It's revolution, I suppose.

04 Giugno 102 PA - Cittadella, Fazione della Giustizia

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    Quel ragazzo le piaceva sempre meno. Stava facendo delle battute di pessimo gusto su di lei e sul fatto che avesse i pantaloni rotti, ed inoltre se la rideva. Da solo. Non riusciva a trovare nulla di divertente in quella faccenda, perciò si limitò ad osservarlo con un sopracciglio alzato ed una mano puntata su un fianco. Aspettò che le risate scemassero, poi incrociò le braccia al petto e sfarfallò gli occhi, sospirando. Le sembrava sempre più difficile avere a che fare con dei ragazzi. Forse sarebbe passata all'altra sponda. Scaricò il peso sulla gamba destra e continuò a fissare lo sconosciuto negli occhi, come se fosse un bambino delle elementari e lei la sua maestra.
    « Molto divertente. » sentenziò, con un'espressione così odiosa da far imbestialire persino l'uomo più buono del mondo.
    « Dimmi almeno chi ti manda e qual è il tuo nome. » continuò, a voce bassa e con un tono neutro. Era davvero importante per lei sapere qualcosa della persona con cui stava parlando. Detestava vivere nel dubbio e ancora di più odiava avere quel senso di insicurezza che si impossessava di lei quando non conosceva qualcuno. Sì, okay, quel tipo l'aveva salvata, ma doveva ancora capire perché. Ormai quasi nessuno si scomodava a salvare la vita alla gente, men che meno quella che non si ha neanche mai visto. In realtà, Roxanne si domandava che cosa ci facesse ancora lì. Stava meglio, quello non voleva saperne di darle informazioni e lei era in piedi davanti a lui. Vattene! le disse la coscienza, ma qualcosa la obbligava a restare. Probabilmente era l'orgoglio, o forse la curiosità. Lo osservò dalla punta dei piedi fino ai capelli con un'occhiata discreta e per niente interessata, anche se in realtà lei lo era. Aveva realizzato solo in quel momento che il tipo non era affatto male, ma per principi morali si era imposta di andarsene in un tempo brevissimo. Di sicuro non si sarebbe incasinata la vita con un ragazzo del genere, per carità. Inoltre, il fatto che ridesse sulle disgrazie degli altri -in questo caso i suoi pantaloni- non le andava proprio giù. Era rimasta ferma, mentre aspettava le risposte. Sì, certo, lo aveva squadrato da capo a piedi, ma probabilmente quello era talmente stupido che non se ne era neanche accorto. Ritornò alla sua espressione odiosa, inarcando un sopracciglio e bucando gli occhi di lui con un unico sguardo. Le belle cose capitavano sempre a lei, non c'era niente da dire. Prima i soldati che volevano violentarla, poi una botta alla testa e gli abusi, infine questo. Le mancava proprio uno che la deridesse, quella sera. Avvertì la rabbia salirle al cervello, ma lei la strozzò in gola. Poteva avvertire il sapore amaro della bile e delle male parole trattenute.
    Che poi, pensandoci bene, come diavolo aveva fatto a capire che era ancora vergine? Non ce l'aveva mica scritto in fronte! Doveva sapere per forza qualcosa sul suo conto. Magari era una spia di un'altra Fazione, mandata da lei per circuirla e sbottonarle qualche informazione. Anche se credeva che quello volesse sbottonarle ben altre cose. Sospirò, scuotendo leggermente la testa. Si era cacciata in un bel guaio.
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    Accadeva di rado che Iona ridesse così fragorosamente. Era uno sbruffone, un dannato sbruffone sardonico con un sorrisetto beffardo dipinto sul viso quando trovava che qualcosa fosse divertente. Solitamente Iona era schivo e serioso, burbero e impaziente, una di quelle persone che preferisce mantenere celate le proprie sensazioni piuttosto che renderle manifeste. Il suo era senza dubbio un brutto, anzi, pessimo carattere, in ogni caso non era totalmente irreparabile. Quel suo atteggiamento non piaceva a molti, anzi, era fin troppo spesso detestabile e insopportabile. Era come se Iona si divertisse a prendere in giro la gente con quella sua risatina ironica. Anche ora, capì Iona, quel suo sorridere stava infastidendo la sua interlocutrice. Tutto ciò, in ogni caso, lo divertiva. La ragazza, di cui si accorse non conoscerne ancora il nome, sembrava un tipo fin troppo pieno di sè, fin troppo soldato. In un certo senso, secondo l'assurda logica di Iona, meritava essere trattata così. Quando lei gli chiese di dirgli chi lo avesse mandato da lei e quale fosse il suo nome. Iona sorrise ancora. Mandato lui? Credeva forse che si trattasse di una qualche organizzazione segreta dedita a... Cosa? Salvare le giovani principesse dalle violenze? Iona ridacchiò di gusto. Pensò se dovesse dirle la verità o non dovesse mentirle. Mentirle sarebbe stato divertente, lo ammise, ma si rese conto che avrebbe anche potuto dirle la verità, in fondo non avrebbe avuto molto da perdere. Abbassò il capo, mordicchiandosi l'unghia del pollice destro perso nei propri pensieri. Non sarebbe stato male divertirsi un po', giocare a modo suo con quella fanciulla dal carattere spinoso. Alla fine, prese la propria decisione. Si sedette sul bordo del letto, continuando a stiracchiarsi. "Sai, mi manda un'organizzazione fittizia che si occupa di proteggere le giovani verginelle dalle violenze di mocciosetti minorenni. Io sono uno dei capi dell'organizzazione, mi chiamo... Uhm, vediamo, Gerald? Oh sì, Gerald Qualcosa." Riprese a sghignazzare mentre si passava più volte le mani tra i capelli mentre un ciuffo ribelle continuava a scendergli sulla fronte. La fissò. Non era male. Il suo viso era dolce, dal tratto sottile e non troppo marcato, occhi castano chiaro, capelli morbidi e vaporosi, un bel fisico snello e curve al loro posto, eccetto forse il petto poco prosperoso. Decise che se per caso lei gli fosse saltata addoso, l'avrebbe lasciata fare. Quel pensiero lo fece sorridere ancora una volta. Sollevò un sopracciglio, poi si alzò e andò al fianco della ragazza. "Per favore, solo perchè ti viene offerto aiuto non significa che ci sia dietro qualcosa" disse sospirando. Perchè lei reagisse in modo così guardingo non lo convinceva. Certo, anche lui non era propriamente una delle persone più estroverse del mondo ma almeno sapeva il perchè. Si chiese cosa spingesse quella ragazza ad avere quel comportamento. Probabilmente era a causa del suo atteggiamento ostile: nessuno offre aiuto ad una persona così acida e orgogliosa. O forse era proprio come lui, doveva essere attenta per lavoro o per chissà cosa. Gli sembrava più probabile la prima. "Ti chiederei di essere più riconoscente con chi ti salva la vita" disse Iona in tono più serio, "In ogni caso, perchè dovrei dirti chi sono? Che importa? Ormai sei sana e salva e, usciti da questa locanda, non ci rivedremo mai più. Tu tornerai a... Riportare a casa le matricole? Io rimarrò in questa locanda finchè mi andrà, magari deciderò di tornare da quella ragazza... Insomma, non ha importanza chi siamo e dove andiamo se non ci vedremo più." Si grattò il mento, constatando lo stato della propria barba. Era cresciuta parecchio rispetto a quando l'aveva rasata un paio di giorni prima, tuttavia era ancora sufficientemente corta per lasciarla così com'era. "Comunque" riprese sospirando, "Sono Iona e se ti ho salvata è stato perchè mi hai fatto pena, non mi manda nessuno."
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    La irritava. Dio, se la irritava. Si credeva proprio un fuori classe, quello Iona. Non aveva neanche mai sentito un nome del genere, quindi le stava automaticamente più antipatico. Neanche ascoltò tutte le fandonie che uscirono da quella boccuccia di rosa, né tantomeno lo guardò in faccia. A quanto pareva non l'aveva mandato nessuno, era solo un povero disgraziato che aveva voluto aiutarla, probabilmente in cerca di un tipo specifico di ringraziamenti. Roteò gli occhi al cielo e si voltò, afferrando la sua borsa poggiata sul letto e infilandosela a tracolla. Non voleva rimanere un attimo di più lì dentro. Probabilmente era un nomade, o magari un deficiente che non poteva essere internato da nessuna parte. Aveva detto a sua madre Delia che avrebbero dovuto costruire un paio di manicomi, eppure lei non le aveva dato ascolto. Gente come Iona sarebbe dovuta rimanere chiusa in quelle quattro mura per tutta la vita. Sospirò e si parò davanti al ragazzo, poggiandogli una mano sul braccio e sfoderando uno dei suoi più eloquenti sorrisi falsi. Insomma, era chiaro che l'espressione non rispecchiava davvero ciò che pensava.
    « Sì, sì, bravo. » gli disse, battendogli si una spalla e arricciando le labbra. Lo fissò negli occhi ed assunse una delle sue facce odiose. Aspettò qualche secondo perché il tipo potesse metabolizzare, poi gli sorrise ancora.
    « Addio, Iona. » esclamò, facendo sparire ogni traccia del sorriso immediatamente. Si spostò ed attraversò la stanza in pochi passi, spalancando la porta. Si gettò fuori, nel corridoio, senza chudere la porta e decidendo lì su due piedi che sarebbe tornata a casa e non avrebbe più fatto ritorno in quella locanda. Il tipo aveva pagato quella stanza fior di quattrini, ma a lei importava davvero poco. Se erano i soldi che cercava, beh, glieli avrebbe potuti dare anche in quello stesso momento. Roxanne era una nobile, non stava mica troppo a contatto con gente del genere. Scese le scale ed entrò nella stanzona principale della locanda, ancora piena di ubriaconi e di gente molto poco affidabile. All'improvviso, mentre attraversava quel luogo, ebbe un mancamento, probabilmente dovuto alla sua situazione ed allo stress improvviso. Si resse al bancone e fece finta di nulla, sedendosi. Chiamò il locandiere ed ordinò un po' di acqua e zucchero. Sarebbe arrivata a casa a piedi ad ogni costo. Lei era indipendente, lei poteva farcela. Roxanne sarebbe vissuta da sola per buona parte della sua vita e non avrebbe sentito la mancanza di nessuno. Ripensò per un attimo allo sconosciuto, a Iona, e le venne uno strano nodo allo stomaco. Non aveva mai provato quella sensazione. Era come se dovesse assolutamente alzarsi da lì. Quando buttò giù l'acqua e zucchero in un solo gesto si rese conto che era senso di colpa. Non poteva mollarlo lì. Doveva almeno dirgli chi era lei e che se voleva dei soldi poteva raggiungerla... beh, a casa sua. Ringraziò e si alzò, tornando sui suoi passi. Salì le scale e percorse di nuovo il corridoio, trovando ancora la porta aperta. Probabilmente il tipo non aveva avuto ancora il tempo di rendersi conto che cosa era successo. Era fuggita in dieci secondi ed era ritornata indietro in molto meno. Si fermò sullo stipite della porta, puntando le mani sui fianchi e fissando il ragazzo negli occhi. Entrò e si chiuse la porta alle spalle, sospirando. Si sfilò la borsa e la poggiò sul letto.
    « Il punto non è che cosa faremo una volta usciti, bensì riguarda me. Sono una persona importante, non posso intrattenermi con gentaglia di cui non so neanche il nome, Iona. » gli disse infine, evidenziando il suo nome. Ciò lo escludeva evidentemente dalla "gentaglia senza nome". Aveva pensato che le sarebbe potuto servire, se mai si fosse trovata nei guai. Insomma, un amico tuttofare era sempre utile.
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    La ragazza gli posò una mano sulla spalla, dandogli qualche piccolo colpetto con fare irritante. Le sue labbra si distesero nel più artefatto sorriso che Iona avesse mai visto. "Sì, sì, bravo. Addio, Iona." Quando, dicendo quelle parole, il suo sorriso scomparve mostrando la reale espressione della ragazza, Iona storse il naso e aggrottò le sopracciglia. Poi, senza più una parola, la ragazza si fiondò fuori dalla camera. Iona rimase di sasso. Poteva udire i suoi piccoli passi scendere concitati le scricchiolanti scale di legno. Ripensò alle sue parole e, in un impeto di rabbia, tirò un calcio alla sedia. Si pentì aspramente di averla aiutata. Avrebbe dovuto lasciarla lì, che l'avessero violentata pure, quei balordi, lui ne avrebbe risparmiato in denaro, tempo e pazienza. Si promise di ripensarci due volte prima di aiutare nuovamente qualcuno senza nulla in cambio. Ecco il prezzo d'aver fatto l'eroe, di essere corso in aiuto di una principessa insopportabile e so-tutto-io, incapace anche solo di dirli un semplice e bastevole "grazie".
    Si buttò a peso morto sul letto, il corpo sprofondò nella morbidezza del materasso mentre le gambe del letto scricchiolavano furibonde per la troppa sollecitazione. Sistemò il cuscino sotto la testa e socchiuse gli occhi. Non riusciva a togliersi quel pensiero dalla mente. Quando lui, per lavoro, faceva favori e aiutava le persone, non si aspettava ringraziamenti di sorta, non servivano: aveva comunque la sua buona quota di denaro per il lavoro svolto e ciò bastava. Quando invece si prodigava ad aiutare qualcuno per pura pieta... Quelli erano i risultati. Sospirò. Era stato uno stupido e ne aveva pagato, in tutti i sensi. Non solo aveva pagato una grossa somma di denaro per quella stanza solo per occuparsi di lei, l'aveva presa tra le braccia e l'aveva stesa sul suo letto, aveva sprecato tempo a pulirle le ferite, aveva dormito su una scomodissima sedia di legno pur di lasciarle il letto comodo, aveva preso a pugni un soldato e, lo sapeva bene, quegli sarebbe andato a chiedere aiuto ai suoi commilitoni pur di dargli una bella lezione. Tutto ciò che aveva fatto, tutta quella situazione gli si era ritorto contro, come una vipera quando le si schiaccia accidentalmente la coda. Ma la vipera era stata lei, eccome. Una serpe strisciante pronta a sputare veleno su chiunque, amico o nemico. Strinse le braccia al petto: aveva freddo, i peli delle braccia rizzati per la pelle d'oca. Tutta nuovamente colpa di quella dannata ragazza. Si era strappato le maniche per farne degli stracci per pulirle il sangue dalla tempia. Piegò le ginocchia sollevandole e portò gli occhi al soffitto. Il legno era antico, poco mancava che fosse anche marcio e instabile. All'improvviso, udì nuovamente dei passi in lontananza. Piccoli passi, passi di bambino o di una donna. Passi leggeri eppure non sufficientemente silenziosi. Si mise seduto e guardò verso la porta e uno scorcio del corridoio da lì visibile. Poteva persino avvertire il suo respiro da quella distanza. Lei spuntò sulla soglia della porta e vi si fermò, fissandolo. "Guarda un po' chi torna all'ovile..." sentenziò Iona storcendo il naso e fissandola a sua volta. La ragazza entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle e lasciò cadere la borsa sul letto. Gli disse di essere una persona importante, una di quelle che non possono intrattenersi con gentaglia del suo calibro. Quando ebbe finito di parlare, Iona sghignazzò divertito. "Tu parli di gentaglia di cui non conosci il nome, eppure io non conosco ancora il tuo" ridacchiò. "Persona importante? Chi credi di essere? Non sei una persona importante solo perchè hai un cognome nobile o i tuoi genitori possiedono mucchi di denaro. Perchè sei tornata? Io sono una brutta persona, sicuramente non sono così importante quanto lo sei tu." In realtà, ciò non era vero. La sua famiglia, i Diarmuind, godevano di un grado di nobiltà che Iona sapeva essere probabilmente di gran lunga superiore a quello della ragazza, eppure difficilmente lo rivelava. I Diarmuind avevano terre, possedimenti vastissimi e grande riconoscimento. Il fatto che Iona avesse lasciato l'Isola Verde e vagasse come un nomade non lo escludeva dall'essere l'unico erede dell'impero dei Diarmuind. Certo, aveva cugini e zii da qualche parte, ma sarebbero subentrati solo in caso del suo decesso. Lui era l'unico erede diretto, l'unico vero e proprio Diarmuind ancora in vita. Lui era Iona Caèl Cadogan Fearghaas Diarmuind ed era anche lui, a tutti gli effetti, una persona importante. Tuttavia, nessuno ne era al corrente.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    Il ragazzo era sembrato sorpreso dal gesto di Roxy. Okay, chiunque lo sarebbe stato. Non appena vide di nuovo la sua faccia ed ascoltò le sue parole, però, si pentì amaramente di quello che aveva fatto. Ma non poteva uscire di nuovo e fare la figura dell'idiota. Un conto era cambiare idea, un altro era sembrare totalmente insicura ed anche un po' toccata. Si costrinse a rimanere impalata davanti a lui, senza muoversi neanche di un centimetro. Insomma, era pur sempre una Mumford. Loro sapevano essere rigidi, seri e professionali. Non poteva permettere che quel ragazzo la distraesse dal suo essere Roxanne Edith Mumford, la cinica e bastarda per eccellenza. Si era guadagnata questo titolo fondamentalmente perché nessuno sapeva come si comportava sua madre con lei, altrimenti sarebbe andato sicuramente a Delia.
    Le parole del ragazzo uscivano dalla sua bocca senza sosta, come se avesse già fatto quel discorso. Anzi, come se lo facesse ogni santo giorno. Magari anche lui aveva un qualche amico -o genitore- bastardo come era successo a Roxy. Probabilmente era un tipo abituato a doversi giustificare con la gente per qualche cattiva azione. Ce lo vedeva proprio bene a scuoiare qualche gatto ed a lasciare i resti della povera creatura sparsi per la strada. Al pensiero si ritrovò a storcere il naso, ma poi tornò a guardare gli occhi del ragazzo senza alcuna traccia di disgusto. Aveva ancora le braccia conserte e strette al petto quando cominciò a camminare e ad avvicinarsi a lui, parandoglisi davanti e fissandolo dritto nelle palle degli occhi. Si fermò a poca distanza dal tipo, senza dire niente per un po'. Cercava solo di studiarlo, di intercettarne i movimenti e di capirne i pensieri.
    « Il mio nome non è importante. » gli rispose, facendo una piccola pausa e concedendosi ancora di infuocare lo sguardo. Non era più un'occhiata scocciata o arrabbiata, era pura curiosità. Roxanne era talmente curiosa da non essere capace di frenare la lingua, il più delle volte. Gli sorrise persino, mantenendo le braccia strette al petto.
    « Mi hai forse sentito dire che ho un cognome nobile o che vengo da una famiglia ricca? Ti ho solo detto che sono importante, non ho specificato in che modo o perché. » continuò, senza muoversi. Ormai Roxanne non aveva più paura dello sconosciuto, di Iona: aveva capito che can che abbaia non morde. Sembrava in gamba con le parole, bisognava solo vedere se era in grado di applicarle alla vita reale. Roxy detestava i poeti e quelli che prendevano la vita alla leggera: non c'era niente di così meraviglioso nella dura realtà. Per questo da piccola non era mai riuscita ad ascoltare le fiabe della nonna. Per lei erano assurde. Cinica e fredda già all'epoca, sì. Non aveva distolto lo sguardo neanche un attimo da Iona, come se temesse che quello sarebbe scappato da un momento all'altro. Era divertente come la ragazza fosse in grado di cambiare atteggiamento da un minuto all'altro. Forse il suo salvatore avrebbe pensato che era pazza o che magari aveva dei problemi relazionali. Di sicuro non era totalmente falso. Insomma, i problemi relazionali chiunque poteva buttarli in mezzo, erano un po' la piaga di tutti. Peccato che lei ne avesse parecchi ed anche piuttosto gravi.
    Roxanne Mumford @
     
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    Gli dava talmente fastidio quel suo tono superiore da fargli digrignare i denti. Detestava chi si ergeva al di sopra delle persone con quel tipico atteggiamento di prepotenza quasi quanto detestava di usava dare del "voi": per Iona non era un segno di rispetto, piuttosto equivaleva ad un prendersi reciprocamente in giro. Ecco perchè alla ragazza non l'aveva dato mai. E poi, cominciava a sopportarla poco, se anche avesse voluto, non avrebbe utilizzato alcun appellativo con lei.
    Incrociò le braccia stringendosele al petto e fissò la ragazza. Aveva notato, sin dalla sera precendente, che ostentava una falsa sicurezza. La sicurezza è una delle virtù dei forti, ma non a detta di Iona. Per lui non era possibile decidere da un giorno all'altro di diventare sicuri e comandare un esercito, semplicemente ci si doveva nascere. Egli, probabilmente, lo era nato. Non sapeva se a guidare lui fosse sicurezza o determinazione o entrambe le cose. Di essere forte lo sapeva, o almeno credeva di esserlo. Rideva in faccia a chi affermava che i forti nascondessero una fragilità interna: per lui si trattava di una scusa bell'e buona. Basta poco per fingersi sicuri sè, ma è ben diverso esserlo davvero. Più Iona la fissava, più osservava le sue particolarità, più gli sembrava di scavare nella sua sfera caratteriale. Iona capiva che era cresciuta combattendo contro qualcosa, adesso non poteva capire di cosa si trattasse, ma gli era chiaro quel carattere: forse una situazione difficile, complicato a dirsi. Come lo riconosceva? Lui aveva combattuto contro la morte e l'immagine di suo padre con il collo spezzato. Quelli che combattono sin da bambini hanno uno sguardo diverso.
    Ora Iona poteva persino comprendere quel suo atteggiamento quasi pestifero. La sua era una maschera che sperava imbrogliasse la gente ma, purtroppo per lei, non Iona. L'ombra di un sorriso si dipinse sulle sue labbra e tornò a piantare il suo sguardo negli occhi di lei. Sospirò. "Il tuo nome non è importante, lo capisco, ma potresti almeno evitare di tenere su i tuoi aculei con me: non funzionano. Adesso rilassati", disse sciogliendo la stretta delle braccia e si sollevò dal materasso. Il letto scricchiolò stridulo. Iona constatò di essere molto più alto della giovane, sovrastandola di diverse spanne. "E dimmi cosa ti ha spinta a ritornare qui. " Sollevò un sopracciglio, sornione, e allungò una mano verso il suo viso. Sorrise beffardo e le sfiorò una guancia con due dita. "Se non sbaglio ti ho sentita dire 'Addio, Iona' proprio poco fa..." disse a fior di labbra, passando a setaccio con gli occhi ogni centimetro del suo viso. Adesso, doveva capire chi era quella ragazza: che lei glielo dicesse o meno, lui sarebbe riuscito a scavarle dentro, in un modo o in un altro. Iona era molto competitivo e, anche quella assurda situazione, per lui equivaleva ad una sfida. Doveva entrarle nella mente, spingerla con le proprie parole a rivelargli la sua tanto accuratamente celata identità. Lui le aveva detto il suo nome, e non se ne pentiva. Questo aumentava l'ebbrezza del gioco. Perchè di questo si trattava: era tutto come un gioco e, ora che era stato tirato in ballo, non vedeva l'ora di giocare.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    Iona l'aveva fronteggiata, guardandola anche lui con un mezzo sorriso. Notò la sua mano muoversi e poggiarsi sulla sua guancia. Le venne quasi da ridere. Si trattenne a stento, abbassando gli occhi ed arricciando le labbra. Persino il tono di voce di quel tipo era impostato per acchiapparla. Peccato che Roxy non si facesse incantare da nessuno, o quasi da nessuno. Si mosse ed alzò anche lei la mano, andando a raggiungere quella del ragazzo. La spostò delicatamente, riportandogliela al petto -che, notò successivamente, era abbastanza muscoloso. Gli batté sullo stesso punto e poi sorrise, stavolta senza essere in grado di trattenersi. Era quindi un sorriso spontaneo e divertito. Che si stesse divertendo a causa di Iona era un altro discorso, però per lo meno non era acida come prima. Decise che da quel momento in poi gli avrebbe risposto sinceramente, senza mezzi termini. Che era poi quello che aveva fatto fino a quel momento, solo che gli si era rivolta con un tono scortese. Se voleva tenerselo buono doveva cercare di non risultare antipatica. Di dire le bugie non ne era capace, quindi le rimaneva solo tentare di comportarsi bene. Sua madre le aveva insegnato che bisognava rivolgersi sempre con un falso tono di rispetto verso chi non lo meritava, ma Roxy era di un altro avviso. Infatti prendeva in giro la gente da quando era piccola, solo che cercava di non farsi scoprire. Con Iona, però, poteva essere pure se stessa: era un tipo strano che probabilmente non avrebbe incontrato mai più. Nessun rischio che lo dicesse a qualcuno, né che si sorprendesse di come si comportava la stizzosissima Roxanne Edith Mumford.
    « Non so. » cominciò quindi, senza far scemare il sorriso divertito. Guardava Iona negli occhi, aspettandosi un'altra mossa furbetta come quella di prima. Portò l'indice destro al mento e alzò lo sguardo, facendo finta di pensare, poi tornò agli occhi del ragazzo.
    « Ho ripensato a tutto quello che hai fatto per me... e mi è venuto il senso di colpa. Credo che mi facessi pena. » rispose. Prese un bel respiro e poi si strinse nelle spalle, inarcando un sopracciglio senza però cambiare espressione. Cominciava a divertirsi sul serio. Magari quello non era il ragazzo migliore che potesse capitarle, però per lo meno non aveva paura di esporsi o di provarci. Tutti i nobili che conosceva le rivolgevano semplicemente dei sorrisetti e diventavano immediatamente rossi in faccia. Si chiedeva quando e come avrebbero trovato una tipa per loro. Roxanne era curiosa di scoprire il mondo, non di viaggiare nella carrozza più scintillante. Anche se non sembrava, provava un po' di gelosia per le persone come Iona. Lui sarebbe potuto partire il giorno dopo e andare ovunque, lei invece doveva rendere conto a tutti. Se fosse sparita l'avrebbero cercata, certo, ma non perché le volevano bene, giusto perché gli serviva. La vita di Roxanne era quella: servire gli altri perché lo si deve fare. Al pensiero sospirò e lo sguardo si intristì leggermente, ma tentò di non darlo a vedere e di dissimularlo con un altro sorriso.
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    Senza alcun dubbio, Iona si stava divertendo come un matto. Lei lo stava provocando e per lui, la provocazione significava divertimento allo stato puro. Era come sotto uno stato di ebbrezza senza controllo, non vedeva l'ora che il gioco proseguisse. Perchè il gioco doveva proseguire, ora più che mai. Lei rispondeva sempre più vaga e, più quella situazione andava avanti, più Iona risultava essere eccitato. Quella era una delle più importanti sfacettature del suo carattere, intendibile anche come qualità: Iona poteva resistere a tutto, certo, ma non alle provocazioni. Una sfida andava accettata, sempre. Era il suo cervello stesso che, quando si presentava un'occasione del genere, reagiva andando su di giri. Un grosso sorriso si allargò sul viso di Iona, mettendo in mostra due schiere di denti bianchissimi. Lui aveva accettato la sfida che la ragazza gli aveva lanciato, perchè di questo si trattava. Lei voleva giocare, lo avvertiva chiaramente a pelle, e lui non era da meno. Bene, che si divertisse pure a sorridere beffarda e a fissarlo negli occhi, a respingere le sue mani e a dare risposte senza vaghe: Iona lo adorava. Capitavano ben poche persone interessanti sul suo cammino e, proprio ora che sembrava averne incontrata una, non poteva tirarsi indietro. Doveva viverla fino alla fine. Solitamente, era circondato da gente scialba, piatta, monotona. Forse era anche per quello che era diventato un mercenario: gli assassini, per quanto siano parte integrante di ogni società, per una qualche ragione sono capaci di smuovere ogni situazione di stallo, di riportare, ironia della sorte, una certa vitalità nella gente. Un omicidio sarà pur sempre una morte di cui si parlerà e, di conseguenza, un cambio di programma nella vita della gente ordinaria. Socchiuse brevemente gli occhi, fissando poi lo sguardo sul viso di lei. Cercava sfumature, anfratti, qualsiasi cosa che nella sua espressione potesse suggerirgli un qualche indizio fondamentale. Senza dubbio, aveva ben compreso di trovarsi dinanzi ad un tipo di persona potenzialmente complesso destinato, suo malgrado, alla ordinaria monotonia. Talmente quest'ultima era radicata nella sua vita da rendere il suo carattere immune ai cambiamenti e, di conseguenza, a renderla una piccola provocatrice. Lasciò che lei afferrasse quelle sue due dita che le avevano sfiorato la guancia e che gliele riconducesse contro il petto. Ghignò divertito quando, con fare beffardo, lei si portò un dito sotto il mento e gli disse che, se era tornata da lui, era stato perchè aveva provato un senso di pena. Si morse leggermente il labbro inferiore. "Pena?" chiese, "Parli a me di pena. Tu scherzi con il fuoco, ragazzina. Attenta a non scottarti, le fiamme sono crudeli. Si insinuano ovunque..." Pronunciò quell'ultima parola in un sussurro, prima di allungare un braccio e posare una mano sul fianco della ragazza, attirandola a sè. Ormai sghignazzava divertito, avendo deciso di interpretare anche lui la parte del provocatore. Ma lo sarebbe stato a modo suo, senza alcun pudore se fosse stato necessario, proprio come era solito fare. L'aveva fatto altre volte e sapeva fin troppo bene come muoversi. Immaginava la ragazza essere in quella classica situazione in cui si dice trovarsi tra incudine e martello, solo che lui si immedesimava in quei due strumenti e stringeva, letteralmente, la giovane nella sua morsa. "Adesso dimmi, senza mentire perchè me ne accorgerei: era davvero pena la tua, o semplicemente sentivi di essere in debito con me? Ti avviso, sono un avido creditore, voglio la mia ricompensa." Così dicendo, lascio che il suo sguardo vagasse sulla figura della ragazza davanti a sè prima di ritornare al suo viso. Strinse la presa attorno al fianco della ragazza e si morse il labbro inferiore, sollevando quello superiore solo da un lato esibendo un candido canino, il tutto sorridendo beffardo.
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    Notò lo sguardo del ragazzo accendersi d'interesse quando Roxy sembrò, apparentemente, starci. Peccato che lei sapesse esattamente cosa stava facendo, anche perché altrimenti non sarebbe rimasta un attimo di più lì dentro. Voleva capire chi era quel tipo, sapere di più magari sul mondo. Insomma, farsi raccontare qualcosa. Sembrava uno che viaggiava, forse le avrebbe potuto dire com'era la Fazione della Libertà e tante altre cose. Se non poteva partire lei stessa per andare a vederle, allora se le sarebbe fatte raccontare per filo e per segno. Era la sua unica speranza per fuggire un po' dal suo mondo. Tra l'altro, sua madre non aveva mandato neanche uno straccio di messaggero per controllare se stava bene. Figuriamoci se le interessava qualcosa di lei. Non vide neanche il braccio di lui muoversi, si accorse di essere finita nella sua morsa solo quando Iona la prese per un fianco e l'avvicinò. Si ritrovò a fissarlo negli occhi a pochi centimetri di distanza, mentre quello sghignazzava e si divertiva un mondo. Roxanne aveva mantenuto l'espressione divertita, ma non sorrideva più. Le si leggeva comunque negli occhi che Iona non aveva fatto nulla di grave, però forse frenarlo un poco avrebbe reso il tutto ancora più spassoso. Poggiò entrambe le mani sul petto del ragazzo e cercò di allontanarsi un pochino, ma la sua presa era salda come l'acciaio. Lo spintonò con più forza ma era inutile. Si arrese e lasciò che le sue mani rimanessero lì dov'erano, incurante di ciò che sarebbe successo di lì a poco. O, almeno, di quello che Iona pensava sarebbe successo. Quando parlò di ricompense, Roxanne ridacchiò e poi inarcò un sopracciglio, senza staccare lo sguardo dalla sua faccia. Le sembrava di comportarsi in modo sbagliato, eppure era qualcosa di naturale. Non si stava sforzando di essere rigida, di rimanere seria o che altro: era semplicemente Roxy.
    « Ti ho già ringraziato a dovere. » sentenziò, assumendo un'esporessione furbetta. Alzò lo sguardò e scrutò il letto dietro di loro. Aveva lasciato lì la borsa, quindi neanche avrebbe fatto in tempo a prenderla se avesse voluto cominciare a correre per farsi quattro risate col tipo. Era sicura che se avesse fatto una cosa del genere, quello l'avrebbe seguita. Correre, semplicemente. Magari per i boschi. Certo, con quella ferita non era la cosa migliore, visto che non poteva quasi reggersi in piedi... avrebbe dovuto rinunciarci. Tornò a guardare Iona negli occhi, trattenendo a stento un ghigno per quello che gli stava per dire.
    « Non sembri avido solo di ricompense. » buttò lì, con un tono di voce più basso. Quando terminò la frase gli sorrise sorniona, senza rivelare alcuna traccia del ghigno di prima. Era stata brava, era riuscita a trattenersi. Sospirò, cercando ancora di sciogliere la presa d'acciaio di quel tipo. Ma che diavolo faceva, lottava con gli orsi? Non si era mai sentita così stretta da qualcuno, neanche da bambina. Roxanne sapeva bene che c'era ben altro dietro la forza, in quella stretta, ma era chiaro che essere tenuta ferma non le andava a genio. Di solito era lei quella che dominava in un discorso o in una relazione -d'amicizia ovviamente. Quello Iona rivoltava totalmente le cose, e lei non era abituata. Tentò ancora un ultima volta di liberarsi, stavolta lasciandosi sfuggire un risolino leggero.
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    Il fatto che tentasse, anche se non provandoci realmente o comunque non impegnandosi abbastanza, di tenerlo a distante lo divertiva. Sentiva di avere, se così poteva essere chiamato, un leggero senso di controllo sulla situazione. La ragazza avrebbe continuato il gioco, certo, lo sapeva, ma sarebbe stato diverso: adesso non le interessava più solo e soltanto stuzzicare Iona ma anche, seppur debolmente, la fuga dalla sua stretta. Perchè Iona lo sapeva: non aveva importanza quanto deboli fossero le catene che la trattenevano, quando si avverte una sensazione di chiusura si sente il disperato bisogno di liberarsi. Sempre. Quando notò l'espressione della ragazza mutare al suo insuccesso nel liberarsi, Iona capì d'essere sulla strada giusta. Non che lei avesse paura di lui, Iona lo capiva, ormai cominciava persino a fidarsi; semplicemente, cercava un modo, anche divertente, per vincere quella sfida.
    Sebbene volesse disperatamente vincere lui, Iona era bramoso di sapere come sarebbe stato se avesse vinto lei. Aveva voglia di vedere l'ebbrezza della vittoria nel suo sguardo e, da lì, carpire sempre più informazioni sul suo conto. La ragazza continuava a spintonarlo per liberarsi dalla sua presa ma ben poco potevano le sue dolci spinte contro il fisico statuario di Iona. Ad ogni tentativo fallito miseramente, lui ridacchiava divertito. Allora si arrese e lasciò che lui la tenesse. Iona la strinse di più, portandola contro di sè. Sapeva bene ciò che stava facendo, tutto andava secondo i suoi piani. Poteva resistere quanto voleva, o almeno, poteva provare a resistere, perchè più Iona proseguiva con i suoi metodi, più era sicuro che lei sarebbe crollata. E non aspettava altro che il momento della caduta e quello successivo della sua vittoria. Sapeva bene che lei avrebbe resistito a lungo, ma Iona era un combattente e, come tale, conosceva fin troppo bene le tecniche della guerra per lasciarsi vincere da una giovane inesperta. Poteva essere sicura e tenace quanto desiderava, Iona lo era senza dubbio di più. Senza contare il grande bagaglio di esperienze che si portava dietro: non sapeva come interagire socialmente con una donna, ma quando si trattava di sfide di quel genere, era tutto dire. In realtà, non aveva vissuto molte altre situazioni del genere. Accadeva sempre che le sue sfidanti cedevano al primo colpo, rivelandosi più deboli del previsto. Adesso, invece, sentiva che sarebbe stato diverso. Lei non avrebbe ceduto, o no, certo che non lo avrebbe fatto. Almeno, così credeva lei. E Iona glielo avrebbe lasciato credere, le avrebbe regalato quella punta di speranza necessaria per la vittoria finale.
    Disse di averlo già ringraziato abbastanza per i suoi servigi e, a quelle parole, Iona sorrise inarcando le sopracciglia. "No, non è abbastanza. Avresti potuto fare di meglio" le disse stringendo ancora la presa attorno alla ragazza. Cercava di non lasciare mai che lo sguardo si abbassasse, ma che rimanesse fisso negli occhi di lei. Voleva creare un senso di fermezza anche solo con gli occhi, sicchè lei si sentisse ancora più bloccata. Notò invece che lo sguardo di lei vagava oltre la sua figura, precisamente sul letto. Si voltò e vide la borsa posata scompostamente sul materasso e lo sguardo di lei indugiava proprio in quel punto. Quando tornò a fissarla, vide che aveva concentrato lo sguardo altrove e ciò poteva significare soltante che, almeno per un secondo, aveva pensato alla fuga. Iona ridacchiò di gusto a quell'idea. Era impossibile che riuscisse a sfuggirgli, anche correndo. Lui l'avrebbe inseguita e riacchiappata come niente: mai Iona lasciava sfuggire la propria presa. Quando lei insinuò che non sembrava avido solo di ricompense, Iona rise di gusto, a pieni polmoni. Quanto si divertiva! Pensò per un secondo a cosa risponderle, nonostante lo sapesse già. Finalmente lei sembrava aver capito le regole del gioco, come avrebbe dovuto reagire alle azioni di Iona, meglio, come avrebbe dovuto combattere contro di lui. Ora che lei si divertiva a stuzzicarlo sempre di più, anche lui l'avrebbe fatto, sempre però a modo suo. La spinse con il braccio attorno al suo fianco contro di sè e, con l'altra mano, le passò due dita sotto il mento costringendola ad alzarlo maggiormente verso il suo. Ridacchiava Iona, mentre le parlava a fior di labbra vicinissimo al suo viso. "In effetti, sono avido di molte cose. Tu cosa hai da offfrirmi? che chiese con quel suo sorrisetto sardonico.
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    Si sentiva sempre più braccata dalla presa salda del tipo. Quando capì che Roxanne non era in grado di reagire e di sfuggirgli, Iona l'avvicinò e cominciò a ridere di gusto. La ragazza gli rivolse uno sguardo di sfida: gli occhi erano ardenti, la bocca curvata in un sorrisetto determinato e cercava di allontanarsi con tutto il suo corpo. Lo sconosciuto le disse che il suo ringraziamento non gli era bastato, che avrebbe potuto fare di meglio. Roxanne non seppe trattenersi e scoppiò a ridere, trovando quella risposta molto divertente. Non avrebbe avuto nulla da lei, neanche un bacio. Una persona sana di mente sarebbe già fuggita, visto che quello sembrava volere tutto meno che lasciarla andare. Roxy sapeva, comunque, che non sarebbe riuscito ad ottenere niente. Si conosceva. Se fosse successo qualcosa, probabilmente era perché le aveva dato un'altra botta in testa, magari sull'altra tempia. Quello Iona non sapeva che chi era stata appena abusata (o quasi abusata) non finiva subito a letto con qualcun'altro? Era l'ultima cosa che aveva in mente, ad essere sinceri. Però si stava divertendo, e fino a che le cose si sarebbero mantenute stabili, lei avrebbe giocato. Lasciò che il ragazzo le afferrasse il mento con due dita e che la costringesse a fissarlo negli occhi. Lo affrontò, sfoderando anche lei un'espressione determinata in volto. Mentre lui ridacchiava e lasciava intravedere i denti bianchi, lei aveva la bocca serrata e lo sguardo infuocato. Ad essere sinceri, credeva che se l'avesse aperta quello ci avrebbe insinuato la lingua. Però doveva pur rispondere alle sue provocazioni. Roxanne Edith Mumford doveva sempre avere l'ultima parola. Non si sarebbe fatta battere da un nomade senza stemmi e senza religioni. Alzò una mano e poggiò l'indice sottile sulla bocca di Iona, senza smettere di fissarlo neanche un secondo.
    « Niente che tu possa avere così facilmente, straniero. » gli rispose, sogghignando. Cominciava a stabilire delle regole. Non le avrebbe infrante, se lo sentiva. In fondo l'aveva salvata più volte, e fino a quel momento non le era sembrato che fosse un tipo violento. Sì, aveva sentito un forte rumore quando era uscita dalla stanza -probabilmente aveva colpito qualcosa- ma quella era solo la rabbia. Insomma, se avesse voluto approfittare di lei avrebbe potuto farlo anche quando lei era svenuta. Fuori ormai era quasi l'alba, e Iona non era stupido. Il giorno significa più gente, e più gente significa più orecchie. Se avesse urlato, probabilmente l'avrebbero sentita tutti quanti. Non gli conveniva, ecco. Ma Roxanne sapeva che quel tipo non era uno sprovveduto, non si sarebbe azzardato. Di sicuro le avrebbe strappato qualcosa -un bacio o cose del genere- perché aveva capito come si comportava, ma lei avrebbe lottato per non farglielo avere. Non era da lei, e per di più lo conosceva a stento.
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    Forse cominciava persino a piacergli quella ragazzina sprovveduta. Piacergli appena quanto poteva essere di suo gusto una preda. Una preda preziosa, però, doveva ammetterlo. Dove l'avrebbe trovata un'altra così divertente? Era certo che le persone come lei fossero pressocchè difficilissime da trovare, e si sentiva più che fortunato ad averla conosciuta. Diventava sempre più interessante man mano che Iona proseguiva con i suoi giochetti. Capiva che anche lei stava al gioco e che si divertiva quasi quanto lui, il che lo spingeva a continuare fino a quando non si fosse annoiato: ciò, per il momento, sembrava essere escluso. Lei lo stuzzicava, lui reagiva. Lei lo provocava, lui rispondeva.
    Ciò che più lo entusiasmava, però, era il fatto che lei rimasse comunque in guardia dai suoi movimenti. Per esempio, serrava con vigore le labbra, come il morso di un mastino: era come se volesse prevenire un possibile attacco del nemico. A quel pensiero, Iona sogghignò: avrebbe sferrato quell'attacco, lanciando in avanti la propria fedele lama; l'avrebbe fatto, tuttavia, solo in un momento di totale distrazione della preda e si sarebbe goduto la sua reazione indubbiamente vendicativa. Forse era ciò che più desiderava di quel gioco assurdo: le reazioni di lei. Non la provocava affinchè lei facesse lo stesso, la provocava affinchè lei reagisse rivoltandoglisi contro. Solo poco tempo prima aveva pensato a lei dandole della vipera; adesso era il momento che lei dimostrasse realmente di essere tale. Sì, eccome se gli piaceva, ora più che mai. Quasi quasi, avrebbe persino fatto un pensierino su di lei dopo che il gioco fosse finito e lui avesse vinto. Perchè si aspettava proprio di vincere. E lui avrebbe tanto voluto godersi il suo premio.
    Quando lei gli mise un dito sulle labbra, invitandolo quasi al silenzio, Iona reagì d'istinto. Dischiuse le sue e fece come per morderlo. Si leccò con la lingua un canino, storcendo il viso in un ghigno più che divertito. La circondò con l'altro fianco e la strinse con forza, spingendo il viso contro quello di lei fino a toccarle la fronte con la sua. "Oh, no, piccola" le sussurrò appena, "Sono certo che potresti offrirmi quello che voglio. Ma non preoccuparti, per adesso pretendo solo il tuo nome." Sempre tenendola stretta girò su se stesso, portando lei con le spalle al letto. "E comunque, hai detto che non hai nulla da offrirmi facilmente. Meglio così, amo le sfide" così dicendo la spinse all'indietro, lasciando la presa e facendola crollare sul materasso. Quando il letto scricchiolò arrabbiato, Iona rise di gusto e si portò davanti a lei, la sua lunga ombra che si allungava sul muro davanti. "Forza, dammi risposte" la invitò, piegandosi verso di lei.
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    Successe tutto in pochissimo tempo. Si ritrovò praticamente spalmata addosso a lui. Poteva sentire persino il suo respiro sulle sue labbra, ora che quello le aveva poggiato la fronte sulla sua. Gli occhi di lei non si erano concessi neanche un attimo di tregua: fissavano quelli del ragazzo come se temesse che, spostando lo sguardo, tutto quello che stava succedendo sparisse e lei si svegliasse nel suo letto. Le chiese ancora una volta il suo nome, ma disse di sapere che Roxanne avrebbe potuto dargli quello che voleva. Quando avvertì anche l'altro braccio attorno alla sua vita quasi sobbalzò. Non se l'aspettava, ma d'altra parte incominciava a capire che non era in grado di prevedere le mosse di quel tipo. Si muoveva troppo svelto e lei era impegnata a fissarlo negli occhi. Iona si voltò, portandosi dietro pure lei, poi la lasciò cadere sul letto. Il tonfo non fu esagerato, ma le molle del letto scricchiolarono. La ragazza aveva ancora i pantaloni aperti, quindi sperava che quello non avesse veramente in mente di fare qualcosa con lei. Iona si piegò in avanti e le si mise sopra, senza staccare neanche per un attimo lo sguardo dal suo volto. Roxanne ora non sorrideva più, bensì aveva messo su un'espressione furbetta. Aveva inarcato un sopracciglio e curvato appena le labbra all'insù, quasi come se stesse trattenendo un risolino di pietà. Un'espressione da "tutto qua?", ecco. Il fatto che Roxanne fosse inesperta cominciava forse a rendersi palese. Non che trasmettesse paura, più che altro si vedeva che era più agitata di prima. Insomma, una ragazza della sua età -e con la sua bellezza- avrebbe dovuto avere frotte di ragazzi, eppure lei aveva sempre rifiutato tutti. Quello Iona sembrava divertente, ma restava il fatto che non lo conosceva. Lasciò le braccoa giù, lungo i fianchi, permettendo a quello di farsi strada e pararglisi davanti. Lo guardò di nuovo dritto negli occhi e poi gli sorrise, ancora senza aprire la bocca. Ormai era braccata sul serio, tanto valeva giocare un po'.
    « Mi chiamo Roxanne. Ma Roxy è meglio. » gli rispose. Gli aveva detto il suo nome -e persino il suo soprannome-, poteva dirsi contento, no? Alzò un braccio e portò una mano al volto del ragazzo, poggiandogliela su una guancia, facendogli una piccola carezza. No, non era per niente male. Prima aveva notato il fisico, ma adesso si era persa a fissargli il volto. Passò due dita sulle sue labbra, avvertendo la barba sfatta attorno ad esse pizzicarle i polpastrelli. Con le stesse due dita gliele chiuse, appiccicandogliele con la forza del pollice e dell'infice. Alzò un poco il busto e poi si parò a pochi centimetri da lui, facendo quasi sfiorare i nasi. Lo fissava negli occhi come sempre.
    « E non ho mai detto che avresti avuto certamente qualcosa. » gli mormorò pianissimo, lasciando andare le sue labbra e sghignazzando senza neanche curarsi del fatto che quel tipo era sopra di lei e che non sarebbe scappata facilmente. Tornò a poggiare la schiena sul letto, stavolta sentendosi un po' più sicura di sé. Se proprio avesse allungato eccessivamente le mani, beh, allora gli avrebbe dato un pugno. Non gli avrebbe fatto nulla, chiaro, però per lo meno lo avrebbe distratto. Doveva ammette, però, che ora anche lei aveva voglia di baciarlo, quel tipo. Che gli piacessero quelli intraprendenti era ovvio, ma Iona era davvero una peste. Non aveva mai incontrato un ragazzo che ci provasse così spudoratamente da subito. Okay, lei aveva frequentato solo nobilucci col sangue blu e la paura nel cervello, però qualcuno era più sfrontato. Mai come Iona, però.
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    Edited by purplevomit - 6/1/2013, 18:06
     
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    Iona rideva come un matto, e la cosa che più lo divertiva, era il fatto che lei avesse cominciato a prenderlo sul serio, a fare attenzione ai suoi gesti. Lei aveva messo su già da un po' quell'espressione furba che a Iona cominciava a piacere. Per essere solo una preda che avrebbe abbandonato al primo avviso di noia, era stato proprio fortunato. La ragazza rispondeva alle sue provocazioni, e come se lo faceva, Chissà fino a quanto avrebbero potuto continuare, chissà chi sarebbe stato il primo dei due a cedere all'altro, perchè Iona sapeva che sarebbe accaduto. Si domandò cosa sarebbe accaduto se avesse ceduto lui, anche se quel pensiero era quanto di più lontano esistesse dalla sua mente. Non credeva che lei possedesse abbastanza audacia da potergli fare qualcosa, però poteva sempre approfittarne. Avvertì che la ragazza fremeva, evidentemente sentendosi fin troppo bloccata dalla sua presenza. Iona sorrise, ma non la lasciò, anzi, si fece più vicino.
    Alla fine, lei decise di rivelargli il suo nome. Iona storse la bocca divertito, inarcando un sopracciglio e fissandola nei grandi occhi castani. Roxanne, o meglio, Roxy, gli accarezzò una guancia. Iona lasciò che lo facesse, anzi, piegò leggermente il viso verso il palmo della mano, facendo sì che fosse in contatto anche con il dorso del suo naso e, appena, del labbro superiore. Dalla guancia, il tocco di Roxy scivolò sulle sua labbra con due dita appena, chiudendole poi tra loro. Iona ridacchiò sommessamente nonostante avesse la bocca praticamente serrata. Iona scosse la testa, liberandosi dalla presa di lei e strofinò il viso contro la mano che poco prima lo aveva accarezzato. "Visto, Roxy?" le disse, enfatizzando particolarmente quel nome, "Non era poi tanto difficile..." Diede un leggero colpetto con il dorso del naso alla mano della ragazza, poi tornò a concentrarsi su di lei. Roxy si sollevò leggermente, portando il viso a pochi centimetri dal suo. Istintivamente, Iona spinse il proprio viso contro quello della ragazza, strofinando il proprio naso contro il suo e avvertendo il respiro di lei.
    Roxy gli disse che non avrebbe certamente avuto qualcosa da lei. Iona rise di gusto, sollevandosi e mettendosi a sedere sul materasso, accanto al corpo della ragazza. "E se io me la prendessi comunque, senza chiederti nulla? " le disse, allungando una mano verso il viso di lei. Ripetè il gesto di lei, accarezzandole lentamente una guancia, poi lasciò che la mano scendesse lungo il mento, mentre il pollice le sfiorava il labbro inferiore. Piegò la testa verso di lei, rimanendo immobile e continuando a sorridere. Cercava di farle intendere quali erano le sue intenzioni. Chissà quali erano le abilità della sua bella preda, chissà se fosse brava a baciare quanto lo era lui. Perchè era convinto di esserlo, dato che dopo ogni bacio che dava, le ragazze parevano concedersi anima e corpo a lui. "Non fare la difficile, Roxy" le disse in un soffio, "Alla fine, scommetto che vogliamo le stesse cose." Dicendo quell'ultima frase, rise ancora più forte. Si sollevò dal materasso mettendosi in ginocchio, poi si piegò ancora una volta su di lei, quasi a quattro zampe. Spinse il viso contro quello di lei, strofinando le labbra contro la sua guancia. Poi rialzò il capo e ghignò soddisfatto. "Credi che io non capisca cosa vuoi?" le chiese. In realtà, lei lo metteva in difficoltà. Le altre ragazze erano fin troppo palesi per i suoi gusti, lasciavano sfuggire immediatamente le proprie intenzioni. Roxy, invece, la tirava per le lunghe. Ecco perchè, con lei, Iona preferiva mostrarsi più che sicuro di sè.
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    Probabilmente Roxy non si era mai divertita così tanto con un ragazzo. Era abituata a tipi composti, educati, fin troppo mollaccioni e romantici... quello era tutto il contrario. Non aveva neanche un briciolo di poesia negli occhi ed era chiaramente interessato ad una cosa sola. Il fatto che ci volesse arrivare pian piano, però, incuriosiva la ragazza. La metteva anche a suo agio, in un certo senso: era libera di fare quello che voleva e poteva metterci tutto il tempo che desiderava. Iona si spostò e le si sedette accanto, continuando a guardarla in volto. I suoi occhi erano però caduti sulle sue labbra e sul mento, che ora percorreva con le dita lunghe e affusolate. Roxanne cedette a quel gesto, lasciandosi sfuggire un sorriso verso il ragazzo. Quello le domandò cosa avrebbe fatto se lui si fosse preso ciò che voleva senza chiederle nulla. Era una domanda ovviamente ironica, ma nessuno le aveva mai detto che non si poteva rispondere. Per questo Roxy portò una mano sotto alla testa e si voltò su un fianco, rivolgendosi a lui. Si strinse nelle spalle ed arricciò le labbra, guardando in alto come se stesse davvero pensando ad un modo per sfuggirgli.
    « Beh, dovrei ucciderti. » gli rispose quindi, spostando di nuovo lo sguardo sui suoi occhi ed assumendo quell'espressione furbetta che tanto sembrava entusiasmare Iona. All'improvviso, quello tornò sopra di lei e la schiacciò quasi, strofinando il volto contro il suo. Il contatto con la barba la fece rabbrividire, o forse era tutta la situazione che la stava pian piano agitando sempre più. Eppure... beh, non si sentiva affatto nervosa. Insomma, non con lui. Si stavano divertendo e non erano ancora arrivati ad un punto, quindi quello le faceva capire che anche lui aveva tutto il tempo del mondo. Avvertiva le mani di lui sul suo volto e sulle braccia, come se volesse incitarla a reagire. Le sue parole la fecero ridacchiare, mentre cercava i suoi occhi con lo sguardo. Il fatto che la stesse sbaciucchiando non le andava troppo bene, anche se si stava divertendo come una matta. Sempre sghignazzando, alzò una mano e la portò al suo volto, spingendolo all'indietro e facendo in modo che le si parasse a pochi centimetri dalla sua faccia. Insomma, voleva guardarlo ancora. Quando le fece capire che sapeva esattamente cosa lei volesse, Roxanne rise e poi inarcò un sopracciglio, senza però muoversì né spingerlo via. Quella domanda era un chiaro invito a fare qualcosa di concreto.
    « Io penso che tu non sappia proprio niente. » gli mormorò, portando poi entrambe le mani al suo volto, come a prenderglielo fra di esse. Era combattuta. Se l'avesse baciato l'avrebbe avuta vinta lui, ma lei si sarebbe tolta un bello sfizio. Se non l'avesse fatto, lei avrebbe mantenuto intatta la sua credibilità e lui si sarebbe infuriato, poco ma sicuro. Era quasi certa che il passo l'avrebbe fatto Iona, se Roxy non si fosse messa in gioco. Abbassò per un momento lo sguardo sul suo collo, poi tornò al volto del ragazzo. Quelle labbra la invogliavano, ma... non poteva certo darsi via -sì, per lei era comunque uguale allo svendersi- in così poco tempo. L'aveva salvata e bla bla bla, ma non voleva comunque dargliela vinta. Un turbine di pensieri cominciò a vorticarle nella mente. Passò una mano tra i capelli del ragazzo: fu un gesto spontaneo, completamente istintivo. Spostò anche lo sguardo su di essi, sorridendo divertita. Sì, l'avrebbe dovuto far aspettare ancora. Scese fino all'orecchio e ne percorse il bordo con la punta fredda dell'indice, arrivando fin giù alla mandibola. Si passò la lingua sulle labbra e fece scivolare le dita fino alla bocca di lui, di nuovo. Stavolta anche lei si soffermò sul mento, lasciando che la barba le solleticasse i polpastrelli.
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    Le risposte incompiute :gurufiore:
     
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