a meno che tu non voglia morire di fame, dovrai adattarti-spiegò lei, sorridendo beffarda-Mio padre oggi non è andato a caccia, non abbiamo carne in casa e, a meno che Hrones non voglia offrirci un pezzo di sé, temo che dovrai accontentarti delle verdure!- E non lo stava affatto prendendo in giro. Rimase ancora lì, sulla porta, per gustarsi la reazione di Iona, ma mentre lei gli aveva dato notizie sulla cena, lui si era tolto la maglia, mettendo in bella vista il fisico scolpito tenuto gelosamente nascosto fino a quel momento. Ambërle arrossì di colpo e uscì in fretta dalla stanza per evitare figure imbarazzanti.

    Tornò esattamente un'ora dopo, evitando di entrare però nella stanza per paura che Iona avesse ben pensato di togliersi anche i pantaloni. Bussò leggermente alla porta. -E' pronto in tavola, se vuoi.-balbettò un po' incerta, non sapendo se alla fine Iona si sarebbe presentato a cena per mangiare le tanto odiate verdure oppure no.
    Ambërle Labaarth @


    Et voilà, reagito ti ho :3
     
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    Iona non sognava quasi mai ma, quando lo faceva, ciò che vedeva era assurdo, mostruoso o senza senso. Il sogno che fece quel pomeriggio, probabilmente era tutt’e tre le cose. Si ritrovò a casa sua, quella dove aveva vissuto quando era ancora un bambino. Nel sogno era adulto e stava entrandovi attraverso la porta principale. Questa si aprì con il solito cigolo e lo introdusse nella sala principale. Nulla era cambiato, tutto era al suo posto. Le poltrone dei suoi nonni davanti al camino proiettavano lunghe ombre scure sul pavimento, il fuoco scoppiettava allegro, sul tavolo da pranzo, in fondo alla sala, era stata imbandita una lauta cena. Iona piegò leggermente il viso di lato, aggrottò le sopracciglia e si guardò attorno. Sembrava che non vi fosse anima viva. Percorse la stanza fino ad arrivare al tavolo da pranzo. La cena era stata preparata da poco poiché ancora fumava. Iona si guardò ancora una volta in giro ma nulla: non un rumore, non un respiro, nulla che accennasse la presenza di qualcuno in quella casa. All’improvviso però, udì un piccolo tonfo sopra di lui. Di scatto Iona alzò la testa fissando il soffitto, poi estrasse il pugnale e salì silenziosamente le scale che conducevano al secondo piano. Il legno scricchiolava sotto i suoi passi, ma non gli importava. Udì un altro tonfo, più forte. Girò la testa di scatto per seguire il rumore: proveniva dalla sua camera da letto. Furtivo come un gatto, si accostò alla parete e, stringendo l’elsa del pugnale, si accostò alla porta. Sentì un ennesimo piccolo tonfo e una vocina che canticchiava. Spinse piano la porta ed entrò di scatto, puntando la lama davanti a sé. Ma non accadde nulla. Abbassò lo sguardo e vide un bimbo, molto piccolo, giocare con un cavallo di pezza. « Iona, sei tu! Mi hai spaventato. » disse con la sua voce sottile e tornò a giocare. Iona lo fissò sgranando gli occhi. Quello era Luke, il bambino con cui giocava sempre da piccolo. Era il figlio del migliore amico di suo padre e passavano molto tempo insieme. Adesso era lì, che giocava con il cavallo di pezza che un tempo era stato suo, quando nelle notti tempestose lo stringeva forte e si addormentava abbracciandolo. Quando ancora non aveva avuto Hrones. Lui giocava con quel pupazzo quando era bambino, adesso era cresciuto. Eppure, perché Luke invece no? Perché Luke era ancora il bambino che lui ricordava? Più confuso di prima, uscì indietreggiando dalla camera e si ritrovò nel corridoio. Udì dei passi venire verso di lui e si voltò di scatto. Gli apparve innanzi una figura femminile, una giovane donna che indossava un abito verde, molto chiaro. Gli andò incontrò e lo salutò con un sorriso. Iona socchiuse prima gli occhi, per capire chi fosse, poi li spalancò sopraffatto: era la mamma del piccolo Luke, Abigail. « Vieni giù, Iona. La cena è pronta » sorrise la donna e, afferratolo per un braccio, lo condusse da basso insieme a lei. In quel momento si spalancò la porta principale ed entrò un uomo. Era alto, muscoloso, dal fisico possente e dai lineamenti duri. Portava di traverso sulla spalla un’ascia per tagliare la legna e fischiettava un motivetto che Iona non aveva mai sentito. « Iona! » lo chiamò con la sua voce profonda, « Finalmente sei venuto. Sono certo che Abigail abbia preparato una cena meravigliosa per noi, questa sera! » . Si avvicinò alla donna e la baciò, poi appoggiò l’ascia accanto al muro e si sedette a tavola, afferrandolo per un polso e costringendolo a fare lo stesso. Iona conosceva quell’uomo. Era Ruben, il migliore amico di suo padre. L’aveva visto tante volte a casa sua. Iona si sedette e lo fissò intensamente. Un senso di oppressione gli pervase il cuore e cominciò a provare insofferenza nello stare seduto lì. « Dov’è la mia famiglia. » chiese all’improvviso. Ruben lo guardò prima e scoppiò in una fragorosa risata dopo. « Oh, non devi più preoccuparti di loro. Ho fatto ciò che era giusto. » rispose. Iona si guardò attorno, come preso dal panico, e il suo sguardo si posò sull’ascia. Era lurida di sangue fresco. Si alzò di scatto rovesciando la propria sedia e il tavolo. Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata e, preso dal terrore, prima rivolse a Ruben un forte ringhio, poi uscì di filato dalla porta principale, ritrovandosi fuori casa. In preda alla confusione e all’angoscia si mosse convulsamente prima a destra e poi a sinistra, fino a quando non raggiunse il luogo dove suo padre spaccava la legna per l’inverno. Il ceppo era ricoperto di sangue. Iona cominciò a tremare, tanto da non riuscire a muoversi. Poi guardò oltre il ceppo e le vide. C’erano tre teste, poste dritte sul terreno. Iona cadde in ginocchio, tremando come non mai, con il respiro mozzato: una era di suo padre, l’altra di suo nonno e l’ultima di sua nonna.

    Fu la voce di Ambërle che lo avvisava della cena a svegliarlo. Aprì gli occhi e si passò una mano tra i capelli. Scoprì di aver sudato molto mentre dormiva e di essersi mosso altrettanto. Il cuscino era sul pavimento, le coperte scarmigliate lasciate cadere oltre il materasso. Si drizzò a sedere e si guardò attorno. Lo prese un senso di vertigine che lo costrinse a piegarsi in avanti per non crollare. « Solo un sogno, Iona. Solo un sogno » si disse. Si sforzò di alzarsi e girò la testa più volte per riacquistare mobilità al collo. Si guardò: si sentiva tutto appiccicoso a causa del sudore che gli imperlava la pelle. Vide la camicia sulla sedia, l’afferrò, si asciugò e la rilanciò. Con passo malfermo, percorse lo stretto corridoio, tastando i muri per non cadere. Si ritrovò nella stanza dove Ambërle gli aveva medicato la ferita. Lei lo attendeva seduta al tavolo che aveva imbandito con bicchieri, una caraffa di vino, delle coppe e un cesto con del pane al suo interno. Si sedette si strofinò il viso. « Solo un sogno, Iona. » si ripetè. Spostò il proprio sguardo sulla ragazza. « Salve », la salutò con il suo solito sorrisetto sardonico dipinto sulle labbra, « Spero che tu abbia avuto modo di riposarti per bene. ». Tentava di allontanare quel pensiero parlando con la ragazza.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Molto bene. :guru: *voce pedofila mode on*
     
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    Dopo aver lasciato Iona riposare, Ambërle aveva trovato i suoi genitori intenti a cenare. Si accigliò, confusa. Nonostante fossero abituati a mangiare presto, guardando fuori dalla finestra Ambërle si rese conto che era troppo presto. -Che diavolo...-balbettò, entrando nella cucina. Sua madre le rivolse un sorriso dolce, suo padre si limitò ad alzare gli occhi per un solo istante, tornando poi a concentrarsi sulla spalla di maiale che stava affettando. Bene, avevano carne. -Perché state mangiando adesso?-domandò un po' incerta. Annabelle la guardò confusa, cominciando a spiegare che sia lei che Marcus avevano pensato che lei e il suo amico avrebbero gradito di più una cena da soli. Ambërle arrossì violentemente, abbassando lo sguardo. Certo, una cena da soli avrebbe fatto comodo sia a lei che a Iona, i suoi si sarebbero fatti meno sospettosi nei confronti dello sconosciuto, ciò non significava che fosse ciò che voleva. -Non era ciò che avevo previsto, ma... Suppongo di dovervi ringraziare!-disse con molta calma, continuando a fissare il pavimento. Suo padre le offrì il piatto con le fette di prosciutto e sua madre vi aggiunse del formaggio e del pane, quindi la spedirono fuori dalla cucina.
    Ancora intontita da quell'inaspettata cortesia, Ambërle si diresse verso il suo laboratorio; sgomberò il tavolino da libri e quant'altro, poggiandovi il piatto. Tornò a prendere in cucina altri due piatti e si ricordò che Iona gradiva il vino più che l'acqua, ma forse non era opportuno farlo bere prima di lavorare. Apparecchiò la tavola con cura e aveva appena finito di sistemare il tutto che Iona entrò nella stanza; l'aveva chiamato dieci minuti prima, per dargli il tempo di svegliarsi mentre lei finiva di apparecchiare, e il ragazzo se l'era presa molto con comodo, tuttavia sembrava ancora non del tutto desto. Ambërle si rese conto che non aveva rimesso la maglia, quindi arrossì per l'ennesima volta, evitando di guardarlo. -Non ho riposato affatto, non ero stanca.-balbettò velocemente, quindi lo invitò a sedersi. Tirò un sospiro, costringendosi a comportarsi da persona normale, e si fece coraggio. Lo guardò e lo invitò a sedersi; se lo stava mangiando con gli occhi. Iona aveva proprio un gran fisico, oltre che un bel faccino!
    -Pare che i miei sapessero che le verdure non sarebbero state di tuo gradimento, spero che questo possa andare.- Poi studiò il volto di lui, non era sereno come quando l'aveva lasciato, né eccessivamente risposato come sarebbe dovuto essere. -Qualcosa non va?-domandò timidamente.
    Ambërle Labaarth @


    Il tuo pedofilare mi inquieta D:

    PS. Scusa la risposta veloce, ma sto andando un po' di fretta >.< ♥
     
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    Iona si sedette al tavolo e notò che c’era anche della carne. E poi, non metteva su neanche un chilo lui. Meglio così, non poteva vivere senza. Questo era un altro di quei tanti fattori che lo accomunavano a Hrones; ad esempio, la carne la preferiva al sangue. Ne poteva mangiare fino a scoppiare e volerne dell’altra. Chiese ad Ambërle se avesse riposato e lei, guardandolo per un attimo, arrossì prima di rispondergli. Iona aggrottò le sopracciglia a quel suo atteggiamento. Fece spallucce: non lo capiva proprio. Ambërle disse di non aver riposato poiché non era stanca. Iona si accorse infatti che era abbastanza in forze. Solo lui era messo peggio della carne da macello. Si rese conto di essersi riposato molto poco: anche se aveva dormito per diverse ore, i suoi non erano stati sonni tranquilli. Si stropicciò gli occhi, poi prese la caraffa del vino e se ne versò una quantità abbondante nel bicchiere, bevendolo poi tutto d’un fiato. Cominciò a masticare del prosciutto, e si rese conto d’avere un mal di testa micidiale. Scosse il capo più volte, come per allontanarlo. Ambërle lo guardò e gli chiese se andasse tutto bene. Iona fu incerto su cosa risponderle. Doveva dirle che andava tutto bene? Era palese che così non fosse. Probabilmente era anche un po’ pallido. Doveva raccontarle del sogno? No, non avrebbe capito. Sospirò, poi voltò il viso verso di lei. « Sono distrutto, Ambërle. Ho mal di testa, torcicollo, ho dormito sonni molto movimentati e il dolore alla ferita ancora non mi è passato. ». Si accorse di essersi lamentato come un bambino viziato e si biasimò per quello: non era da lui comportarsi così. Iona non si lamentava mai. Prese una fetta di pane e la addentò. Non aveva tanta fame, ma si sforzava di mangiare per non ritrovarsi poi senza forze. Afferrò nuovamente la brocca del vino, riempì il proprio bicchiere quasi fino all’orlo e lo svuotò in una volta sola. Lo riempì un’altra volta e fece lo stesso. Prese del prosciutto, ne mangiò un po’ e la lasciò il resto nel piatto. Fissò Ambërle. « Sei pronta? » le chiese. Lui non lo era per niente. Si accorse di non volerci andare, a Lùberon. In realtà, non aveva voglia di fare niente. Ma doveva muoversi. Sapeva che se si fosse ritirato si sarebbe racchiuso su se stesso in posizione fetale come un riccio in letargo, lasciando avvicinare solo Hrones e soltanto nei momenti in cui sarebbe stato più accondiscendente. « Ho fatto un sogno, Ambërle. » disse infine, « Non è che da qualche parte ti ritrovi un intruglio per scacciare via i fantasmi del passato? ». Si strofinò il viso con entrambe le mani, cercò di ravviare i capelli tutti scompigliati, fece schioccare le nocche. Fra circa un’ora avrebbero dovuto mettersi in viaggio: prima portavano a termine quel lavoro, meglio sarebbe stato per tutti. Cosa avrebbe fatto dopo? Forse sarebbe potuto tornare a Ovest, nella fazione dei Valorosi. Tornare all’Isola Verde dopo ciò che aveva visto quel pomeriggio era assolutamente escluso. Prese nuovamente la caraffa e tentò di versarsi dell’altro vino. Stava bevendo dannatamente troppo. La ripose e allontanò il bicchiere in malo modo. Scostò la sedia per essere più comodo e si rivolse ad Ambërle. « Ripetiamo il piano. Hrones ci lascerà sulle mura di Lùberon, in un punto dove sono più basse. Se non dovessimo riuscire a scavalcarle dovremmo calarci al loro interno, ma in quel caso sarebbe piuttosto complicato. Io ho una mappa, » disse estraendola dalla tasca dei pantaloni e aprendola sul tavolo, « Questa croce rossa che vedi è la casa del mercante. Non ho idea di come sia fatta e di come sia possibile entrarvi, lo scopriremo al momento. Io mi infiltrerò nella camera del mercante, cercherò i due mercenari e li farò fuori. Tu mi starai dietro. Qualsiasi cosa accada, non metterti davanti, o ti ridurranno in carne da macello. Per il resto... Nulla, tutto qui. Se ne usciremo vivi, a lavoro compiuto ci attenderà Hrones sulle mura. » Il mal di testa era diventato insopportabile. Gli bruciavano gli occhi e aveva le vertigini. Credette di avere la febbre. Infatti, si toccò la fronte e constatò che scottava. Iona si era ammalato pochissime volte. Aveva un fisico di ferro, lui. Si ammalava di rado e quando lo faceva, i sintomi li avvertiva appena. Si sentiva accaldato e sapeva di stare sudando. Appoggiò un gomito sul tavolo e si accasciò sul braccio, lasciandosi cadere a peso morto.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Macchè, non devi preoccuparti :guru:

    Figurati, a me sta bene :3 Anche io sto cercando di rispondere il prima possibile perché mi sto divertendo xD

     
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    Ambërle non si aspettava una risposta a quella sua ultima domanda, qualsiasi cosa non andasse in Iona, era sicuramente una questione privata e non avrebbe avuto alcuna intenzione di dirglielo. Invece si aprì, fu una risposta secca e veloce, ma sufficiente a confermarle i suoi sospetti. La strega annuì silenziosamente, mangiando un pezzo di formaggio e versandosi dell'acqua. Era palese che avesse dormito male, forse per il letto: a lei era successo di dormire in un letto che non era il suo e di svegliarsi piena di dolori. Ma quello era tutto ciò che avrebbe potuto offrirgli, le dispiaceva per i suoi molteplici dolori, ma lei non avrebbe potuto farci nulla.
    L'attenzione di Ambërle fu poi catturata dalla caraffa di vino che, alla fine, aveva deciso di portare. L'aveva riempita fino all'orlo, nonostante si aspettasse che Iona sarebbe stato abbastanza accorto da non bere più di un bicchiere, anche perché quel vino era forte a quanto diceva suo padre. Invece si meravigliò del tutto quando notò che, per metà, la caraffa non era più tinta del liquido scuro. Ambërle sgranò gli occhi, Iona aveva fatto fuori almeno quattro o cinque bicchieri di vino in soli dieci minuti. La strega lo guardò per un attimo, notando gli occhi lucidi e persi un po' nel vuoto. Poi, di nuovo, Iona parlò e a quel punto Ambërle pensò che quelle parole fossero dettate in parte dal vino che aveva in corpo. Non era stato il letto in sé il problema, scoprì lei, ma il sogno da lui fatto, un incubo di sicuro. La strega scosse il capo, notando che il ragazzo aveva allontanato il vino in malo modo. -L'unica cosa utile che potrei darti, ti metterebbe KO nel giro di pochi minuti e non so quanto potrebbe esserti utile visti i piani di stasera-gli rispose, dopo aver ingollato l'ultima fetta di prosciutto; aveva ripulito il piatto poiché aveva una gran fame. -L'unica cosa che so-cominciò a dire, abbozzando un sorrisetto e fissando il vino-E' che quello non ti aiuterà!- A quel punto, così come un'ora prima l'aveva fatto arrivare, Ambërle fece sparire il vino, che abbandonò la stanza sotto forma di un serpente che strisciava lontano.
    Quando poi Iona tirò fuori una mappa e cominciò a spiegare nuovamente il piano, Ambërle prese a seguirlo con attenzione, fissando la croce rossa che vedeva disegnata quasi al centro della mappa. Si rese conto di conoscere quel paese, ci era stata solo un paio di volte, ma ricordava quelle vie; soprattutto, ricordava quella casa e chi vi abitava. Rabbrividì. -Lo so io, come è fatta-esordì, senza staccare gli occhi dalla mappa-Sarà più difficile del previsto.- Ambërle si perse per un attimo nei suoi ricordi: nella mente, nitidissima, apparve l'immagine di una casa piuttosto grande, la maggiore di tutto il quartiere; l'entrata principale introduceva gli ospiti in un ampio corridoio, il quale dava su un immenso salone, apparentemente l'unica stanza della casa. Ma da lì, attraverso una porta, si accedev ad un secondo corridoio e alla vera casa del mercante. -La sua camera è la terzultima stanza sulla sinistra, lo so perché sono andata con mio padre una volta. In cambio della selvaggina ci ha dato delle stoffe, prese proprio dalla sua camera.-cominciò a spiegare la strega, fissando adesso Iona-Non è un uomo che raccoglie troppe simpatie intorno a sé, motivo per cui la casa è circondata da mercenari. Chi ti ha dato l'incarico era dannatamente malinformato.-
    Ambërle cominciò a pensare a come avrebbero potuto aggirare tutti quegli ostacoli, se avessero superato la sicurezza esterna alla casa, entrare non sarebbe più stato un problema; a quel punto si sarebbe trattato di uccidere solo i due mercenari a guardia della stanza del mercante, e il gioco era fatto. -Non so di preciso quante guardie stiano all'ingresso e quante nei dintorni della casa, ma abbiamo comunque bisogno di un diversivo.- Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro davanti alla finestra, fermandosi poi ad osservare le prime stelle mentre nella sua mente frullavano mille idee, tutte scartate immediatamente. -Ti viene in mente qualcosa?-domandò poi, voltandosi a guardarlo.
    Ambërle Labaarth @


    Tu dici, eh? xD
    AHAHAHAHAHAHAHAH meno male, allora cerco di sbrigarmi, anche perché ora comincia la actioooooooooooon :woot:
     
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    Iona fu stupito di sapere che Ambërle conosceva la casa del mercante. Questo era un punto a suo favore. In quel momento un pensiero gli balenò nella mente: aveva accettato quell’incarico con fin troppa facilità. Ora che ci pensava meglio, non aveva nulla su cui basarsi. L’uomo che era andato a cercarlo per quel compito era un tipo strano, dalle movenze a tratti studiate e a tratti troppo impulsive. Non gli aveva neanche spiegato bene come avrebbe dovuto raggiungere la casa del mercante, a quello aveva dovuto pensarci lui stesso. Ambërle gli descrisse la casa. Da come la raccontava, gli ambienti sembravano essere abbastanza ampi, il che permetteva maggiore movimento e possibilità di fuga ma, d’altra parte, le probabilità che venisse accerchiato durante la lotta erano altrettanto alte. Poi, tutte quelle camere in successione erano un pericolo. Non sapeva dove avrebbe potuto trovare i mercenari. E se fossero stati più di due? Se il suo cliente avesse mentito? Iona cominciava ad avere dei seri dubbi. Perché avrebbe dovuto mentirgli? Tutto ciò non andava di certo a suo favore. Iona scosse la testa come ad allontanare quel pensiero e si concentrò su altro. Ambërle disse che la casa era circondata da mecenari. Iona sgranò gli occhi. Come? Circondata significava che vi erano uomini assetati di sangue ovunque. Un nuovo dubbio fece capolino nella sua mente. Difficilmente un mercenario si legava a qualcuno e svolgeva di compito di cane da guardia, neanche se la paga fosse stata più che buona. Lui lo sapeva bene, più volte gli avevano fatto quella proposta e l’aveva rifiutata. Quindi, non riusciva a spiegarsi come ciò fosse possibile. O la paga era sufficiente a sistemare a vita quel mercenario, oppure... Non si trattava di mercenari. Uno strano senso d’angoscia afferrò lo stomaco di Iona e lo contorse. Troppe incoerenze in quella richiesta, dannatamente troppe. E lui aveva accettato. Si disse di non pensarci, si disse che aveva accettato quel lavoro normalissimo e che l’avrebbe portato a termine, si disse che sicuramente Ambërle si era sbagliata e che, alla fine di quella notte, sarebbero sopravvissuti entrambi. Ambërle pensò bene di creare un diversivo. Iona si complimentò mentalmente con lei: a lui proprio non era venuto in mente. Cosa poteva essere un diversivo così importante da permettere loro di infiltrarsi nella casa del mercante e uccidere quei due o tre mercenari che fossero. In quel momento gli venne la risposta: Hrones. Mandare Ambërle a fare da diversivo non sarebbe stato il caso, e poi preferiva averla accanto a sé piuttosto che spedirla a fare l’esca per un branco di lupi sanguinari. Sentiva che glielo doveva, dopotutto. « Molto bene, ci penserà Hrones a fare da diversivo. » disse. Hrones avrebbe saputo come fare, ed era piuttosto escluso che qualcuno fosse così imbecille da attaccare un drago. E poi, Hrones sapeva il fatto suo e al minimo cenno di pericolo, Iona lo sapeva, avrebbe raso al suolo tutta la città pur di poter portare in salvo il suo padrone. « Lui sa come fare ». Il piano era stato deciso e mancava ormai poco al momento in cui la luna sarebbe stata al massimo della sua ascesa al cielo. Iona si alzò e si pulì i pantaloni dalle briciole di pane. « Io vado a vestirmi e a chiamare Hrones. Fra dieci minuti partiamo. » decise, e si avviò per il corridoio. All’improvviso si fermò e tornò indietro. <strong>« Ehm, Ambërle? » la chiamò con una nota d’imbarazzo in quella sua voce piena e adulta, « Grazie per la cena. ». Così dicendo corse letteralmente via, nella sua stanza. Si affacciò alla finestra della sua stanza e chiamò mentalmente il drago. Questi arrivò quasi subito e disse che li avrebbe aspettati sul retro della casa. Iona si dichiarò d’accordo, chiuse la finestra, si infilò la camicia e uscì di nuovo, raggiungendo il cortile e attendendo che arrivasse la ragazza.

    Ambërle arrivò cinque minuti dopo e Iona la condusse sul retro dove li attendeva il drago di lui. Hrones si era nascosto nel fitto degli alberi e, al buio della notta, difficilmente sarebbe stato possibile scorgerlo. Quando il drago udì i loro passi, si drizzò allungando il collo oltre le fronde dei rami e muovendo leggermente la coda alla vista del proprio padrone. Iona sorrise fra sé, contento anche lui di potersi ricongiungere al proprio drago. Gli occhi di Hrones brillavano pallidi nell’oscurità, come due piccoli falò pallidi accesi nella notte. Iona condusse Ambërle verso di lui, la aiutò a salirvi e si sistemò questa volta dietro di lei, affinché ella non si sbilanciasse e rischiasse di cadere. Hrones gli domandò se il piano fosse cambiato e, dispiegate le grandi ali, si alzò in volo nel buio della sera come un enorme pipistrello. Iona gli spiegò cosa avrebbe dovuto fare. La bestia inizialmente non si pronunciò, poi accettò di fare da diversivo. Iona sapeva che la cosa non gli andava a genio, soprattutto perché preferiva rimanere nei dintorni della casa del mercante per vegliare sul proprio padrone. Volarono per circa un quarto d’ora prima di scorgere le mura di Lùberon. Il paesaggio sotto di loro non era cambiato di una virgola. Distese immense di alberi si stagliavano sotto la scura ombra del drago, mentre la luna splendeva assurdamente pallida nel cielo limpido e senza nubi. Il vento provocato dalla corsa sferzava il viso di Iona e fu costretto a piegarlo in basso, affinchè non gli andassero i capelli negli occhi. Quando raggiunsero le mura della città, Hrones planò fino ad abbassarsi alla loro altezza e si fermò a sud, dove oltre alla camminata delle mura c’erano anche due rampe di scale e nessun soldato a fare da guardia. Il drago atterrò dolcemente con un piccolo tonfo e Iona scese per primo. La città era più grande di quanto avesse creduto e le vie dannatamente strette. Come avrebbe fatto Hrones ad infilarvisi? Sospirò e l’ansia si impossessò nuovamente di lui. Scosse la testa ed afferrò Ambërle per aiutarla a scendere. Hrones volò via, dopo averlo pregato di fare attenzione. Avrebbe fatto tutto il possibile affinché il piano andasse a buon fine, ma se avesse avvertito pericolo sarebbe corso a prenderli e insieme sarebbero fuggiti via. Iona annuì e lo salutò con un cenno. Qualsiasi cosa avrebbe deciso di fare la bestia per attirare l’attenzione su di sé sarebbe stato sufficiente. Quando il drago se ne fu andato, Iona si guardò attorno per trovare la prima rampa di scale. Guardò Ambërle per un attimo, poi le fece segno di fare silenzio e, furtivamente si diresse verso di essa. Scendeva i gradini silenzioso come un gatto, girandosi ogni tre secondi per vedere se qualcuno li stesse osservando. Si rese conto di avere il fiato grosso e si maledì per quel respiro troppo rumoroso. Le mura non erano poi tanto alte e i gradini non furono molti. Quando furono finalmente a terra, Iona tirò fuori la mappa e, identificato il punto in cui erano e quello in cui sarebbero dovuti arrivare, virò a nord e prese per una piccola viuzza lastricata.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Ci saranno colpi di scena, cara :guru:

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    Iona sembrava confuso, ma soprattutto turbato da quella notizia. Non se ne poteva fare una colpa, pensò Ambërle, ma non poteva neanche negare a sé stesso di essere stato ingannato, al 90% delle probabilità. Ambërle lo vide pensare, ragionare, mentre lei raccontava quel che ricordava della casa del mercante. Quell'uomo era grasso, questo era un dettaglio che ricordava perfettamente, e quello era un secondo motivo per cui si muniva di mercenari; inebriato dal vino, l'uomo aveva raccontato a suo padre che non aveva mai saputo neanche impugnarla, una spada, e che senza quegli uomini, probabilmente, la sua testa sarebbe già stata appesa ad una picca alle mura del paese. All'epoca dei fatti, Ambërle era rimasta scandalizzata non tanto dalle rivelazioni quanto dal fatto che l'uomo era troppo aperto con degli sconosciuti, cosa che lei non avrebbe mai fatto, ma era solo una bambina. Adesso rabbrividiva al pensiero che forse non era stato un caso che Iona fosse capitato lì con quel genere di incarico, che forse era scritto da qualche parte che dovesse andare così, che lei potesse essere la chiave per la sua salvezza, non una ma ben due volte.
    Quando chiese se avesse in mente un diversivo, Iona rispose che il suo drago sarebbe stato perfetto per quel ruolo. Ambërle annuì, avvicinandosi al tavolo e cominciando a sparecchiare, mentre il ragazzo le diceva che sarebbero partiti di lì a dieci minuti. Lei annuì, nuovamente, in silenzio, assorta nei suoi pensieri. Si risvegliò da essi solo quando udì ancora la voce di Iona, che la ringraziava per la cena prima di sparire nel corridoio. Ambërle scosse la testa, sorridendo raggiante, e sussurrò un "prego" piuttosto divertito; magari, pensò, Iona non era quello che voleva far credere di essere.
    Portò piatti e bicchieri nella cucina e, velocemente, preparò la tisana che ogni sera portava ai genitori. Un pensiero le balenò nella mente: se i suoi genitori avessero dormito sotto l'effetto di un sonnifero, lei e Iona sarebbero potuti uscire ed entrare in casa indisturbati. Il proposito di drogare i suoi genitori la fece rabbrividire, ma lo faceva per il loro bene, per non farli preoccupare eccessivamente. Corse nel suo laboratorio e prelevò da uno scaffale il sonnifero più potente che possedesse, quindi tornò in cucina e ne verso un po' nelle due tazze. Le portò poi ai suoi genitori, serenamente come faceva sempre, e si disse stanca; li salutò con un bacio sulla fronte ciascuno e sparì nella sua stanza. Lì prese il mantello più scuro che possedesse e una borsa nel quale andò a mettere pomate ed erbe che sarebbero state utili a Iona, se fosse stato ferito, quindi lo raggiunse.

    Hrones li attendeva ai margini del bosco e Ambërle non poté fare a meno di notare la felicità della creatura nel rivedere il suo padrone, vivo e vegeto. La strega si lasciò aiutare da Iona per salire in sella al drago e gli sorrise per ringraziarlo. Quel pomeriggio, in volo, era stata completamente presa dal paesaggio, ma di notte non si vedeva assolutamente nulla e così, quasi senza pensarci, si rilassò del tutto, appoggiandosi al petto del cavaliere e rimanendo così fino a che le mura della città di Lùberon non furono visibili. A quel punto l'eccitazione riprese il sopravvento su di lei e quell'ultimo tratto di volo se lo fece lottando contro il forte vento che la costringeva a stare a teta bassa, fissando le case sotto di lei.
    Hrones li lasciò vicino ad una scala sulla quale lei e Iona si avventurarono. Ambërle si accorse di quanto il ragazzo, a differenza sua, avesse il passo leggero; l'unico suono che tradiva la sua presenza era il respiro pesante, dettato sicuramente dalla preoccupazione per quell'impresa che si era rivelata diversa da ciò che aveva pensato. Superarono le mura in pochi minuti e puntarono a nord, camminando in una stradina lastricata, deserta. Nelle vicinanze doveva esserci qualche taverna, poiché Ambërle poteva udirne gli schiamazzi tipici, ma quella era l'ultima delle sue preoccupazioni. Si guardava intorno di continuo, prima a destra e poi a sinistra, aspettandosi chissà quale genere di attacco dalle mura delle case o, più ragionevolmente, dalle strettissime intercapedini tra una casa e l'altra; si voltava di tanto per vedere se aveva qualcuno alle spalle, per il resto guardava fisso davanti a sé studiando la figura di Iona che si muoveva molto più sicura di lei tra quei vicoli sconosciuti. Camminarono verso nord per una decina di minuti buoni, poi virarono verso est; stavano raggiungendo il centro della città, la piazza del paese e, una volta lì, giungere alla casa del mercante avrebbe richiesto un minuto scarso camminando a passo svelto.
    E, di fatti, Iona e Ambërle raggiunsero la piazza in poco tempo; l'unica forma di vita era un gatto che si abbeverava silenzioso, oltre ovviamente a loro due che attraversavano furtivamente la piazza. Quando furono in vista della casa del mercante, i due si nascosero dietro un muro per studiare la scena: come previsto da Ambërle, davanti alla porta dell'abitazione stavano due uomini, piuttosto grossi fisicamente, e con tutta probabilità altri di quella stessa stazza se ne stavano ai lati della casa. -Dov'è Hrones?-domandò lei, impaziente di avere la via libera.
    Ambërle Labaarth @



    Ci piacciono i colpi di scena *-*
    Questa role va incorniciata :gurufiore:
     
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    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Arrivare davanti alla casa del mercante fu semplice. Avevano attraversato poche vie e sviato solo una volta. La casa del mercante era proprio nella piazza del paese, il che aveva i suoi lati positivi e negativi. Di positivo, c’era che se ci fosse stato un problema e fossero riusciti a scappare, avrebbero potuto prendere da lì qualsiasi strada e perdersi nei meandri della città. Di negativo c’era che se avessero fatto troppo rumore, si sarebbe svegliata tutta la città e Iona non osò neanche immaginare cosa sarebbe potuto succedere. Si affacciarono sul lato est della piazza, tenendo la casa del mercante difronte a loro. Celati dietro un muro, Iona e Ambërle osservavano ogni cosa evitando di fare il minimo rumore. Iona si voltò per studiare l’abitazione. Due grossi omaccioni facevano da guardia all’ingresso, mentre sembrava che non vi fossero altri uomini attorno alle mura. La casa si ergeva su due piani e prendeva gran parte dell’intero spiazzo. Iona notò che le finestre del piano di sopra erano spente, mentre quelle da basso accese. Poteva significare essenzialmente due cose: o il mercante dormiva di sopra e le sue guardie stavano al piano di sotto a fare chissà cosa o esattamente l’opposto. Iona osservò per bene le guardie. Erano piuttosto alte e fin troppo robuste. Non indossavano particolari strumenti di protezione eccetto delle giubbe di cuoio rafforzato. Una delle due fissava il cielo piuttosto annoiata e l’altra sembrava in procinto di crollare per il sonno. Non erano certamente mercenari. Troppo esposti, troppo poco attenti, troppo robusti per esserlo. Doveva ucciderli, entrambi. Ambërle chiese dove fosse Hrones. Le parole della ragazza si persero in un sussurro soffocato quando questi apparve, alto nel cielo, a creare una grossa ombra sulla piazza. Egli spalancò le ali e coprì la luna: era il momento adatto. Alla guardia che scrutava il cielo prese un colpo tale alla vista del drago che quasi cadde. Tentò di svegliare l’altro, tremando di paura. Iona si voltò verso Ambërle e le fece cenno di rimanere dove stava facendo silenzio. Guardatosi attorno un’ultima volta sgusciò fuori dall’ombra e, camminando con le spalle al muro, appiattendosi il più possibile, attraversò tutta la piazza fino a quando non arrivò alle spalle delle guardie, totalmente non visto. Si piegò impercettibilmente e sfilò il pugnale dalla cintura che lo legava alla coscia destra. Senza fare il minimo rumore, fece un altro passo verso la guardia più sveglia e, stringendo il pugnale con cura, le si lanciò addosso. Non appena quella avvertì il fruscio dei movimenti di Iona addosso a sé, tentò di urlare ma lui fu più veloce. Gli tappò la bocca con forza e gli piegò la testa all’indietro tirandolo per i capelli. L’uomo era forte e si muoveva come un toro imbizzarrito, scalciando e mulinando le braccia come impazzito. Continuò a ribellarsi fino a quando non ebbe l’opportunità di sguainare una spada di ferro piuttosto vecchia e poco affilata, tentando di colpire Iona al fianco. Quest’ultimo si mosse scattante come una lepre ed evitò il colpo ma ben presto gli fu addosso anche l’altro uomo. Iona si voltò, lasciando andare la prima guardia e tirò al nuovo venuto un potente calcio al petto, che lo mandò steso a terra incapace di muoversi. Intanto l’uomo con la spada era tornato all’attacco e scagliava vigorosi fendenti mirando alla testa di Iona. Questi schivava con abilità tutti i colpi fino a quando non si piegò e riuscì a sfilare tre piccole lame da lancio dall’interno del proprio stivale. Si risollevò con un balzo e scagliò con forza i tre coltelli contro il viso della guardia. Una lama lo colpì alla gola, un’altra alla guancia e l’ultima alla tempia. Potenti fiotti sgorgarono dalle ferite e il viso dell’uomo si riempì di sangue; un grido di dolore nacque dalle sue labbra ma, slanciandosi verso di lui, Iona fu più veloce: gli tappò la bocca e, con il pugnale stretto tra le mani, gli tagliò la gola da un orecchio all’altro. Il sangue spruzzò dal taglio come un vulcano in eruzione e ben presto una grossa pozza si formò ai loro piedi. Iona lasciò andare il corpo dell’uomo quando questi smise di divincolarsi e i suoi occhi persero il lampo vitale. Si voltò verso l’altra guardia che intanto era riuscita ad alzarsi e, in preda al panico, si era avventata contro la porta, pronta a battere tanti rumorosi colpi e a svegliare tutto il quartiere. Iona notò che aveva una paura folle che lo faceva tremare come un cucciolo bagnato. Detestava l’odore della paura. Era un puzzo che se si faceva attenzione rischiava di attaccarsi addosso. Digrignando i denti, si lanciò contro di lui e zittitolo con una mano sulla bocca, gli afferrò il polso e glielo torse fino a quando la mano non assunse una posizione assurda. L’uomo, grande e grosso com’era, si agitava tanto convulsamente da rischiare di far cadere Iona. Questi gli tirò un calcio nella schiena al fine di smorzarlo e l’uomo si accasciò per il dolore. Iona strinse il suo corpo robusto fra le proprie gambe e, pressando con una mano la sua bocca e afferratagli la nuca con l’altra, gli torse la testa fino a quando non udì il sonoro crac del collo dell’uomo che andava in frantumi. Iona si sollevò e, afferrati i due corpi, li trascinò verso verso l’angolo del palazzo e li nascose all’ombra delle sue mura. Si guardò attorno. Nessuno aveva udito nulla: perfetto. Una fitta gli percorse la mano ferita ma non vi badò eccessivamente. Voltò il capo verso Ambërle e le fece cenno di raggiungerlo. Hrones volteggiava ancora nel cielo, ma molto più in alto di prima. Iona accostò l’orecchio alla porta. Nessun rumore vicino. Udiva appena delle voci ma erano molto, molto lontane. Si piegò ed estrasse dall’interno dello stivale sinistro un piccolo arnese, una lama davvero sottile, e lo infilò nel buco della serratura. Dopo aver armeggiato un po’, riuscì a sbloccarla e la porta, cigolando debolmente, si aprì. Si voltò verso Ambërle e l’attese.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Tz, non è una role. E' un poema epico :guru:
     
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