[FIRE] The moon isn't so far.

07.08.102 PA. Baia a sud dell'Isola Verde

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    Il fatto che Charlie non parlasse lo stava irritando, ma si disse che doveva prenderla bene. Era normale che fosse emozionata, che non riuscisse a gestire i sentimenti. L'avvertiva scalpitare sotto di sé: evidentemente, riusciva ancora molto bene ad usare quell'incantesimo. Si strinse a lei, abbracciandola, stavolta anche lui senza proferire parola. La ragazza gli fece capire che aveva il via libera legando le gambe attorno al suo corpo. Amyas, però, sempre con molta delicatezza e mai affrettandosi, procedette con studiata lentezza. Avvertì le unghie di Charlie conficcarsi nella sua schiena. Il ragazzo gemette, forse per il dolore o forse per l'eccitazione, poi affondò il volto nell'incavo del collo della sua fidanzata. Quest'ultima aveva preso a mordergli il collo come se volesse mangiarselo, poi si lasciò pian piano andare all'abbraccio bollente di Amyas. Lo Stregone la teneva per le braccia -senza stringere- e percorreva il suo petto con le labbra, mentre pian piano si faceva strada sempre di più dentro di lei. Una mano scivolò a prendere la sua ed intrecciò le dita con le sue, sorridendo dolcemente. Si alzò un pochino e portò Charlie con sé, circondandole la schiena con un braccio ed attaccandola a sé. Procedeva con gli affondi, aumentando gradualmente la velocità. Se avesse continuato tutta la sera con quel ritmo lento, la ragazza non si sarebbe goduta nulla. La baciava ovunque: sul collo, sul petto, sulla bocca, sulle orecchie e sulle spalle. Non era mai stato così coinvolto durante un rapporto. Era come se anche per lui fosse la prima volta. Poteva sentire benissimo le guance in fiamme, le mani tremanti e lo stomaco sottosopra. Era nella stessa identica situazione della ragazza, seppur cercasse di non darlo a vedere. Il tremore alle dita, però, era chiaro. Lei l'avrebbe percepito, visto che le teneva ancora la schiena. Era nervoso, ma si era lasciato andare all'amore come gli aveva consigliato il cuore. La mano sinistra scivolò giù fino ad afferrare la coscia sinistra di lei, poi la carezzò con dolcezza. Al primo affondo un po' più vigoroso, al ragazzo venne subito il fiato corto. Doveva cercare di trattenersi e far divertire ancora un po' Charlie. Amyas gemeva, anche se lo faceva sottovoce. Il suo respiro sbatteva contro la pelle della ragazza e gli ritornava indietro, più caldo di prima. Tornò su e la baciò sulla bocca, chiudendo gli occhi. L'adagiò di nuovo a terra e poi lasciò la sua coscia, portando entrambe le mani al volto di lei. Le poggiò la fronte contro la sua, come faceva sempre, poi aprì gli occhi e cercò di pensare ad un modo per farla parlare. Alla fine, ebbe l'idea più semplice -e forse stupida- del mondo.
    « Parlami, Charlie... » le sussurrò nell'orecchio, mentre la stringeva a sé ed aumentava appena la velocità. La sua parte più orgogliosa avrebbe voluto sentirla e vederla godere, approfittare di quell'amore così forte e divertirsi. L'altra sua parte, quella che era sempre stata gentile con lei, avrebbe voluto conoscere i suoi pensieri, le sue ansie e le sue paure. La mente dello Stregone si diramò verso quella della ragazza, cercando di entrarci. Se non voleva parlare, allora che almeno pensasse. Il pensiero di Amyas circondò quello di Charlie in una sorta di abbraccio pieno di calore: la sua testa stava accogliendo quella di lei. Poteva capire che anche biascicare soltanto qualche parola fosse difficile, perciò aveva deciso di comunicare con lei mentalmente.
    Dimmi che cosa provi. le chiese quindi, continuanando ad affondare sempre più velocemente. Sapeva, si sentiva che non mancava molto. Poteva trattenersi fino ad un certo punto, il povero Amyas. Non che dopo non avrebbe potuto ricominciare, quello no; anzi, era molto probabile che la stessa Charlie glielo avrebbe chiesto. O almeno così gli era successo la maggior parte delle volte. Anche se con lei era diverso. Chiuse gli occhi, incontrando immediatamente la vergogna della ragazza che faceva da barriera ai suoi pensieri. Cercò di inviarle una sensazione di conforto, di tranquillità. Voleva che lei comunicasse con lui.
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    Per Charlie era ormai palese: Amyas ci sapeva proprio fare. Nonostante stringesse i denti per il dolore che le colpiva il basso ventre, nonostante bollisse interiormente per l’incantesimo di lui e, nonostante il dolore alla schiena per averla inarcata troppo, Charlie provava piacere. Un piacere intimo ma, al contempo, intenso, che le nasceva dallo stomaco e saliva su, spargendosi per tutte le membra, tese nell’unico atto d’amore. Amyas procedeva con lentezza, facendo sì che il corpo di Charlie si abituasse a quella presenza così nuova. Ormai badava poco a dove Amyas la baciasse, a cosa provasse con quei tocchi: sentiva di avere poco controllo del proprio corpo, come se tutto ciò che stava accadendo in quell’istante fosse solo frutto della sua immaginazione. Sentiva Amyas ansimare ma, soprattutto, avvertì se stessa. Stringeva le labbra e digrignava i denti, certo, ma più di una volta s’era lasciata sfuggire qualche gemito d’eccitazione. Amyas le prese una mano, e Charlie strinse così forte quella del ragazzo da farsi male ella stessa. A poco a poco il dolore diminuiva impercettibilmente ma, ad ogni spinta, Charlie sentiva il fiato venire a mancare. Amyas l’afferrò, stringendola a sé dopo averla circondata con un braccio. Charlie si tese in avanti, allungando le braccia oltre il collo di lui e intrecciandole dietro la sua nuca. Amyas procedeva aumentando la velocità delle proprie spinte. A Charlie sfuggirono diversi gemiti, a metà tra il dolore e l’eccitazione. In quel preciso istante, non riusciva neanche a pensare. Si sentiva totalmente in balia delle onde di piacere che la sconquassavano, del respiro bollente di Amyas sulla propria pelle, del corpo di lui che la stava possedendo con una maestria tale da lasciarla inerme. Charlie afferrò il viso di Amyas con avidità, stringendolo tra le proprie dita sottili. Si buttò sulla bocca di lui famelica, artigliandogli le labbra con i denti. Amyas aumentava sempre più. Quando le spinte si fecero di parecchio più forti, Charlie si lasciò sfuggire un gridolino, prontamente soffocato. Il corpo continuava a tremarle, ma non ci pensava praticamente più. L’odore della pelle di lui la inebriava, quasi si sentiva parte integrante di quel paesaggio notturno. Era sabbia, aria, onda, cielo e luna. Lui, invece, era la sua metà perfetta: ciò che li univa faceva sì che insieme fossero l’intero universo. E Charlie si era persa tra le stelle che Amyas le aveva mostrato mentre, con gli occhi spalancati diretti alla volta celeste, riconosceva tutte le costellazioni stretta nella morsa d’amore. Amyas le sussurrò in un orecchio, chiedendole di parlargli. Come avrebbe mai potuto fare? Il respiro le era morto in gola un po’ di attimi prima, tirare un filo di voce in quel momento era praticamente impossibile. Eppure, sentiva di doverlo fare. Anche solo per tranquillizzare Amyas, per dirgli che stava andando tutto bene, che lei era felice e che al dolore non pensava, perché si riteneva la persona più fortunata di tutto l’universo a stare con lui. Voleva fargli sapere che era tranquilla e che, nonostante ogni tanto emettesse qualche gemito, era perché le piaceva. “Amyas...” sussurrò appena, poco prima di emettere un gemito, stavolta più acuto dei precedenti. Charlie sentiva la mente del ragazzo bussare alla sua, come a volerle chiedere se tutto andasse bene. Istintivamente però, Charlie aveva eretto delle barriere: era certa che se Amyas avesse visto che provava dolore si sarebbe fermato, e non era ciò che desiderava lei. Voleva semplicemente che il ragazzo continuasse, poiché era certa che entrambi avrebbero colto il momento giusto per smettere e, semplicemente, rimanere abbracciati sulla sabbia fredda, l’una tra le braccia dell’altro a riscaldarsi con il calore dei propri corpi. Sentiva il sudore di Amyas su di sé, la sua pelle bollente che sfregava contro la sua. Mentre lui si muoveva dentro di lei, Charlie si rannicchiò sotto il suo petto, stringendosi forte a lui. Meno ci pensava, e più il dolore scompariva, dando spazio ad una dolcezza infinita. Nella sua mente adesso c’era solo Amyas, la sua figura un po’ secca ma così calda quando lei vi si rannicchiava accanto, al suo viso squadrato che le piaceva così tanto, a quel sorrisetto sghembo, a quelle mani grandi, al suo essere sempre felice quando era con lei, al suo timore di farle del male in quel momento. Amyas, da quel preciso istante più che mai, era parte non solo della sua vita, ma anche del suo corpo e della sua mente.
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    Il modo in cui Charlie lo baciava gli faceva venire voglia di mangiarsela a morsi, letteralmente. Gli dava baci famelici, si sentiva davvero bramato da lei: era la prima volta che gli succedeva. Di solito, finiva per fare del blando sesso senza guardare neanche in faccia chi aveva al di sotto -o al di sopra. Charlie, invece, lo coinvolgeva, ma soprattutto lo sconvolgeva. Si sentiva come se avesse il petto pieno d'aria e non potesse tirarla fuori tutta, come se gli stesse scoppiando il cuore per la pressione. Non c'erano altri modi per essere più vicini, più completi, eppure Amyas sembrava non farsene una ragione: voleva essere ancora più stretto a Charlie, quasi diventare una sola entità.
    La ragazza non abbassò le sue barriere mentali, ma sussurrò il suo nome. "Amyas". Solo quello. Lui, emozionato, alzò lo sguardo e cercò i suoi occhi con i propri, sorridendo come uno scemo. Dal tono di voce -seppur l'avesse solo sussurrato- Amyas aveva capito che Charlie si stava divertendo. Stava provando le sue stesse emozioni.
    « Charlie... » ripeté lui, mentre la fissava negli occhi. Aveva un'espressione da ebete, ad essere sinceri: bocca semiaperta, sguardo innamorato, mezzo sorrisetto beato. Distraendosi dal suo solito flusso di pensieri, il ragazzo aveva spalancato le porte della sua mente e riversato su Charlotte una cascata di emozioni che probabilmente l'avrebbero travolta all'improvviso. C'era l'ansia, c'era il piacere e c'era la tensione, ma soprattutto c'era tanto amore. Lo Stregone sentiva di non averne mai provato così tanto. Aveva quasi vomitato tutte le sue sensazioni sulla ragazza, perciò cercò di riprendersi e bloccare i pensieri che scivolavano via a ruota libera dalla sua mente. Charlotte lanciò un gridolino e si strinse a lui, rannicchiandosi sul suo petto. Amyas capì che era il momento giusto per dare sfogo ai loro imperativi biologici. Andava bene stare lì a girarci attorno, a baciarsi, ad accarezzarsi, ma prima o poi sarebbero dovuti arrivare al punto. Cinse la schiena della ragazza, affondando le mani nella sabbia, poi si strinse a lei più forte che poté. Il suo volto era ormai incollato a quello di Charlie, che continuava a mordicchiarlo e baciarlo come meglio credeva. Sussurrò di nuovo il suo nome, stavolta con un po' di fatica, poi Amyas accelerò sempre di più i suoi movimenti, aumentando anche il vigore delle spinte. Alla fine, la fronte gli si imperlò di sudore e strizzò gli occhi a causa del piacere imminente. Anche le mani si strinsero attorno alle braccia della ragazza, poi gli sfuggì un gemito forse davvero troppo eloquente. Non era stato in grado di starsene zitto, aveva dovuto gemere contro la pelle del collo di Charlotte, che probabilmente sarebbe uscita tumefatta da tutti quei morsi. Si rilassò all'improvviso, scivolando un poco più giù. Appoggiò la testa sul petto della ragazza, col fiato corto, ancora senza allentare troppo la presa su di lei. Erano arrivati dritti al punto, anche se gli era piaciuto molto di più tutto il resto. Non si preoccupò neanche di un eventuale gravidanza o che altro; non gli era venuto in mente nulla del genere -date le circostanze, ma erano Stregoni. L'avrebbero sfangata in qualsiasi modo. Il respiro di Amyas si regolarizzò solo dopo un minuto buono. Alzò la testa e si spostò da sopra Charlie, che probabilmente aveva le gambe a pezzi per averle tenute così tanto tempo in alto. Si sdraiò accanto a lei, incurante della sabbia, poi le cinse la vita con le braccia ed appoggiò la testa sulla sua spalla. Non le disse niente. Sapeva che avrebbe dovuto aspettare prima di chiederle tutte quelle cose che aveva in mente. Con una mano gli carezzava la pancia piatta -forse troppo- mentre gli occhi seguivano i suoi movimenti. In quell'attimo, non sapeva perché, gli era presa una sorta di ansia generale. Non perché temesse la risposta di Charlie, più che altro perché erano tutti nudi uno vicino all'altra. Avevano appena fatto l'amore. Alzò la testa fino a guardare il profilo di lei, poi alzò la mano che prima aveva posato sulla sua pancia e gliela portò al mento, percorrendolo con il dito indice. Le sue labbra furono più veloci dei suoi pensieri: le sfiorò con quelle di lei, alzandosi poi un pochettino e poggiando la testa sulla mano, con il gomito piegato che poggiava a terra. Le sorrideva con dolcezza, senza però esagerare. Era più un abbozzo. Con le dita spostò qualche capello fradicio di sudore dal volto di lei, carezzandoglielo.
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    Amyas la travolse con un fiume di pensieri inimmaginabile. Probabilmente, il solo fatto che lei gli avesse parlato dopo molto silenzio lo aveva emozionato. Amyas si lasciò andare, abbattendo le proprie barriere mentali e lasciando che ogni suoi singolo pensiero travolgesse la mente di Charlie. La ragazza si ritrovò così investita da una tale quantità di pensieri che persino le sue barriere mentali furono presto abbattute e le due menti entrarono in comunicazione. A Charlie scappò un leggero risolino a quella reazione, mentre Amyas cercava invano di limitare i propri pensieri. Quell’eccitazione senza freno del ragazzo la divertiva, conscia di esserne la causa primaria. All’improvviso, Amyas le cinse la schiena e s’incollò a lei, spingendola sulla sabbia e aumentando sempre più la velocità delle spinte. Charlie provava un dolore immenso eppure, al contempo, sentiva di non volersi fermare. Infondo le piaceva, si trattava solo di cercare di non pensare a quel pulsare bollente nel basso ventre, ma di rivolgere ogni singolo pensiero al ragazzo che giaceva sopra di lei, di fare in modo che lui non ne rimanesse deluso. Digrignò i denti e strinse le labbra quanto più poté, mentre Amyas continuava a spingersi dentro di lei. Ormai aveva le unghie piantate nella pelle del ragazzo ed era certa che, più lui avesse aumentato, più lei avrebbe stretto la presa, rischiando di graffiarlo a sangue. Le dispiaceva fargli del male, ma tenerlo stretto era l’ultima barriera che le impediva di gridare forte. Baciava Amyas a stento, quando credeva di poter tenere la bocca chiusa, altrimenti lo prendeva a morsi violenti, lasciandogli vistosi segni sulla pelle. Dal canto suo, Amyas non si staccava dal suo volto. In realtà, non si staccava neanche dal suo corpo. La loro pelle sudata era come incollata, come se quei due loro corpi stessero fondendosi in uno solo. All’improvviso, il momento tanto atteso giunse, accompagnato da un sonoro gemito di Amyas, tanto forte da sconquassarle la pelle contro la quale egli l’aveva emesso. Charlie inarcò violentemente la schiena, ripiegandosi immediatamente su se stessa e allentando la presa sulla spalle del ragazzo. Amyas si era calmato, ed ora giaceva supino sul suo petto. Con mano tremante, Charlie gli accarezzò dolcemente il viso sudato, scostandogli i capelli dalla fronte. Ora che non aveva più Amyas a coprirle la visuale, gli occhi di Charlie si erano persi nel buio cielo stellato, così come anche la sua mente. Non pensava assolutamente a nulla, le veniva estremamente difficile farlo. Guardava la volta celeste con sguardo vuoto, quasi assente, mentre continuava ad accarezzare il viso del ragazzo con noncuranza. A poco a poco il suo respiro stava tornando regolare e persino il dolore al basso ventre stava lentamente scemando. Pure Amyas si era tranquillizzato, tanto che Charlie pensò si fosse addormentato all’improvviso. Il dolore forte alla schiena e alle gambe rimaneva, poiché le avvertiva più che indolenzite, ma si sarebbe preparata una tisana rigenerante una volta tornati alla locanda e sarebbe migliorato. Amyas si alzò e, con lentezza, si andò a stendere accanto a lei sulla sabbia fredda e umida, cingendole la vita e posando la testa su una spalla di lei. A tratti le carezzava la pancia, poi la baciò con dolcezza. Tutto ad un tratto, Charlie s’accorse d’avere freddo. Non avere più il corpo bollente di Amyas su di sé cominciava a farsi sentire. Velocemente, si strinse al ragazzo, circondandogli l’addome con un braccio, posando la testa sul suo petto e avviluppando le gambe con le sue. Chiuse gli occhi, Charlie: non c’era bisogno di dire nulla, tutto ciò che avrebbero dovuto dirsi quella notte, era stato espresso diversamente. Ora si sentiva stanca ma felice, e tutto ciò che di cui poteva aver bisogno in quel momento giaceva sotto il suo viso, con la sua pelle ancora calda e il petto che si alzava ed abbassava con regolarità. Strofinò il viso contro la pelle di Amyas, sorridendo felice.
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    Nessun semplice umano avrebbe mai capito che cosa voleva dire entrare in contatto totalmente con la mente di un'altra persona. Era un gesto più che intimo: poteva essere paragonato ad un abbraccio psichico. I pensieri si mescolavano e s'intrecciavano, tanto che a volte qualcuno recuperava i ricordi degli altri, chi involontariamente e chi costretto a farlo per via di un ordine. Per quello c'erano degli Stregoni nell'Esercito: servivano come investigatori. I pensieri di Amyas ora vagavano con tranquillità, dopo essersi gettati con violenza addosso a Charlie. Lo Stregone, inoltre, aveva provato le sensazioni di lei. Aveva persino sentito il suo dolore. Si era infatti domandato come mai non gli avesse neanche sussurrato qualcosa per farlo smettere o perlomeno rallentare.
    La ragazza, mentre Ed pensava, si strinse a lui, scossa da qualche brivido. Il sudore si stava asciugando addosso ad entrambi, e la brezza leggera che veniva dal mare di certo non aiutava. Le cinse le spalle con un braccio, stendendosi sulla spiaggia, poi poggiò l'altro arto sulla sua schiena, accarezzandola dolcemente. Il suo sguardo vagava tra le stelle, mentre la sua mente era impegnata in elucubrazioni talmente complicate e profonde che persino un Anziano sarebbe impallidito di fronte ad esse. Pensava a loro due, al loro legame, a ciò che ne avrebbero fatto della loro vita una volta che avessero finito l'apprendistato. Senza neanche rendersene conto, Ed aveva afferrato la mano sinistra di Charlie e l'aveva poggiata sul suo petto, posandoci sopra a sua volta la sua mano. Il cuore gli batteva fortissimo, anche se la parte fisica della serata era pressoché terminata. Non sapeva spiegarsi il perché di quella tachicardia, di quell'organo quasi galoppante che lo faceva sentire un po' in imbarazzo. Gli scappò un risolino, sicuro che Charlie avrebbe avvertito le piccole pulsazioni del suo cuore attraverso la pelle chiara. Forse sarebbe stato meglio rivestirsi e tornare alla locanda. O almeno questo era ciò che gli diceva la coscienza. Voltò la testa ed allungò una mano per afferrare la sua giacca, che acciuffò con due dita. Si alzò a sedere e portò Charlie con sé, tirandola su con la forza di un solo braccio. Allargò la giacca e poi la poggiò sulle spalle della ragazza, guardandola negli occhi. Era incredibile come non ci fosse bisogno di parole per spiegare quello che provavano. Sperava davvero che Charlie fosse contenta, o perlomeno che non si fosse pentita di aver fatto l'amore con lui. Si sporse appena e le diede un bacio sulla fronte, sorridendole.
    Amyas si rivestì con lentezza, abbottonando la camicia alla bene e meglio e senza infilarsi neanche le scarpe. Anche Charlotte si era rivestita, ed aveva tenuto la sua giacca sulle spalle. Amyas la guardò e le offrì una mano: aveva intenzione di tenergliela stretta fino a quando non si sarebbero infilati a letto. La taverna era poco lontana, per fortuna: la stanchezza e l'adrenalina stavano scemando, segno che gli serviva un po' di riposo.
    « Mia signora. » le disse, sorridendole e tendendole ancora la mano. Era tornato il solito Amyas, quello scherzoso ed appariscente.
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    Il giorno dopo.



    Il giorno dopo non aveva fatto che piovere. Scendevano giù dal cielo quantità d'acqua inimmaginabili persino per loro, due ragazzi di Onore più che abituati alle fredde piogge invernali. Tutto attorno a loro, la pioggia fitta copriva e oscurava i paesaggi, rendendo tutto grigio, cupo e bagnato. L'odore del fango e della pioggia sul selciato riempiva le stradine della cittadella, mentre i carri sollevavano acqua dalle pozzanghere al loro passaggio e i passanti si rintanavano sotto delle balconate o correvano a perdifiato verso le proprie abitazioni. Charlie osservava quel triste dipinto dalla propria finestra, mentre le gocce di pioggia vi scorrevano sopra l'una dopo l'altra. Charlie aveva appoggiato una mano sul vetro - divenuto freddissimo - e aveva concentrato lo sguardo sul brulicante e bagnato mondo sotto la sua stanza alla locanda.
    Era seduta quasi inghinocchiata su una vecchia poltrona giallo ocra che aveva appositamente spostato verso la finestra. Quella mattina, Charlie si era riproposta di andare un po' in giro per quel minuscolo villaggio e, magari, di godersi la dolce calura mattutina. E invece, non aveva messo fuori dalla porta della propria camera neanche il naso che aveva cominciato a cadere acqua giù dal cielo. E non aveva smesso neanche un po' fino a quel pomeriggio. Annoiata, Charlie sbadigliò. Sperava proprio che quel tempaccio non durasse, o la loro bella vacanza sarebbe andata in fumo. Indossava una lunga camicia color panna, chiusa sulla schiena come un corpetto da un sottile laccio di cuoio. Aveva i piedi nudi, poichè la infastidiva indossare le scarpe in casa. Appoggiò un braccio sullo schienale e vi posò la testa sopra, come stanca. Non aveva fatto nulla tutto il giorno, eppure si sentiva così annoiata da essere spossata. Quasi non riusciva a muoversi da quella poltrona, neanche vi fosse incollata a causa di un incantesimo. Chiudendo gli occhi, ripensò alla sera prima. Era stato tutto così diverso, così emozionante e terribilmente eccitante. Sentiva una nostalgia crescente al solo pensiero di quella serata, così incredibilmente degenerata. In meglio, ovviamente. Più la mente di Charlie vagava nel ricordo, più avvertiva la noia a poco a poco diradarsi. Inutilmente però, un tuono scosse il cielo sopra di lei e Charlie tornò alla cruda realtà.
    Ora Charlie riversava nella noia più totale, aspettando che qualcosa o qualcuno la salvasse. Aprì gli occhi ed alzò un dito, indirizzandolo verso i vestiti che aveva indossato la sera prima, ora sparsi scompostamente sul letto. Pronunciò mentalmente un incantesimo e, indicandoli con il dito, cominciò a farli muovere per aria, facendoli poi ricadere perfettamente piegati sulla spalliera del letto. Charlie sospirò sconfitta. Lo stesso Amyas non c'era, era andato chissà dove. Glielo aveva detto dove andava, ma Charlie era stata troppo abbattuta per prestargli ascolto e non aveva capito nulla di ciò che lui le aveva detto. Adesso, avrebbe fatto qualsiasi cosa perchè lui varcasse la soglia della loro stanza, giusto per movimentare al massimo quella noiosissima routine. Era arrivata quasi ad invocarlo, pur di non rimanere sola. In verità, lei detestava la pioggia più di ogni altra cosa. Una giornata come quella era capace di mandarla letteralmente a terra.
    Charlie Pole@
     
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    Quella mattina si era svegliato fresco come una rosa. Probabilmente era stata la serata, per così dire, terapeutica, visto che non gli era mai successo di avvertire sensazioni come quelle. Si sentiva finalmente completo, come se nulla al mondo potesse rovinare la vita a lui né a Charlie. Si era alzato presto, si era stiracchiato come di suo solito e poi era filato nell'altra stanza. Si era fatto un bagno lungo e rilassante, con l'acqua calda che gli solleticava la pelle. A casa non aveva una vasca così, quindi tanto valeva sfruttarla. Aveva proposto anche a Charlie di raggiungerlo, ma la ragazza si era rifiutata, dicendogli che preferiva dormire. Amyas non se l'era presa: d'altra parte, non avevano riposato così tante ore. Un piccolissimo lato del suo cuore gli suggeriva di lasciar perdere la ragazza, che sarebbe tornata normale di lì a poco. Non doveva essere stato facile per lei affrontare tutte quelle emozioni in una serata sola, come d'altronde non lo era stato neanche per lui. Si erano come collegati, avevano stabilito un legame forte che difficilmente sarebbe stato infranto. Uscito dalla vasca, Amyas aveva trovato Charlie intenta a mangiucchiare qualcosa per colazione. L'aveva salutata con un bacio sulla fronte e le aveva detto che andava a conoscere meglio il locandiere, così si sarebbe fatto fare uno sconto. A dire la verità, Ed voleva farle un regalo. Un qualcosa di prezioso magari, o qualcosa di brillante. Non lo sapeva, non aveva le idee chiare. Così, era uscito ed aveva esplorato un po' il villaggio, accorgendosi all'ultimo momento che non aveva molte monete d'oro appresso. Sconsolato, era tornato poi alla locanda, dove aveva incontrato un bambina piuttosto strana: aveva i capelli viola ed un marchio strano sulla fronte. Sembrava un simbolo delle carte da gioco. La ragazzina gli aveva promesso una collana d'oro con un ciondolo in giada se si fosse tagliato i capelli pressoché a zero. Amyas ci aveva riflettuto bene ed aveva osservato la bimba con gli occhi di uno Stregone, pensando che fosse una sorta di creatura del male. Quando però aveva scoperto che la bambina li cuciva assieme e ci faceva parrucche che poi vendeva a uomini e donne spelacchiati per campare, Ed aveva accettato. Se li era fatti tagliare dal locandiere -che si era pure divertito- e poi li aveva regalati alla bambina, che aveva pure rispettato la sua promessa: gli aveva regalato una collana... chiaramente falsa. Ad Amyas, però, non importava: aveva fatto una buona azione, e questo gli bastava. E poi, guardandosi nello specchio malconcio della locanda, si era accorto di piacersi di più. Non sapeva come Charlie avrebbe reagito, ma aveva già la risposta per lei: "i capelli ricrescono".
    In quel momento, dunque, era seduto ad un tavolo della locanda, mentre parlottava con il proprietario. Aveva già accettato di scalargli una giornata dal conto finale, il che non era poco. Sarebbero tornati a casa a breve, ma faceva sempre comodo un piccolo sconto. Si alzò dalla sedia come un fulmine, batté sulla spalla del locandiere e poi cominciò a salire le scale per raggiungere la sua bella. Amyas non camminava, zompettava. Era così contento che a stento poteva trattenersi. Quando trovò la porta della sua camera, la spalancò senza curarsi della reazione della Strega e corse dentro, raggiungendola. Trovandola rannicchiata sulla sedia, Amyas l'afferrò e se la mise in braccio come una principessa, facendo giravolte di qua e di là.
    « Charlotte Britannia Pole! » gridò, preso dall'euforia. « La mia bellissima ragazza dai capelli rossi e le labbra carnose! » continuò, ridacchiando. Si fermò in mezzo alla stanza, fissandola negli occhi. Voleva proprio vedere la sua faccia mentre gli diceva che coi capelli corti faceva schifo -perché di sicuro l'avrebbe fatto.
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    Alla fine, Charlie si era addormentata, cullata dallo scrosciare lieve della pioggia contro la finestra della camera e dal profumo di terra bagnata che si riversava dalle strade. Sebbene avesse dormito a lungo, gli occhi avevano cominciato a pizzicarle e, ben presto, si era ritrovata a socchiuderli per un po', cadendo nel sonno.
    Il suo, tuttavia, non era stato privo di sogni. All'inizio, come all'improvviso, si era ritrovata a casa sua, la vecchia casa che condivideva con sua madre Evangeline. Charlie era in piedi nel salotto buio, illuminato dalla tenue luce rosata del sole morente oltre l'orizzonte. Le tende erano ben tirate sulle finestre e un leggero odore di chiuso appesantiva l'aria. Muovendosi lentamente, Charlie era giunta poi fino alla cucina. Anche lì, una sorta di strana desolazione rendeva tutto buio, vecchio e sporco. Ogni cosa pareva infatti ricoperta da uno spesso strato di polvere, accumulatasi nel giro di un paio di settimane. Che è successo ad Evangeline? Si è convertita alla sporcizia? pensò Charlie. Le capitava spesso di chiamare sua madre col suo vero nome piuttosto che con l'appellativo 'mamma'. Con quella donna aveva così poca confidenza che le veniva quantomai facile. Scrollò le spalle e si aggirò tra le mensole e il tavolo da pranzo. Aprì un paio di ante e scavò fra le madie: non c'era traccia di cibo e, quel poco rimasto, era ormai ricoperto di muffa verdognola e puzzolente. Charlie arricciò il naso e chiuse velocemente l'armadietto. "Evangeline?" chiamò. Il silenzio le rispose. Decise allora di inoltrarsi fino al piano superiore. Lo scorrimano della scalinata era anch'esso ricoperto di polvere e i gradini di legno cigolavano violentemente, minacciando di crollare ad ogni passo. Al piano superiore, le camere da letto erano intonse, intoccate da un bel po' di tempo. Le lenzuola erano ben piegate sui materassi spogli e i cuscini erano stati accatastati su delle sedie. A detta di Charlie, sembrava che casa sua fosse stata abbandonata, come se Evangeline si fosse trasferita da qualche altra parte. Scese veloce le scale fino a ritrovarsi nell'atrio. Lì l'attendeva la porta di casa, un tempo di un bel verde bosco, ormai scolorita e graffiata in più punti. Charlie poggiò la mano sulla maniglia, e la girò con cautela. Aprì la porta e l'intensa luce del giorno la investì in pieno viso.
    Charlie aprì gli occhi di colpo, svegliata dal rumore della porta che si apriva di botto. Con le palpebre ancora semichiuse, Charlie vedeva ben poco di ciò che aveva davanti. All'improvviso, una confusa macchia scura le si parò davanti, urlando qualcosa che Charlie non sembrava aver ben capito. Spalancò gli occhi, carica di stupore, mentre la figura la prendeva tra le proprie braccia. Charlie urlò confusa rivolgendo un rapido pensiero ad Amyas, mentre qualcosa nella sua testa - quasi un campanello - l'avvisava di divincolarsi e di scappare perchè, certamente, quello non era lui. Era come se la sua testa avesse una forma strana, diversa... No, non era lui.
    Charlie si divincolò con uno strattone, urlando "Lasciami andare, razza di maniaco!". Quando si fu staccata dalla figura, la spinse con forza, mandandola con un tonfo sul pavimento di faccia a terra. Cominciò con rabbia a tirare dei calci alla figura quando qualcosa catturò la sua attenzione. Qualcosa in quella figura smisuratamente lunga le era famigliare.
    Charlie si bloccò di colpo, portandosi una mano alla bocca e arretrando di qualche passo. Conosceva quelle scarpe e quegli indumenti, ma quella testa rapata a zero non apparteneva di certo al suo amato. Allungò un piede verso la figura, costringendola a rigirarsi sulla pancia. Nonostante gli occhi strizzati e le mani portate prontamente sul viso a proteggerlo, Charlie avrebbe potuto riconoscere quei lineamenti ovunque. "Amyas!" gridò.
    Charlie Pole@
     
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    Non si aspettava una reazione del genere. Beh, di certo non così... degenerata. Charlie l'aveva letteralmente spinto via e preso a calci, probabilmente arrabbiata per qualcosa. Poi era caduta anche lei col sedere per terra, forse a causa della forza che aveva messo nello spintone. Amyas aveva pensato che fosse irritata per la sera prima, chissà poi per quale motivo. Si sentì all'improvviso molto piccolo, e non ebbe il coraggio di reagire. Magari lei non lo voleva ancora vedere, non era pronta o... non lo sapeva. Non aveva idea di che cosa frullasse per la mente della sua ragazza, ad essere sinceri. Amyas non la chiamò, né le bloccò le braccia: si limitò a coprirsi il volto, aspettando che l'irritazione passasse. Quando poi Charlie tacque, Ed aprì le mani per scorgere la sua espressione, in cerca di una qualche traccia che potesse fargli capire che cosa stesse succedendo. La ragazza sembrava disorientata, come se si fosse teletrasportata in quel punto senza essersene accorta. Non era mica una Charlie del futuro? Si guardò attorno per cercare l'eventuale Charlie del presente, ma trovò la stanza vuota. Ce l'aveva proprio davanti. Amyas si inginocchiò, fissandola in volto, ancora senza dirle assolutamente nulla. La scrutava in volto, cercando di incantenare lo sguardo con quello di lei. Di solito, era il modo migliore per capirsi. Alla fine, Charlie lo chiamò per nome, come sopresa. Lo Stregone si mise a carponi e la raggiunse quasi gattonando, guardandola dritta negli occhi. I due nasi, praticamente, si sfioravano. Poteva sentire il respiro affannoso di lei sulla sua bocca, e non resistette: le sorrise, poi la baciò con tutta la dolcezza che avrebbe potuto metterci. Le mani di Amyas raggiunsero il viso di lei, prendendolo. Fu un bacio breve e a stampo, ma molto intenso. La lasciò, carezzandole appena i capelli, senza mai smettere di sorridere.
    « Ti ho spaventata? » le chiese, alzando appena le sopracciglia. Poi si mise seduto sulle proprie gambe, ancora per terra.
    « Sei proprio una mollacciona, Brutta Addormentata. » la ammonì, scherzando; scosse la testa come se disapprovasse il comportamento di lei, poi ridacchiò. La indicò con un cenno del capo, poi addolcì lo sguardo.
    « Sei più Addormentata che Brutta, però. » sentenziò, avvicinandosi di nuovo al volto di lei. Se ci ripensava, non poteva credere di aver vissuto così tanti anni senza averla accanto come una vera compagna. Ormai era tutto così naturale, tra loro, che ogni cosa gli veniva spontanea. La contemplò per un po', con un sorrisetto misto tra dolce e malizioso sulla faccia. Era sua, alla fine poteva farci e dirle quello che gli pareva.
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    Amyas le chiese se non l'avesse spaventata, dandole poi un bacio. Charlie rimase inerme tra le sue mano, ripercorrendo con la mente ciò che era accaduto poco prima. Non l'aveva semplicemente spaventata, l'aveva letteralmente terrorizzata. Del resto, come avrebbe potuto mai riconoscerlo con quel nuovo e assurdo taglio di capelli? Cosa gli fosse saltato in testa, proprio non lo sapeva. Non le sembrava poi tanto difficile pensare che lo aveva ritenuto un maniaco, spuntato da chissà dove.
    Lo guardò, ancora seduta sul pavimento. Quando era caduta non si era fatta praticamente nulla, ma la botta le era servita per darsi una svegliata. Amyas giaceva accanto a lei - un po' ammaccato a causa sua, doveva ammetterlo - e la guardava intensamente. Le disse che era una mollacciona, appellandola come "Brutta Addormentata". A quelle parole, Charlie aggrottò le sopracciglia e gli rivolse un'occhiataccia innervosita. Prontamente Amyas si riscosse, dicendole che, sì, alla fine non era poi tanto brutta.
    Charlie si calmò per qualche breve istante, poi stese i palmi sul pavimento di legno scuro e si diede una gran spinta, risollevandosi in piedi. Guardò Amyas dall'alto della sua figura, concentrando lo sguardo sulla testa di lui. Ancora una volta, Charlie non si spiegava come potesse essergli saltato per la mente di rasarsi i capelli. Cos'era, una nuova moda? Non le sembrava di aver visto molti ragazzi conciati così, a parte i soldati, ovviamente, ma loro non facevano testo. Charlie si avvicinò di qualche passo ad Amyas e sfiorò con una mano la ormai corta zazzera. Grugnì con disapprovazione: una volta egli aveva avuto morbidi capelli castani. Adesso, gli rimaneva un'irta distesa di aculei.
    "Ma si può sapere cosa hai fatto?" gli domandò, "Esci presto al mattino per andare a farti questa... Questa... Cosa.". Sospirò contrita. "Non dovrei farti uscire più, a volte fai davvero delle stupidaggini." Si voltò per andare ad accomodarsi nuovamente sulla poltrona. "Non dico che tu stia male. Insomma, ti accetto anche così, ma... Lascia perdere." risolse infine. Prima o poi ricresceranno pensò tra sè.
    Charlie Pole@
     
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    Non è esatto dire che Amyas non ci rimase male. Si aspettava un commento più neutrale, anche se prima aveva cercato di autoconvincersi che non le sarebbero piaciuti. Rimase in ginocchio anche quando Charlie si alzò, guardandola dal basso. Lei gli aveva passato una mano tra i capelli e poi aveva fatto un verso di disapprovazione, tornandosene verso la poltrona. Gli aveva poi detto che non avrebbe dovuto farlo uscire mai più, se era solito fare certe cose. Aveva infine aggiunto che lo accettava anche così, e di lasciar perdere. Si era poi accomodata, spofondando nel tessuto imbottito della poltrona. Amyas era rimasto inginocchiato per terra, con lo sguardo puntato sul pavimento. Si era anche innervosito, viste le frasi che aveva usato. In special modo quel "non dovrei farti uscire" lo aveva irritato. Non era mica un cane che poteva portarsi di qua e di là. Sospirò, alzandosi in piedi e guardando Charlie seduta comodamente sulla poltrona. Sapeva di non poterle dire niente perché la sera precedente era stata turbolenta, ma in quel momento avrebbe proprio voluto riversarle addosso il suo risentimento. Amyas, purtroppo, non era in grado di rivolgersi male a Charlotte, anche se più e più volte si era arrabbiato con lei. Rimaneva inerme come un scemo, come un mollaccione. Non poteva permettere che la ragazza lo vedesse ancora così, non ora che erano fidanzati. Da amico, accettava il suo carattere, ma da amante sarebbe dovuto intervenire. Alzò la testa nella sua direzione, guardandola dritta negli occhi.
    « Non sono mica un cane, Charlotte. » le rispose solo, prendendosi poi tutto il tempo che gli serviva per guardarla. Charlie avrebbe capito che aveva ribattuto ad una frase precisa che lei aveva appena detto. E sapeva anche che quando Amyas la chiamava col nome intero voleva dire che era piuttosto arrabbiato, o almeno irritato. La guardava negli occhi per farle capire anche che non era nulla da grave, però preferiva non doversi sentire così ogni volta che faceva una scelta. Okay, forse aveva sbagliato, ma c'era modo e modo di dirlo. E poi, non credeva di aver fatto uno sbaglio, visto che aveva aiutato una ragazzina. Si tolse la giacca viola, appoggiandola sulla spalliera del letto, poi sospirò e si mise seduto sul materasso, dando le spalle a Charlie. Si fissava le gambe esili ed avvolte nei pantaloni viola scuro, cercando di non pensare a nulla. Era strano, ma a volte si sentiva un po' come una donna quando veniva ferito. Gli veniva voglia di piangere e di starsene da solo. Resistette a quell'impulso, però, dettato forse da un numero spropositato di ormoni femminili. O magari anche lui era stato scombussolato dagli avvenimenti della sera prima. Non capiva, fondamentalmente, perché gli avesse risposto così inacidita. Lui era stato più dolce possibile, eppure lei aveva avuto il coraggio di respingerlo con nonchalance, tornandosene sulla sua poltrona. Aspettò un po', poi continuò a parlare, ancora dandole le spalle.
    « Una ragazzina, giù, vende parrucche per campare. » iniziò, usando un tono di voce neutro. Tirò fuori la collanina dalla tasca della camicia e la lasciò penzolare a mezz'aria alla sua sinistra, in modo che Charlie la vedesse. « Mi ha regalato questa per te. » concluse, posandola sul letto. Ancora non si azzardava a voltarsi verso di lei, sicuro che lei si sarebbe accorta che c'era rimasto male. Si limitò ad abbassare il capo e fissarsi gli scarponi rovinati e spellati.
    « Volevo farti qualcosa che si abbinasse all'anello. » mormorò, sicuro che Charlotte lo avesse avertito con i suoi sensi di Strega.
    Amyas D. Abrams @
     
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    Amyas la guardò con durezza, mentre i tratti del suo viso si irrigidivano. L’amarezza nella sua voce era palpabile, mentre le diceva di non essere il suo cagnolino. Charlie lo fissò a sua volta, mentre nella sua mente risuonava più e più volte il suo nome, Charlotte, come un’eco lontana. Raramente Amyas la appellava con il suo nome per intero, ed era solo o per prenderla in giro, o quando era arrabbiato. In questo caso, Charlie era sicura che si trattasse della seconda. Non distolse mai lo sguardo da lui, ma doveva ammettere di essere rimasta in qualche modo urtata dalle sue parole. Non era abituata a sentirsi quasi sgridare da Amyas. Il ragazzo era stato per un’intera vita il suo fedele amico e poche, pochissime volte le aveva risposto a tono, quindi il carattere forte e prepotente di Charlie aveva sempre prevalso. Ora, la ragazza si sentiva come bloccata, incapace di dire alcunché.
    Amyas sospirò, si tolse la giacca e si sedette sul letto, dando le spalle a Charlie. Anche quell’atteggiamento le appariva quasi nuovo, ma non poi tanto. Amyas era solito, in passato, darle le spalle quando era arrabbiato con lei per qualcosa o, meglio, era triste o ferito. Charlie lo sentiva sospirare e gemere di tristezza come un cucciolo abbandonato. Qualcosa, nella sua espressione, si addolcì. Vederlo così abbattuto lo rendeva per qualche ragione più dolce ai suoi occhi, come se avesse bisogno d’aiuto. O come se avesse più bisogno d’affetto.
    Si alzò dalla poltrona, ma non fece in tempo che Amyas la bloccò, tirando qualcosa fuori da una tasca e mostrandogliela. Qualcosa luccicava nella penombra della stanza, mandando a tratti bagliori verdi a seconda della luce. Charlie si bloccò. Amyas le spiegò che una bambina vendeva parrucche per racimolare qualcosa e che, sicuramente in cambio dei suoi capelli, gli aveva dato quella collana. E lui aveva deciso di regalargliela. Charlie si avvicinò ad Amyas a piccoli passi, senza ben sapere cosa dire. Il ragazzo l’aveva spiazzata: era abituata ai regali di Amyas, se ne erano fatti davvero tanti e disparati nel corso degli anni, ma mai qualcosa di così impegnativo.
    Emise un sospiro, e si approssimò ad Amyas, ignorando il bel pendente. Si inginocchiò sul pavimento, accanto alle sue lunghe gambe. Gli mise le mani sulle ginocchia, alzando il viso fino a fissare quello chino di lui. “Ascolta” cominciò Charlie, premendogli i palmi sulle ginocchia. “Mi dispiace di aver reagito così. Non... Non volevo, è stata una reazione involontaria”. Lo fissò ancora, come a voler scorgere una qualsiasi espressione sul suo viso. “Mi conosci, Am’. Io sono sempre così, lo sai.” Attese qualche secondo in silenzio, poi si alzò e si sedette accanto a lui. Gli prese una mano e la strinse tra le sue dita affusolate, senza mai smettere di guardarlo. “E poi, i-io... Non so che dire. È bellissima, quella collana. Non credo di meritarla.” Sospirò, abbassando anch’ella lo sguardo. Si portò la mano di Amyas contro le labbra e ne baciò lievemente le nocche. Poi si avvicinò un po’ di più a lui, sfiorandolo appena e attendendo la sua risposta.
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