Forgiveness is not for sale, nor is the will to forget

27 aprile 103 PA, pomeriggio/sera, Base dei Vigilanti e casa von Row

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    Vigilante • from your lips she drew the hallelujah
    No, non sarebbe dovuta andare in quel modo. Dastan non poteva pensare a come diavolo si fosse presentato a quella famiglia, ed al fatto che stessero andando tutti insieme ad attaccare la Base di Onore. Se Lloyd fosse stato abbastanza stupido, sicuramente avrebbe tolto le sentinelle in modo da farle riposare, visto che ormai erano tutti al tappeto -o almeno così pensava. Il Moro, probabilmente, non era a conoscenza del ritorno di Dastan, e ciò era indubbiamente qualche punto a suo favore. Anche perché la maggior parte delle "nuove reclute" non lo conosceva, e nessuno sapeva come fosse fatto l'Orso del Nord. Certo, spesso lo immaginavano piuttosto grosso, ma non avevano idea di come figurarsi i tratti. Zaira spuntò dalla cima delle scale all'improvviso, e le scese con una tale velocità e forza d'abitudine che gli passò davanti in un soffio, avventandosi contro il padre. Il Vigilante tentò di intervenire, ma uno dei gemelli si frappose fra lui e la sua ragazza, rivolgendogli uno sguardo in cagnesco. Dastan lo ricambiò: era inutile, proprio non riusciva a fidarsi di quei due rossi. Non gli ispiravano fiducia, ed inoltre non amava gli uomini di legge. Erano troppo montati, troppo ciechi alle disgrazie del popolo. Zaira inveiva e si agitava, vomitando parolacce su suo padre. Dastan fece per parlare, ma il grido acuto della signora Von Row squarciò la notte, tanto che tutti si immobilizzarono. Disse a Zaira che se aveva avuto il permesso di uscire di lì era stato solo per merito di Dastan, ma sua figlia non parve rallegrarsi molto. Anzi, dal naso continuava ad uscire aria, visto che respirava profondamente come un toro imbufalito. I capelli le avevano coperto parzialmente il viso a forza di dimenarsi, ma con uno scatto della testa li cacciò via. Sembrò leggermente più calma, infatti rispose alla madre con un tono di voce basso, ma comunque minaccioso: se ne uscì dicendo che non aveva bisogno del permesso di nessuno, e poi si voltò verso Dastan per ribadire il concetto. Lo sguardo era bruciante quanto quello di suo padre, ed il Vigilante capì da chi aveva preso la foga e la suscettibilità. Uscì dalla casa schizzando verso il cavallo, lasciando tutti gli altri indietro. Il ragazzo si permise di guardare la signora Von Row negli occhi, ma quella le rivolse uno sguardo così preoccupato e triste che l'Orso si sentì invadere il cuore di ansia. Le poggiò una mano sulla spalla, poi uscì anche lui, seguendo Henryk. L'uomo sembrava non voler neanche guardare in faccia Zaira -ed aveva ragione, dopo tutte le cose che gli aveva detto- perciò si diresse verso il suo cavallo, sellandolo e preparando gli archi e le frecce. Approfittando del momento di pausa, Dastan corse verso Zaira, guardandola dal basso fissa negli occhi. Le si avvicinò e si appoggiò al cavallo, come per essere certo che nessuno lo sentisse.
    « Bel cazzo di lavoro. Non è il momento di litigare, Zaira! » cominciò. Lo disse tra i denti, sforzandosi di rimanere calmo, ma dagli occhi si notava quanto fosse furente con lei. Si era comportata da stupida, e ciò era indubbio. La lasciò stare, non aspettando neanche una risposta, dirigendosi poi da Henryk, che era già salito sul cavallo. Solo Dastan era rimasto a piedi, insomma. Si posizionò di lato, cercando di far scomparire la sua espressione infuriata dal volto.
    « Passiamo alla Base di Giustizia e raccattiamo un paio di loro, poi ci dirigiamo ad Onore. Saranno più o meno due ore di cavalcata da qui al Moro. » lo informò. Il signor Von Row annuì senza dire niente, ma Dastan sapeva riconoscere quello sguardo: c'era tristezza nei suoi occhi, perché le parole di sua figlia lo avevano ferito. Conosceva quell'espressione perché era la stessa che gli aveva rivolto Benjamin tante di quelle volte che ormai non le contava più. Tornò da Zaira -visto che non aveva un cavallo tutto suo, per ora- e montò in sella, rigorosamente davanti. Se ne fregò del fatto che la rossa volesse guidare la bestia, ora stava a lui. Spronò il cavallo, che partì a trotto, lasciandosi pian piano alle spalle la casa dei Von Row. Il Vigilante poteva avvertire la rossa dietro di lui reggersi solo per dovere, perché altrimenti gli sarebbe stata lontana miglia, in quel momento. Dastan approfittò della confusione del trotto per parlare.
    « Ti rendi conto che tuo padre vuole solo il meglio per te, vero? » le chiese, sorprendentemente dolce. Portò una mano su quella di lei -che gli stringeva il petto- poi tornò a tenere la briglia.
    « Non fare cazzate, rossa. » concluse.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Dastan sostenne il suo sguardo ma evitò di risponderle, e Zaira si rallegrò per questo perché sapeva che altrimenti lo avrebbe attaccato pesantemente, come avrebbe probabilmente fatto con chiunque le avesse rivolto la parola in quel momento. Ma una volta pronta a partire, si rese conto che Henryk aveva preso il primo cavallo che gli era capitato a tiro -quello di Dastan, guarda caso- e si era allontanato da lei in fretta e furia. Zaira sapeva cosa significava: Dastan sarebbe montato a cavallo con lei e, visto che si era trattenuto fino a quel momento, qualcosa gliel'avrebbe sicuramente detta. L'uomo, anzi, non aspettò neanche di montare in sella per rimproverarla, ma le si avvicinò e le disse che quello non era il momento per litigare, quindi si diresse da suo padre. La rossa lo guardò con la bocca aperta, senza dire nulla semplicemente perché Dastan si era già allontanato e non le sembrava il caso di urlargli dietro. Zaira lo sentì dare ordini per raggiungere la Base e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo: si era ormai convinta che il suo uomo avesse scelto di andare da solo, accompagnato solo da Henryk e, per forza di cose, da lei, perché aveva detto poco prima che non voleva troppa gente intorno a sé. Ma andare in tre significava perdere la battaglia in partenza, lei lo sapeva e sicuramente lo aveva saputo anche lui, solo che gli ci era voluto un po' per convincersene.
    L'Orso del Nord puntò poi a lei ed il suo cavallo, montando in sella. -Ma che cazzo fai?- sibilò, infastidita per l'essere finita dietro a lui, che adesso avrebbe guidato l'animale. Ma Dastan la ignorò, e non appena si fu sistemato ben bene diede un calcio secco al fianco del cavallo, che partì al galoppo. Zaira si aggrappò saldamente al suo uomo, ma in quel momento avrebbe voluto evitare ogni tipo di contatto con lui: sembrava quasi non capirla, non comprendere il suo profondo disagio a portarsi dietro suo padre e la sua rabbia per essere stata messa in gabbia come la più comune delle bestie. L'istinto la portò a voltarsi dietro, incrociando per una frazione di secondo lo sguardo di suo padre, per dare un'ultima occhiata alla casa che stava lasciando. Sua madre guardava i tre andare via nascosta alla bene e meglio dietro la tenda della finestra, mentre Angus e Christopher erano sulla porta a fissarli; di Domitilla e Tanya nessuna traccia. Zaira si sentì improvvisamente in colpa, quella sera doveva essere dedicata a lei e Dastan, doveva essere una serata relativamente pacifica e per togliersi di mezzo il peso delle conoscenze tra i genitori di lei e l'Orso del Nord, ed invece l'avevano trasformata in un incubo per i famigliari che rimanevano a casa -e sarebbero anche dovuti tornare a finire quella dannata cena prima o poi, se non ci avessero rimesso le penne ad Onore.
    La voce di Dastan la riportò a guardare davanti. L'uomo le fece presente che suo padre voleva solo il meglio per lei, quindi non doveva fare cazzate. -E ti risulta che il meglio per me sia rinchiudermi dentro una fottuta stanza mentre tu vai a combattere, insieme a lui per altro?- gli domandò in risposta. Non reagì quando la mano di lui sfiorò la sua, perché il suo primo istinto sarebbe stato di sottrarla a quella specie di presa, ma non le sembrava il caso. -Se mi avessi ascoltato, tutto questo non sarebbe successo. Non venirmi a far prediche di questo genere, Dastan, non tu.- continuò quindi, evitando appena in tempo lo specificargli che lui non era la persona adatta ad insegnarle come una figlia si doveva comportare nei confronti del padre, visto il suo comportamento con entrambi i padri che aveva. Stare vicina a lui, comunque, sembrava in qualche modo calmarla, perché adesso il respiro era tornato regolare, così come il tono di voce, e le tempie non le pulsavano più. Istintivamente strinse un po' la presa attorno alla vita dell'Orso del Nord, quindi disse ancora -Sei già andato ad Onore senza di me una volta, non potevo sopportare di saperti di nuovo lì senza che io potessi fare qualcosa. E mio padre non si sarebbe mai tirato indietro dopo essersi proposto di aiutarti, sarebbe venuto a prescindere da me e non l'avrei potuto sopportare.- E non gli stava mentendo con giustificazioni improvvisate sul momento, ma gli stava dicendo la pura verità e lui l'avrebbe dovuta accettare.
    Zaira von Row @
     
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    La risposta di Zaira fu secca e decisa, tanto che Dastan si ritrovò con le sopracciglia aggrottate. La Base non era molto distante da casa sua, eppure circa un'ora di cavalcata l'avrebbero dovuta fare sicuramente. Dietro di loro, Henryk spronava il cavallo in modo da raggiungerli, ma mai una volta il Vigilante pensò di guardarsi alle spalle. Per lui non era molto bello sapere di aver ridotto la serata in quel modo, e per di più pensare di aver trascinato il padre della sua ragazza in una missione pericolosissima lo faceva senire in colpa. Anche se poi lui non avrebbe mai pensato che Henryk gli potesse proporre una cosa del genere. Insomma, aveva inserito l'argomento a fin di bene, visto che l'uomo gli era parso sin da subito interessato agli scontri. Mentre cavalcavano, quindi, la mente di Dastan si ritrovò di nuovo ad arrovellarsi come era successo precedentemente. Quando poi Zaira disse che lui non poteva farle certi discorsi -a causa del modo in cui si comportava con suo padre, probabilmente- l'Orso del Nord non ci vide più: come poteva dirgli una cosa del genere? Conosceva benissimo la sua situazione, per cui era stato solo un colpo basso. Il suo cuore mancò un battito, ma non si diede per vinto e non lasciò intravedere alcun segno di quella ferita. Benjamin era stato un padre assente, svogliato, e Dastan era cresciuto a forza di tate, balie e baby sitter. Da adolescente non aveva fatto altro che proporsi come il "Generale di Divisione Dauthdaert", e neanche a casa Dastan si era potuto permettere di chiamarlo papà. Mettere a confronto Henryk, che era un padre premuroso -seppur a modo suo- con Benjamin era veramente un affronto, se non una delle stronzate più stupide che avesse mai sentito con quelle orecchie. Si voltò quindi parzialmente verso la rossa, fissandola dritta negli occhi e mormorando.
    « Non osare mettere a confronto tuo padre con il mio. » le disse soltanto, rimanendo un momento a guardarla. Tornò quindi a concentrarsi sulla strada, anche se il cavallo ormai procedeva da solo. Non voleva litigare, non in quel momento, perché sarebbe potuta essere l'ultima cosa che avrebbero fatto, ma non era comunque contento con lei. Il modo in cui si stava comportando cominciò a ricordargli perché se n'era andato, tanto per cominciare. Prese un bel respiro, piegandosi sul cavallo, poi cercò di sgomberare la sua mente dai cattivi pensieri. Nessuno parlò più fino a quando non raggiunsero la Base di Giustizia. I due ragazzi di guardia, vedendoli arrivare di corsa con un uomo al seguito, si allarmarono: qualcuno corse nella loro direzione, qualcun'altro imbracciò un'arma. Dastan scese con un balzo agile, correndo in direzione di Sam. Quello ancora fissava Zaira con un'espressione imbambolata, come se non ci stesse capendo niente. Sapeva che il ragazzo aveva un debole per la sua ragazza, e la cosa continuava a dargli fastidio. In più, saperla sempre a contatto con lui lo preoccupava, anche se non aveva mai mostrato nessuna di quelle emozioni con la rossa. Quasi preso da un'improvvisa irritazione, Dastan lo prese per le spalle e lo scosse un po' brutalmente, tanto che quello lo fissò preoccupato.
    « Oh! Torna tra i vivi. » lo rimbeccò. Sì, era geloso, non poteva farci niente. Lo guardò con un'espressione turbata, poi si allontanò da lui e prese ad esaminare la situazione. C'era qualcuno di guardia, mentre altri si erano alzati in quel momento dal letto, con i capelli per aria ed il pigiama addosso. Tornò a fissare Sam, che era chiaramente turbato.
    « Tu vieni con noi. » gli disse. Nonostante un po' lo odiasse, era un bravo combattente. Fece una piccola pausa, passando in rassegna gli altri. « Anche tu. » cominciò, indicando un biondino con le spalle larghe e le mani possenti, poi si voltò verso uno dei migliori Stregoni di Giustizia, facendogli un cenno con la testa. « E tu. » concluse.
    « Mi serve un cavallo, due balestre, due pugnali ed un fucile per il nostro uomo. » ordinò. Tre di loro schizzarono in direzioni differenti. Bene, avevano capito come andavano fatte le cose: in fretta. Dastan prese da parte i suoi compagni momentanei, afferrandoli per la maglia e spingendoli di lato, come se volesse dirgli qualcosa di estremamente segreto. In realtà, sapeva che se entrambi i Von Row avessero sentito quelle frasi si sarebbero arrabbiati.
    « Il vostro dovere è verso Giustizia, non verso di me. Proteggete Von Row padre e figlia, io me la caverò. Chiaro? » domandò, e tutti quanti annuirono freneticamente, poi corsero ad armarsi. Qualcuno gli portò la balestra, porgendogliela, e lui se la sistemò sulla schiena, stando attento a non rilasciare la sicura. Il pugnale arrivò subito dopo, e quello andò ad occupargli il fodero legato alla cintura che aveva praticamente sempre al polpaccio. Se ne sarebbe dovuto comprare una da petto, almeno sarebbe stato più comodo. Anche Zaira era scesa da cavallo e si stava armando, mentre suo padre discuteva fitto fitto con alcuni Vigilanti poco più in là. Gli dava le spalle. Lo sguardo dell'Orso passava da Henryk alla figlia senza fermarsi mai, come se stesse valutando qualcosa. All'improvviso, si spinse in avanti, raggiungendo la rossa con due falcate. Senza pensare troppo a ciò che stava facendo, le afferrò il viso tra le mani e la baciò. Non sapeva perché, ma aveva un presentimento orrendo, e forse qualcuno sarebbe morto quella sera. Aveva deciso così di unire le labbra a quelle di lei forse per l'ultima volta, senza neanche aspettare il suo permesso. Sarebbe stata sicuramente una serata decisiva. Dopo quella notte, si sarebbe deciso il futuro delle Basi della Sword's Hilt. L'Esercito combatteva la sua guerra, loro la propria. Si staccò da Zaira, osservandola un momento un volto, poi si separò da lei proprio prima che il padre si voltasse per chiedergli se fossero pronti. Dastan annuì, incrociando il suo sguardo, poi si diresse verso il cavallo e montò in groppa. Gli altri tre Vigilanti si stabilirono dietro di loro -sei cavalli sarebbero stati troppi, e Dastan ebbe particolare cura di portarsi Sam appresso- e tutti quanti partirono.
    Il viaggio fu molto meno lungo di quanto si fosse aspettato, in realtà. L'Orso del Nord ebbe appena il tempo di caricarsi mentalmente, cercando di far partire l'adrenalina e sentirla scorrere nelle vene almeno per dare filo da torcere ai Valorosi. Quando arrivarono ad Onore, era tutto tranquillo. Scesero da cavallo molto lentamente, stando attenti a non farsi vedere. Poco lontano, i Valorosi avevano acceso un falò, e qualcuno di loro era rimasto fuori a chiacchierare. La Base era scura, perché evidentemente erano filati tutti a dormire. D'altra parte, ci avevano messo quasi due ore ad arrivare lì. Era ormai notte fonda. Avvertì Henryk dietro di lui, e Dastan non poté fare a meno di voltarsi a guardarlo: l'uomo aveva imbracciato l'arco e lo teneva già teso, evidentemente pronto ad agire. Dastan si slacciò la balestra dalla schiena, notando Sam che si affiancava a Zaira. Strinse i denti, ma rimase in silenzio: dopotutto, era stato lui a dirgli di proteggere la rossa. La Base di Onore sembrava una casetta curata, con tanto di tetto spiovente su un lato. Persino il giardino era messo a posto. L'espressione di schifo che si dipinse sul suo sguardo fu un tutt'uno con quella degli altri Vigilanti. Contò i Valorosi: quattro. Li avrebbero affrontati senza problemi.
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    Dastan le rispose male, seccato da quello che lei non aveva detto; Zaira non se ne meravigliò né si rammaricò di aver lasciato che le parole le uscissero di bocca in quel modo, lasciando intendere perfettamente la parte mancante. Ma lei non aveva mai avuto intenzione di mettere a confronto i due genitori, perché suo padre era suo padre, con il suo carattere ed i suoi infiniti difetti, ma lei non avrebbe mai scambiato nessuno con lui. La amava incondizionatamente, glielo stava dimostrando in quel momento: non era mai stato un vero e proprio combattente, anche se aveva del talento nascosto. No, non era suo padre ad essere sbagliato, ma i metodi che usava. Ma Dastan non avrebbe capito, e questo la infastidiva e le faceva male allo stesso tempo; avrebbe voluto ribattere e chiedergli se lui si sarebbe mai permesso di fare ciò che Henryk aveva fatto quella sera con lei, ma si trattenne e lasciò cadere la discussione, perché doveva mantenere le energie per la battaglia che avrebbero affrontato di lì a poco. Sbruffò, ma non disse nulla.
    A Giustizia sembrava regnare la pace, ma non appena i Vigilanti riconobbero lei ed il suo ragazzo, scattarono in tutte le direzioni come impazziti; Sam uscì velocemente, fissandola imbambolato, e fu Dastan a riscuoterlo, prendendo in mano le redini della situazione e radunando qualche uomo, tra cui lo stesso Sam. Zaira smontò da cavallo non curante di suo padre, che comunque si era già messo a discutere con alcuni dei presenti, ma si diresse verso la sua stanza e cominciò ad armarsi. Archi e balestre erano troppo pesanti per lei, quindi li evitava sempre; usava pugnali di ogni forma e dimensione, tanto che se ne sistemò uno -il più grosso- sul fianco, un'altro lo nascose dietro la schiena ed un terzo pugnale lo mise dentro lo stivale. La rossa sapeva usare anche i pugnali da lancio, aveva una buona mira ed erano comodi per un combattimento a distanza, ma sarebbe dovuta salire su qualche albero ed attaccare da lì: se qualche stregone di Onore avesse deciso di farle male, l'avrebbe sicuramente buttata giù dal ramo su cui si era appollaiata. I pugnali da lancio, insomma, potevano non essere molto utili, ma Zaira decise di prenderli comunque. Uscì dalla stanza a passo di carica, lanciando un fischio acuto per richiamare la sua lupa: non sapeva come avrebbe fatto a portarsela dietro, perché non era mai andata tanto lontana, e quando l'aveva fatto non si era portata Denna dietro. Ma in quella situazione aveva bisogno anche di lei, pur sapendo di avere le spalle guardate da chiunque. Denna arrivò trotterellando mentre Zaira usciva dalla Base, le fece qualche carezza e poi alzò lo sguardo su Dastan, che in quel momento stava parlando con i ragazzi radunati; Sam le lanciò un'occhiata estremamente preoccupata, poi guardò anche Henryk. Zaira lo seguì con lo sguardo ed incrociò quello del padre; non lo guardò in cagnesco, adesso che si era calmata poté mostrargli tutta la sua preoccupazione, e suo padre ricambiò l'occhiata allo stesso modo, dandole poi le spalle. A quel punto la rossa si guardò intorno alla ricerca di qualche Strega o Stregone un po' più pratico degli altri, ma Dastan le si avvicinò con estrema rapidità, baciandola senza neanche darle il tempo di realizzare. Fu un bacio frettoloso, ma come non sarebbe potuto esserlo: stavano andando potenzialmente incontro alla morte e quello sarebbe potuto essere l'ultimo bacio, per quel che ne sapevano. Affrettato, si, ma dolce e comunque meglio di niente. Zaira ricambiò lo sguardo di Dastan, deglutendo poi nervosamente: le veniva da piangere al pensiero del rischio che stavano correndo, e la cose la smosse anche più del dovuto perché non appena Dastan si allontanò, la rossa incontrò di nuovo lo sguardo di suo padre ed istintivamente gli corse incontro, abbracciandolo. Henryk, che probabilmente non si aspettava quel cambiamento di umore da parte di lei, non reagì per un attimo, poi la strinse a sé; non si erano mai abbracciati così, o quanto meno lei non ricordava di averlo fatto. -Non farti ammazzare papà, o dovrò subire le ire di mamma.- gli disse, la voce incrinata dall'ansia e dalle lacrime che ancora teneva a freno. Henryk scosse la testa, poi le baciò la fronte e si divincolò dall'abbraccio, chiedendo a Dastan se fossero pronti. La lupa le si affiancò, e solo allora Zaira si ricordò della magia; afferrò la prima ragazza che sapeva essere una Strega, chiedendole se avrebbe potuto fare qualcosa per l'animale, magari darle maggiore resistenza per la corsa che avrebbe dovuto affrontare, alleggerirla o qualche altra stronzata delle loro. La Strega scosse la testa, non conosceva incantesimi del genere, così la rossa decise che avrebbe caricato Denna con lei sul cavallo, come aveva fatto quando la lupa era stata più piccola. In sella con lei montò lo Stregone, quindi partirono alla volta di Onore.
    La Base dei Valorosi era tranquilla, non c'erano segni di vita apparenti. Ma appena mise le zampe a terra, Denna drizzò le orecchie e si appiattì sul terreno, segno che non erano soli. Zaira si avvicinò alla sua lupa, notando i quattro uomini nel cortile della Base; li aveva notati anche Dastan, e li fissava con sguardo ardente di rabbia. Sam le fu accanto immediatamente, annuendo come per darle sicurezza. La Vigilante si guardò intorno, cercando di studiare il terreno intorno a lei, una cosa fondamentale per la sua sicurezza -non sarebbe potuta pesare sulle spalle dei presenti. -Sam, io devo salire su qualche ramo.- gli disse, cercando il suo aiuto. Il ragazzo conosceva lo stile di combattimento della rossa, quindi le cercò un albero dai rami abbastanza bassi da poter essere raggiunti. L'unico utile si trovava in mezzo al cortile. Avevano bisogno di un diversivo, ma mentre Zaira pensava a cosa poter fare, lo Stregone della sua Base fece un incantesimo, provocando fruscii e suoni di diversa natura. I quattro Valorosi si sparpagliarono, ed un paio si mossero nella loro direzione. Denna era già pronta a muoversi, ma Zaira la fermò: meglio se fossero arrivati più vicini, ci sarebbe stata più speranza di metterli al tappeto senza fare troppo baccano. La rossa era un fascio di nervi pronto a scattare da un momento all'altro, e l'adrenalina cominciò a scorrerle nelle vene dandole nuova energia. Un altro passo, uno solo, ed i due Vigilanti nemici sarebbero diventati cibo per vermi.
    Zaira von Row @
     
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    Era arrivata l'ora fatale. Poteva vedere chiaramente i due Valorosi davanti a lui procedere a tastoni nel buio, cercando l'eventuale fonte di quei fruscii. Notò con la coda dell'occhio Zaira arrampicarsi su un albero -aiutata da Sam- e suo padre esattamente al disotto, accovacciato con l'arco teso in direzione di uno dei Vigilanti. Sapeva che non avrebbe potuto sparare con la balestra da così vicino, perciò se la legò di nuovo dietro alla schiena, stando attento a non fare rumore. Una persona era rimasta davanti al falò, ma non sapeva chi diavolo guardare: i Valorosi si erano sparpagliati da tutte le parti, ed il ragazzino non faceva altro che spostare gli occhi da uno all'altro, girando su se stesso. Dastan studiò bene la situazione, mentre uno di quelli cominciava a farsi strada verso di lui, evidentemente incuriosito dai rumori. Non poteva considerarsi impaurito, perché aveva un'espressione ebete sul volto. L'Orso del Nord ipotizzò che fosse ubriaco, o che comunque avesse bevuto, ed in più era pure stupido. A quanto pareva, era una caratteristica comune. Approfittando del ragazzetto di vedetta girato dall'altra parte, Dastan si mosse con una velocità inaudita -e, soprattutto, che non faceva parte di lui- portandosi il disgraziato davanti al tronco dove si era nascosto, mollandogli un pugno prima nello stomaco, poi dritto in faccia. Quello crollò a terra, ma il Vigilante lo accompagnò nella caduta, cercando sempre di non fare rumore. Certo, sicuramente gli altri avevano avvertito il crack del suo naso, ma solo perché erano vicini a lui. Il biondino che si era portato dietro sibilò una parolaccia, come se si fosse reso conto in quel momento delle abilità di Dastan. Quest'ultimo spostò il malcapitato vicino ad un cespuglio, trascinandolo alla bene e meglio. Era decisamente svenuto, perché il sangue fiottava dal suo naso senza procurargli né uno spasmo né un po' di solletico. Dastan si asciugò le mani sulla blusa dell'uomo, poi tornò in piedi. Henryk aveva piantato una freccia nell'inguine di uno, che giaceva a terra inerme, mentre un altro ancora girovagava. Ci mise poco a perire, però: dall'alto arrivò un pugnale che lo colpì dritto sulla spalla, facendolo urlare. Evidentemente, il fatto che si fosse mosso aveva svantaggiato Zaira all'ultimo momento. Avvertendo le urla, quello di guardia davanti al falò spalancò la bocca, chiaramente impaurito -non doveva avere più di sedici, diciassette anni. Dastan approfittò del momento di paura per uscire fuori dal suo nascondiglio e cominciare a correre nella sua direzione. Poteva avvertire le foglie frusciare, così come i suoi pantaloni, e fu così veloce che il ragazzino ebbe appena il tempo di fare qualche passo. Non appena lo raggiunse, Dastan gli tappò la bocca con una mano, tenendolo stretto per il collo. Lo strattonò di lato, ancora senza lasciarlo, e lo avvertì dimenarsi per cercare di scappare. Troppo tardi: la presa salda dell'Orso del Nord lo teneva in pugno, fino a quando gli occhi gli si rivoltarono all'indietro e svenne. Non aveva voluto ucciderlo, solo toglierselo di mezzo. Appoggiò anche lui a terra, poi fece segno agli altri di raggiungerlo. Spense il fuoco con un po' di terra -evitanto così che qualcuno notasse l'accaduto affacciandosi da qualche finestra- poi cominciò ad avanzare verso la Base. Era tutto buio, ma Dastan sapeva bene che poteva essere solo una trappola. Era raro che in una Base di Vigilanti non ci fosse mai qualcuno sveglio. Si chinò, procedendo quasi a carponi, poi appoggiò la mano sulla maniglia, girandola lentamente. Gli altri erano alle sue spalle, con il respiro pesante ed agitato. Lanciò uno sguardo all'indietro, notando che sia Zaira sia Henryk stavano bene, quindi decise di aprire la porta. Quest'ultima si mosse lentamente, rivelando un lungo corridoio buio e qualche stanza chiusa. Avanzò ancora un po', stavolta alzandosi appena e cercando di tenere le orecchie più dritte che potesse. Il respiro affannoso del biondo dietro di lui lo disturbava: si voltò, intimandogli di chiudere la bocca facendogli segno di serrare le labbra con due dita. Quello annuì, facendo come gli aveva detto. Continuavano ad avanzare, ma sembrava che in ogni stanza non ci fosse nessuno. Non avvertiva alcun tipo di rumore. Uno scricchiolio del pavimento tradì chi era in agguato. Non appena il suono si sparse per il corridoio, dalla fine di esso sbucò un ragazzo illuminato solo dalla luce blu del suo fuoco magico. In un istante, lo scaraventò addosso a loro, provocando una forte esplosione. Senza neanche pensarci due volte, Dastan aveva afferrato il polso del biondo e l'aveva spinto dentro la prima stanza a portata di mano assieme a lui. Notò che anche Henryk aveva avuto la stessa idea, portandosi dietro anche la figlia. Il fuoco azzurro fece esplodere il legno della Base in tanti piccoli pezzettini che schizzarono in ogni dove, ferendolo alla caviglia ed alla tempia. Si alzò di scatto, destreggiandosi tra il fumo e le macerie. Cosa diavolo aveva in mente, quel tipo? Appiccare il fuoco alla sua stessa Base? Scivolò via dalla stanza, gettandosi verso la direzione in cui pensava fosse lo Stregone. Fortunatamente, riuscì ad afferrarlo per il colletto della blusa. Non ci pensò due volte a mollargli una testata che lo rimbecillì. Con uno strattone lo scaraventò verso il muro, facendolo gemere, poi lo acchiappò di nuovo e gli mollò un destro proprio sui denti. Quello caracollò a terra, sputando denti e sangue, poi si accasciò. Si guardò all'indietro, notando come Sam si fosse bruciato leggermente il petto, ma era comunque in piedi e stava aiutando ad alzarsi il loro Stregone.
    « Ormai sanno che siamo qui, tanto vale correre verso Lloyd: è lui che ci importa. Agite per mettere al tappeto, non per uccidere. » esclamò. Lo sguardo volò automaticamente verso Zaira, già sporca di polvere sul volto, come tutti loro. Gli si strinse il cuore: non avrebbe dovuto portarla. Cercò di non pensare a certe cose, voltandosi e riprendendo la ricerca del Moro.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Poco prima che i Valorosi li raggiungessero, Sam le indicò l'albero a quattro o cinque passi di distanza da loro: aveva dei rami abbordabili ed era in una buona posizione. Non curante degli altri, Zaira si precipitò verso l'albero, seguita da Sam che la issò su e poi rimase lì, accucciato tra i cespugli e pronto a colpire. La rossa studiò la situazione: i due Valorosi erano ormai ad un passo da dove si trovava Dastan, che si era appiattito contro un albero, mentre un altro si trovava poco distante da lei ed un quarto era rimasto di guardia. Lentamente, Zaira sfilò un paio di pugnali dalla tasca in cui li teneva riposti, pronta a scagliarli; attese che l'uomo fosse perfettamente a tiro, così da non sbagliare. Aveva ucciso un solo uomo in vita sua, e non l'aveva neanche fatto lei stessa visto che gli aveva scagliato contro Denna, che gli si era avventata al collo. Quella volta l'aveva fatto in preda alla rabbia cieca ed al dolore più atroce, e pur non essendo una persona che godeva nel togliere la vita ad altre, quella notte sarebbe stata pronta ad uccidere chiunque pur di riportare a casa i suoi compagni. Si udì un rumore improvviso, e gli occhi della rossa scattarono in direzione del suo uomo, il quale aveva appena messo KO uno dei Vigilanti di Llyod. A quel punto fu un attimo: suo padre si alzò in piedi e scagliò la freccia verso l'altro Valoroso che si era avvicinato a loro, piantadogliela all'altezza dell'inguine. Il Vigilante si accasciò urlando, e fu in quell'attimo che Zaira scagliò il suo pugnale; aveva calcolato tutto alla perfezione, sapeva che avere un'ottima mira e di poter piazzare quel pezzo di ferro affilato esattamente dove voleva, ma non aveva previsto i movimenti del suo avversario. Il pugnale gli si piantò sulla spalla, e quello cadde a terra in preda ai dolori dati dalle due ferite. Le urla di quel ferito tradirono la loro presenza, e Zaira imprecò tra i denti mentre saltava giù dal ramo, e nello stesso momento Dastan avanzò. La rossa fece per seguirlo, ma poi si ricordò dell'uomo che aveva atterrato insieme a suo padre -le faceva così strano pensarlo- e si avvicinò a lui, sferrandogli un violento calcio sul volto e facendolo svenire -o ammazzandolo, non si fermò neanche a controllare. L'Orso del Nord fece loro segno di avanzare, e Zaira si mise in testa al gruppo, o almeno ci provò: Sam la superò velocemente, e lo Stregone lo affiancò, mentre suo padre rimase dietro di lei. Iniziò a capire solo in quel momento quale gioco stessero giocando i suoi compagni: la proteggevano, come se lo scopo principale della missione non fosse ammazzare il Moro ma riportare a casa lei. Dietro a tutto quello c'era Dastan, non c'era alcun dubbio.
    Seguendo l'Orso del Nord, il gruppo entrò nella Base; Zaira incrociò lo sguardo del suo uomo per un solo attimo, poi prese a guardarsi intorno: c'era troppa calma in quell'edificio, non riusciva a credere che i Valorosi fossero tutti di ronda o a dormire beatamente. Qualcosa le diceva che li stavano attendendo, quindi dovevano stare particolarmente in guardia. Come a voler confermare le sue ipotesi, nel silenzio della Base rimbombò il suono tipico delle assi scricchiolanti di un pavimento, ed un secondo dopo una figura illuminata solo da una luce bluastra si materializzò alla fine del corridoio. Zaira realizzò la pericolosità di quella luce una frazione di secondo prima che lo Stregone la scagliasse contro di loro. Suo padre la trascinò al lato del corridoio, facendola appiattire contro la porta e standole addosso per farle da scudo; lo sentì lamentarsi, e scoprì che una scheggia gli si era infilata nel braccio. Durò poco, perché, con estrema freddezza, suo padre la tirò fuori. Zaira gli lanciò uno sguardo pieno di gratitudine, ma poi cercò immediatamente Dastan per accertarsi che stesse bene, scoprendo che l'uomo era scattato verso il mago che aveva tentato di farli saltare in aria, atterrandolo. Dastan si voltò a guardarla, e la rossa vide che aveva uno sguardo mortificato ed un rivolo di sangue che gli scorreva giù dalla tempia, e disse loro di andare a cercare Llyod. Zaira annuì, e lo raggiunse, sfiorandogli il braccio con le dita lunghe lì dove aveva appena individuato un'altra ferita data da una scheggia. Erano nere di fuliggine, probabilmente anche lei era ormai quanto di più simile ad un pezzo di carbone ci fosse -esattamente come tutti gli altri. Seguì Dastan per un brevissimo tratto, poi si girò a guardare i suoi compagni e gli indicò le varie stanze che incontravano; possibile che nessun Valoroso uscisse ad affrontarli? Procedettero in silenzio -troppo silenzio- fino a che Zaira non trattenne il suo uomo dall'avanzare ulteriormente. -Dastan c'è troppo silenzio, troppa calma.- gli fece notare, pur essendo convinta che anche lui se ne fosse reso conto visto il modo piuttosto prudente con cui avanzava e li lasciava avanzare. -Qualcosa non va, Llyod..- prese a dire, e in quel momento il ringhio di Denna echeggiò per tutto il corridoio. Zaira si guardò intorno allarmata, portandosi la mano al fianco per sfilare il pugnale con velocità.
    CRACK. Un solo, semplice e secco crack.
    Le urla della von Rw raggiunsero un'altezza inquietante, squarciarono il silenzio in modo del tutto improvviso, senza che né lei né i suoi compagni potessero capire cosa stesse succedendo. Un mago le aveva appena spezzato il braccio con un qualche incantesimo, ma la fortuna aveva voluto che avesse rotto il braccio che lei non usava mai per combattere. Una risata divertita e palesemente sinistra superò i lamenti della ragazza, la quale alzò lo sguardo alla ricerca dell'uomo che stava ridendo. -Ma che splendido quadretto.- Llyod sbucò fuori dall'angolo destro del corridoio, dietro di lui un paio di ragazzi mingherlini, ma con un'espressione serena e sicura dipinta in volto. -Da parecchio non c'erano ospidi ad Onore. Che facite da queste parti, venisti a morire?- rise ancora, in un modo così terribilmente viscido che Zaira, oltre alla sensazione di dolore lanciante data dal braccio, si sentì così schifata da rischiare di vomitare.
    Zaira von Row @
     
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    I ragazzi decisero di dividersi: anche se non credeva fosse una bella mossa, Dastan li lasciò fare, perché in fondo la Base era piccola e non sarebbe potuto succedere chissà cosa. Zaira si affiancò a lui, ed insieme a loro venne anche il biondino. Sam, lo Stregone ed Henryk si diressero dall'altra parte del corridoio, cercando i Valorosi nelle stanze, che però si rivelarono vuote. O aveva fatto andare via tutti apposta, oppure erano davvero in ronda. La prima cosa che fece, in realtà piuttosto istintivamente, fu allungare una mano dietro di lui e prendere quella di Zaira, mentre avanzavano pian piano. Non si era neanche accorto del gesto incoscio che aveva compiuto, come se la sua mente in quel modo gli dicesse che era più sicura. Di certo non l'avrebbe salvata una mano stretta alla sua, ma il cervello era un mondo sconosciuto ai più. Si decisero a fare qualche passo in più, stando bene attenti a dove mettevano i piedi ed alle porte socchiuse, che molto spesso erano quelle più insidiose di tutte. All'improvviso, la lupa di Zaira prese a ringhiare in un'altra direzione, e con un tonfo Lloyd sbucò da una delle stanze chiuse, con due Stregoni al seguito. Non fece neanche in tempo a voltarsi che ad uno di loro si dorarono gli occhi e si avvertì un sonoro crack, come se qualcosa si fosse rotto. Se la rossa non avesse gridato di dolore, Dastan non se ne sarebbe mai accorto. Aveva pensato a qualche asse del pavimento, o magari a quelle che ancora bruciacchiavano all'inizio del corridoio: non avrebbe mai collegato quel rumore con il braccio di Zaira. La ragazza si accasciò di fronte a lui, reggendosi il gomito e strillando. Avvertire quelle urla non fece altro che farlo invervorare ancora di più. L'adrenalina cominciò a scorrere all'impazzata, mentre aiutava la rossa a rimettersi in piedi. Il Moro rideva, chiedendogli che cosa diavolo fossero venuti a fare, se non a morire. A quel punto, l'ira di Dastan scoppiò: spostò Zaira su un lato -probabilmente facendole anche male al braccio- poi caricò il Capo di Onore. All'improvviso, però, qualcosa lo bloccò, e fu come finire contro un muro con tutta la propria forza. Le spalle rimbalzarono all'indietro, facendolo caracollare a terra, e mentre ogni singolo muscolo gli lanciava fitte di dolore, uno dei due Stregoni rideva. L'Orso del Nord non era uno che si dava subito per vinto, e sicuramente ci avrebbe messo un attimo a buttare al tappeto quei due ragazzetti mingherlini. Se solo si fosse potuto avvicinare ancora un poco...
    « Sei proprio incredibile, Dastan. Ancora cerchi di battermi? Non lo sai che a me non mi batte nessuno? » cominciò a parlare Lloyd, usando la sua lingua sgrammaticata. Scoppiò in una sonora rista, gettando la testa all'indietro, ma Dastan ancora non si fece avanti. Avrebbe dovuto aspettare il momento giusto. Guardò fisso il Moro, sputando ai suoi piedi.
    « Non avresti dovuto colpire la mia donna, Moro. » gli intimò. In quel momento, sembrava tutto fuorché in vantaggio, ma non gli interessava: aveva un piano. Poco lontano, si udivano delle urla e qualche rumore sconnesso, segno che stavano lottando anche dall'altra parte. Lloyd continuò a ridere, facendo finta di asciugarsi le lacrime. Anche gli Stregoni dietro di lui sghignazzavano.
    « Ah, scusa. Allora che mi fai? Mi ammazzi da lì? Non mi facete paura, tu e la tua squadretta di Vigilanti. » continuò, evidentemente senza rendersi minimamente conto di tutti gli errori grammaticali che stava facendo. Ma quello era il minimo. Anche solo avere la sua faccia schifosa a poca distanza era una tortura. « Ti avevo dato un'opportunità, Orso del Nord, e tu non l'hai colta. A questo punto... peggio per te. » concluse, ora serio. Gli Stregoni sembrarono emulare le sue stesse emozioni, tanto che anche loro si fecero seri, improvvisamente. Un grido -di nessuno dei tre compagni, quindi nemico- si levò dall'altra parte della Base, facendo voltare le persone che aveva davanti. Approfittando di quell'esatto momento, Dastan balzò in avanti, mollando un calcio alle ginocchia dello Stregone, che caracollò a terra. Lloyd balzò all'indietro, evidentemente spaventato, mentre quell'altro tentò di pestarlo, ma Dastan afferrò la sua caviglia e lo strattonò verso di lui, facendolo scivolare. In un attimo ritronò in piedi, seppur con la muscolatura dolorante, e si preoccupò di mollare un calcio sul volto ad entrambi i Maghi. Ad uno spaccò di netto il naso, che prese a sanguinare, all'altrò frantumò qualche dente e buona parte della mandibola. Alzò lo sguardo così lentamente che inquietò il Moro, che lo fissava dritto negli occhi con un'espressione pressoché allarmata. Teneva i pugni stretti ed i denti serrati, segno che era veramente, veramente arrabbiato. Cominciò a camminare verso di lui, con Denna al seguito che ringhiava, mentre quello indietreggiava. Sapeva che era un vigliacco, ma sperava che almeno in quel momento volesse lottare. La lupa si affiancò a lui, mostrando i denti, ma Lloyd sembrò avere occhi solo per Dastan.
    L'Orso del Nord scattò in avanti. Non appena riuscì ad afferrare i vestiti del Moro cominciò a tirare, in modo da impedirgli di svignarsela, poi la sua mano destra si librò in aria ed arrivò dritta sulla mandibola del Capo di Onore, facendolo urlare. Denna abbaiava rabbiosamente, ma Dastan raccattò l'avversario dal pavimento, riportandolo in piedi. Era furioso.
    « Non ti voglio più vedere qui, né in altre Fazioni! » gli disse tra i denti, mollandogli un altro cazzotto, che stavolta indirizzò alla bocca dello stomaco. Quello, inerme, cominciò ad avere conati di vomito, ma nulla sembrò uscire dalle sue labbra. In quell'esatto momento, Henryk entrò nella stanza, seguito da uno Stregone di Onore. Quest'ultimo, non appena lo vide avventato sul Moro, lanciò un qualcosa nell'aria, colpendolo alla testa: questa cozzò contro quella di Lloyd, ed entrambi andarono a finire a terra. Il suo avverasario ne approfittò per mordergli il collo: affondò i denti nella carne, bucandola. Dastan urlò, tentando di toglierselo di dosso, ma quello era più appiccicoso di una zecca. Avvertì un tonfo -probabilmente qualcuno si era occupato dello Stregone, forse Zaira- e poi, con uno strattone, Henryk liberò Dastan dalla morsa di Lloyd, anche se ce l'avrebbe fatta comunque. Gli offrì al volo una mano per alzarsi, e l'Orso l'accettò volentieri, rimettendosi in piedi. Il sangue gli colava dal collo, caldo e copioso. Probabilmente non aveva bucato nessuna vena importante, altrimenti sarebbe schizzato, ma avvertì comunque un leggero mancamento dato dalla perdita di sangue. Il Moro si tastava la faccia, ormai sicuro che Dastan gli avesse rotto qualcosa, poi tentò di andare via. Sia il Capo di Indipendenza che il signor Von Row gridarono, schizzandogli dietro per rincorrerlo, ma accadde ciò che forse era destinato ad accadere. Lloyd scivolò sul sangue del suo amico Stregone, tentando in tutti i modi di reggersi, ma cadde. Nel farlo, il suo corpo andò a cozzare contro un'asse di legno spezzata in due -una di quelle che erano state bruciacchiate dal fuoco blu- ed essa si andò a ficcare esattamente in mezzo al suo petto.
    « NO! » fu il grido di Dastan, che si precipitò da lui, come se volesse salvarlo. Non poteva morire così, non davanti a lui. Gli si affiancò, e quello gli afferrò velocemente una mano, fissandolo dritto negli occhi. Era l'ultima persona che avrebbe mai più visto. Il Moro gli strinse le dita, ansimando e cercando di sputare il sangue che ormai fiottava da tutte le parti. Cercò di dire qualcosa, ma gli spasmi gli impedirono di farlo. Dastan restituì la stretta, osservandolo mentre la vita gli scivolava via dallo sguardo. Il Moro di Onore gli morì davanti agli occhi, lasciando la sua mano e spegnendosi velocemente. L'Orso del Nord era lì, accanto a lui, in una pozza di sangue. Era tutto finito. Lloyd era morto. Eppure c'era qualcosa di estremamente insoddisfacente in tutto ciò. Rimase immobile, col respiro affannoso, mentre attorno a lui la Base di Onore bruciava. Sam spuntò dal nulla, affiancandoglisi e dicendo qualcosa che Dastan non capì. All'improvviso lo afferrò per un braccio e lo fece voltare: Henryk aveva il suo stesso sguardo scioccato, mentre Zaira sembrava addirittura dispiaciuta. L'Orso vedeva tutto a rallentatore, come se lo shock lo avesse totalmente rimbambito. La Base stava cadendo a pezzi e loro si sarebbero dovuti mettere in salvo al più presto.
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    Quel dolore la stava facendo impazzire, non avrebbe neanche saputo descriverlo; il braccio le doleva in un modo mai provato prima, nonostante non fosse stata quella la prima volta in cui se lo fosse rotto. Anche quando Dastan le aveva spezzato la gamba aveva provato un dolore atroce, ma in quel momento credeva davvero di impazzire. Forse era la magia a renderlo diverso, forse il modo in cui si era sempre rotta il braccio aveva avuto un che di naturale nella frattura, quindi il dolore c'era, era si forte, ma non in quel modo. Dastan la aiutò a rialzarsi e Zaira si sentì così tremendamente in colpa: se prima era l'esserino più fragile e bisognoso di protezione dell'intera compagnia, adesso altro non era che un peso. Certo, avrebbe ancora potuto combattere perché il braccio con cui impugnava le armi era fortunatamente sano, così come le gambe, ma il minimo movimento faceva si che il suo braccio rotto le ricordasse in che stato fosse mandandole delle fitte lancinanti che si trasmettevano a tutto il corpo. Avrebbe preferito riportare ferite da vera e propria battaglia, si sarebbe sentita in qualche modo più soddisfatta.
    Il Moro parlava in quella lingua tutta sua che, per chissà quale strana magia, incantava le masse. Se solo ne avesse avuto la forza gli si sarebbe scagliata contro. Ma Llyod non era uno scricciolo, e l'unica cosa che l'avrebbe potuta aiutare era la naturale codardia del suo avversario; il Moro era alto poco meno di Dastan, aveva il fisico meno scolpito ma i muscoli erano comunque evidenti, e se solo avesse voluto l'avrebbe potuta schiacciare come un moscerino. Mentre Zaira si sentiva ribollire di rabbia ma aveva la consapevolezza di non poter far nulla, il suo uomo esplose: la scansò con una mossa secca, senza prestare la minima attenzione al braccio della ragazza che, di fatti, urlò per la fitta che l'arto spezzato le lanciò, e si lanciò contro Llyod. La rossa se lo vide tornare indietro, gettato a terra probabilmente da un incantesimo; il viso di Dastan era contratto in una smorfia di dolore, ma l'uomo si rialzò piuttosto in fretta. Zaira non si era mossa, era rimasta incollata al muro consapevole che non doveva immischiarsi in quella lotta, perché avrebbe fatto ammazzare il suo uomo e sarebbe morta anche lei subito dopo, probabilmente. Il Moro ed i suoi Stregoni ridevano compiaciuti e divertiti, ed il primo prese a sfottere l'Orso del Nord, dicendogli che nessuno l'avrebbe potuto battere, mentre Dastan ribatté dicendo che non avrebbe dovuto toccare la sua donna. Zaira serrò la mascella, chiedendosi se in un modo o nell'altro si sarebbe potuta rendere utile in qualche modo: la magia di quei dannati Stregoni l'avrebbe fatta rovinare a terra peggio di come aveva fatto con Dastan, non era quindi proprio il caso di prenderli di petto. Li avrebbe dovuti raggirare, o avrebbe dovuto distrarli, così che il suo uomo potesse agire. Il Moro continuò a parlare mentre lei era intenta ad inventarsi qualche diversivo, e stava dicendo a Dastan che non temeva né lui né la sua squadra di Vigilanti, e poi, facendosi serio, gli fece capire che era stanco di parlare. Zaira vide gli Stregoni protendere le braccia in avanti, pronti a lanciare un altro incantesimo, ma proprio in quel momento un grido echeggiò in tutta la Base. Zaira si guardò intorno, cercando di capire chi fosse stato, e la stessa cosa fecero Llyod ed i suoi. L'Orso del Nord non perse tempo: si lanciò contro i tre Valorosi, mettendo fuori gioco prima gli Stregoni e poi puntando a Llyod. La rossa lì fissò, sentendosi più inutile che mai, poi udì di nuovo il ringhio di Denna, che gli era rimasta al fianco per tutto il tempo. Le diede una pacca sul dorso, ordinandole di seguire il suo uomo, e la lupa scattò in avanti, ringhiando; l'animale non aveva mai mostrato troppa simpatia per Dastan, eppure in quel momento si era affiancata a lui quasi di sua spontanea volontà, come se si fosse resa conto che, visto che la padrona era impossibilitata ad affiancare il suo uomo, allora lei avrebbe fatto le sue veci. Ma Denna non ebbe modo di muoversi, perché la vera lotta era tra i due Capi di Fazione. Dastan colpì il Moro con un destro ben piazzato, ed era da tempo immemore che Zaira non lo vedeva agire con tanta foga, mosso da così tanta rabbia. Ma dopo poco Llyod reagì, aiutato dallo Stregone della sua Fazione piombato lì insieme ad Henryk; suo padre aveva una vistosa ferita alla gamba e Zaira fece per correre verso di lui, ma poi le urla di Dastan la distrassero e la ragazza notò che gli usciva del sangue dal collo. La rossa vide suo padre scattare verso l'Orso del Nord, dimenticandosi del pericolo costituito dallo Stregone. Presa dalla rabbia più selvaggia ed incontrollabile che avesse mai provato, Zaira si scagliò contro il Mago, sfruttando l'effetto sorpresa e facendolo crollare a terra giusto un secondo prima che l'uomo scagliasse il suo incantesimo. Quello la guardò in modo spaesato, mentre la ragazza lo afferrò per il colletto e gli piantò una testata sul setto nasale. Il braccio continuava a mandarle fitte di dolore lancinanti, ma la rossa scelse di ignorarle e sfruttare la scarica di adrenalina che le scorreva nelle vene finché era ancora in tempo. Lo Stregone aveva il naso spaccato, ma sembrava essere ancora vigile, così Zaira si alzò, gli piazzò un calcio nel fianco e, non contenta, finì di sfasciargli la faccia con un'altro colpo ben assestato e secco, assicurandosi che non potesse più nuocere a nessuno di loro.
    Per un attimo dimentica di avere un braccio fuori usco, Zaira impugnò il pugnale che aveva con sé e si girò, pronta ad affrontare qualcun altro. Vide suo padre aiutare Dastan a rialzarsi, quindi osservò i due correre dietro a Llyod. Poi l'assurdo. Il Moro scivolò e finì per rimanere impalato su un asse spezzata. Dastan corse verso di lui, apparentemente con l'intenzione di aiutarlo, mentre Zaira non riuscì a muoversi. Spalancò occhi e bocca, incredula di fronte a quella scena incredibile. Denna le sfiorò una mano con il muso, e solo a quel punto la rossa si rese conto di quello che stava succedendo intorno a lei: Onore stava andando a fuoco, probabilmente colpa di quegli sciocchi Stregoni che avevano lanciato palle di fuoco per attaccarli, e loro erano ancora lì a rischiare la vita. La von Row cominciò a correre -sentendo di nuovo le forti fitte del braccio spezzato ed ignorandole- precipitandosi verso Dastan, la cui espressione rifletteva tutto il suo shock e la sua incredulità. -Dobbiamo andarcene Dastan.-gli gridò, scuotendolo. Ma l'uomo non reagiva, così Zaira gli afferrò il viso con la mano, costringendolo a guardarla e tornare in sé. -É morto, Dastan, e lo saremo anche noi se non muoviamo il culo.- Sembrò essere convincente a sufficienza da fargli realizzare cosa stesse succedendo, così colse la palla al balzo, gli afferrò una mano e se lo tirò dietro. Lei e Dastan erano stati praticamente gli ultimi ad uscire, e Zaira evitò per un nano secondo di essere presa in pieno da una delle assi in fiamme.
    Erano fuori, erano tutti fuori. Tutti, tranne Sam.
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    La Base attorno a loro bruciava. Il calore gli arrivava fino al cervello, tanto che oltre a sanguinare cominciò anche a sudare, avvertendo le forze scivolargli via dai muscoli. Le alte temperature l'avevano sempre messo al tappeto, ed in quella situazione non era da meno. Sam lo teneva per un braccio fino a quando non riuscì a farlo mettere in piedi: a quel punto, Dastan si convinse a riscuotersi. Non era il caso di essere dall'altra parte del mondo con la testa quando si rischiava di morire. Nonostante vedesse tutto ancora un po' sfocato, notò Zaira corrergli incontro e dirgli qualcosa, ma lì per lì non capì. Tra le fiamme alte ed il fumo, l'Orso del Nord era praticamente in balìa del fuoco. All'improvviso, però, la rossa gli afferrò il volto, scandendogli bene le parole: gli disse che il Moro era morto, e che si sarebbero dovuti sbrigare ad uscire se anche loro non avessero voluto fare la sua stessa fine. Il Vigilante si riscosse, lasciando il braccio di Sam ed affiancandosi alla sua ragazza. Poco più in là, Henryk zoppicava all'indietro, senza staccare mai lo sguardo da loro due. Non appena si rese conto che entrambi stavano piuttosto bene, poi, si voltò dall'altra parte e cominciò a correre alla bene e meglio, con i pezzi di legno che continuavano a cadere per tutta la stanza. Il loro Stregone -che gli sembrava si chiamasse Matt- lo raggiunse e lo aiutò ad uscire, ed i due amanti li seguirono il più velocemente possibile. Zaira aveva un braccio rotto e qualche altra piccola ferita, Dastan aveva perso molto sangue dal collo ed aveva incassato una forte botta alla schiena, poco prima. Superarono il corridoio principale per grazia del dio dei draghi, perché esattamente dopo il loro primo passo fuori, nella Base crollò il tetto, frantumandosi ed ingigantendo l'incendio. Avrebbe dovuto chiamare qualcuno per farlo contenere e non rischiare di bruciare l'intero bosco. Onore era una Fazione ricca di verde e di vegetazione, ci sarebbe voluto molto poco a farla bruciare tutta. Lui e Zaira schizzarono lontano da quella abitazione, accasciandosi poi sul terreno, di fianco al falò. Dastan caracollò a terra, estremamente debole, portando le mani avanti e fissandole. Era praticamente a carponi, mentre le goccioline di sudore bagnavano il suolo polveroso sotto di lui. Cercò di respirare profondamente, buttando dentro un po' d'aria fresca, e riuscì a calmarsi un poco. La ferita sul collo gli bruciava, e quella alla tempia non era da meno. Fortunatamente, però, nessuna delle due perdeva più sangue. Zaira era vicino a lui, seduta per terra e con il braccio stretto al petto. Dastan la guardò per un momento negli occhi, notando come anche lei fosse accaldata e sporca, se non tremendamente dolorante. Anche l'Orso si mise seduto, riprendendo lentamente fiato. Henryk, di fronte a loro, si era praticamente sdraiato a terra, ansimante, mentre lo Stregone cercava di medicarlo alla bene e meglio. Con gli occhi dorati, Matt passava le mani sulla ferita alla gamba dell'uomo, che sembrava ricucirsi pian piano. Indubbiamente, doveva fare un male cane. Gli avrebbe chiesto di occuparsi anche dell'osso di Zaira, perché certamente non avrebbe potuto cavalcare in quello stato. Dastan osservò il biondino dare un'occhiata ad una ferita che si era procurato sull'avambraccio: aveva un taglio verticale proprio lungo tutto il muscolo, evidentemente provocato da un pugnale. Non sembrava messo propriamente bene, visto che aveva anche un labbro spaccato ed un occhio tumefatto. Si guardò attorno, cercando la figura di Sam. Era stato dietro a lui per tutto il tragitto, dove diavolo era andato a ficcarsi? Non riusciva a vederlo da nessuna parte. Si voltò da una parte all'altra, arrivando addirittura a spostarsi con il torso ed a tocere il collo. Nessuna traccia di lui. Si accorse solo in quel momento che il biondino piangeva, ed il volto sporco di fuliggine era solcato dalle lacrime che avevano scavato attraverso la sporcizia. Dastan rimase a bocca aperta, fissando la Base bruciante: Sam era rimasto indietro, e probabilmente era stato colpito dalla trave che li aveva sfiorati per un soffio. Si alzò in un balzo, dolorante, cominciando a camminare in direzione della Base, superando Henryk e lo Stregone. Il signor Von Row si animò, alzandosi a sedere.
    « Figliolo, vieni qui! Non c'è più niente da fare! » gli gridò, facendolo bloccare proprio davanti alla dimora dei Vigilanti in fiamme. Non sapeva cosa fare: la fissava con lo sguardo colpevole di chi sapeva che sarebbe potuta andare in modo diverso. Magari Sam sarebbe stato ancora vivo, e persino il Moro sarebbe potuto sopravvivere. Abbassò lo sguardo, sconsolato, cercando di respirare con regolarità. Era stufo di vedere gente che moriva a frotte: non poteva esistere una situazione del genere. Attirati dal fuoco, probabilmente, gli altri Valorosi di ronda li raggiunsero, imbracciando le armi. Matt si alzò in piedi, lasciando momentaneamente Henryk ed affiancandoglisi. Dastan lo fermò con un braccio: voleva aspettare che quelli fossero abbastanza vicini per parlargli. Qualcuno di loro era scoppiato in lacrime, altri fissavano il fuoco alzarsi con un'espressione sbalordita e dispiaciuta. Solo uno della combriccola, probabilmente il più grande, gli si avvicinò. Camminava con lentezza, e dal suo sguardo si poteva notare la rabbia e la diffidenza. Ironia della sorte: aveva i capelli scuri.
    « Il vostro Capo è morto. Si era immischiato in fatti che non lo riguardavano. » cominciò Dastan, facendo una piccola pausa. Aveva assunto la sua solita espressione corrucciata e minacciosa, perché avrebbe dovuto far capire ai Valorosi che non era da considerare alcun tipo di vendetta. Fece qualche passo in avanti, fissando il ragazzo in volto.
    « Siete liberi di eleggere il successore e gestire la vostra dimora come meglio credete. Ciò che vi è proibito, invece, è andare contro le altre Basi. Non si scherza con queste cose, moro. » sentenziò. Quello gli restituì lo sguardo corrucciato, ma non rispose. Evidentemente aveva capito la gravità della situazione ed aveva deciso di dargli ascolto. Rimase per qualche istante a fissarlo, poi smontò dalla posizione di attacco -facendo rilassare anche Matt al suo fianco- e deglutì, guardandosi attorno. Effettivamente, la scena non era esattamente delle più belle. All'improvviso, si voltò verso la Base ed alzò la mano, cominciando a mormorare qualche frase incomprensibile: quando gli occhi gli si dorarono, Dastan capì che era uno Stregone. Matt, forse mosso da un'ondata di compassione, gli si affiancò, posizionandosi allo stesso modo e prendendo a cantilenare quell'incantesimo. Pian piano, il fuoco sembrò affievolirsi, fino a ridursi a poco più di una brace. La notte si spense davanti ai Vigilanti, gettando solo una leggera luce aranciata sui loro volti. Dastan tornò all'indietro, verso Zaira, controllando la situazione. La perdita di Sam non sarebbe stata un ostacolo facile da sorpassare.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Zaira si sentiva tremendamente confusa e disorientata, complici il dolore al braccio che si intensificava sempre più ed il fumo che aveva respirato, che ormai le stavano dando alla testa. Si lasciò cadere a terra, ed il contraccolpo agì chiaramente sul braccio, che Zaira andò a stringere più forte che poteva, tenendolo quanto più fermo potesse. Respirava a fatica, si sentiva stanca e spossata, aveva ferite sparse qua e là e sentiva il sapore della polvere, del sangue e della cenere anche in bocca, ormai. Quello di fronte a lei era uno spettacolo pietoso: la Base di Onore di era trasformata in un enorme falò, e lentamente e rumorosamente stava collassando su se stessa. Intorno a lei, diversi Valorosi -forse una trentina- si erano sparpagliati qua e là nel cortile, e non avevano minimamente pensato ad attaccarli; lei, Dastan e gli altri sarebbero stati una facile preda in quel momento, tanto erano distrutti dai recenti combattimenti. La rossa incrociò lo sguardo del suo uomo, poi lo osservò alzarsi; verso di lei venne Denna, che le si accucciò di fianco, e Zaira prese a grattarla dietro le orecchie, notando che anche la lupa aveva riportato qualche ferita, probabilmente dovuta alle schegge, quindi avrebbe chiesto ad uno Stregone di curarla appena possibile. Davanti a lei, suo padre si stava facendo medicare la ferita, e fu solo guardando lui che la rossa si accorse di ciò che stava facendo Dastan, anche perché Henryk gli gridò di fermarsi perché non c'era più nulla da fare. A quel punto Zaira si alzò confusa, chiedendosi cosa avesse in mente il suo uomo, perché mai si era alzato per tornare dentro quella maledetta Base ormai irrecuperabile.
    Fece quindi per raggiungerlo, incontrando lo sguardo di Matt, lo Stregone, e di suo padre, ed a quel punto, cambiando idea, Zaira si abbassò verso di lui per controllare che stesse bene; l'uomo le sorrise e le diede un paio di pacche sulla spalla. Aveva lo sguardo ancora triste e preoccupato, ma adesso la guardava anche in altro modo, come un padre orgoglioso guarda sua figlia. La rossa gli sorrise di rimando, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime dettate da una moltitudine di emozioni indistinte, quindi si alzò. Dastan cominciò a parlare ai Vigilanti di Onore, in particolar modo si rivolse ad un ragazzo alto e moro, dicendo che Llyod era morto e che aveva ficcato il naso dove non avrebbe dovuto, quindi fece loro presente che erano liberi di eleggere un nuovo Capo, intimandogli infine di evitare scontri con le altre Basi. L'Orso del Nord aveva assunto improvvisamente l'immagine di un grande Capo, uno di quegli uomini che valeva la pensa seguire, e Zaira si sentì immensamente orgogliosa di lui. Notò che il biondino della sua Base, Jacob, annuiva con convinzione, e si rese conto solo in quel momento che all'appello mancava qualcuno. Cercò Sam tra la folla, guardando in tutte le direzioni e avanzando di qualche metro per avere una visuale diversa e portelo individuare. Del suo fidato amico non sembrava esserci traccia. Possibile che non riuscisse a vederlo? Eppure Sam non era poi così piccolo ed insignificante da rimanere oscurato da altre persone, era alto e ben piazzato, e sicuramente era sporco come non mai e ferito, quindi non poteva passare inosservato. Dastan le venne incontro con un'espressione tetra dipinta in volto, e Zaira immaginò che non si fosse ancora capacitato di quella conclusione. Gli sorrise appena, avanzando di qualche passo verso di lui. -Abbiamo vinto.- biascicò con tono stanco, poco adatto a ciò che aveva appena detto, poi tornò a guardarsi intorno e, tornando infine di nuovo su Dastan, domandò -Riesci a vedere Sam? Non capisco dove sia finito.- L'espressione dell'Orso del Nord, se possibile, si fece ancora più cupa, e l'uomo scosse la testa.
    L'orrore e l'incredulità si palesarono sul volto della rossa, incapace di credere a ciò che Dastan le stava comunicando con quel semplice gesto. -No..- sussurrò, mentre la consapevolezza della realtà le fece accelerare i battiti del cuore ed il respiro. Zaira scosse la testa mentre le lacrime cominciavano già a rigarle il volto, e continuava a ripetere quelle due semplici lettere. No. No, Sam non poteva essere morto, non lui, non quello che per anni era stato un amico, un fratello, un confidente, un protettore. L'aveva accolta quando Tommen l'aveva introdotta nella Base, aveva provato subito simpatia per lei, le era stato dietro quasi più del suo ragazzo per insegnarle ad usare qualche arma e qualche tecnica di attacco e difesa, ed aveva quasi sempre lottato al suo fianco, senza lasciarla mai sola -per ordine di Tommen, sicuramente. L'aveva confortata quando il loro Capo era stato ammazzato e non l'aveva giudicata come avevano fatto molti altri quando lei aveva deciso di avere rapporti con il Capo di Indipendenza. Sam era una delle persone migliori che Zaira avesse mai conosciuto, e adesso era morto per seguire lei e Dastan in quella missione. La rossa si sentì improvvisamente mancare le forze e Dastan dovette accorgersene perché la prese al volo, sorreggendola, ed a quel punto, invece di svenire come aveva già pensato sarebbe successo, Zaira scoppiò in un pianto disperato, singhiozzando e lasciando che il suo uomo se la stringesse a sé nel tentativo di confortarla.
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    Zaira, all'inizio, non si era resa conto della fine che aveva fatto Sam. Girovagava per lo spiazzo davanti alla Base guardandosi attorno in modo cunfuso. Dastan la guardava senza dirle nulla, come se volesse evitare di causarle un altro dolore. Si accovacciò vicino al padre e gli strinse le mani: Matt aveva curato la ferita di Henryk alla bene e meglio, giusto per farlo camminare, ma l'uomo preferì rimanere un momento a terra, evidentemente preso dalla stanchezza. Il biondo continuava a piagnucolare, ed all'Orso del Nord venne istintivo avvicinarglisi e dargli qualche pacca sulle spalle in segno di comprensione. Quello prese ad annuire, come a volergli dire di aver capito e che si sarebbe contenuto, poi si asciugò le lacrime con il dorso della mano. A quel punto, Zaira si alzò ed andò da lui, chiedendogli dove fosse Sam, perché lei non era riuscita a trovarlo. Lo sguardo che le restituì Dastan fu in realtà il suo solito, ma probabilmente il fatto che non le avesse risposto aveva solo confermato le sue paure. Cominciò a scuotere la testa, pronunciando increduli no che le uscivano dalle labbra senza controllo. Chiuse gli occhi, strizzandoli, poi sbiancò: a Dastan venne l'istinto di afferrarla, e fortunatamente lo fece: la rossa crollò tra le sue braccia in un pianto disperato, come mai l'aveva sentita prima d'ora. Entrambi si ritrovarono per terra, sul suolo polveroso. Dastan non ebbe la forza di reggerla in piedi, perciò si era abbandonato anche lui ed era finito sul terreno, in ginocchio, con lei addosso che piangeva. La strinse forte a sé, cercando ci colmare quel vuoto che probabilmente avvertiva dentro di sé. Era sempre difficile perdere un Vigilante, ancora di più se quella persona era un buon amico. L'Orso sapeva che il ragazzo era stato innamorato di lei per tanto tempo, semplicemente perché riconosceva certi comportamenti e sapeva interpretarli. Non sapeva se la rossa lo avesse capito, ma non gli sembrò il momento per dirlo. La teneva stretta a sé senza lasciarla mai, perché se lo avesse fatto probabilmente lei sarebbe crollata a terra, inerme. Portò una mano alla sua testa, carezzandole dolcemente i capelli. Poco lontano, Henryk li osservava con le lacrime agli occhi, poi sfuggì al suo sguardo voltandosi dalla parte opposta. Probabilmente non voleva che Dastan notasse che anche lui fosse così dispiaciuto. Sicuramente, vedere sua figlia ridotta in quel modo non doveva essere una gran cosa, specialmente poi se avesse pensato che l'idea di patire era stata sua. Dastan continuò a tenere la sua ragazza tra le braccia, e vederli in quel modo probabilmente risvegliò tutta la tristezza nel biondino, che ricominciò piangere, portandosi una mano davanti agli occhi -visto che l'altra era ferita. Non doveva essere un bello spettacolo per i Valorosi, e sicuramente anche per gli Indipendenti. Il Vigilante carezzò dolcemente le spalle della rossa, senza staccarlesi neanche di un centimetro. Non era un tipo che piangeva -almeno non "allo scoperto"- e sicuramente non sarebbe stato in grado di andarle dietro ed esprimere il suo dolore. Matt aiutò Henryk a rimettersi in piedi, abbracciandolo: l'uomo, evidentemente, aveva preso in simpatia lo Stregone. Dopo essersi stretto a lui, quest'ultimo si voltò verso Dastan facendogli un cenno con la testa, come se volesse sedare Zaira. L'Orso del Nord scosse la testa, convinto di ciò che stava facendo: sarebbe stato meglio se si fosse sfogata, per una volta. Quello annuì, rispettando la sua scelta. Avrebbero pensato al braccio non appena si sarebbe ripresa, ma sicuramente prima di montare a cavallo. Affondò la testa nella chioma rossa della Vigilante, arrivando a far sfiorare i loro nasi. Avvertiva le lacrime bollenti di lei anche sul suo viso, ma non era quello il momento di dimostrarsi debole. Le passò le mani sul collo, poi gliele portò al viso e cercò di farle alzare lo sguardo. Quando incrociò i suoi occhi, Dastan la fissò intensamente, e fu chiaro in quel momento quanto la amasse.
    « Andiamo, rossa. » le mormorò, in modo che solo lei lo sentisse. Aveva parlato con un tono estremamente basso e per niente cattivo, tanto che si ritrovò a carezzare le guance di lei con le dita, asciugandole le lacrime. Le si avvicinò impercettibilmente, poggiando le labbra sulle sue e chiudendo gli occhi, quindi tornò a staccarsi ed a fronteggiarla. Avrebbero pianto dopo, in quel momento era importante andare via di lì.
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    Aveva pianto in quel modo pochissime volte in vita sua, si potevano realmente contare sulle dita di una mano, e l'aveva fatto sempre da sola, oppure con Sam al proprio fianco che la consolava, che se ne stava lì in silenzio con un braccio stretto intorno alle sue spalle e con estrema calma e pazienza lasciava che l'amica si sfogasse, che piangesse tutte le sue lacrime fino a non averne più ed essere stanca, e non era raro che Zaira piombasse in un profondo sonno dopo quegli episodi. Era assurdo pensare che adesso quelle stesse lacrime le stava piangendo per lui, assurdo pensare che al ritorno alla Base non avrebbe più visto il suo viso sorridente o che non avrebbe più potuto godere dei suoi consigli. Dastan la stringeva forte, come se avesse paura che gli potesse scivolare via dalle mani, e, probabilmente a causa della stanchezza, l'uomo si lasciò cadere a terra e se la trascinò a terra, ma Zaira lo notò appena, troppo presa com'era ad inzuppargli la camicia con le proprie lacrime. Più il suo uomo le carezzava la testa, le spalle e la schiena, più la rossa singhiozzava forte e stringeva i pugni, stritolando le parti della camicia di Dastan che aveva afferrato quando l'uomo l'aveva sostenuta. Ad un certo punto Zaira percepì un movimento della testa di Dastan, una sorta di diniego, e capì che stava comunicando con qualcuno dei presenti; non le interessò sapere di cosa stessero parlando, però decise che doveva calmarsi e farsi forza. Tutte le sue lacrime non avrebbero riportato indietro Sam, e non sarebbero potuti rimanere ad Onore fino a che lei non si fosse calmata, anche perché non le sarebbe passata in fretta. Pian piano, Zaira riuscì a controllare lacrime e singhiozzi, cominciando a dare segni di ritrovata -ma solo apparente- calma, nonostante continuasse a tremare come una foglia. Dastan la costrinse dolcemente ad alzare lo sguardo su di lui, quindi le disse di andare; non era il tono di chi forzava qualcuno a seguirlo, non era imperioso né troppo deciso, sicuramente perché era consapevole che in quel momento sarebbe dovuto andarci piano con lei, essere il più delicato possibile. Zaira serrò le labbra, incontrando per una frazione di secondo quelle di Dastan, ed annuì, mentre altre lacrime andarono a sostituire quelle che l'Orso del Nord le aveva appena asciugato.
    Suo padre tese le braccia verso di lei non appena i due Vigilanti gli si avvicinarono, e Zaira abbandonò il fianco di Dastan per farsi consolare anche da Henryk che, come il suo uomo, la strinse forte a sé e le carezzò la testa senza dire una parola -ricordandole di quando, da bambina, la tranquillizzava dopo una brutta caduta, mostrando così la sua dolcezza nascosta. Dastan intanto aveva recuperato il suo cavallo, e Matt le si era avvicinato. -Non puoi cavalcare in queste condizioni.- le fece presente, e Zaira si ricordò solo in quel momento di avere un braccio fratturato. Ricordava il dolore che aveva provato quando la Strega di Indipendenza le aveva sistemato la gamba che l'Orso del Nord le aveva spezzato di netto, ed immaginò che per il braccio non sarebbe stato molto diverso. Afferrò quindi il braccio di Dastan con la mano del proprio arto "sano", stringendolo e serrando ben bene la mascella, pronta per l'incantesimo. Durò una frazione di secondo, si percepì un suono molto simile ad un crack ma meno intenso nello stesso momento in cui allo Stregone si dorarono gli occhi, e la testa della rossa schizzò verso il petto del suo uomo; Zaira trattenne a stento un altro urlo, dovette ringraziare la stanchezza e le poche, rimanenti forze che aveva che non le avevano permesso di gridare ancora. Ma il braccio adesso non era più motivo di dolore per lei, e quando sarebbero arrivati alla Base avrebbe pensato a farsi curare le altre ferite. Guardò suo padre, già montato in sella al proprio cavallo e pronto a partire. Doveva andare con lui, farsi vedere dalla propria famiglia, e quindi si rivolse a Jacob. -Prendi Denna e portala alla Base, io devo tornare prima a casa.- Jacob e Matt annuirono insieme, quindi la rossa accarezzò la sua lupa e poi la lasciò nelle loro mani. Anche suo padre annuì, mentre Dastan non fece nulla, ma lei sapeva che l'avrebbe seguita. Montò il sella al proprio cavallo a fatica, facendo poi spazio al suo uomo a cui lasciò volontariamente il controllo dell'animale.
    Non appena sua madre li vide arrivare scoppiò a piangere, e si vedeva chiaramente quanto fosse felice e sollevata. Dispensò baci e abbracci ad entrambi i famigliari, ma Zaira non aveva troppa voglia di festeggiare quella vittoria, né tanto meno di spiegarle i motivi della sua poca gioia. Rowena li invitò ad entrare a casa e fermarsi lì, ma Zaira aveva bisogno di tornare alla propria Base, quindi declinò l'invito; sua madre non fece storie, la lasciò per un momento ai propri fratelli -che l'abbracciarono, felici di saperla ancora viva- e si avvicinò a Dastan. La rossa osservò l'intera scena: Rowena fece per abbracciare il Vigilante, ma si trattenne all'ultimo, prendendogli invece entrambe le mani nelle sue e dicendogli qualcosa che nessuno di loro riuscì ad udire. Fu chiaro solo il "grazie" che gli rivolse. Rimontando a cavallo, poi, Zaira si sistemò davanti ma senza avere alcuna intenzione di guidare l'animale; lasciò le briglie a Dastan non appena montò in sella anche lui, quindi si lasciò andare contro il suo petto, provando a rilassarsi un po' e a sgomberare la mente dai pensieri -belli o brutti che fossero.
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    Era tutto finito. Certo, avrebbero dovuto ancora processare la morte di Sam, ma Dastan avvertiva come una strana leggerezza al petto. La guerra non era assolutamente finita, ma ora sembrava non riguardargli più così tanto. I Valorosi avevano cominciato a raccogliere i cocci della loro esistenza sparsi per l'area della Base, chi piangendo e chi biascicando insulti. L'Orso del Nord li osservava mentre la rossa si era stretta a suo padre, lasciando il posto alle braccia dell'uomo. Henryk la strinse a sé, limitandosi a carezzarla. Dastan non sapeva come si consolavano le persone, quindi non obiettò. Sarebbe stata dura cercare di tirarla su, visto e considerato che non era pratico di certe cose. Chiaramente non era una cosa che sarebbe svanita di lì ad un giorno, perciò avrebbe dovuto portare pazienza. Il Vigilante, in fondo, non stava male quanto lei. Gli dispiaceva, ma aveva conosciuto ben poco Sam, ed il fatto che lo avesse attaccato praticamente ogni qualvolta ne avesse avuto l'occasione non glielo faceva andare troppo a genio. Sospirò, sistemando il cavallo, che fortunatamente nessuno dei Valorosi aveva ucciso. Si era aspettato anche un attentato di quel tipo, ma proprio per fortuna la ronda di turno era stata troppo stolta per pensare ad una cosa del genere. All'improvviso, Matt si offrì di guarire il braccio alla rossa, e lo fece in pochi secondi. Lei ebbe appena il tempo di tenersi stretta a lui, poi un sonoro crack la fece imprecare sottovoce. Sapeva bene come ci sentiva, non era nulla di nuovo per la sua donna: la guardò con uno sguardo misto tra orgoglio ed ammirazione, poi fece per salire in groppa al cavallo. Zaira, però, prese la parola, ordinando a Jacob di portare la sua lupa alla Base, perché lei sarebbe dovuta passare prima dalla madre. Con ciò aveva probabilmente sottointeso che il compito di riferire tutto agli altri sarebbe stato del biondino. Dastan alzò un poco le sopracciglia, osservando l'espressione stralunata del ragazzo: era sbiancato, ma nonostante tutto aveva annuito. Dastan stentava a credere che cavalcasse tutti quei chilometri senza neanche vomitare una volta. Probabilmente ci avrebbe messo il doppio del tempo. In quel momento, gli balenò in testa l'idea di portare Zaira ad Indipendenza. Magari lì si sarebbe rilassata maggiormente, e sicuramente ogni cosa non le avrebbe ricordato il compagno perduto. Non proferì parola, però, lasciando lo spazio alla sua donna e facendola salire a cavallo. Lui la seguì a ruota, prendendo le redini dell'animale. Nonostante fosse praticamente esausto e ricoperto di sangue, avrebbe dovuto portare a trotto il cavallo. Era comunque più vigile di Zaira, e ciò era veramente tutto un dire. La testa gli batteva come se avesse un martello nel cervello, e durante il viaggio la cosa non migliorò. Il vento freddo non anestetizzò nulla, e Dastan poco dopo si ritrovò ad assistere alla scenetta tragica della madre che riabracciava figlia e marito, lieta di rivederli. Era sceso anche lui -giusto per accertarsi che nessuno dei Von Row crollasse a terra lì nel giardinetto- ma nessuno se lo filò più di tanto. D'altra parte, Dastan rimase leggermente spostato rispetto al nucleo famigliare, giusto per non impicciarsi. I gemelli gli lanciarono lo stesso sguardo nello stesso momento: gratitudine mista a diffidenza, ed uno di loro annuì. L'Orso del Nord non rispose in alcun modo, lasciando perdere. All'improvviso, Rowena sembrò volerlo abbracciare, ma si bloccò tutto d'un tratto, come se la vista del sangue le facesse schifo. Si trattenne, dunque, prendendogli le mani tra le sue. Li guardavano tutti, ma la grande rossa ancora non sembrava trovare le parole. Solo dopo averci pensato un po' su parlò, rivelando gli occhi lucidi.
    « Mi hai riportato entrambi. Grazie. » gli disse soltanto. Dastan allargò la bocca, mostrando un sorriso senza scoprire i denti, poi strinse a sua volta le mani della donna. Gli stava simpatica, perché sapeva quello che faceva. Lei lo lasciò andare, tornando dalla sua famiglia, mentre Zaira gli si avvicinava. Henryk lo salutò da lontano, poi zoppicò via assieme alla moglie. La rossa andò dritta verso il cavallo, sfinita, posizionandosi davanti ma lasciando andare le briglie. L'Orso del Nord montò dietro di lei, facendo in modo di averla attaccata al petto, poi partì. La strada per Indipendenza fu piuttosto breve, se lo si calcolava dal punto di vista di due persone sfinite. Non appena la Base cominciò a scorgersi da lontano, il sole sorgeva alla loro destra. Quando arrivarono, i Vigilanti vollero sapere tutti i dettagli, ma l'espressione di Dastan dovette scoraggiarli, perché nessuno gli fece pressioni.
    « Siamo a pezzi. Sappiate solo che il Moro è morto. » disse, limitandosi a dare la notizia più importante. Quasi automaticamente, sia lui che Zaira si diressero in camera sua, dove poi il Vigilante si chiuse la porta alle spalle. Entrambi si gettarono sul letto, e per un momento rimasero abbracciati, stretti quel tanto che riuscivano a fare e con gli occhi chiusi. Dastan era sporco di sangue ovunque, si sarebbe dovuto far medicare le ferite ed infine si sarebbe dovuto fare un bagno, ma non fece nessuna di queste cose. Rimase semplicemente addosso a Zaira, mezzo morto.
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    Nonostante la stanchezza e la profonda confusione che aveva in testa, Zaira si rese conto più o meno immediatamente che la strada che Dastan aveva preso non era quella per arrivare alla Base di Giustizia, bensì quella che avevano percorso solo qualche ora prima, entrambi con il proprio cavallo, ben vestiti e pronti -si fa per dire- a sopportare una cena con la famiglia von Row. L'Orso del Nord stava tornando dai suoi, ad Indipendenza, e la rossa non si prese la briga di obiettare: non ne aveva la forza né tanto meno la voglia, e tutto sommato si rese conto che avrebbe preferito evitare gli sguardi dei suoi compagni, magari in lacrime tanto quanto lei per la morte di Sam. Li avrebbe rivisti l'indomani, si disse, o forse il giorno dopo ancora; prima si sarebbe dovuta calmare in maniera pressoché definitiva, e soprattutto si sarebbe dovuta riposare per riacquistare un po' di forze, e forse la Base del suo uomo era il posto giusto per farlo, perché gli Indipendenti avrebbero chiesto informazioni e spiegazioni del caso al loro Capo, non a lei -come invece avrebbero fatto i Giusti, nonostante Jacob e Matt li avessero sicuramente informati prima. Il viaggio si svolse all'insegna del silenzio, rotto solamente dal rumore -se pur attutito dal terreno- degli zoccoli del cavallo e da Zaira, che di tanto in tanto tirava su col naso a causa del freddo e dell'umidità che le stavano passando fin dentro le ossa. Una volta a Indipendenza, poi, gli occhi di buona parte dei Vigilanti furono addosso a lei ed al suo uomo, ma Dastan liquidò chiunque dicendo che il Moro era morto, e fece capire loro che non gli avrebbe detto altro per il momento, tanta era la stanchezza. A Zaira si gonfiarono di nuovo gli occhi di lacrime, ma questa volta riuscì a ricacciarle indietro; si incamminò verso la stanza dell'Orso del Nord senza dire una parola e senza guardare nessuno negli occhi, e quando Dastan, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, si lasciò cadere sul letto, Zaira lo seguì.
    Si sentiva sfinita, distrutta come non mai fisicamente e mentalmente: cercò di togliersi dalla mente il pensiero di Sam per un attimo e provò a riordinare velocemente ciò che era accaduto. C'era poco da dire: si erano mossi in modo azzardato, senza prepararsi neanche un po' alla battaglia, e la fortuna gli aveva sorriso e li aveva fatti vincere, chiedendo comunque un prezzo. Il Moro era morto, e se i Valorosi fossero stati furbi ed intelligenti di sicuro avrebbero evitato altri scontri con Giustizia e Indipendenza. Onore, insomma, sembrava non costituire più alcun pericolo, ma in quel momento la cosa non la rassicurava né la faceva stare meglio, non più di tanto almeno. Zaira si strinse a Dastan per qualche minuto, ma sentì l'uomo trattenere il respiro per una frazione di secondo mentre i muscoli si contraevano, e la rossa sembrò rendersi conto solo in quel momento delle ferite e delle contusioni riportate dall'Orso del Nord. Alzò lo sguardo su di lui in modo del tutto automatico, guardandolo per un momento negli occhi e poi passando in rassegna le ferite che aveva: sia quella alla tempia che quella al collo avevano smesso di sanguinare, ma la rossa non avrebbe scommesso sul fatto che non gli facessero più male. Le labbra le si stirarono in un sorriso amaro e dispiaciuto, mentre, con le dita poggiate sul mento di lui, costringeva il suo uomo a voltare la testa di lato, così da scoprire la ferita. Zaira si chiese subito che genere di canini dovesse aver avuto Llyod per ferire Dastan in quel modo: gli aveva bucato la pelle, e per quanto non fosse andato in profondità aveva sicuramente affondato più che poteva. L'urlo di Dastan le risuonò in testa, e per un attimo un brivido le corse lungo tutta la schiena: doveva essere stato doloroso. -Sembra quasi che le persone ti trovino appetitoso.- le venne da dire, con un sorriso appena accennato. Come le venne da ironizzare in quel momento Zaira non se lo seppe proprio spiegare, visto e considerato che non c'era nulla su cui scherzare, meno che mai per le ferite riportate dall'Orso. Quel suo repentino cambiamento d'umore durò veramente poco, giacché poi Zaira tornò a farsi seria ed aggiunse -Dovresti chiamare qualcuno e fartela pulire e curare, o rischi che si infetti.- Non che l'infezione sarebbe stata un vero e proprio problema perché la magia sembrava poter curare tutto, ma era comunque rognosa e lei lo sapeva perché troppo spesso aveva chiuso un occhio su tagli a suo parere insignificanti, che poi le avevano invece causato un po' di problemi.
    Il silenzio tornò di nuovo a regnare nella stanza, e lo fece per qualche minuto. Zaira aveva anche provato ad alzarsi per potersi dare una rinfrescata al viso e togliere il suo peso dal petto di Dastan per un po', ma proprio non ne aveva avuto le forze. Alzarsi da lì per raggiungere il bagno -per altro proprio di fianco a lei- le sembrava essere uno sforzo smisurato, e non era ancora pronta a compierlo. Tornò quindi ad accoccolarsi di fianco al suo uomo, fissando un punto imprecisato sulla parete di fronte a lei. -Penso di aver ucciso qualcuno, stanotte.- disse di punto in bianco -Mi ero ripromessa che non avrei più mandato nessuno all'inferno se non con le parole, e invece mi sono ritrovata a farlo di nuovo, e questa volta in modo completo, da sola.- concluse quindi, tirando in ballo l'uomo che le aveva ammazzato Tommen e che, con l'aiuto di Denna, lei aveva ripagato con la stessa moneta. Le parole le erano uscite dalla bocca di nuovo in maniera del tutto improvvisa, automatica, senza che lei avesse modo di capacitarsene ed evitare di dirle -visto e considerato quanto poco sia lei sia Dastan avessero probabilmente avuto voglia di fare certi discorsi. Aveva parlato con un tono di voce tremendamente piatto e quasi assente, mentre l'immagine dei due Valorosi che aveva atterrato le riempiva la mente, ed insieme ad essa si rifaceva vivo anche il volto dell'assassino di Tommen.
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    Il silenzio più assoluto che c'era alla Base era quasi assordante. Le orecchie gli fischiavano ancora, e non riusciva a togliersi dalla testa il rumore del sangue che schizzava fuori dalla bocca di Lloyd, mentre quello, agonizzante, gli stringeva la mano. Dastan fissava il muro dietro Zaira con uno sguardo così vuoto che quasi sarebbe potuto passare per un automa, di quelli che creavano poco prima dell'apocalisse. Quel silenzio sembrava dargli fastidio, come se non potesse rimanere solo con i suoi pensieri, per cui chiuse gli occhi e tentò di sgombrare la mente, probabilmente per riposarsi un po'. Teoricamente non era stato lui ad ammazzare il Moro, ma quasi sicuramente uno di quelli che aveva picchiato era morto prima che la Base fosse andata a fuoco. Da quando era successo il fattaccio con Jason, l'Orso si era ripromesso di non uccidere più nessuno. Non voleva avere più nulla a che fare con la morte, ed invece quella l'aveva accompagnato come un cagnolino durante tutta la sua vita. Anche prima di avvicinarsi definitivamente alla rossa aveva rischiato di rimetterci le penne più volte, come se volesse ricordargli di essere sempre dietro l'angolo e che non se la sarebbe cavata molto facilmente. Avvertì la ragazza muoversi, come se volesse alzarsi, quindi aprì gli occhi per guardarla: lei tentò di tirarsi a sedere, ma la poca forza rimastale in corpo non glielo permise. Si accasciò sul letto, sospirando, avvicinandosi a Dastan e stringendosi a lui. Il Vigilante non aveva ricambiato l'abbraccio, conscio che alla rossa sarebbe bastato. Non era tipo da smancerie del genere, e già il solo fatto di averlo trascinato dalla sua famiglia bastava ed avanzava per settimane. Aveva esaurito la sua già scarsa scorta di romanticismo. Zaira incontrò il suo sguardo, rivolgendogli un sorriso stanco e dispiaciuto, poi prese a sfiorargli le ferite con le dita, come per constatare che anche lui stesse piuttosto male. Dastan avvertì subito un leggero bruciore alla tempia che lo fece trasalire, tanto che dovette aspirare l'aria a denti stretti, facendo capire alla sua donna che ancora gli faceva male. Lei gli prese il volto tra le mani, voltandolo ed osservando i buchi che Lloyd gli aveva piantato in gola. Aggrottando le sopracciglia, poi, la rossa gli disse che doveva essere appetitoso. Dastan non rispose alla battuta, visto che non voleva buttare le sue poche forze per ridere a quella stronzata. Non era decisamente in vena di cavolate. Non durò molto, effettivamente: Zaira si fese subito seria, tornando a fissare anche lei il nulla. Dastan la seguì a ruota, guardando un piccolo buchetto nella parete bianca della sua camera, come se fosse qualcosa di estremamente interessante. Come se non si sentisse affatto stanca, poi, la ragazza prese a parlare: disse di aver ucciso qualcuno, probabilmente, e che anche lei si era ripromessa di non ammazzare più nessun'altro. L'Orso del Nord si trattenne dal trasalire: sapeva che aveva ucciso l'uomo che aveva fatto fuori Tommen, ma non era sicuro che la rossa fosse a conoscenza di Jason e tutte le conseguenze. Sospirò rumorosamente, ancora tenendo lo sguardo fisso sul buchetto nero pece che stonava a confronto con la parete bianca. Come se il suo cervello volesse farglielo apposta, poi, le immagini di quella giornata cominciarono a susseguirsi una dopo l'altra, fino ad arrivare al volto insanguinato ed implorante del ragazzo, che tentava in tutti i modi di dissuaderlo dall'ammazzarlo. Era stata una sua scelta ucciderlo, e di ciò era stato sempre certo. Aveva avuto modo di lasciarlo andare, eppure non si era fermato. L'aveva fatto apposta. Tanto valeva affrontare la bestia del senso di colpa assieme a lei, visto che c'erano dentro entrambi.
    « Bisogna convivere con ogni dannatissima scelta. » mormorò. Gli uscì fuori così piano che fu un soffio, e Zaira l'avrebbe avvertito giusto perché gli era a qualche centimetro di distanza. Dal buco alla parete passò alla sua donna, affrontando i suoi occhi indagatori. Probabilmente le voci le erano arrivate all'orecchio ma aveva paura di domandarglielo. Anche perché, ovviamente, Dastan non era uno che si gestiva facilmente. La guardò con uno sguardo serio e vuoto, come quello che aveva rivolto al nulla poco prima. Era stanco, tanto stanco, e voleva smettere di pensare a Jason una volta per tutte.
    « È vero quello che dicono. Ho ammazzato un mio compagno di botte. Ma non credere che io ne sia uscito vincitore, né che non me ne penta ogni cazzo di giorno della mia vita di merda, Zaira. » le confessò, fissandola negli occhi ed indurendo lo sguardo, che fino a qualche secondo prima era stato neutro e vacuo. Si notava proprio dagli occhi la sua colpa, tanto che gli diventarono lucidi, senza però mai mostrare alcuna lacrima. Non avrebbe pianto, perché ormai non lo faceva più. Era passato troppo tempo e ce ne aveva sprecato altrettanto a piangere, perciò non lo avrebbe fatto. Si limitò ad osservare l'espressione della sua ragazza, che gli era tanto vicina da poterle contare le ciglia. Non l'avrebbe fermata se avesse voluto tagliare la corda e non rivederlo più, perché poteva capirla. Generalmente facevano tutti così, ed era proprio in quel modo che aveva perso qualunque contatto umano avesse mai avuto. Ormai era piuttosto abituato a stare da solo.
    Dastan Dauthdaert @
     
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