We’re so much stronger than before, our fraying edges on the mend.

Base dei Vigilanti, mattino, 19 agosto 102 PA

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    Era strano che fosse passato tutto quel tempo. Dastan sapeva di aver "dormito", per così dire, circa un mese, eppure al suo cervello pareva molto di meno. Tutti si erano preoccupati per lui, lo avevano aiutato, gli erano stati vicini. Ma perché? Perché voler stare vicino ad uno come lui, che non aveva mai risparmiato una parola cattiva a nessuno? Come potevano volergli bene? Ci aveva riflettuto molto sopra, e non era arrivato ancora ad una conclusione. Forse li aveva costretti Zaira. Ma come avrebbe fatto? La Base di Giustizia non era sicuramente più forte di quella di Indipendenza, perciò le minacce non c'entravano nulla. Quella era stata forza di volontà. Che gli fossero ancora grati per aver spodestato il vecchio Capo? Possibile, ma inverosimile. Ormai erano tre anni che era lì alla Base, la loro riconoscenza doveva essersi ridotta a nulla dopo tutto quello che gli aveva fatto. Che poi, non gli aveva mai fatto niente. Li aveva semplicemente trattati male. Aveva sempre risposto a tono, inacidito, e non aveva mai sorriso. Ma si poteva davvero voler bene ad uno come lui? Certo, non voleva dei soldi dai Vigilanti perché lui aveva un lavoro, ma poteva essere solo per quello? Non ci arrivava. Non sapeva proprio perché non l'avessero lasciato morire. Non capiva neanche perché e come lo amasse Zaira. O almeno, lo amasse quasi. Era piuttosto facile infatuarsi della rossa, perché aveva un miliardo di qualità che non tardava a mettere in mostra, ma lui... lui no. Non era così. Mentre si era perso a riflettere, Zaira lo raggiunse, appoggiandosi alla porta. Sollevò la testa, quasi sorpreso, solo quando lei gli disse che sapeva che lui non era un codardo. Aggiunse poi che questa, però, sarebbe stata l'immagine di lui, se se ne fosse andato. Come se ad uno come Dastan potesse interessare la reputazione. Se l'era giocata anni prima, ormai tanto valeva fare quello che gli pareva. Non rispose subito a Zaira, però: abbassò lo sguardo, pensando. Lei sapeva che era quello il suo modo di riflettere, anche se aveva ben poco a cui pensare. Come a capire che non avebbe parlato, la rossa intervenì di nuovo, dicendo che se la meritavano tutti, la pace, e che in quel momento era un'utopia. Continuò dicendo che non era un mostro e che non avrebbe lasciato gli altri a morire senza prima averli aiutati. Infine, gli disse che era migliore di quanto credesse, e che lei lo sapeva bene. Solo quando terminò di parlare, Dastan voltò lentamente lo sguardo verso di lei, fissandola negli occhi. Non le disse nulla, limitandosi a puntare gli occhi nei suoi. Il suo discorso, agli occhi di lui, non reggeva. Nessuno sarebbe morto per salvarlo, né tantomeno lui l'avrebbe fatto per gli altri. Se fosse morto, sicuramente sarebbe successo per cause d'onore o, per assurdo, per virilità.
    « L'unica per cui morirei, qui dentro, sei tu. » precisò, a voce bassa, senza cambiare espressione né addolcire lo sguardo. « Non so perché l'abbiano fatto. Perché non mi abbiano lasciato morire. Non siamo mai stati legati, noi di Indipendenza. Te lo dice la parola: ognuno ha i suoi compiti, e vive bene così. » fece una piccola pausa, durante la quale fissò il pavimento, poi riprese a parlare tranquillamente.
    « Nessuno di loro, qui, aveva un motivo per volermi vivo. » concluse. Era semplicemente impossibile che qualcuno gli volesse bene senza che lui avesse fatto qualcosa per farsi ben volere. Impossibile.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Dastan aveva uno strano modo di concepire il rapporto che aveva con i propri compagni, quasi sembrava non credere in loro certe volte. Zaira non riusciva a capirlo, spesso e volentieri, forse perché lei, sotto questo punto di vista, era più "viziata": a Giustizia le avevano voluto tutti bene come fosse stata una sorella, e questo fin da subito, fin da quando Tommen l'aveva ufficialmente presentata come una nuova recluta. Era una delle tante ragazze che si erano votate al rischio ed all'avventura, non era l'unica con un bel fisico, un sorriso accattivante ed uno sguardo magnetico ma anche dolce, insomma, non era l'unica tra tante di sicuro e se l'avevano accettata tutti senza neanche sapere come si chiamasse, era perché Tommen si era fidato di lei, l'aveva portata lì e se l'era presa come ragazza, quindi doveva pur avere qualcosa di buono. Nessuno dei Giusti aveva mai dubitato di lei e Zaira aveva accettato la cosa, l'aveva presa per la normale prassi; aveva creduto, conoscendo quell'unica realtà, che qualsiasi Base di Vigilanti accogliesse i nuovi "acquisti" con lo stesso calore con cui a Giustizia avevano accolto lei, e che tra tutti i compagni si instaurasse una certa intesa fin da subito, una buona amicizia in seguito e, perché no, magari anche qualcosa di più. Come al solito, Zaira era cresciuta sotto una sorta di campana di vetro, ignara di quale potesse essere la realtà. Dastan le aveva dimostrato quanto astio ci potesse essere non solo tra Vigilanti nemici, ma anche tra quelli che sarebbero dovuti definirsi amici: ad Indipendenza lei non aveva conosciuto tanti cordiali sorrisi, ma tutto sommato quello le era parso normale, visto che era un'estranea, però non vedere gli Indipendenti comportarsi come si comportavano i Giusti, quello si, l'aveva colpita. Ma l'aveva altrettanto -se non ancora di più- colpita il modo in cui ognuno dei compagni di Dastan aveva reagito in quel mese difficile ed incerto; lui poteva anche continuare a non credere che qualcuno, dentro quella maledetta capanna che cadeva a pezzi, gli volesse bene, ma Zaira aveva visto la preoccupazione negli occhi di molti di loro, aveva osservato il modo in cui cercavano di rendersi utile ed era stata sorpresa dal modo in cui, chi se la sentiva, cercava di tirarla un po' su di morale.
    La rossa cercò quindi di convincere l'Orso del Nord di tutto questo, di tutto ciò che lui si ostinava a non vedere, ma lui, che era più testardo di un mulo, le disse che non sarebbe morto per nessuno tranne che per lei e che ognuno dei suoi compagni l'avrebbe preferito morto o da tutt'altra parte. Zaira si ritrovò a sbuffare infastidita da tanta stupidità e cocciutaggine, e l'avrebbe sicuramente aggredito verbalmente se non fosse stato per il fatto che il suo cervello si era momentaneamente fermato alla prima frase pronunciata da Dastan: le aveva detto che per lei sarebbe morto, e la Giusta era certa della veridicità di quelle parole, così come era certa del fatto che lei non avrebbe esitato a fare lo stesso. Glielo aveva già detto, glielo avrebbe anche ribadito se fosse stato necessario. Si rese conto che erano entrambi con un piede nella fossa, che potevano continuare a girarci intorno quanto più volevano, ma la verità era che si amavano, senza quasi, senza forse. Zaira decise di avvicinarglisi un po', adesso incrociando le gambe e fissandolo un po' in silenzio, con un'espressione né troppo serena né troppo preoccupata. Poi gli prese una mano. -Ti ostini a credere di essere circondato da un mare di merda e finirai per affogarci se non la smetti.- borbottò, con uno strano mezzo sorriso dipinto sulle labbra -Io li ho visti, Dastan, ho visto come ti guardavano quando eri steso su questo fottuto letto, ho visto la loro preoccupazione nel saperti più morto che vivo. Credimi se ti dico che non sei solo in questa battaglia e che non hai solo me pronta a morire al tuo fianco, dannazione.- Le parole di lei potevano sembrare quasi dure, ma il tono non lo era neanche lontanamente: parte di lei credeva ancora che Dastan non fosse perfettamente in forma, che dopo tutto quel tempo, anche se sembrava stare bene, non poteva permettersi di innervosirsi ogni minuto, lo avrebbe sfiancato, e perciò lei voleva evitare la discussione. Anche perché, francamente, lei per prima era stanca di litigare per qualsiasi stronzata.
    Zaira von Row @
     
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    Ricordava ancora quando aveva spodestato il capo precedente. Si era semplicemente insinuato nella Base, aveva afferrato l'omone per il collo e l'aveva sbattuto contro il muro, facendolo svegliare improvvisamente. Ciò che Dastan si era ritrovato davanti era un uomo in preda all'astinenza da chissà quale droga, gravemente obeso, sudato e pallido in volto. Ricordava come tremava, come gli occhi gli sfarfallassero nonostante cercasse di reagire. Non era stato difficile spodestarlo, ma anche solo assistere a quella scena pietosa aveva segnato il ragazzo. Era rimasto a guardarlo per un minuto buono, poi se l'era caricato e l'aveva gettato fuori dalla porta principale. Inutile precisare che aveva messo a soqquadro la stanza, pulendola da cima a fondo e provvedendo ad eliminare tutto ciò che aveva ritenuto contaminato. Non poteva credere che certa gente vivesse davvero in quel modo, in mezzo alla sporcizia, alle malattie ed alla più assoluta distanza da tutto ciò che poteva considerarsi "normale". In fondo, gli Indipendenti lo avevano ringraziato. Perlomeno, non era un approfittatore, non aveva mai toccato nessuna ragazza della Base né aveva preso possesso dei loro bottini. Insomma, era stato un buon capo. Decisamente severo, riluttante e pessimista, ma un buon capo. Quello poteva ammetterlo. Ma passare da ciò a dire che gli altri gli volevano bene gli sembrava un po' troppo. Zaira si era avvicinata a lui, probabilmente guardandolo, ma Dastan aveva ormai preso a fissare la stanza davanti a sé. Non c'era nulla di interessante addosso a quel muro, però era meglio quello che ritrovarsi a bisticciare con la rossa. Gli disse che sarebbe affogato in tutta la merda in cui pensava di essere sommerso, se avesse continuato così, e che comunque nulla di tutto questo era vero. C'era davvero gente che lo avrebbe aiutato, e l'esempio lampante era lei. Dastan scosse appena la testa: Zaira continuava a mancare il punto. Certo che l'avrebbero aiutato, era il loro capo; era ben differente, però, aiutarlo perché volevano e aiutarlo perché dovevano. Lei, imperterrita, continuò, dicendogli che li aveva visti comportarsi bene mentre lui era svenuto, e poi gli chiese di crederle quando diceva che non erano soli. Decise che era inutile controbbattere: la rossa sembrava decisamente cieca e sorda. Dastan non aveva mai messo in dubbio il loro comportamento, ma una guerra era molto di più. Spesso si trattava di situazioni tra la vita e la morte, nelle quali non si aveva il tempo né il modo di scegliere. Era più che sicuro che gli altri non sarebbero morti per lui, e viceversa. Ma non c'era da vergognarsi, era più che normale.
    « Va bene, Zaira, è come dici tu. » le rispose, dandole chiaramente il contentino. Raddrizzò la schiena, stiracchiandosi, poi si accasciò di lato ed appoggiò la testa sul cuscino. Gli sembrò infinitamente morbido ed accogliente, ma sapeva bene che era il suo solito pezzo di stoffa imbottito di piume e pieno di protuberanze. Allungò le gambe dietro la schiena di Zaira -visto che lei era ancora seduta- e portò le braccia dietro alla nuca, avertendo i muscoli tendersi e fargli un pochino male. Gli ci sarebbe voluto ancora qualche giorno per guarire completamente. Ecco, era completo. O forse no... ? Aprì un'occhio, osservando la rossa, poi le allungò un braccio ed abbozzò un sorriso stanco. Non le disse nulla, lei avrebbe saputo che cosa fare. Gli sembrava di non stringerla da un'eternità, eppure l'avevano fatto poco prima. Inutile dire che il mese di "lontananza" l'aveva reso un po' più malinconico del normale. Una volta che lei si fu stesa di fianco a lui, le circondò le spalle con lo stesso braccio, senza guardarla, ma stringendola.
    « Dovrei andare a ringraziare gli Anziani che mi hanno curato. » disse, ricordandosi improvvisamente del volto della bellissima Strega, il primo che aveva visto al suo risveglio. Quasi automaticamente, gli venne in mente quello di Lloyd.
    « E spedire il Moro all'altro mondo. » aggiunse, a voce più bassa, aggrottando le sopracciglia.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Zaira era sempre stata una ragazza viziata e cocciuta, che aveva sempre voluto avere ragione in qualsiasi cosa: non si era mai fermata davanti a nulla, neanche quando sapeva di essere palesemente in torto se ne stava al proprio posto, ammettendo di aver sbagliato ed accettando la situazione. Lei, in un modo o nell'altro, doveva avere ragione. Quando le veniva dato il contentino, però, si innervosiva, quando proprio era palese che l'altro non si trovasse d'accordo con lei ma per non sentirla le dava ragione, Zaira si arrabbiava, e lo faceva perché si sentiva presa in giro, sentiva come se la stessero trattando da stupida quale non era. Se questa cosa la faceva Dastan, poi, il tutto si elevava all'ennesima potenza. Fu automatico per lei fulminarlo con lo sguardo, ma l'Orso neanche ci fece molto caso, probabilmente; Zaira lo osservò mentre con aria quasi stanca si sdraiava. La rossa si arrese, non aveva né la forza né tanto meno la voglia di continuare a discutere con qualcuno che non la ascoltava e non le avrebbe mai creduto, nonostante i suoi innumerevoli sforzi.
    Distolse quindi lo sguardo, fissando la porta e pensando anche di alzarsi ed andarsene, lasciandolo solo con le proprie convinzioni, magari a riposarsi o a fare qualsiasi altra cosa gli frullasse per la testa, e lei sarebbe andata a fare altrettanto. E invece con la coda dell'occhio vide il braccio di Dastan allungarsi nella sua direzione, come ad invitarla ad unirsi a lui; Zaira fissò per qualche secondo prima la mano di lui e poi incrociò il suo sguardo, rimanendo pressoché impassibile per tutto il tempo, ma poi cedette al sorrisetto dell'uomo e finì per sdraiarsi vicino a lui, sorridendo appena a sua volta. Non era molto normale che Dastan decidesse di abbracciarla così, di sua spontanea volontà o senza aver fatto prima sesso: generalmente era lei quella che gli si attaccava al collo o che gli si sdraiava di fianco, magari rifilandogli pure qualche carezza o qualche bacio, e chiaramente Dastan non la cacciava mai via e ricambiava l'abbraccio. Quella di quel momento era, insomma, un'occasione più unica che rara, da cogliere al volo. Non appena si mise giù, Zaira sentì gli occhi farsi pesanti, come se la stanchezza accumulata in quel mese le si stesse riversando addosso tutta insieme in quel momento. Per un istante arrivò anche a chiudere gli occhi, e si sarebbe sicuramente addormentata se Dastan non avesse cominciato a parlare, costringendola a prestargli attenzione riaprendo gli occhi ed inclinando il volto leggermente verso l'alto, cercando di guardarlo. L'uomo le disse di dovere dei ringraziamenti agli Anziani che per un mese l'avevano curato con i loro incantesimi, e poi, cambiando tono ed espressione, aggiunse che avrebbe dovuto uccidere Lloyd. Il Moro non era poi così imponente, non come Dastan almeno, perciò doveva sicuramente avere qualche asso nella manica, un po' come faceva lei, che non potendo contare sua una quantità esagerata di forza evitava gli scontri diretti. Si chiese automaticamente quale fosse la strategia del Capo di Onore. -Saranno felice di vedere che i loro sforzi sono andati a buon fine.- rispose quindi, cercando di non pensare a Lloyd ed ai brutti scherzi che avrebbe potuto tirare a Dastan se si fossero scontrati. Zaira cambiò poi posizione, girandosi completamente a pancia in sotto, portando le braccia sul petto di lui, ritrovandoglisi con il busto sopra in pratica. -Lloyd farà molti meno salti di gioia quando ti vedrà.- tornò a dire, lasciandosi sfuggire un ghigno -Dovresti prenderlo come ostaggio e torturarlo un po', non merita di morire senza soffrire almeno la metà di quanto hai sofferto tu.- concluse, continuando a sorridere nello stesso modo per qualche secondo prima di sporsi un po' fino ad arrivare al suo viso e cominciare a baciarlo.
    Zaira von Row @
     
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    Sorprendentemente, Zaira non gli disse nulla. Si era preparato ad una risposta stizzita e contrariata, invece anche lei si era lasciata andare alla stanchezza e lo aveva raggiunto a capo del letto, stringendosi a lui. La situazione era adatta ad una bella dormita, anche se era ancora mattina, perché entrambi erano così esausti che gli si chiudevano gli occhi. E così fece: lasciò che le palpebre scendessero lentamente fino ad oscurargli la vista, anche se rimanese vigile. Non poteva fare a meno di pensare a tutto ciò che era successo, e la faccia arcigna del Moro di Onore continuava a presentarglisi di fronte, come se fossero collegati da un qualche strano incantesimo. Riusciva a vederlo affacciato alla finestra o davanti alla scrivania, e persino fuori, a caccia, con i Valorosi che gli coprivano le spalle. Zaira approvò il suo voler andare a ringraziare gli Anziani, dicendogli che sarebbero stati contenti di rivederlo. Probabilmente, erano le prime persone per le quali Dastan avvertiva una sorta di gratitudine. Era una sensazione strana, perché gli sembrava di dipendere da loro, come se effettivamente lo tenessero ancora in vita con la loro magia. Era un concetto assai strano la gratitudine, per lui. Non aveva mai provato un'emozione simile, e qualcosa gli diceva che era solo l'inizio. Come ci si poteva sdebitare, in quel caso? Gli avevano salvato la vita. Certo, avrebbe potuto fare altrettanto, combattere al loro fianco, ma dubitava che servisse a qualcosa. Quelli erano Stregoni Anziani, con i poteri magici al massimo della loro forza. Che cosa se ne sarebbero fatti di un povero Vigilante? Al pensiero, gli spuntò un sorrisetto divertito sulla faccia: con un movimento della mano, qualsiasi Anziano avrebbe potuto stenderlo con un attimo. E lui che si sentiva il re del mondo solo perché era ben piazzato ed intelligente. Poco dopo, Zaira si strinse a Dastan, quasi montandogli sopra, suggerendogli poi di prendere il Moro come ostaggio e torturarlo. Oh, le cose che avrebbe voluto fare a quell'uomo. Ma non poteva. Non poteva abbassarsi al suo livello e picchiarlo tanto per fare. Se lo avesse beccato, sicuramente Lloyd sarebbe morto, quello era chiaro, ma Dastan non era uno che faceva agonizzare le persone. Non se lo scopo principale era la morte. Aprì lentamente gli occhi, trovandosi il volto di Zaira davanti al suo, che lo fissava con un sorriso a metà tra apprensivo e divertito. Poi, all'improvviso, si allungò verso di lui e lo baciò. Di nuovo, un brivido si fece largo lungo la schiena di Dastan, che non poté fare altro che ricambiare. Non era così semplice: non avrebbe potuto semplicemente sparare un colpo in testa al Moro, né tantomeno fargli cose indicibili solo per il gusto di vederlo soffrire. Era un tipo brutale, sì, ma molto pratico. Non amava chi si dilungava in certe cose, se doveva picchiare qualcuno lo faceva e basta. Seguì il corso naturale del bacio fino a quando non si affievolì e poté allontanarsi un poco da Zaira, fissandola negli occhi. I capelli rossi di lei gli solleticavano il collo, ed i suoi occhi azzurri lo scrutavano. Probabilmente aveva in mente una certa cosa in particolare, e di sicuro non si sarebbe tirato indietro. Anche perché era davvero da tanto -per i loro standard- che non accadeva. Per quel motivo, Dastan si sporse col busto, annullando la distanza che li separava, e ricominciò a baciarla, stavolta portandole le mani tra i capelli e lungo la schiena. Grazie alla sua stanza minuscola, Dastan fu in grado di allungare una delle sue interminabili gambe e dare un piccolo calcio alla porta, facendola chiudere, separandoli dal mondo esterno, dalla guerra, da Lloyd e dalle sofferenze.
    Dastan Dauthdaert @
     
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