Nunc per ludum, dorsum nudum, fero tui sceleris.

17 Maggio 103 PA, intorno alle 23, base dei Vigilanti

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  1. varden
     
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    Non avrebbe mai potuto immaginare che si sarebbe sentito nuovamente in quel modo. Quell'odio bruciante, quel nervosismo insistente e quella rabbia decisamente palpabile si erano di nuovo impossessati di lui. Non era mai stato un tipo troppo amorevole, doveva ammetterlo, ma da quando stava con Zaira si era un po' calmato. Le sensazioni che aveva provato quando aveva scoperto di Jason erano nulla in confronto a ciò che stava effettivamente sperimentando sulla pelle in quel momento. Gli sembrava di esplodere, e probabilmente gli sarebbe venuta la febbre da cavallo anche solo per l'agitazione che aveva in corpo. Quel ragazzetto voleva non solo agire alle sue spalle, ma oltretutto approfittarsi di una donna inerme, sola e decisamente fuori di sé. Si notava chiaramente che Zaira aveva preso qualcosa, e sperò che fosse solo alcol. Inoltre, quella era la sua donna, non una tizia comune. Avrebbe potuto sfogare le sue voglie malate su qualsiasi altra persona, lì dentro, eppure aveva scelto la rossa: l'affronto gli pareva decisamente personale. Probabilmente, comunque, il ragazzetto si accorse della rabbia che ormai infiammava le iridi di Dastan, perché spalancò la bocca ed indietreggiò appena con la schiena: sapeva di essere in trappola, e anche di essere spacciato. Il primo gesto che al Vigilante venne istinivo fu di afferrarlo per la blusa, ed effettivamente così fece. In un balzo, l'Orso del Nord -perché quello era diventato- gli si fece vicino, strattonandolo così forte da lacerargli la maglia. Lo scaraventò a terra, facendogli battere la schiena e la testa. Non si curò minimamente di Zaira, perché quello sarebbe venuto dopo. Il tizio si portò velocemente una mano dove aveva sbattuto, gemendo appena. Dastan avvertì passi veloci in lontananza: probabilmente, a causa del botto, la Base si stava svegliando. Non gli importò neanche di quello. Che vedessero tutti che fine avrebbe fatto quello sporco traditore. Gli occhi del Vigilante erano fissi sulla sua faccia dolorante, ed erano così arrabbiati che neanche sbatteva le palpebre. Quello tentò di rimettersi in piedi, aggrappandosi al comodino, ma Dastan lo acchiappò nuovamente per la blusa e se lo portò vicino al volto, sollevandolo da terra. Gli era così appiccicato che sentiva il suo respiro affannoso sulla faccia. Il biondino prese le mani di Dastan cercando di aprirgliele e trovare una scappatoia, ma le dita del ragazzo erano serrate attorno al tessuto. Lo sguardo del Giusto, improvvisamente, si fece allarmato.
    « Oh, andiamo, amico! Non le avrei fatto niente! Lo giuro! » si scusò, ancora tentando di scendere da dove era. Era chiaro che stesse mentendo, e lo stava facendo di fronte ai suoi fottutissimi occhi. Era lì, lo aveva visto, e gli erano persino rimasti i pantaloni slacciati. Come aveva potuto dirgli una bugia in una situazione come quella? Aveva firmato la sua sentenza di morte. Dastan lo lasciò andare all'improvviso, gettandolo addosso al muro. Quello rimbalzò appena, gemendo di dolore a causa della schiena. Se credeva che fosse finita lì, si sbagliava. Il biondino si aggiustò il colletto, deglutendo e guardandosi attorno alla ricerca di un posto dove sgattaiolare via. Il colpo di Dastan, tuttavia, lo raggiunse dritto in gola. Il suono attutito del pugno, seguito da un gorgoglìo non propriamente rasssicurante, furono inaspettati. Qualcuno, alle sue spalle, gridò; a qualcun'altro si mozzò il fiato; altri ancora scapparono. Il Giusto caracollò a terra, reggendosi la gola in un tentativo di rimettere a posto ciò che l'Orso del Nord aveva chiaramente spostato. Anche se Dastan non lo sapeva, probabilmente gli aveva spezzato la trachea. Quello ansimava ed annaspava a terra, aggrappandosi a qualsiasi cosa pur di muoversi. Lo sguardo dell'Indipendente era serio, ormai gelido e decisamente oscuro. Qualcosa si era risvegliato in Dastan, un'ombra antica che aveva vegliato sulla sua vita fin da quando era stato ammesso nell'Esercito. Il vecchio Dastan Dauthdaert, quello che aveva ammazzato Jason a suon di pugni, aveva scavalcato l'altro Dastan, quello nuovo che stava per diventare un marito, e si era impossessato del suo corpo. Il biondino si accasciò vicino al davanzale della finestra, e ciò non fece altro che fomentare il Vigilante: era nella posizione perfetta per una morte rapida ed indolore. Certo, stava soffrendo, ma quella parte se l'era meritata. Con un ultimo, forte calcio, l'Orso del Nord sfondò il cranio del malcapitato, che cominciò a grondare di sangue ed bagnare il pavimento. Un grido più forte degli altri si levò all'improvviso, poi qualcuno scappò via. Avvertì la voce di Ronald richiamare i Vigilanti ed afferrarli per portarli via. Poteva sentire benissimo il rumore della stoffa delle bluse che veniva sfregata, il suono delicato della pelle che tocca altra pelle. Il silenzio che regnava lì dentro era irreale. Il corpo del biondino emettiva gorgoglii ed altri rumoracci, probabilmente dovuti alla ferita alla testa, eppure Dastan non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. L'aveva fatto di nuovo. Aveva ammazzato una persona, un ragazzino. Un maledetto ragazzino. Come poteva essere così duro con se stesso e con gli altri? Ma soprattutto, che tipo di padre sarebbe stato? Non era un brav'uomo, e probabilmente mai lo sarebbe diventato. Non era un buon esempio da seguire, né per dei bambini né per i ragazzetti della Base, che ora lo fissavano con un'espressione terribilmente scioccata. L'Orso del Nord si voltò lentamente verso di loro: era pulito, perché nessuno schizzo di sangue l'aveva raggiunto. Eppure, si sentiva tremendamente sporco. Si domandava spesso perché certe sensazioni non lo raggiungessero prima che facesse qualche cazzata, ma si era anche risposto da solo: la rabbia lo acciecava. Dastan arrabbiato era qualcosa di imprevedibile, di oscuro e di crudele. Non era in grado di distinguere tra chi doveva vivere -anche solo per diritto, come i ragazzini, che avevano ancora una vita davanti- e chi invece sarebbe dovuto morire per forza. Ronald aveva gli occhi sgranati ed uno sguardo tremendamente allarmato, ma era solo. Zaira era ormai priva di sensi, e fu lieto della cosa. Improvvisamente, l'espressione di Dastan cambiò e si fece triste. Quando raggiunse nuovamente gli occhi di Ronald, piangeva. La stanchezza della giornata e l'adrenalina erano crollate addosso a lui all'improvviso, facendogli rendere conto di che cosa diavolo fosse successo. Il moro gli si avvicinò, abbracciandolo all'improvviso e sconvolgendolo.
    « Ma cosa hai fatto, Capo? Cosa hai fatto? » gli chiese, sussurrando. Anche lui piangeva come un ragazzino. Sapeva quanto quel tipo gli volesse bene, e faticava ancora a capire perché. Entrambi si sfogarono in quel momento, lasciando che le lacrime gli rigassero le guance. L'Orso del Nord piangeva in silenzio, senza neanche singhiozzare, mentre Ronald non sembrava in grado di trattenersi. Dopo tutto quello che gli era successo, d'altronde, non poteva biasimarlo. Gli ci volle qualche minuto per ristabilirsi e per asciugarsi le lacrime, ma nessuno dei due disse nulla. Dastan si sentiva stordito, terribilmente stanco e triste. Il moro aveva tacitamente deciso di occuparsi del corpo, e fu lui a sollevarlo e portarlo via. L'Orso del Nord, invece, si mosse verso Zaira, inginocchiandosi vicino a lei. Sembrava dormire nella più totale tranquillità, ed il suo gesto più istintivo fu di avvicinare l'orecchio alla sua bocca e sentire se respirasse. Fortunatamente, la rossa era nel mondo dei sogni. Rimase lì ad osservarla senza fare nulla per qualche minuto, come se non l'avesse mai vista prima di quel momento. Alla fine, poi, allungò una mano tremante e le carezzò appena una guancia con le dita. Le si avvicinò, poggiando il viso contro il suo e carezzandogli i capelli con la mano. Le dette un bacio leggerissimo sulla bocca, poi si alzò e la prese in braccio. La portò nella sua stanza e la mise sul letto, coprendola con una copertina. La guardò di nuovo, poi uscì fuori dalla Base ed i suoi passi si persero tra gli alberi. Gli sfuggiva ciò che faceva, e si accorse di non rendersi neanche conto delle sue azioni. Era come se un qualche automa lo stesse guidando. Si ritrovò qualche ora dopo seduto su un tronco, con le nocche disastrate e gocciolanti di sangue.
    Dastan Dauthdaert @
     
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