Nunc per ludum, dorsum nudum, fero tui sceleris.

17 Maggio 103 PA, intorno alle 23, base dei Vigilanti

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  1. varden
     
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    A quanto pareva, quella giornata era partita in modo storto ed era finita altrettanto male. Aveva detto a Zaira di trasferirsi da lui, qualche settimana prima, e così aveva fatto; il problema, però, stava nel suo letto. Entrambi si muovevano piuttosto agitatamente, di notte, e non era raro che si colpissero involontariamente. Quella mattina, dunque, Dastan si era alzato piuttosto confuso, come se in realtà non avesse dormito così tanto. Ne aveva avuto la conferma guardando fuori dalla finestra: il sole stava sorgendo, per cui doveva essere stato sicuramente prestissimo. In cucina, poi, non aveva trovato quasi nulla da mettere sotto ai denti se non un pezzo di dolce che aveva fatto la madre di qualcuno, anche se ormai era diventato secco e forse un po' ammuffito. Il Vigilante l'aveva buttato giù lo stesso, dunque si era poi ritrovato a passare metà mattina a vomitare dietro ad un cespuglio, in mezzo al bosco gelato. Pur essendo maggio, ancora faceva piuttosto freddo, specialmente a quell'ora. Dopo aver speso un paio d'ore a dare di stomaco, dunque, aveva deciso di coprirsi per bene e di infilarsi a letto, ma si era accorto che Zaira stava ancora dormendo, quindi si era diretto verso il divano. La sala era in ordine, eppure aveva avvertito qualcuno russare poco lontano. Facendo il giro del divano, infatti, aveva trovato Ronald completamente spalmato sui cuscini, con la bocca aperta e la strega bionda di Giustizia addosso. Si accorse solo successivamente che quella era a petto nudo, e che si stava servendo delle braccia del Vigilante come coperta. A Dastan venne istintivo portare gli angoli della bocca all'ingiù, annuendo lentamente, come a complimentarsi col suo secondo in comando. Non l'aveva mai visto con una donna, eppure sembrava aver fatto colpo. Si era spostato poi di fuori, in giardino, e si era coperto alla bene e meglio. Proprio quando il sonno sembrava volerlo raggiungere molto presto, una figura era comparsa poco lontano, sul sentiero battuto. Si era rivelato essere un militare: suo padre aveva bisogno di parlargli. Dastan si era quindi vestito meglio, aveva sellato il cavallo ed era partito alla volta di Giustizia. Era arrivato intorno a mezzogiorno, e Benjamin l'aveva accolto con un abbraccio e tante, tantissime parole. Sostanzialmente, suo padre aveva voglia di discutere riguardo decorazioni ed altre fantasticherie, come se lui fosse quello incaricato. In realtà, lasciava la scelta libera a Zaira, sia perché lui non ci capiva assolutamente nulla di certe cose, e sia perché, semmai avesse scelto qualcosa che non le andasse bene, sicuramente si sarebbe ritrovato senza le dita delle mani, o peggio. Si era dovuto sorbire discorsi futili per quasi due ore, poi il suo vecchio l'aveva invitato a pranzo. Approfittando del suo livello e, soprattuto, del suo gusto sopraffino, Dastan aveva accettato. Avevano mangiato in una locanda dove non si sarebbe mai sognato di entrare: troppo elegante, troppo pretenziosa. Eppure, il cibo era ottimo. Dopo l'abbuffata, il Vigilante era rimontato in sella, cercando di dire al padre che no, non avrebbe scelto il colore dei fiori -non quel giorno, almeno. La strada per Indipendenza gli era parsa infinitamente più lunga di quanto non fosse, ed al suo arrivo aveva trovato due Indipendenti sanguinanti e con un paio di denti rotti. Gli avevano dunque spiegato che c'era stata una rissa al confine con Onore, ma gli avversari erano di Libertà. Gli avevano chiesto di ripartire tutti assieme ed andare a dargli una lezione, dunque Dastan non aveva avuto modo neanche di rientrare e dare un bacio alla sua donna. Di nuovo in sella, aveva cominciato a sentire la testa battergli insistentemente, probabilmente avvisandolo che gli sarebbe venuta una bella emicrania. Giunti sul luogo, avevano cominciato ben presto a fare a botte: i Liberi non gli erano sembrati troppo inclini alle chiacchiere, ma quasi sicuramente erano lì solo per picchiare. Era strano vedere gente di una Fazione così lontana proprio lì, per cui aveva dedotto che fossero semplicemente dei combinaguai. Alcuni lo facevano, e ricordava di aver viaggiato fino alla parte più a sud di Onore proprio per confrontarsi con gli altri. Dopo svariate parolacce, dunque, Dastan aveva iniziato a menare come era solito fare, mettendone uno al tappeto e costringendone un altro ad implorare pietà. Un terzo l'aveva beccato proprio su uno zigomo, che gli era diventato quasi istantaneamente viola, ma poi era perito quasi subito sotto ai suoi colpi. Per festeggiare la vittoria, dunque, i ragazzi avevano proposto di mangiare fuori e bere un po'. A quel punto, Dastan si era reso conto di essere veramente sfinito, quindi aveva accettato l'invito: un po' d'alcol l'avrebbe aiutato a cavalcare, al ritorno. Avevano dunque passato la serata lì ad Onore, mangiando -anche se non poi così tanto- e bevendo. Quando ne aveva avuto abbastanza, poi, aveva detto agli altri che sarebbe tornato ad Indipendenza da solo. Un altro paio d'ore di cavalcata terminarono lo sfinimento.
    Il Vigilante arrivò alla Base totalmente in confusione: la testa gli batteva forte, i muscoli gli dolevano e lo zigomo pulsava come se volesse scoppiare. Sospirò, scendendo da cavallo e massaggiandosi per un momento le tempie. Legò la bestia ad un paletto, poi si frugò nelle tasche alla ricerca di una sigaretta. Non vedeva Zaira da quella mattina: non aveva avuto il tempo neanche di salutarla. Sperava che fosse lì, almeno sarebbero stati un po' insieme. Si portò la stecca di tabacco alla bocca, sedendosi sulle scale. Cominciò a fumare piuttosto lentamente, strofinandosi il viso con una mano. Non ne poteva più, voleva dormire e basta. Certo, lo avrebbe fatto con Zaira, il che significava calci e pugni, ma comunque sarebbe stato nel suo letto. Quando la sigaretta finì, Dastan la gettò a terra e la spense con un piede, stiracchiandosi. Aprì la porta principale facendo piano, temendo di svegliare qualcuno, poi se la chiuse alle spalle. C'era una luce fioca che proveniva dalla sala, ed il suo istinto gli suggerì di seguirla: su una poltrona, Ronald dormiva come un ghiro. Nessuna traccia della biondina di quella mattina. Si strinse nelle spalle, accostando la porta. Qualcosa, però, catturò la sua attenzione: sembrava provenire dalla stanza del tizio nuovo, un certo Craig. Si era trasferito da Giustizia ad Indipendenza perché aveva detto di voler seguire quello che il suo cuore gli diceva, dunque Dastan l'aveva aiutato. Anche lì c'era una luce piuttosto debole che tremolava, presumibilmente era quella di una o più candele. Avvertiva come dei sospiri, o dei lamenti; non sapeva spiegarselo bene. Si avvicinò molto lentamente, facendo estremamente piano. Si accostò alla porta -che era socchiusa- e provò ad ascoltare quei rumori. Qualcuno -probabilmente una donna- sembrava lamentarsi di qualcosa, e poteva chiaramente avvertire Craig sussurrare. Le parole gli giungevano sfumate e confuse, per cui non poté mettere insieme un discorso. Avvertì un rumore di tessuti che sfregavano, come se si stessero spogliando o vestendo, poi il Giusto ridacchiò. Qualcosa sembrava non quadrargli: non aveva idea del perché stesse ascoltando quella cosa, eppure non si sentiva tranquillo. Fu una piccola, breve parola strascicata a fargli gelare il sangue.
    Dastan. La donna aveva appena detto il suo nome. Avrebbe riconosciuto quella voce in qualsiasi situazione, ed a milioni di chilometri. C'era solo una persona che lo chiamava in quel modo, con quel tono e con quel timbro: Zaira. Con un botto repentino, il Vigilante spalancò la porta, facendola sbattere contro la parete. Si gettò nella stanza, trovando Craig sdraiato sopra la rossa che lo guardava sbigottito. La Giusta, invece, sembrava totalmente assente: aveva un braccio lungo il letto, con il quale arrivava a toccare per terra con la mano. Le gambe erano aperte ed i pantaloni riversi fino ai piedi, la camicia sbottonata. Ci mise un secondo a realizzare che cosa stava accadendo: quello che aveva davanti era uno scempio. Craig lo fissava con gli occhi sgranati, evidentemente terrorizzato, eppure non tolse la mano dalla bocca della rossa. Ben presto, Dastan ne era certo, quel tizio sarebbe morto per mano sua.
    Dastan Dauthdaert @
     
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