Best thing I never had.

7 Aprile 102 PA, fabbrica tessile, pomeriggio inoltrato

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    Mai gli occhi di un uomo si erano illuminati tanto nel vederla, nemmeno quando si faceva trovare mezza nuda davanti a lui e intenta a ballare. O meglio, si illuminavano anche in quel caso, ma di una luce diversa: c'era bramosia negli occhi degli uomini con cui era stata, negli occhi di Derren invece c'erano stupore e ammirazione per ciò che vedeva. Monique gli sorrise leggermente imbarazzata, per una vita era stata al centro delle attenzioni altrui senza problemi, mentre in quel caso si sentiva fuori posto, probabilmente perché era una situazione del tutto nuova, sotto ogni punto di vista. Lauren fece per presentarla non appena uscì, mettendo in luce la sua bellezza; Monique la guardò appena negli occhi, sperando che la strega percepisse in qualche modo la sua gratitudine. Era consapevole della sua bellezza, lo era sempre stata, ma in quel momento si sentiva veramente bella. Gli occhi di Monique caddero per qualche secondo sulla ragazza che per prima era uscita dalla grande stanza in cui lei si era cambiata, sembrava insoddisfatta per qualche cosa e, quando alzò per un attimo lo sguardo, lanciò un'occhiata a Monique che, se solo avesse voluto, avrebbe avuto il potere di ridurla in cenere. La giovane pensò che fosse successo qualcosa mentre lei non c'era, qualcosa con Derren; aggrottò le sopracciglia, poi il suo sguardo scattò sulla figura dell'uomo e si addolcì subito non appena incontrò i suoi occhi che esprimevano gioia e soddisfazione e il suo sorriso un po' da stupido. Monique ricambiò sguardi e sorrisi, e il suo cuore mancò un battito quando Derren, in risposta a Lauren, disse che si, era bellissima. La ragazza si sentiva estremamente soddisfatta, se possibile ancor più del Maggiore, ma era conscia di provare anche un certo imbarazzo per tutta quella situazione, imbarazzo che nascondeva abilmente.
    -Ecco fatto!- la voce di Lauren ruppe il silenzio quasi irreale che era calato nella stanza. Monique fece per avvicinarglisi, ma la donna la fermò con un gesto della mano, facendole capire che era arrivato il momento dei pagamenti a cui solamente Derren doveva essere interessato. Lauren si voltò verso la ragazzetta ancora seduta da una parte, silenziosa ed imbronciata. -Mia cara, porta questa ragazza di là di nuovo, per favore, sistemale i capelli.- le ordinò. La ragazza le lanciò uno sguardo di disapprovazione, ma non si fece ripetere la richiesta due volte e si portò Monique di nuovo nell'altra stanza. Stettero in silenzio per un po', mentre la giovane era intenta a cercare qualcosa, probabilmente nastri o forcine, poi all'improvviso fu proprio lei a rompere il silenzio. -Sei una donna fortunata, anche se non so per quanto a lungo possa durare.- Monique la guardò con aria perplessa, chiedendosi a cosa di riferisse. Quella continuò -Insomma, è chiaro che non sei una che conta molto in società, a differenza del tuo uomo. Te lo dico in buona fede, lui prima o poi cercherà qualcuno che sia al suo livello, non prendertela quando accadrà, è una legge naturale.- Monique sentì il sangue ribollirle nelle vene, come si permetteva quella stupida ragazza a dirle quelle parole? -Non credo comunque sia un problema tuo, a meno che tu non possa risolvermelo.- decise di dire, tenendo a freno la rabbia, anche se a fatica. La ragazza le si avvicinò ridendo beffarda, si dorarono gli occhi anche a lei e Monique sentì i capelli scivolarle via dalle spalle per andare a sistemarsi in uno chignon. La ragazzetta le assicurò la semplice acconciatura con qualche forcina, poi tornò a fissarla, continuando a sorridere. -Credimi, se potessi risolverti il problema non lo farei. E' un bocconcino piuttosto appetitoso.- Forse perché non capiva veramente come andava il mondo, forse perché effettivamente era una cosa surreale quella conversazione, sta di fatto che Monique non riusciva veramente cosa diavolo spingesse quella ragazza a parlare così, come se la conoscesse da sempre e le stesse dando consigli su come prendere la sua storia con Derren. Certo, anche lei era una tipa dalla faccia tosta, poco in grado di tenere a freno la lingua quando qualcosa non le andava giù, ma non si sarebbe mai permessa di trattare in quel modo una perfetta sconosciuta senza che questa gliene desse motivo. -Lo so, mi ritengo piuttosto fortunata.- le rispose, sospirando e mettendo su un sorriso tutt'altro che amichevole -Vorrà dire che farò carriera al posto tuo, finché starò con lui.- Disse le prime parole che le vennero in mente, stupide ed insignificanti per altro, ma con immensa soddisfazione vide dagli occhi della ragazza di aver colpito nel segno, come se quelle semplici parole rispecchiassero un'amara verità. Monique ignorò la giovane, limitandosi a guardarsi allo specchio per osservare il lavoro di lei, poi, ritenendosi soddisfatta, le lanciò un sorriso decisamente gelido e se ne tornò da Derren. -Sei perfetta tesoro, perfetta!- le disse Lauren. Monique si limitò ad un sorriso non troppo convinto, ancora troppo scossa per comportarsi con più naturalezza, quindi salutò la donna e seguì Derren fuori dal negozio, in silenzio.
    Monique Céline Dubois@


    Edited by Ðräcärys¸ - 15/10/2013, 22:07
     
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    Era contento di vederla felice. Non poteva dire di conoscere il suo volto rilassato, né la sua parte più dolce. Derren aveva incontrato solo la dura Monique, quella temprata dal lavoro e da un'orrenda infanzia. Forse si sarebbe meravigliato della nuova donna che aveva accettato di seguirlo, o magari non gli sarebbe piaciuta. Ne dubitava: nonostante lei fosse felice, non era diventata estremamente sdolcinata, né si era persa per il negozio a toccare tutte le stoffe che poteva. Insomma, non sembrava una ragazza frivola né tantomeno civettuola. La nomade gli restituì il sorriso, arrossendo un poco, poi Lauren richiamò la sua attenzione: era il momento dei pagamenti. Da grande donna quale era, la Strega spedì Monique nell'altra stanza con la sua assistente, dicendole di metterle a posto i capelli. Sapeva benissimo che il prezzo non andava rivelato. Il Maggiore non si fidava della ragazza dagli occhi verdi, quindi seguì la sua figura fino a quando non scomparve dietro alla tenda. Sospirò, avvicinandosi poi a Lauren, che gli sorrideva con dolcezza. Anche gli occhi della signora sembravano impregnati d'amore, nonostante Derren non la conoscesse poi così tanto. Magari era ancora in contatto con sua madre e lei gli aveva raccontato la sua storia, visto che non era mai capace di tenersi le cose per sè. Come a confermare la su tesi, la donna allungò una mano verso di lui e gliela posò su un braccio.
    « Tua madre mi ha raccontato della strigliata del Colonnello Maxwell. Ah, quell'uomo! È veramente troppo duro, a volte. » cominciò la Strega, rivolgendogli uno sguardo comprensivo. Derren sospirò: sua madre non sapeva tenersi assolutamente niente per sé. Come le era venuto in mente di fare dei nomi? Si sarebbe potuta cacciare nei guai. Visto che ormai c'era, però, tanto valeva prendere confidenza.
    « Maxwell mi ha aiutato, in fin dei conti. È Brightman il mio problema. » le rispose quindi, assumendo un'espressione seria. Lauren sembrò come sobbalzare a quel nome, poi si rabbuiò ed abbassò lo sguardo sul bancone, con le mani tremanti. Derren inarcò un sopracciglio, osservando i suoi movimenti: sembrava spaventata. Probabilmente anche lei aveva avuto a che fare con quell'uomo schifoso. Istintivamente, le posò una mano sulle sue, guardandola negli occhi. La Strega sembrò riscuotersi, poi gli sorrise e cercò di sdrammatizzare, indicando la tenda.
    « Se l'hai fatto per lei, ragazzo... ben gli sta. Quello non capisce che cosa vuol dire amare. » disse infine, come rinvigorita solo per aver pronunciato quelle parole. Amare? Gli sembrava un po' un'esagerazione. Non poteva dire di amare Monique, non ancora almeno. Si conoscevano da tre giorni circa, se non si contavano i mesi in cui non si erano frequentati. Il Maggiore, però, si limitò a sorridere alla donna ed annuire. Lei, poi, prese a trafficare con dei fogli di carta. Dopo qualche momento di riflessione sul prezzo, gli si avvicinò all'orecchio e gli sussurrò dolcemente: « Sarebbero dodici monete, ma facciamo dieci per te. » Derren annuì, sfilandosi la piccola sacca con il denaro. Contò dieci monete e le poggiò sul bancone, ma, notando che Monique e l'altra ragazza stavano per rientrare, Lauren si affrettò a prenderle e nasconderle in un cassetto. Anche il Maggiore si sbrigò a sistemarsi la cintura, voltandosi poi verso la nomade. Con i capelli raccolti era ancora più bella. Le si vedeva il collo lungo e sottile, e la forma del viso veniva valorizzata da qualche ciocca che le scendeva su di esso. Le sorrise, avvicinandosi ed offrendole di nuovo il braccio. Salutarono Lauren con un sorriso ed un cenno, poi uscirono dal negozio. L'aria era un po' più fresca, ma nulla di insopportabile. In fondo, era Aprile. Era primavera. Il sole era quasi tramontato, ma la luce aranciata resisteva, colorando il cielo come se fosse stato un'enorme coperta di seta. Qualche stella brillava, ma la maggior parte erano ancora nascoste.
    « La prossima volta, ricordami di portare una baionetta con me. » le disse, scherzando, senza guardarla negli occhi. Quella ragazza dagli occhi verdi non gli era piaciuta per niente.
    Derren C. Loggins @
     
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    Monique e Derren procedettero in silenzio per qualche minuto, lei ancora presa dai discorsi dell'insulsa ragazzetta, i quali, però, l'avevano scossa più di quanto pensasse e mentre camminava nella stradina -adesso semi deserta- al fianco di Derren, la ragazza ci stava ripensando. La giovanissima apprendista di Lauren aveva apparentemente parlato di cose che non conosceva, dal momento che era la prima volta che vedeva lei e, probabilmente, anche Derren. Ma era pur sempre una strega, Monique sapeva che da persone dotate di poteri magici ci si poteva aspettare di tutto, persino premonizioni e profezie. E sapeva anche che quella non aveva avuto tutti i torti a dire quello che aveva detto: stando con Derren, Monique avrebbe sicuramente potuto fare una vita agiata, se paragonata a come aveva vissuto per vent'anni si potrebbe dire anche che avrebbe fatto la bella vita, la vita da signora; Derren, invece, non ci avrebbe guadagnato granché a stare con lei, se non, al massimo, a fare bella figura in occasioni in cui lei si sarebbe potuta permettere di accompagnarlo; si, insomma, non era una persona con un gran bagaglio culturale, molti avrebbero potuto definirla una ragazzetta da nulla, ma Monique sapeva perfettamente di non essere una stupida, di poter stupire, addirittura, e di essere anche di bella presenza. Ma tutto questo sarebbe potuto non bastare, la possibilità di ritrovarsi di nuovo in mezzo ad una strada nel momento in cui Derren si fosse stancato di lei era abbastanza concreta, dal suo punto di vista. Ovviamente, però, non le passò neanche per la testa di parlarne con lui, men che meno in quel momento; nell'eventualità che quella bizzarra storia tra loro fosse andata in porto, ci sarebbe stato tempo per discutere questioni come quelle.
    Cercò di rilassarsi, anche se non con troppo successo, e sorrise divertita alla battuta di Derren. -Hai bisogno di una baionetta per difenderti?- rispose lei, dicendo la prima cosa che le era venuta in mente. Ci aveva visto giusto, era successo qualcosa, ma, nonostante l'innata curiosità che si faceva sentire in momenti come quelli, Monique non chiese cosa fosse successo in sua assenza, anche perché poi Derren avrebbe potuto cogliere la palla al balzo e chiederle se e cosa era successo a lei, invece, e Monique non aveva assolutamente l'intenzione di rivelarlo. Tra sé e sé, poi, penso che la baionetta non gli sarebbe stata di grande utilità contro una strega e, oltretutto, era certa che Derren non avrebbe fatto del male ad una donna: poteva torturarla un po', come aveva fatto con lei, ma arrivare ad ucciderla no, non lo credeva possibile.
    Arrivarono di nuovo nella piazza principale, già sensibilmente meno caotica rispetto alla mezz'ora precedente, il che permise a Monique di guardarsi intorno con un po' di attenzione in più. Ciò che l'attirò, inevitabilmente, fu la fontana con i suoi giochi d'acqua: nel momento in cui lei e Derren misero piede nella piazza, dalla fontana si alzò una spirale d'acqua sul lato destro, a cui fecero seguito altre spirali, che si innalzarono una dopo l'altra in senso orario lungo la circonferenza della fontana, l'ultima spirale sempre più alta della precedente. All'improvviso, le spirali si innalzarono tutte allo stesso livello, il livello dell'ultima, ossia la più alta, cominciando come a danzare lungo i bordi della fontana, poi spostandosi verso il centro, alternandosi; era uno spettacolo meraviglioso, che lasciò Monique senza parole, gli occhi che le brillavano per l'emozione. Lo spettacolo si concluse con una sorta di tuffo delle stesse spirali nella fontana, quindi l'acqua riprese a scorrere normalmente. Ci furono persone che applaudirono, altre che cominciarono a scambiarsi commenti tra loro. -Se non cominciassi a sentirmi affamata, ti chiederei di aspettare il prossimo spettacolo.- disse, girandosi verso Derren e sorridendo; si era quasi dimenticata di essere rimasta avvinghiata a lui per tutto il tempo dello spettacolo.
    Monique Céline Dubois@
     
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    La piazza centrale di Onore era, come sempre, incredibile. Monique se ne accorse subito, guardandosi attorno con uno sguardo acceso d'emozione. Derren, invece, aveva notato come le persone la -e li- guardavano. Sembravano rapite, come se stessero passando degli esseri evanescenti che avrebbero sfilato solo per un breve minuto e poi sarebbero scomparsi in una nuvola di fumo. Lui in divisa, lei con uno splendido vestito giallo che le lasciava scoperta la schiena. Qualcuno lo riconobbe e lo salutò, portandosi due dita alla fronte e lasciandole poi andare. Il Maggiore Derren Loggins era tornato a tutti gli effetti. Ed aveva anche... una donna. Qualche abitante del posto le fece una riverenza. Per Derren era tutto molto divertente: lei sarebbe potuta essere anche l'assassina più spietata, ma se era con lui allora dovevano rispettarla. Lo scalo immediato delle classi sociali non gli era mai piaiciuto, visto che gli sembrava un modo disonesto di arrivare al potere, ma credeva in Monique. Anche perché, se avesse voluto, lo avrebbe sedotto ben prima, ovvero non appena aveva saputo che lui era un uomo importante. Che Derren non ci sarebbe cascato era un altro discorso. Si vedeva chiaramente che la nomade si stava divertendo a girare lì con lui, a mettersi in mostra di fianco ad un uomo che, finalmente, non la umiliava quotidianamente. Poteva forse ritenersi perdonato per il fatto della compagnia? Non credeva, ma era di sicuro un passo avanti. Passeggiarono per un po', poi lei si incantò ad osservare la fontana con i suoi mille giochi d'acqua, ed il Maggiore le fece compagnia, ammirandola. Passava dalla nomade alla fontana, comparando le due: alla fine, non erano molto diverse. Tutte e due impetuose, tutte e due bellissime, ed entrambe libere come il vento. Quando il gioco d'acqua terminò, la donna gli disse che, se non fosse stato per la fame, lei sarebbe rimasta lì tutta la sera. Derren ridacchiò, annuendo: per una che non l'aveva mai vista la piazza centrale di Onore doveva essere davvero una meraviglia. Si stupiva ogni dannatissima volta lui stesso, che era venuto lì lì tante volte quante erano i giorni nell'anno.
    « Non voglio che mi sbrani perché hai troppa fame, preferisco portarti a mangiare. » le rispose, scherzando. In realtà, gli era venuta in mente un'altra battuta da fare, ma aveva preferito tacere. Se fosse stata un'altra ragazza, una da poco, probabilmente l'avrebbe detto. Ma non a lei, non con lei. Le lasciò il braccio, visto che gli sembrava troppo formale, e la fece camminare appena un poco più avanti di lui: aveva notato un uomo che correva nella sua direzione. Se la memoria non lo ingannava, era un militare. Forse un Sergente, ma non ne era molto sicuro. Aggrottò le sopracciglia, fermandosi in mezzo alla piazza e senza avvertire Monique. Come sempre, non riusciva a fare andare bene le cose. Quando tutto sembrava essere a posto, di punto in bianco spuntava il problema. Forse era per quello che tutte le donne si stancavano di lui e viceversa. L'uomo arrivò di corsa, col volto paonazzo ed il fiato corto. Si fermò davanti a lui, piegandosi in avanti ed appoggiando le mani sulle ginocchia, cercando di riprendersi. Il Maggiore rimase immobile, guardandolo con un cipiglio quasi arrabbiato. Proprio ora? D'altra parte, però, era appena diventato di nuovo importante, il che voleva dire che avrebbe dovuto risolvere qualsiasi problema gli fosse stato posto. Non poteva declinare proprio quel giorno.
    « Maggiore, perdonatemi, i-io.... » cominciò l'uomo, ansante. « Io vi ho visto in lontananza ed ho pensato di riferirvi che il villaggio di Luach ha subito vari attacchi da parte di briganti. » gli disse. Sembrava aver ripreso fiato, ma qualcosa nel suo sguardo gli fece capire che non avrebbe voluto dargli una notizia del genere. Derren lo fronteggiò, senza cambiare espressione, ma improvvisamente agitato. A Luach abitava sua madre, in una casetta modesta ai bordi di un laghetto. La gente sapeva che Amanda Mormont era la madre di Derren Loggins, perciò chiunque avrebbe potuto decidere di attaccare il villaggio solo per portarla via. Si avvicinò all'uomo, afferrandolo per il colletto della camicia verde da militare.
    « E quindi? Cosa è successo? Dimmelo! » gli ordinò, quasi urlando.
    « S-signore... vostra madre è ferita alla testa, ma ora è a casa... » cominciò, ma Derren lo strattonò via ed afferrò la mano di Monique. Gli dispiaceva annullare tutto, perché avrebbe voluto passare una bella serata con lei, ma era necessario. Non poteva abbandonarla in quel momento, soprattutto perché lei non c'entrava niente. La sua unica colpa era quella di avere un figlio militare. I briganti erano soliti vendicarsi di chi li gettava in prigione per qualche mesetto, ed eccola lì, la loro vendetta. Colpire i deboli e gli innocenti. Derren le prese anche l'altra mano, fissandola negli occhi ed addolcendo lo sguardo.
    « Monique, devo andare. Mi dispiace, io... è mia madre, e... » balbettò. Non riusciva a trovare le parole. Probabilmente lei non avrebbe voluto cavalcare con lui fino all'altra parte di Onore. Poteva scommetterci. Non dopo aver comprato quel vestito, no.
    Derren C. Loggins @
     
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    Derren le rispose in modo scherzoso, lasciandole intendere che non l'avrebbe fatta aspettare oltre e l'avrebbe portata a mangiare. Monique gli rispose con un sorriso appena accennato, senza proferir parola; si, insomma, cosa avrebbe dovuto dire? Che il rischio che venisse sbranato da lei era inesistente? Le sembrava piuttosto ovvio. E poi, comunque, la sua attenzione era ancora rivolta all'incantevole fontana a pochi metri da lei, ancora attendeva che qualche gioco d'acqua, da un momento all'altro, tornasse a deliziare i presenti.
    Derren le lasciò il braccio e cominciò a muoversi, segno che lo spettacolo era finito per lui -ed inevitabilmente anche per lei- e Monique lo seguì subito, affiancandolo per qualche metro e poi superandolo appena per ammirare le meraviglie della piazza senza che lui potesse fissarla: si sentiva un po' una bambina con lo sguardo pieno di luce, incantata dalle cose che vedeva, ma non voleva che Derren la definisse a sua volta tale. Monique era così presa da ciò che aveva intorno che non si accorse nemmeno del fatto che Derren si era fermato dietro di lei. Continuò a camminare, notando un'insegna dopo l'altra e accorgendosi, per la prima volta da quando era tornata sulla piazza, che la gente la guardava e le sorrideva, non il sorriso classico degli uomini che se la mangiavano con gli occhi, no: c'erano anche loro, gli immancabili uomini rozzi che la fissavano e le fischiavano dietro, oppure si scambiavano con loro parole di apprezzamento, ma c'erano anche gli uomini per bene -almeno all'apparenza- con le loro donne al seguito, che le sorridevano in modo quasi benevolo. Monique li fissava in modo piuttosto neutro, senza sorridere né assumere espressione che riflettessero lo stupore e anche la curiosità che provava. Si chiedeva cosa avessero da sorriderle e perché lo facessero proprio in quel modo, con tanta serenità, ma non riuscì a darsi una risposta. -Queste persone sono inquietanti.- lo disse a bassa voce, quasi parlasse sostanzialmente con sé stessa, ma si girò verso Derren nella speranza che lui potesse darle una spiegazione. E non lo trovò. Si girò ulteriormente, guardandosi indietro e scoprendo che l'uomo stava parlando con un ragazzo vestito con la divisa militare: Monique non sapeva chi fosse, né che ruolo ricoprisse, ma sapeva che non era buon segno la sua presenza lì, soprattutto perché il militare sembrava avere un'aria trafelata, l'aria di chi si era fatto un viaggio di corsa per portare il messaggio che doveva portare. Monique si avvicinò con circospezione ai due, come se temesse di disturbarli o di sentire cosa avevano da dirsi; il suo passo si fece più deciso quando osservò Derren prendere l'uomo per il colletto e chiedergli, con tono decisamente poco amichevole, cosa fosse successo. Raggiunge i due in fretta e furia, l'aria perplessa, le sopracciglia aggrottate, fissando prima Derren e poi l'altro povero ragazzo che, con fare sbalordito e con un pizzico di timore, riferì che la madre di Derren era rimasta ferita alla testa. Il Maggiore lo lasciò subito andare, prendendo le mani di lei tra le sue e fissandola con sguardo mortificato. Cominciò a farfugliare qualcosa, dicendole che gli dispiaceva ma quella era sua madre e lui doveva andare. Monique scosse immediatamente la testa e mise su un sorriso quasi tenero. -Mi arrabbierei se tu rimanessi qui.- gli rispose, dicendo nient'altro che la verità: anche lei, se avesse avuto sua madre -e una vita del tutto diversa- non avrebbe esitato a correrle in soccorso per qualsiasi motivo. Non era dispiaciuta, o meglio, certo, le era saltata quella che si prospettava essere una bella ed interessante serata, ma tutto per validi motivi, quindi non se la sarebbe assolutamente presa, soprattutto non con lui. Sfilò le mani dalle sue, facendogli segno di andare con un cenno del capo, e quindi fece per indietreggiare, ma poi ci ripensò. Decise che non l'avrebbe lasciato andare da solo, per due motivi: in primis perché non avrebbe saputo come tornare a casa, sapeva a stento dove si trovava e non aveva intenzione di dormire in qualche locanda, neanche fosse stata la più lussuosa di Onore; in secondo luogo perché credeva che, per quanto poco potesse contare, magari gli avrebbe fatto piacere sapere di non essere da solo. Non aveva idea di cosa fosse successo e l'idea di conoscere sua madre, in una situazione neanche troppo normale, un po' la spaventava, ma decise che se Derren glielo avesse permesso, lei sarebbe andata con lui. -Aspetta un attimo.- gli disse, riavvicinandosi -Non puoi lasciarmi nel mezzo del nulla.- Lo raggiunse e gli sorrise, poi si avviò verso il cavallo che li aspettava legato a quel paletto da un bel po' di tempo. Quello era il suo modo per dirgli che non aveva molte scelte se non portarsela dietro.
    Monique Céline Dubois@
     
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    La ragazza ricambiò lo sguardo preoccupato, fissandolo negli occhi. Non sembrava la nomade di sempre, quella altezzosa e diffidente, piuttosto sembrava quasi la sua compagna. Gli teneva le mani e lo sosteneva, notando come fosse terribilmente scosso dall'accaduto. Derren si meravigliò di tutto quello, ma non lo diede a vedere. Aveva ben altro per la testa, anche se certe cose le notava. Monique gli disse infine che era giusto che lui andasse, lasciandolo andare con un po' di rammarico negli occhi. Il Maggiore annuì, guardando fiero quella che ormai poteva considerarsi quasi la sua donna. Il militare era ancora lì vicino, stupefatto dal comportamento del suo superiore, che passava dal volto di lei a quello di lui. Derren lasciò definitivamente la mani di Monique, poi le si avvicinò e le posò un bacio sulla fronte. Sembravano molto intimi, nonostante si fossero rincontrati solo quella stessa sera. Le carezzò una guancia e poi si voltò, correndo verso Blagden. Proprio mentre la figura del cavallo si avvicinava, però, nella sua mente maturò un pensiero: come diavolo sarebbe tornata a casa? Di sicuro lui non poteva portarcela. Bene o male, al villaggio avrebbe trovato altri militari: magari avrebbe potuto affidare il compito di riportarla sana e salva a qualcuno di cui si fidava, in modo da saperla viva anche a distanza. Rallentò e poi si fermò, osservando il luogo attorno a lui -segno che stava pensando. Si voltò all'indietro, ovvero da dove era venuto, e notò come il vestito giallo svolazzasse di qua e di là: gli stava correndo incontro. Si fermò a poca distanza da lui, poggiando una mano su Blagden e sorridendogli. Gli disse di aspettare, e che non avrebbe potuto lasciarla lì da sola. Il Maggiore si ritrovò a fissarla negli occhi per cercare un altro significato a quelle parole, e trovò subito una scintilla di determinazione a rimanergli vicino. Derren annuì, senza neanche risponderle, poi le guardò le gambe coperte dal vestito lungo: come diavolo avrebbe fatto? L'unico modo era scoprirle, alzarsi il vestito e montare in groppa al cavallo. Se avesse avuto il tempo di arrossire, probabilmente lo avrebbe fatto, ma non gli sembrava il caso di pensare a cose sconce. Sua madre era ferita alla testa e si sarebbero dovuti sbrigare il più possibile.
    - Scopriti le gambe e monta. - le disse, salendo per primo. Il cavallo protestò per un momento, nitrendo, poi però cominciò a sbattere gli zoccoli a terra, pronto per l'azione. Si voltò verso la ragazza e le tese un braccio, in modo da aiutarla a salire. Fortunatamente non le aveva comprato anche le scarpe col tacco. Monique montò in groppa a Blagden, dietro di lui, e Derren cercò le sue braccia e se le portò alla vita.
    - Tieniti forte. Correremo. - l'avvertì. Il villaggio non era lontano e sua madre non era in pericolo di vita, ma voleva comunque arrivare il prima possibile per soccorrerla. Anche solo psicologicamente, Derren voleva esserci per lei. Riuscì persino ad abbozzare un sorriso, poi diede un calcetto al cavallo e quest'ultimo partì, quasi impennandosi.
    Derren C. Loggins @
     
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    Non aveva mai ricevuto baci sulla fronte in vita sua. Per dirla tutta, aveva conosciuto poche dimostrazioni "classiche" di affetto: da parte di suo padre, ovviamente, non c'era mai stato assolutamente nulla di dolce e affettuoso, ma Monique non aveva ricevuto baci o abbracci neanche da Giselle, Claire o qualsiasi altro membro della compagnia con la quale era cresciuta; tutt'al più aveva sperimentato parole di consolazione o pacche sulla spalla, forse Giselle le aveva dato un paio di carezze qualche volta, ma al di là di ciò non aveva conosciuto gesti teneri. Per questo Monique rimase paralizzata quando Derren le stampò un bacio sulla fronte e poi la lasciò dandole una carezza velocissima: poteva sopportare i baci e "fronteggiarli", in un certo senso, a quelli era abituata -anche se erano tipi di baci diversi quelli che aveva sempre dato e ricevuto- ma dannazione, qualsiasi altro tipo di dimostrazione di affetto le sembrava inusuale e impossibile da accettare, quasi. Forse Derren l'aveva fatto senza pensare, mosso inconsciamente dal dispiacere per il dover mandare in fumo la loro serata, o forse l'aveva fatto semplicemente perché voleva farlo.
    Monique rimase come una statua a fissarlo mentre Derren si allontanava correndo verso il suo cavallo, ma poi si riscosse e decise che l'avrebbe seguito. L'uomo sembro non meravigliarsi quando la vide, come se in qualche modo si fosse aspettato quella mossa da parte sua. Le sorrise ed annuì, poi il suo occhio cadde sul vestito; l'espressione di Monique cambiò, passando dallo sguardo vispo e deciso a quello perplesso, dal momento che non capiva cosa stesse frullando nella mente dell'uomo, quale fosse il problema e se effettivamente ce ne fosse uno. Derren diede immediatamente la risposta alla domanda inespressa di lei, dicendole che doveva alzare il vestito per montare in sella. Monique sostenne per una manciata di secondi il suo sguardo, fino a che Derren non salì sul cavallo e le tese la mano. La ragazza comprese che non si poteva permettere di fargli perdere tempo, motivo per cui afferrò il bordo del vestito, cominciando ad arricciarlo verso l'alto fino ad arrivare a scoprire la gamba fino all'altezza della coscia; era uno spettacolo per tutti i presenti, sicuramente, sentiva i loro sguardi puntati addosso ed i loro commenti volavano come frecce da una parte all'altra della piazza, ma non si curò minimamente di loro. Tenne il vestito con una mano e con l'altra si aggrappò a Derren che la issò sul cavallo, portandole le mani intorno alla propria vita così che potesse tenersi, senza mancare, per altro, di raccomandarsi con lei ed avvertirla che avrebbero corso. Non c'era di certo bisogno che glielo dicesse, Monique l'aveva dato per scontato, perciò annuì ricambiando appena il sorriso di lui. Si tenne ben salda a lui quando il cavallo nitrì e si impennò appena, per poi lanciarsi al galoppo: se fosse stato possibile, probabilmente il viso di Monique sarebbe diventato letteralmente un tutt'uno con la schiena di Derren, tanto si era stretta contro di lui per paura di poter cadere da cavallo. L'animale correva velocissimo, teneva un'andatura strabiliante se si considerava che aveva su di sé il peso di due cavalieri, di cui uno neanche troppo mingherlino. E proprio a causa di quella velocità, Monique si rese conto a metà strada di non sentirsi più le gambe, scoperte e ghiacciate dall'aria di aprile. Si allontanarono in fretta dal centro di Onore, attraversando tratti di Sword's Hilt completamente deserti, e quando cominciò ad intravedere nuovamente qualche casa -segno che il prossimo villaggio, il villaggio che dovevano raggiungere, era vicino- cominciò anche a sentirsi agitata: magari sarebbe stata ignorata tranquillamente, anche se dopo le occhiate che le erano state rivolte in piazza ne dubitava altamente, ma stava comunque per metter piede nel villaggio in cui viveva la madre di Derren, in cui, probabilmente, lui era cresciuto, il che voleva dire che tutti, indistintamente, lo conoscevano anche solo per sentito dire. E ci avrebbe messo piedi in sella al cavallo di lui e con lui. Sarebbe stata di nuovo al centro delle chiacchiere dei paesani, forse sarebbe stata anche oggetto di critiche da parte loro. Quando arrivò ai limiti del villaggio, però, si rese conto che nulla di ciò sarebbe successo, nessuno si sarebbe curato di lei: non era un villaggio devastato quello che Monique si ritrovò a guardare, ma chiaramente era successo qualcosa da pochissimo tempo. C'erano uomini che correvano di qua e di là con secchi d'acqua su ogni mano, del fumo si alzava da qualche casa e qualche altra costruzione qua e là e c'era un clima di panico e terrore generale. Monique notò come la vista di Derren -o comunque di una figura che rispecchiava l'autorità in quel momento- illuminasse i volti delle persone. Alcuni lo salutarono, la maggior parte lo acclamarono a gran voce, felici di vederlo lì tra loro nel momento del bisogno, e un brivido percorse la schina di Monique che, improvvisamente, si sentì sostanzialmente e terribilmente fuori posto.
    Monique Céline Dubois@
     
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    Blagden fu più veloce della luce. Il cavallo aveva iniziato a trottare senza mai fermarsi, nonostante avrebbe dovuto essere stanco. Derren avvertì le braccia di Monique stringerglisi attorno alla vita, segno che anche lei aveva paura di finire a terra. Il villaggio era vicino, e per questo il Maggiore si guardava attorno: da lontano già si intravedeva qualche nuvoletta di fumo salire verso il cielo o si udiva gente gridare, prettamente uomini. Forse erano quelli che si erano impegnati a proteggere il villaggio, o magari semplici contadini che imprecavano ad alta voce. Blagden percorse il breve tratto di strada che li divideva dal sentiero principale, poi, non appena intravide il fuoco, si fermò, spaventato. Derren gli diede una pacca sul collo muscoloso, smontando. Non pensò a far scendere Monique, visto com'era ridotto Luach. Alcune case erano completamente bruciate, visto che erano fatte interamente in legno, altre non avevano più il tetto e giacevano feriti di qua e di là. Un gruppo di militari stava aiutando la gente a spegnere gli incendi con secchi d'acqua, ma Derren intravide anche Eric che puntava le mani di qua e di là per semplificare le cose. Si sfilò la giacca e la porse a Monique senza neanche guardarla in volto, visto quanto era preso dalla situazione. Aveva pensato, però, che avrebbe potuto avere freddo. Si mosse, poi, in direzione dei militari piegati a raccogliere il legno bruciato, con le sopracciglia aggrottate: stavano tirando fuori delle persone dalla casa ridotta in macerie. Il pensiero del Maggiore volò subito a sua madre, e nonostante le persone gli si avvicinassero e gli chiedessero di aiutarle, Derren puntò dritto davanti a sé, cominciando a correre. I soldati, appena si accorsero di lui, si misero sull'attenti e gli fecero il saluto militare, ma lui non poteva fermarsi. Aveva riconosciuto il suo plotone, perciò li avrebbe sicuramente ringraziati non appena si fosse accertato delle condizioni di salute di sua madre. Raggiunse una modesta casetta in pietra e bussò un paio di volte, ma nessuno parve rispondergli. Il Maggiore si affacciò dalla finestra, scrutando al suo interno: non vedeva niente. Sembrava che il salone fosse vuoto. Bussò un'altra volta, stavolta chiamando sua madre a gran voce.
    « Madre! Siete lì dentro? » gridò. All'improvviso, proprio mentre stava per picchiare il pugno sulla porta, quest'ultima si aprì, rivelando la figura austera di Amanda Mormont. La donna aveva una piccola ferita sulla parte alta della fronte ed una coperta appoggiata sulle spalle -che si teneva addosso con una mano- ma il suo sguardo era più severo che mai. Sembrava che non le fosse successo nulla di grave. Lei lo guardò come se avesse fatto lo sbaglio più grande della sua vita.
    « Madre! State bene? » le chiese, avvicinandosi a lei ed abbracciandola. Amanda non si mosse di un centimetro e non cambiò espressione, rimanendo impassibile. Solo quando Derren sciolse l'abbraccio, la donna girò i tacchi e rientrò in casa, lasciandolo sulla soglia della porta. Il Maggiore aggrottò le sopracciglia, osservandola mentre si sedeva al tavolo e fissava il vuoto con la stessa espressione che gli aveva rivolto. Non sapeva che dire. Non aveva mai visto sua madre così. Neanche Derren si mosse, guardandola con stupore ed irritazione allo stesso tempo. Era forse questo il modo di ricevere un figlio preoccupato? Si disse che doveva esserci qualcosa sotto, altrimenti non si spiegava. Avvertì i passi di Monique dietro di sé e si voltò a guardarla, anche se lei sembrava titubante ad entrare. Rimase a fissarla per una manciata di secondi, poi si voltò verso la madre ed entrò nella casa, sedendosi vicino a lei. Appoggiò le braccia sul tavolo ed unì le mani, l'espressione rassegnata ed infastidita sul viso.
    « Qual è il problema? » le chiese, con un tono forse troppo inacidito. Non si accorse della figura di Monique che sbucava dalla porta. Lo sguardo della madre fu fulmineo: dal nulla passò alla nomade, schizzando in una maniera impressionante. Quasi sembrò volerle bucare la testa. Poi, lentamente, tornò a Derren e lo fissò con gli stessi occhi ghiaccio.
    « Finalmente capisco perché non ti sei più fatto vedere. » commentò, gelida, senza staccare lo sguardo dal figlio. Poi, come se lui avesse detto qualcosa di terribile, l'espressione di Amanda si sciolse in una terribilmente preoccuata ed impaurita.
    « Dove sei stato? » gli chiese, con voce tremante.
    Derren C. Loggins @
     
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    Derren non perse tempo a scendere da cavallo e gettarsi in mezzo alla folla di abitanti e soldati che gli stava intorno; sembrava quasi non ricordarsi di lei, ma questo a Monique non interessava perché poteva immaginare la sua angoscia nel sapere la madre ferita e per questo non fece niente per fermarlo né tanto meno per essergli di intralcio. Non scese neanche subito da cavallo, limitandosi a prendere la giacca che Derren si era appena tolto e poi rimanendo dove era, mentre lui si allontanava. La cosa non durò che pochi secondi però, perché il cavallo si mosse, seguendo il proprietario, e Monique mancò per un soffio la caduta. Si costrinse ad allungarsi e afferrare le redini, nonostante non avesse mai cavalcato in vita sua e non sapesse come ordinare al cavallo di fermarsi. Le strattonò un poco e quello sembrò rallentare, poi le tirò ulteriormente e allora il cavallo, scuotendo la testa, si fermò: Monique ne approfittò e con agilità -per quanto il vestito lungo gli permettese di essere agile- smontò. Non appena i suoi piedi toccarono terra, lo sguardo della ragazza cominciò a vagare, posandosi su ognuno dei feriti che scorgeva e, poi, incontrandosi con quello di un uomo conosciuto. Lo stregone dell'esercito era lì, in mezzo ai soldati, e lanciava incantesimi su incantesimi per risistemare, per quanto possibile, la situazione; Monique non sapeva perché, ma aveva la netta sensazione che Eric non avesse alcuna simpatia per lei e non riuscisse a nascondere questa sua ostilità in nessun modo: la guardava come si guarda un nemico, con freddezza assoluta, nonostante Monique non gli avesse fatto assolutamente nulla, almeno non che ricordasse. Ma come non si era curata di lui in passato, non lo fece neanche in quel momento: ricambiò lo sguardo con la stessa impassibilità e anche un pizzico di freddezza, poi tirò avanti. Cercava la figura di Derren con lo sguardo, ma non lo trovò da nessuna parte e si immaginò che fosse già corso in cerca della madre. Il suo sguardo, quindi, finì su due bambini che se ne stavano da una parte, chiaramente infreddoliti ed impauriti; Monique gli si avvicinò senza pensarci su e quando quelli la videro fecero per scappare, ma lei li fermò e gli sorrise, per fargli capire che non dovevano temere nulla. -Come vi chiamate?- gli fece la prima domanda che le venne in mente, ma non ricevette risposta. Non smise di sorridergli, semplicemente perché conosceva quel tipo di timore: si rivedeva perfettamente in loro, rivedeva nei loro occhi la stessa paura che brillava nei suoi quando aveva passato quelle settimane in strada, quando il freddo le era penetrato nelle ossa e aspettava di morire da un momento all'altro. Uno dei due bambini batteva i denti, erano entrambi, chissà perché, bagnati e particolarmente magrolini; Monique si rese conto di avere sulle spalle la giacca di Derren, se l'era messa senza neanche rendersene conto, ma non ci pensò due volte a togliersela e a metterla sulle spalle dei bambini: Derren era abbastanza largo di spalle e la sua giacca li poteva coprire entrambi. Non pensò neanche al fatto che Derren avrebbe potuto rivolere la giacca indietro, era certa che lui avrebbe fatto lo stesso. A quel punto si allontanò dai due e riprese la ricerca del Maggiore.
    Lo scorse in lontananza, distante dal resto dei presenti, intento a bussare alla porta di una casa in pietra. Lo raggiunse immediatamente, arrivando proprio mentre la porta si stava aprendo: apparve una donna bionda, sulla cinquantina, lo sguardo strano, ma chiaramente impassibile come quello del figlio. Non lo salutò, neanche quando lui l'abbracciò, gli rivolse uno sguardo gelido e veloce e tornò indietro. Derren si voltò a guardare Monique, appena arrivata dietro di lui, poi entrò senza dire una parola. La ragazza non lo seguì, rimase sulla soglia aspettando un cenno, un'invito, che per il momento non arrivò. Derren domandò a sua madre che problema avesse e Monique agrottò le sopracciglia, chiedendosi perché l'uomo avesse usato quel tono duro: stava avendo a che fare con una donna ferita e scossa dall'attacco appena subito, cosa pretendeva? Fece per muovere un passo verso l'interno della casa, ma appena lo fece la madre di Derren le rivolse uno sguardo tremendo, gelido, inquietante, duro, penetrante, che costrinse Monique a fermarsi immediatamente, come se la donna avesse avuto il potere di pietrificarla con gli occhi. Dalle parole che poi ella pronunciò, Monique capì chiaramente che il problema era lei, ma non ne capiva il motivo: non conosceva la donna, non le sembrava neanche di averla mai incontrata per caso, e l'unica cosa che le venne in mente fu che qualcuno le avesse rivelato ciò che era successo al figlio a causa sua, a causa di una prostituta. Quasi come se si vergognasse, Monique si ritrasse, appoggiandosi al muro accanto alla porta, guardando fissa davanti a sé con uno sguardo completamente perso.
    Monique Céline Dubois@
     
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    Sua madre sembrava una persona diversa. Non era andata a trovarla a causa della situazione con il suo lavoro: si sarebbe vergognato a dirle in faccia un'altra volta tutte le sventure che gli erano capitate. A causa di Monique, fondamentalmente. Quello, probabilmente, era il motivo principale per il quale Amanda ce l'aveva con lui. Non sapeva ancora perché, ma sospettava ci fosse qualcosa sotto. Il Maggiore restituì lo sguardo preoccupato alla madre, aggrottando le sopracciglia e lasciando che lei gli posasse una mano sulle sue. Avvertì le dita gelide stringerglisi attorno al dorso, poi riportò lo sguardo al volto di Amanda. Stava ancora aspettando una risposta. Derren deglutì, abbassando gli occhi sul tavolo. Non sapeva se dirle la verità -quindi che era stato mandato in missione per smantellare la compagnia di Monique e che poi se ne era infatuato- oppure dirle che, semplicemente, aveva fatto il suo lavoro. Poggiò una mano sopra a quella della madre, tornando a fissarla negli occhi.
    « Ero al lavoro, madre. » le rispose, senza cambiare espressione. Aveva addolcito un po' il tono, ma qualcosa lasciava intendere che era comunque innervosito da tutta quella situazione. Lei, dal canto suo, sembrò essere sorpresa dalla sua espressione. Schiuse la bocca, incredula, come se volesse dire qualcosa, ma tutto quello che riuscì a a fare fu scuotere la testa lentamente. Sembrava che non credesse a ciò che sentiva ed udiva, che non riconoscesse suo figlio. Rimase interdetta, sfarfallando gli occhi, poi sfilò le mani da quelle del figlio e si alzò, dandogli le spalle. Si mosse verso la cucina e si fermò a guardare il villaggio semidistrutto dalla finestra. Teneva le mani in grembo -che stringevano la coperta poggiata sulle spalle- e si era stretta in sé, come se non avesse più nessuno si cui contare. Anche Derren si alzò, andando verso Monique e superandola, per poi chiudere la porta. Non voleva che qualcuno ascoltasse la loro conversazione, meno che mai che li vedesse litigare. Sfiorò la spalla di Monique con una mano, come a tranquillizzarla, poi si avvicinò di nuovo al tavolo, stavolta senza andare lì vicino a lei.
    « Lei è Monique. » le disse, senza muoversi neanche di un centimetro. La madre sembrò stringersi nelle spalle, invece si voltò appena e guardò prima lui e poi la donna, con la stessa espressione neutra. In quelle circostanze, si capiva chiaramente che l'uno era figlio dell'altra. Stessi capelli biondi, stessi occhi gelidi, stessa faccia impassibile. Era in questi momenti che Derren si rendeva conto di quanto assomigliasse a sua madre. Amanda squadrò la ragazza, poi parlò, senza tornare al volto del figlio.
    « Sai che lavoro fa, vero? » gli chiese lei, tranquilla. Derren, preso dall'irritazione, si piegò appena in avanti ed aggorttò le sopracciglia, fissando la madre con una punta d'ira, che si trasferì anche nella voce.
    « Mamma! » la rimproverò. Era raro che si riferisse a lei così, ma di solito succedeva quando era arrabbiato. Amanda non sembrò contenta della sua risposta: il suo sguardo schizzò nella sua direzione, poi assottigliò gli occhi, riducendoli a fessure.
    « Non ti rivolgere a me in questo modo. » lo rimbeccò a sua volta lei, avvicinandoglisi in modo minaccioso.
    « Invece sì, se te lo meriti. » le rispose. Lo schiaffo arrivò ad una velocità impressionante. Il colpo fu così forte che Derren sentì la guancia pizzicargli appena, mentre il volto gli slittava alla sua sinistra. Il Maggiore incassò il colpo, cercando di non arrabbiarsi. Sua madre, quindi, era infastidita dal fatto che Monique fosse una ex prostituta. Chiaro, era comprensibile. Ma non avrebbe dovuto fare una storia del genere. Gli occhi di Amanda sembravano pieni di lacrime: sua madre non l'aveva mai toccato, principalmente perché non ce n'era stato bisogno. Quella volta, invece, il disappunto era stato così forte che non aveva resistito. La donna tremava appena, così Derren sostenne il suo sguardo e non disse nient'altro. Non gli andava di complicare la situazione. Amanda iniziò a piangere silenziosamente, portandosi una mano al volto. Derren le mise le mani sulle braccia, carezzandola appena ed aiutandola a sedersi. Anche lui lo fece, parandoglisi davanti. Poi, con un tono di voce bassissimo e rassicurante, cercò di tranquillizare sua madre.
    « Madre, lo sapete che non vi abbandonerò mai, vero? » le chiese, continuando a carezzarla dolcemente. « Non dovete preoccuparvi di questo. E neanche di Monique. Lavora alla fabbrica da qualche mese ed è una persona stupenda. Ci tengo che voi lo sappiate. » concluse, sorridendole appena. La donna sembrava aver smesso di piangere, o almeno di singhiozzare, perché dei lacrimoni ancora rotolavano giù per le sue guance. Annuì leggermente, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, poi spostò lo sguardo su Monique. Non era più gelido come prima, anche se si vedeva che non aveva ancora ottenuto la fiducia necessaria. Derren le strinse le mani, poi le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia. A quel punto, la donna ridacchiò appena, segno che stava meglio. Era identica al Maggiore: bastava relativamente poco a farli sciogliere.
    Derren C. Loggins @
     
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    Nei minuti in cui era sceso il più completo silenzio nella casa della madre di Derren, Monique se n'era rimasta fuori, in disparte, persa nei suoi pensieri: nella sua testa c'era un'unica domanda, una domanda che si era fatta ore prima, quando Derren le aveva implicitamente chiesto di frequentarsi, e che tornò a ripetersi in quel momento più che mai: stava facendo la cosa giusta? Stare lì con lui, essere vista come "la donna del Maggiore Loggins" era la cosa migliore che potesse fare? Non tanto per lei, certo, Monique sapeva perfettamente che ci avrebbe guadagnato in tutti i sensi a stare con uno come Derren: una vita piuttosto agiata, accanto ad un bell'uomo, con un ottimo lavoro e un'ottima casa, un uomo rispettabile che avrebbe dato dignità anche a lei e tutti l'avrebbero guardata come avevano fatto gli abitanti di Onore in piazza, con rispetto e anche un pizzico di affetto, solo e soltanto perché si trovava con lui. Ma se la gente l'avesse per sbaglio riconosciuta come quella che era stata, quindi una prostituta, il Maggiore Loggins avrebbe perso parte della sua rispettabilità indiscussa, e lei sapeva perfettamente quanto questa e l'onore contassero per Derren.
    Sospirò, quindi sentì la voce dell'uomo e si fece coraggio a fare un secondo tentativo di entrare in casa, tentativo che questa volta andò in porto. Monique non fece altro che cambiare la parete a cui se ne stava appoggiata, giacché varcò l'ingresso e si spostò immediatamente sulla destra, appoggiandosi con la schiena al muro e studiando per qualche secondo la figura della madre di Derren, almeno fino a che la donna non si alzò dando le spalle ad entrambi: non era eccessivamente alta, ma aveva un corpo pressoché perfetto, considerando l'età che doveva avere, i capelli erano biondi e lunghi fino alle spalle, ma ciò che colpiva erano gli occhi: azzurri e chiari, freddi e, soprattutto, non eccessivamente attenti. Monique era abbastanza sveglia e attenta da aver intuito subito che la donna avesse un qualche problema agli occhi, non era totalmente cieca ma probabilmente non ci vedeva troppo bene. La ragazza la fissò incuriosita senza rendersene conto, cercando di immaginare come fosse il mondo visto con gli occhi di quella donna, e quando si accorse di ciò che stava facendo abbassò immediatamente lo sguardo, rialzandolo pochi secondi dopo, quando Derren le si avvicinò. Non andava verso di lei, ma verso la porta, e la degnò solo di uno sguardo ed una sorta di carezza veloce sulla spalla, poi tornò alla madre. Rimase in silenzio un attimo, quindi decise di presentare alla donna l'altra persona che si trovava in casa con loro. Monique tirò un sospiro non troppo leggero e per nulla sollevato, muovendo un paio di passi in direzione dei due e cercando di abbozzare un sorriso. Si ritrovò ad incontrare lo sguardo ancora gelido -forse anche più di prima- della madre di Derren, che la squadrò da capo a piedi e poi tornò a rivolgere l'attenzione al figlio, domandandogli se conoscesse il mestiere di lei. Monique sgranò gli occhi, ma non era neanche troppo sorpresa da quelle parole: se l'era immaginato che, in qualche modo, la donna fosse venuta a conoscenza della sua identità, anche perché era l'unico motivo per spiegare l'altrimenti incomprensibile ostilità di lei nei confronti della giovane.
    Derren reagì male. Alzò la voce e, nonostante Monique non potesse vederlo in faccia, immaginò anche l'espressione che avesse. Poteva, però, vedere l'espressione della madre: la donna si accigliò, rimbeccandolo e Derren fece altrettanto. E, a quel punto, lo schiaffo che partì da lei fu impossibile da evitare, per il Maggiore. Il volto di Derren schizzò di lato come un fulmine e Monique riuscì a trattenersi dal lanciare un grido portandosi una mano sulla bocca: le sembrava di rivedere se stessa quando il Colonnello l'aveva schiaffeggiata, con l'unica differenza che in quell'occasione Derren aveva reagito, mentre lei si limitò a fissare l'espressione di lui, che esprimeva chiaramente irritazione e stupore, sentendosi impotente. Di certo non avrebbe potuto prendere la madre di Derren e farle del male, non era nella sua natura e non si sarebbe comunque mai permessa neanche di contraddirla. In parte, anzi, poteva capire la sua reazione, una madre non è mai contenta quando le scelte del figlio sono contro ogni principio insegnatogli, nel caso di un militare come Derren poi la situazione era anche peggiore. In pochi secondi, poi, la donna si sciolse in lacrime e Derren, prontamente, cominciò a cercare di calmarla. Le disse che non doveva temere di essere abbandonata da lui, men che meno doveva avere paura di Monique. Derren le disse che lavorava nella fabbrica e che era una bella persona. Sul volto di Monique spuntò un sorriso, quasi senza che lei se ne accorgesse, quelle parole le dettero coraggio per avvicinarsi ai due. rimase un passo dietro Derren, indecisa sulla prossima mossa da fare, poi decise di lasciarsi andare per quanto potesse: poggiò una mano sulla spalla di lui e allungò l'altra verso la madre; voleva presentarsi a lei in maniera quanto più officiale possibile, nonostante lo sguardo della donna, se pur meno freddo di prima, non la rassicurasse eccessivamente.
    Monique Céline Dubois@
     
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    3074609giffinaderren
    Derren avvertiva le persone urlare per organizzarsi tra di loro. Si poteva ancora udire il rumore del fuoco, se si prestava attenzione. Sua madre si stava ancora riprendendo dallo shock: il Maggiore, più o meno, aveva capito di che cosa si trattava. Non era venuto a trovarla per mesi, poi ricompariva con una nuova donna. Poteva sembrare qualcosa di molto scomodo. Non avrebbe mai abbandonato sua madre a se stessa, neanche se si fosse sposato con qualcuna. Non era giusto nei suoi confronti. Amanda si asciugò le lacrime con il dorso della mano e poi prese un bel respiro, sfarfallando gli occhi quasi ciechi. Poi, proprio quando voleva dirle di farsi curare la ferita alla testa, Monique fece qualche passa avanti e si appoggiò a lui, tendendo poi una mano ad Amanda. Sua madre la fissò con un pizzico di sorpresa nello sguardo, poi però prese la mano alla ragazza e si alzò, dirigendosi verso di lei. Non le disse niente, però: si limitò a guardarla negli occhi e scrutarla per bene, nonostasse non vedesse più come una volta. Abbozzò un sorriso cortese, poi portò anche l'altra mano a stringere quella di Monique. Derren, nel frattempo, si era alzato ed era andato a prendere qualche garza ed un olio disinfettante che le confezionava uno Stregone. Lo sapeva perché, da bambino, era lei che lo curava. Ginocchia sbucciate, graffi e tagli. Al pensiero, un sorriso malinconicò spunto sul viso dell'uomo, che però dava le spalle ad entrambe.
    Amanda, intanto, si avvicinò un poco a Monique e la fissò negli occhi con un'espressione mista tra paura ed indecisione. Si morse un labbro, come se non volesse più dire nulla, ma poi il suo istinto di madre fu più forte e si lasciò scappare una raccomandazione.
    « È un bravo ragazzo, sai? Cerca di non spezzargli il cuore, ti prego. » le chiese, quasi implorando. Sì, Derren le aveva detto che la ragazza aveva cambiato lavoro, ma era meglio prevenire che curare, no? Non poteva sapere che cosa avesse in testa quella nomade. Non era una che partiva prevenuta, Amanda, ma era molto prudente. Sapeva quanto fosse fragile suo figlio, nonostante l'apparente forza bruta e lo strato d'acciaio che si era costruito attorno a sé. Poi, come se nulla fosse, la donna prese il volto di Monique tra le mani e le si avvicinò, dandole un piccolo bacio sulla guancia. Poi, con delicatezza, le carezzò una guancia. Infine, si voltò verso Derren che stava ancora trafficando con le bende.
    « Derren, puoi prendertela comoda. Abbiamo Eric, mi curerà lui. » gli ricordò sua madre. Il Maggiore si voltò, fissandola in volto, poi annuì e si strofinò la faccia con una mano: la stanchezza gli era crollata addosso come una pesantissima lastra di marmo. Sospirò, riponendo gli oggetti a posto, poi si grattò la testa, confuso, e tornò dalle sue donne. Guardò prima Monique, studiandola un po': non aveva sentito ciò che si erano dette, e forse era stato un bene. Passando lo sguardo ad Amanda, Derren notò una ritrovata calma. Sorrise a sua madre, contento di vederla più serena, poi le si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio. Certo, le dava del voi, ma erano molto uniti. In fondo, erano cresciuti assieme. Le accarezzò la testa e poi le diede un bacio in fronte, sulla parte buona. Sentì sua madre ridacchiare e picchiargli leggermente il petto, segno che si stava vergognando. Lo sguardo, poi, passò a Monique: la fissò negli occhi, ora più tranquillo, ma consapevole che il loro appuntamento era saltato. Avrebbe dovuto rimediare.
    Derren C. Loggins @


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    Con grande sorpresa di Monique, la madre di Derren accolse il suo gesto senza alcun problema apparente, senza stizza né insicurezza, e, anzi, una volta in piedi la donna portò anche l'altra mano a stringere quella della ragazza. Monique si ritrovò faccia a faccia con la versione femminile di Derren, sostenne lo sguardo della donna che era, esattamente, come quello del Maggiore, solo un po' più spento; la padrona di casa la fissava adesso incuriosita, con l'aria bonaria, e sembrava che tutte le ostilità iniziali si fossero dissolte nel nulla, o addirittura non fossero mai esistite. Monique sentiva il cuore batterle come un tamburo e sapeva che ciò era dovuto al fatto che si aspettava un giudizio da parte della donna, di qualsiasi genere e da un momento all'altro. Temeva che la situazione sarebbe potuta cambiare di nuovo, che la madre di Derren avrebbe potuto mollare uno schiaffo anche a lei per poi buttarla fuori di casa. E Monique sapeva che se ne sarebbe andata senza fare problemi, probabilmente non sarebbe neanche tornata alla fabbrica per evitare che Derren la ritrovasse. Insomma, sapeva di non voler essere il motivo di altri problemi per il Maggiore Loggins.
    Invece, la donna la stupì ulteriormente: improvvisamente la sua espressione mutò, rivelando una sorta di preoccupazione che fu confermata dal gesto del mordicchiarsi il labbro, tipico nei momenti di tensione e nervosismo. Monique si accigliò appena, chiedendosi adesso cosa stava per accadere; sostenne lo sguardo della donna, cercandovi qualche risposta o quanto meno un'anticipazione, qualsiasi cosa pur di intuire la sua prossima mossa. Non ci riuscì, e quando la donna la pregò di non spezzare il cuore a suo figlio, Monique non riuscì ad evitare di mostrarsi completamente presa in contropiede: aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscì e non riuscì neanche a richiuderla, sgranò gli occhi e si accigliò ulteriormente. Non sapeva neanche se lei e Derren avrebbero superato quella giornata, figuriamoci se pensava a farlo soffrire. In quelle poche ore si era scoperta dubbiosa, insicura riguardo l'intera situazione, e se questi dubbi avessero continuato a tormentarla anche nei giorni seguenti, probabilmente avrebbe abbandonato il campo prima che la loro storia potesse diventare seria, così che nessuno dei due ne sarebbe rimasto ferito. O almeno così sperava. -Farò il possibile.- rispose quindi con un mezzo sorriso, capendo immediatamente che quelle non erano le parole più rassicuranti che una madre volesse sentirsi dire, ma Monique le aveva dette istintivamente, senza pensarci su troppo, e aveva detto la verità: non aveva intenzione di far soffrire Derren in nessun modo, l'aveva perdonato per quello che aveva fatto, sostanzialmente gli doveva la vita e non gli avrebbe mai fatto del male intenzionalmente. Monique si lasciò quindi baciare sulla guancia e accarezzare dalla donna, che subito dopo rivolse la sua attenzione a Derren, dicendogli di lasciar perdere garze ed unguenti, ci avrebbe pensato Eric a curarla. Monique sorrise, adesso più serena e anche divertita da quella situazione che le sembrava esattamente come quella che aveva vissuto lei dopo lo schiaffo del Colonnello.
    Si incantò quindi ad osservare il quadretto famigliare, con Derren che abbracciava una donna che sembrava quasi una bambina nelle braccia del padre, felice, rilassata e spensierata; Monique provò un po' di invidia nei loro confronti, esattamente come la provava per chiunque avesse la fortuna di avere i genitori con sé; lei aveva avuto Giselle e Claire, ma non era stata la stessa cosa. E le era mancato l'affetto di un uomo, soprattutto. Inarcò quindi un sopracciglio quando incontrò lo sguardo di Derren, chiedendosi cosa avrebbero dovuto fare adesso che la loro serata aveva preso quell'inaspettata piega.
    Monique Céline Dubois@


    Edited by Ðräcärys¸ - 27/10/2013, 11:59
     
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    La reazione di sua madre non era stata troppo acida, fortunatamente. Aveva già pensato di dividerle per tempo, invece entrambe erano state molto brave. Nonostante si notasse che Monique non era affatto a suo agio, aveva cercato di fare il meglio che poteva. Le era grato per questo. Poco dopo, si udirono dei passi pesanti di fuori e poi qualcuno bussò la porta. Derren si staccò dalla madre, raggiungendo l'entrata ed affacciandosi dalla finestra. Quando fu sicuro di chi aveva visto, aprì la porta. La figura di Eric si stagliava sullo stipite, mentre lo sguardo di lui guizzava subito a Monique, innervosito. Il Maggiore sapeva che non gli era esattamente indifferente, visto che aveva capito da come lo guardava che provava qualcosa di più. Peccato che Derren non fosse dello stesso parere. Lo fece entrare, chiudendo poi la porta, in modo comunque da non far impicciare nessuno. Lo Stregone biondo raggiunse Amanda e la guardò negli occhi. Si vedeva che i due si conoscevano, ma il Maggiore non sapeva spiegarsi come mai. Aggrottò le sopracciglia, schiudendo la bocca e raggiungendo il gruppetto. Guardò i due con uno sguardo divertito, poi sfrarfallò appena gli occhi.
    « Voi due vi conoscete? » chiese, indicando prima uno e poi l'altro con un dito. Sua madre annuì, inarcando un sopracciglio, quasi come se fosse sorpresa del fatto che non lo sapesse. Eric si voltò poi verso di lui, fissandolo negli occhi. Era più alto di più o meno cinque centimetri rispetto al Maggiore, ma immaginava fosse anche colpa dei capelli. Cercò di non ridere al pensiero, perciò assottigliò lo sguardo e fece capire ad entrambi che ancora non ci arrivava. Alla fine, fu lo Stregone a spiegargli cosa diavolo stesse succedendo.
    « Prima di essere assegnato al Generale, ho fatto un bel po' di gavetta. È qui che ho cominciato. Proprio in questo villaggio. » gli rispose Eric. Terminò e poi gli sorrise dolcemente, fissandolo con i suoi occhi verdi. Quello sguardo turbò Derren, ma fece finta di nulla ed annuì. Amanda, poi, sembrò prendere la palla al balzo: non era stupida, aveva notato il vestito di Monique ed aveva tenuto a mente che era ora di cena. Posò una mano sulla spalla di Eric e sorrise al figlio. Era l'espressione di una donna che sapeva tante cose.
    « Andate. C'è qui Eric con me. » disse poi. Lo sguardo dello Stregone schizzò dal Maggiore a sua madre, guardandola con stupore ed un po' di delusione. Probabilmente era ciò che avrebbe voluto evitare ad ogni costo, ed Amanda gliel'aveva invece servito su un piatto d'argento. Derren le si avvicinò, aggrottando le sopracciglia e prendendole una mano.
    « Madre, non vi lascio in... » cominciò, ma Amanda lo zittì con un dito e gli diede una leggera spinta, facendogli segno con la mano libera di andarsene.
    « Fila via. La notte è ancora giovane. » fu la sua risposta. Sorrise anche a Monique, poi afferrò un braccio di Eric e se lo portò vicino alla portona. L'occhiata che gli rivolse lo Stregone diceva tutto: "non andartene, voglio che resti". Durò poco più di un secondo, però. Lo Stregone fu costretto a voltarsi ed a dare retta a sua madre, che intanto continuava a cacciarli via con frasi come "forza! Le taverne chiudono!" e "questi giovani! Non sanno cogliere le opportunità!". Derren si grattò la testa, interdetto, poi si voltò lentamente verso Monique e la guardò con un'espressione stupita. Realizzò solo in quel momento come poteva sentirsi lei. Era un ambiente per niente confortevole, visto che era la tana del nemico. Le si avvicinò e le fece segno di uscire con la testa, poi le aprì la porta principale con un sorriso stanco e cordiale.
    Derren C. Loggins @
     
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    Se si fossero trovati in una situazione completamente diversa, probabilmente quella sarebbe stata la volta buona in cui Monique avrebbe messo su una discussione con lo Stregone Eric: non riusciva veramente più a capire quale fosse il motivo della tanta ostilità nei suoi confronti, persino la madre di Derren si era addolcita quando il figlio le aveva spiegato la situazione, lo Stregone invece la conosceva fin dall'inizio e Monique era certa che conoscesse almeno parte del resto, quindi perché continuava a guardarla in quel modo, come se volesse trasformarla in un mucchietto di cenere? La ragazza ricambiò per l'ennesima volta le occhiate di Eric, con la stessa freddezza e la stessa durezza delle sue, ripromettendosi che alla prima occasione utile avrebbe cercato di chiarire con quell'uomo. Perché, sostanzialmente, Monique era una di quelle persone che, per carattere, non lasciava mai nulla in sospeso, pretendeva sempre di avere dei chiarimenti, delle spiegazioni per ogni cosa, o per lo meno per la maggior parte delle cose.
    Derren sembrò stupirsi nel vedere la confidenza esistente tra sua madre e lo Stregone, tanto che chiese ad entrambi -retoricamente- se già si conoscessero, come era chiaro che fosse. Monique aveva dato per scontato che fosse così, ma la spiegazione di Eric fu più che illuminante. Automaticamente, la ragazza si chiese come facesse Derren a non saperlo, lui, che non si lasciava sfuggire praticamente nulla. Come poteva non aver mai visto Eric in quel villaggio che, facendosi quattro rapidi conti, era sicuramente il villaggio in cui era cresciuto, o in cui, quanto meno, aveva trascorso qualche giornata in compagnia della madre. Monique gli lanciò una rapida occhiata perplessa, ma poi il suo sguardo saettò in direzione della madre di Derren non appena la donna disse loro di andar via; adesso Monique aveva un'espressione stupita quasi quanto quella del Maggiore, il quale provò ad obiettare ma senza successo. Anche lo Stregone cambiò espressione, ma la sua non era sorpresa come quella degli altri due, esprimeva, più che altro, una sorta di... supplica. Si, Monique la classificò come tale e nella sua mente cominciò a farsi strada un'idea, una probabile spiegazione all'ostilità di Eric nei suoi confronti. Il solo pensiero la fece sorridere, un sorriso che probabilmente venne scambiato per qualcosa che in quel momento non era, ossia un sorriso di gratitudine; certo, era grata alla donna che le stava restituendo la serata ma soprattutto le avrebbe permesso di allontanarsi da un luogo in cui si sentiva un tantino fuori posto, ma non avrebbe mai voluto lasciar intendere chissà che cosa con quel sorriso. Ma comunque, "il danno" ormai era fatto, e la frecciatina della madre di Derren glielo confermò subito; Monique mosse quindi qualche passo verso il Maggiore, chiedendosi se sarebbe stato opportuno avvicinarsi alla madre di lui per salutarla o meno. Ma lì c'era Eric e la donna li stava praticamente cacciando via, perciò la ragazza si limitò a dire un "arrivederci" quasi timido e a seguire Derren, il quale, aprendole la porta, la fece uscire.
    Monique respirò a pieni polmoni l'aria della sera, poi un brivido le percorse la schiena, ricordandole che era completamente scoperta. E solo a quel punto si ricordò anche di non avere più la giacca di Derren. Lo guardò mordendosi un labbro, mortificata per non averglielo detto prima -anche se, probabilmente, era stata la cosa migliore- quindi mise su un sorrisetto poco convinto. -Ho dato la tua giacca a dei bambini.- confessò, evitando di abbassare lo sguardo -Non so se la rivedrai mai.- In fondo, aveva fatto una buona azione, anche se l'aveva fatta con qualcosa che non le apparteneva affatto.
    Monique Céline Dubois@
     
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