Is it possibile that I remember you?

confine tra Indipendenza e Giustizia, 14 Febbraio 102 PA

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    warlock • male, born 2.06.82 PA •
    Il cavallo bianco che aveva preso in affitto alla stalla di Douglas era davvero un bell'esemplare. Aveva la criniera morbidissima ed i muscoli scattanti ed allentati. Era arrivato con circa una mezz'ora d'anticipo grazie a quel bellissimo animale, che tra l'altro si chiamava Flame, fiamma. Il giorno prima era stato chiamato mentalmente da un suo conoscente, Matthew -uno Stregone- che gli aveva detto chiaramente di aver trovato gli ingredienti che servivano ad Ebony per un incantesimo di teletrasporto più veloce. L'avrebbe testato una volta preso tutto ciò che gli occorreva, ma la casa di Matt distava ancora un giorno di cammino. Per questo aveva deciso di trovare un posto dove stare per quella sera. Sapeva che non era bene fermarsi nei locali dei confini perché erano pieni di brutti ceffi, di Vigilanti in cerca di botte e Stregoni ubriachi ed orgogliosi dei loro poteri praticamente assenti a causa dell'alcol, ma la stanchezza aveva preso il sopravvento. Oltre la collina che aveva alle spalle c'era ancora una sfera aranciata di sole, ma davanti a lui la notte nera cominciava a farsi strada. Inoltre, faceva un freddo cane e non si sentiva più le orecchie. Non appena vide un cartello di legno con la scritta "Stanze in affitto" smontò da Flame e prese le briglie con la mano sinistra, camminando lentamente verso la piccola taverna/hotel. Osservò per una manciata di secondi il locale con occhio critico, valutando i pro ed i contro e soprattutto cercando di capire se fosse pericoloso o no. Davanti all'edificio quasi fatiscente c'era una sbarra di legno per legare i cavalli, un po' di paglia ed una manciata di mele per terra. Un gruppetto di mercanti parlava ad alta voce di gemme preziose davanti alla porta dell'entrata, mentre dalla finestra del primo piano si era affacciata una ragazza seminuda che lo salutava dall'alto. Gli scoccò un bacio con le labbra, ma quando vide che Ebony non era evidentemente un potenziale cliente chiuse le finestre e si rintanò nella stanza buia. Si disse che non era malissimo, aveva visto di peggio. Si avvicinò al recinto di legno e legò Flame, assicurandolo per bene con un nodo magico. I suoi occhi si dorarono solo per pochi secondi. Quando entrò nella taverna erano già normali. Si diede un'occhiata intorno, compiacendosi del calore del caminetto poco distante. Alla sua sinistra c'era un bancone con dietro un tizio che strofinava dei bicchieri con un panno sporco, dall'altra parte invece c'erano tavolini e sedie di legno in quantità. Si avvicinò all'uomo e gli chiese quanto venisse una stanza. Quello, sputando a terra, gli rispose che una singola veniva sette monete d'oro. Gliele posò sul bancone, ricevendo una chiave con il numero 23 inciso in cambio, poi si voltò e cominciò a scrutare la sala. Prese posto vicino al fuoco, da solo, sfregandosi le mani in cerca di un po' di tepore. Doveva prima riprendersi e scaldarsi, poi sarebbe salito a dormire. Era più che sicuro che al piano di sopra non faceva così caldo.
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    Witch • Never forget who you are, for surely the world will not.
    Quando si era resa conto che la dispensa in cui riponeva unguenti, pozioni e poltiglie di vario genere era vuota, Ambërle si era disperata. Non avrebbe avuto problemi di alcun genere in altre situazioni, non sarebbe stata la prima volta che si trovava in carenza di alcune cose o di determinati ingredienti, ma quella volta era diverso: suo padre aveva contratto un brutta influenza, la quale lo costringeva al letto da giorni ormai. Marcus Labaarth era avanti con gli anni, forte nello spirito e nel corpo, ma non più come un tempo. La febbre era alta e non riusciva a dormire per via dell'incessante tosse che lo ossessionava; la situazione, in poche parole, non era delle più rosee e la mancanza della cura che faceva al caso loro la rendeva ancora più tragica.
    -Te lo prometto, mamma, starò attenta. Non ci vorrà molto, tra due giorni sarò di nuovo a casa. Tu pensa a mantenere stabile papà.-aveva detto Ambërle di primo mattino, sulla soglia di casa, a sua madre; la strega aveva deciso di andare al Nord, dove avrebbe trovato ciò che le serviva. In altre circostanze avrebbe mandato una lettera e ingredienti e preparati sarebbero arrivati in poche settimane, ma adesso non poteva permettersi di aspettare e far aspettare suo padre. Abbracciò sua madre, una donna molto apprensiva, e si concentrò: era la prima volta che oltrepassava il confine della sua Fazione, la prima volta che raggiungeva l'isola che gli uomini, un tempo, avevano chiamata Gran Bretagna. Chiuse gli occhi e si sforzò di non pensare ad altro che alla meta che avrebbe dovuto raggiungere; le bastò ricordare le nozioni apprese a scuola e le conversazioni avute con qualcuno a proposito della Fazione dell'Indipendenza, si immaginò il luogo e, in un pochissimo tempo, lo raggiunse.
    Ambërle non sapeva dove andare, a dire il vero; si affidò all'istinto e camminò per almeno un paio d'ore, fermandosi poi a rigenerarsi sulle rive di un fiume, mangiando bacche. Dopo un po' di risposo, proseguì il suo viaggio, il quale, sull'imbrunire, la portò a raggiungere una taverna, semplice struttura dalla quale provenivano urla e schiamazzi. Ambërle abbrividì; conosceva le taverne, ma non aveva mai avuto il dispiacere di dovervi passare la notte. Ma doveva farsi forza ed entrare; aveva pur sempre i suoi poteri, solo uno stregone più potente di lei le avrebbe potuto fare del male.
    Fuori dalla locanda un cavallo solitario, meraviglioso e bianco, era legato ad una trave di legno ed era intento a mangiare un po' di fieno; Ambërle lo accarezzò e la creatura la guardò, sorpresa e perplessa, poi tornò al suo fieno. La strega inspirò a fondo e più volte, quindi entrò nella locanda. Le sembrò che tutti gli sguardi fossero puntati su di lei, ma sicuramente si trattava solo di uno spiacevole scherzo della sua immaginazione. Non si prese neanche la briga di guardarsi intorno, non mostrò alcun timore ed avanzò verso il locandiere con fierezza e decisione. -Vorrei una stanza in cui poter passare la notte.-disse in tono asciutto, prendendo il sacchetto in cui aveva messo venti monete d'oro. L'uomo, un tipo decisamente rozzo nei modi e nell'aspetto, le rispose con una tremenda risata, divertito -Siamo al completo dolcezza, ma se vuoi puoi passare la notte con uno di questi gentiluomini!- Quelli intorno al bancone scoppiarono a ridere insieme al proprietario della struttura, mentre Ambërle rabbrividiva. -Siete disgustosi!- Ambërle si lasciò sfuggire un commento poco carino e poco utile, in quella situazione; le risate cessarono e il locandiere tornò a farsi serio."Ok, Ambërle, forse sei nei guai" cominciò a dirsi la strega, che cercò di rimediare al "danno". -Essia, non vi disturberò ancora, miei nobili signori. Vi chiedo solo di potermi riscaldare un po' prima di tornare fuori.- disse tutto d'un fiato. Visto come si erano messe le cose, la sua era una richiesta assurda, ma il locandiere accettò senza troppi problemi, tornando ai suoi affari. Ambërle lo ignorò e si diresse verso il fuoco, davanti al quale c'era un tale dal fisico completamente diverso da quello del resto dei presenti, il fisico tipico di un ragazzo. "Oh, bè, poco male." si disse, sedendosi davanti al fuoco scoppiettante "Ti basterà ignorare anche lui e chiunque altro solo per qualche minuto, e il gioco è fatto.
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    warlock • male, born 2.06.82 PA •
    Una ragazza era entrata in tutta fretta e con passo deiciso nella taverna, facendosi strada fra gli uomini rozzi. Non ascoltò quello che chiese né tantomento cosa rispose il barista, ma quando udì gli schiamazzi dei viandanti alzò lo sguardo. La ragazza, indignata, si faceva strada verso di lui. Lì per lì rimase impassibile, fissandola in volto. Ora che cosa voleva? Non sapeva parlare con le donne, era negato. Sembrava sempre o troppo dolce o troppo stupido, e nel peggiore dei casi entrambi. Lei si voltò all'ultimo momento e si sedette poco lontano da Daniel, cercando di scaldarsi davanti al fuoco. Sembrava frustrata, magari era successo qualcosa. Di sicuro lì non erano famosi per la loro gentilezza. Lui, prima che succedesse tutto quel trambusto, aveva poggiato la borsa di pelle marrone sul tavolo e aveva tirato fuori una piccolissima pietra nera che lo avrebbe aiutato a scaldarsi. Si ricordò solo in quel momento di averla in mano. La fissò ed i suoi occhi si dorarono per un istante, mentre mormorava « teasa ». Quella diventò improvvisamente di un rosso brillante, con varie venature arancioni. Era come una stufa portatile, solo che non durava per sempre. Se la mise in tasca, volgendo poi lo sguardo verso la ragazza. Gli sembrava di conoscerla, o almeno di averla vista da qualche parte. Ebony era timido, troppo timido per dirle qualcosa. Il fatto che lei fosse bella, poi, complicava il tutto. Arricciò le labbra e si voltò verso il barista, che ridacchiava con gli altri uomini. Guardavano tutti la tipa accanto a lui. Cosa stava succedendo? Daniel aggrottò le sopracciglia, osservando la gente attorno. Puntò gli occhi sul barista ed i suoi occhi tornarono ancora ad accendersi. « Gutha » disse, a voce un pochino più forte. Quel tipo di incantesimi gli risultava ancora difficile da utilizzare col pensiero. Improvvisamente, la voce del barista gli risuonò nelle orecchie come se gli fosse seduto davanti.
    « È quella là, sì. Mi ha chiesto una stanza ma stasera sono pieno. Vai, Adam, falle vedere chi sei e portatela a casa! » dopo aver detto ciò, scoppiò in una risata sonora insieme ad un altro tizio che continuava a farsi riempire il bicchiere con un liquido giallognolo che non gli piaceva per nulla. Spostò di nuovo lo sguardo verso la ragazza, stavolta riuscendo a guardarla in volto. Non era decisamente giusto che lei viaggiasse da sola di notte. Ebony non era in grado di far innamorare le ragazze, vero, però era anche vero che il suo spirito da buon samaritano lo faceva sempre parlare per primo. Afferrò le chiavi della sua stanza e le strisciò sul tavolino nella sua direzione, contando sul fatto che avrebbe decisamente capito che le stava cedendo la camera. Sospirò, poi cominciò a pensare a dove si sarebbe accampato. Forse sarebbe rimasto nei paraggi: era quasi sicuro che lì, quella ragazza, non si sarebbe proprio dovuta fermare.
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    Le spregevoli risate dei rozzi uomini nella taverna le rimbombavano nella testa, gliela facevano scoppiare, e se non fosse stato per riprendersi un po' dal viaggio e ripararsi dall'uimidità che c'era fuori almeno per un po', di sicuro se ne sarebbe già andata.
    Vicino a lei c'era un ragazzo piuttosto semplice, anonimo in tutto, almeno nell'apparenza, e Emerald era fin troppo indignata e frustrata per prestare attenzione a lui. Ma, mentre era intenta a fissare il fuoco pensando per un momento di far divampare un incendio, notò un qualcosa che si era illuminato di una luce rossastra; ma lo vide con la coda dell'occhio e quando si voltò quel bagliore era già sparito. Ora che si era girata, però, poteva vedere in volto quel ragazzo: aveva qualcosa di familiare, le ricordava qualcuno che aveva visto più e più volte, ma non riusciva proprio a ricordare. Non era comunque quello il suo problema, se non ricordava significava che non aveva avuto a che fare con lui direttamente, perciò smise di sforzarsi a ricordare e tornò al suo fuoco.
    -Gutha.- riuscì a percepire quella parola come un sussurro, ma la conosceva perfettamente. Un incantesimo che amplificava le parole degli altri, e permetteva di poter sentire anche conversazioni lontane. Un incantesimo... Quel ragazzo era uno stregone! Nella mente di Ambërle vorticarono immediatamente mille ricordi: aveva ragione a credere di averlo visto di già, così come aveva ragione a credere di non aver mai parlato con lui. Sicuramente ogni suo ricordo era legato al periodo di apprendistato nel Bosco degli Stregoni, dovevano avere su per giù la stessa età e di sicuro era lì che si erano sempre visti. Ma lei non conosceva il suo nome.
    Ci stava ancora pensando quando percepì il rumore di qualcosa che viene fatto scivolare su una superficie e notò immediatamente le chiavi che dovevano essere di una stanza. Alzò immediatamente lo sguardo, incredula. -Io.. non..-balbettò, incapace di comporre un discorso logico. "Ambërle calmati, ricomponiti." la rimproverò la sua coscienza e lei si costrinse a darle retta. -No, ti ringrazio ma non ce n'è bisogno.-disse semplicemente, restituendogli il mazzo di chiavi; in realtà avrebbe tanto voluto accettarle e andarsi a distendere su un letto, ma non voleva né poteva privare quel ragazzo di un tale lusso. -Tu sei stato il fortunato a prendere l'ultima stanza, io mi arrangerò.-aggiunse ancora con molta calma.
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    Ebony, l'avvocato delle cause perse. Sarebbe dovuto diventare il suo slogan. Se non aiutava qualcuno -specialmente una fanciulla in pericolo- non era una buona giornata. Il fatto che ci rimettesse sempre e che poi la gente gli mettesse i piedi in testa era un altro discorso. La ragazza rifiutò gentilmente, anche se dagli occhi si vedeva che sarebbe voluta rimanere lì. Ebony le sorrise dolcemente e afferrò le chiavi, porgendogliele a palmo aperto.
    « Arrangiarmi è il mio mestiere. » le disse, allargando il sorriso. In effetti, viaggiare con Jace significava arrangiarsi continuamente, ed il suo spirito da buon samaritano non lo aiutava quasi mai a tenersi ciò che aveva. Più volte aveva dato via cibo, acqua, camere e chi più ne ha più ne metta. Gentile sì, ma al limite della stupidità. Con l'altra mano afferrò la cinta della borsa e se la mise a tracolla, alzandosi. Insomma, la ragazza aveva ben poche opzioni: prendere la chiave o prendere la chiave. Aspettava che lei accettasse con un sorriso dolce e innocente che lo contraddistingueva.
    « Prendila. » disse, dopo una piccola pausa. C'era qualcosa, in quella ragazza, che gli diceva "mi conosci". Riuscì a ricordare solo quando gli occhi di lei incontrarono i suoi: sì, l'aveva decisamente già vista. Probabilmente aveva la sua stessa età. Aveva in mente lei che camminava ed uno sguardo sfuggente, ma non ricordava affatto dove l'avesse vista. Jace sarebbe stato fiero di lui: gli diceva sempre che con le ragazze non ci sapeva fare -il che era totalmente vero, ma questa volta si era fatto valere e non era sembrato né stupido e né troppo gentile. Aveva semplicemente fatto ciò che era giusto. Il barista guardava verso di lui con un'espressione indagatrice, evidentemente chiedendosi che cosa stesse succedendo. Si sarebbe inventato qualcosa all'ultimo momento. Anche qualcuno degli uomini si era voltato con una faccia scura. Chiaro, Ebony aveva rovinato i loro piani disgustosi. Se la ragazza si fosse chiusa a chiave non sarebbe successo nulla di quello che si aspettavano. Il ragazzo sorrise soddisfatto al tipo che supponeva fosse Adam, quasi sfidandolo. Quello gli rivolse uno sguardo di fuoco e poi uscì dal locale, lasciando prima una manciata di monete sul bancone. Qualcosa gli diceva che non se l'era totalmente levato di torno. Si votlò di nuovo verso la ragazza, stavolta sorridendo solo lievemente. Sinceramente parlando, gli andava di dare una lezione a quel tizio, quindi se avesse voluto affrontarlo non si sarebbe di certo tirato indietro. Quasi nessuno capiva che era uno Stregone ad una prima occhiata, e ciò gli forniva quindi un vantaggio non indifferente.
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    Witch • Never forget who you are, for surely the world will not.
    Due grandi forze lottavano dentro di lei, facendo un gran rumore e confondendola. Una delle due era per il "ringrazia e vattene via" e l'altra per il "si ragionevole e prendi quella chiave" e Ambërle non sapeva a quale delle due forze affidarsi. Certo, accettare quella chiave avrebbe significato tantissimo, ossia non passare la notte fuori, con tutta quell'umidità, e sopratutto non rischiare di incorrere nei Vigilanti; non sapeva dove si trovasse di preciso, ma qualcosa le suggeriva che in quella zona c'erano diverse pattuglie, il che non era un bene. Ma Ambërle si conosceva e sapeva perfettamente che, nello stesso momento in cui avesse accettato la chiave della stanza, se ne sarebbe pentita.
    "Ooh, al diavolo!" si disse. Si aprì in un timido sorriso e prese le chiavi dalle mani del ragazzo, quindi prese il sacchetto con le monete. Almeno quelle gliele doveva. -Dimmi quanto ti è venuta, voglio poterti ringraziare almeno in questo modo.-disse in tono estremamente garbato e gentile, continuando a fissare quel ragazzo. Quei lineamenti dolci, lo sguardo tenero così come il sorriso... Chi era quel ragazzo? Lo doveva sapere, perché se era uno stregone della sua stessa età, di sicuro lei conosceva il suo nome. Ma in quel momento, non c'era nulla che glielo rammentasse.
    Poi Ambërle guardò nella stessa direzione in cui guardava lui, notando gli sguardi non proprio amichevoli della gente intorno a loro; lo sconosciuto doveva aver sentito qualcosa di poco piacevole, quindi aveva deciso di darle le chiavi. Si, Ambërle arrivò a quella conclusione, sicura che fosse quella esatta: gli sguardi non mentivano, né lei era una sciocca sprovveduta. In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per riuscire ad entrare nelle menti di coloro che la circondavano e scoprire che genere di trattamento avevano in mente di riservarle. Notò anche lo sguardo di sfida lanciato da un uomo che usciva a quello che, doveva dirlo, era il suo salvatore. Istintivamente, Ambërle chiese -Lo sguardo di quell'uomo non mi piaceva.- In verità quello doveva essere solo un pensiero che, come al solito, si trasformò in parole; si, perché Ambërle non sapeva stare zitta, quando si agitava un po'. Come previsto, si pentì di aver accettato le chiavi, e tentò di ritrattare -Senti, non voglio che tu passi guai con quei tizi lì a causa mia. Ho le armi giuste per difendermi come si deve.-non voleva ancora dire di essere una strega, non si fidava troppo di dirlo in quel luogo, dove chiunque avrebbe potuto sentirla. Avrebbe perso l'effetto sorpresa, e lei, come le altre streghe e gli stregoni, non poteva permettersi di perderlo.
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    warlock • male, born 2.06.82 PA •
    La ragazza si alzò e lo fronteggiò, tirando fuori una sacchetta con delle monete. Gli disse che voleva pagarlo perché per lei era un modo per ringraziarlo. Ebony aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, rifiutando gentilmente. Non poteva accettare soldi da una donna. Non era un maschilista o che altro, solo che gli sembrava brutto. Magari poteva trovare un altro modo per non farla sentire in debito. Doveva cercare di esprimersi senza sembrare un ragazzo dalle idee abbastanza chiare in fatto di donne. Le sorrise, guardandola negli occhi. Sì, era sempre più sicuro di averla già vista. Ricordava i lineamenti e lo sguardo, per non parlare della pelle chiara e le labbra carnose.
    « Dai, facciamo che domani mattina ci ritroviamo per colazione e offri tu. » le rispose, ridacchiando. Ovviamente non l'avrebbe mai fatta pagare, ma almeno era un modo per rimandare l'imbarazzante questione dei soldi -e per rivederla ancora. Hey, forse stava cominciando a capire come funzionavano le donne. Ebony non era ricco, ciò era chiaro, ma vivendo da solo ed essendo uno Stregone non poteva lamentarsi. Molte cose se le procurava con la magia e non aveva bisogno di comprarle, come per esempio la carne. Daniel cacciava quotidianamente, ormai senza troppa fatica. Gli bastava guidare una lancia con gli occhi per uccidere qualche preda. La ragazza seguì il suo sguardo e notò quello che gli rivolse Adam, o almeno credeva che si chiamasse così. All'improvviso il volto di lei si scurì e disse che non le piaceva per niente l'espressione del tipo. Tentò persino di ridargli le chiavi, dicendogli che aveva le armi per lottare con decenza. Ebony si mise una mano in tasca e toccò la pietra, ravvivandola di nuovo. Gli sarebbe servita, lì fuori.
    « Non passerò nessun guaio, non preoccuparti. » le rispose. Come farle capire che ce l'avrebbe fatta anche contro più uomini? Chiuse la mano destra a pugno e la portò davanti a sé, fissandola. I suoi occhi diventarono dorati per una frazione di secondo, poi Ebony aprì la mano: nel suo palmo era comparsa una pietra identica a quella che aveva in tasca, solo che questa aveva una forma che ricordava quella di un fiore. Sì, sapeva evocarle con poca difficoltà, visto che da piccolo si era esercitato moltissimo. Amava il calore, e di conseguenza amava quelle pietre. La porse alla ragazza, sorridendole senza scoprire i denti. Le aveva fatto capire che era uno Stregone con uno stratagemma molto affascinante. Magari poteva vantarsene con Jace, più avanti. La pietra si accese e diventò rossa, con delle bellissime venature arancioni. Ebony guardava la ragazza negli occhi, aspettando che accettasse il regalo. Forse, sapendo che era uno Stregone, si sarebbe sentita più sicura.
    « Rimarrò nei paraggi, in caso ti servisse qualcosa. » disse. Forse si stava sbilanciando un po' troppo, ma in fondo avrebbe dovuto comunque aspettare il giorno per ripartire verso la casa di Matthew. Nel frattempo poteva anche fare il dongiovanni con una ragazza, no?
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    Witch • Never forget who you are, for surely the world will not.
    No, Ambërle non avrebbe mai avuto fortuna, sono sarebbe mai riuscita a ripagare quel debito. perché le persone erano così, lei in primis avrebbe adottato il medesimo comportamento dello sconosciuto. Sospirò e poi rise alla battuta del ragazzo. -Sappi che ti verrò a cercare per pagarti la colazione!-gli rispose, anche lei con un semplicissimo sorriso. Bè, se lui preferiva farsi offrire solo una semplice colazione a lei andava bene, quanto meno si sarebbe sentita meno in colpa; ma almeno quella gliela doveva, e l'avrebbe cercato nell'intera fazione se fosse stato necessario.
    Ambërle cambiò immediatamente idea quando vide lo sguardo che un uomo lanciò al ragazzo; no, non poteva lasciarlo andare. Però anche in quel caso non ebbe fortuna, poiché lo sconosciuto si rifiutò di nuovo, senza neanche aver sentito, o compreso, ciò che lei gli aveva detto riguardo il fatto che avrebbe saputo cavarsela là fuori. "A meno che tu non incontri uno stregone più potente di te, e allora sono guai!" le ricordò la sua coscienza, ma la strega la mise a tacere dal momento che il ragazzo fece una magia. Lei sapeva già cosa fosse lui, ma avere una conferma non faceva mai male. Guardò incantata la pietra rosso-arancio a forma di fiore nel palmo della mano di lui. Anche lei con quei trucchetti era piuttosto abile, anche se preferiva le pietre azzurre per rinfrescarsi durante la stazione calda. La strega evitò di compiacersi davanti a lui del suo ottimo udito ed istinto, così si limitò a dire -Grazie.- e, molto timidamente, prese tra le mani la pietra calda.
    -Prometto che farò in modo di farti passare una notte serena!-scherzò lei, quindi abbassò lo sguardo. Era ora di separarsi, le sembrava più che chiaro, ma l'idea che quel ragazzo potesse incorrere in qualche guaio, là fuori, solo per colpa sua, non le andava di certo a genio. -Bè... Allora ci si vede domani mattina per la colazione!-gli ricordò, sforzandosi di sembrare tranquillizzata dalla consapevolezza del suo essere un mago, quindi gli sfiorò una guancia con le labbra e, rossa in volto anche più della pietra che teneva stretta tra le mani, se ne andò. Sulla chiave c'era il numero 23 e lei si mise a cercare la stanza corrispondente, trovandola subito. Entrò, immergendosi in un ambiente buio; -Éadrom-sussurrò, e subito la luce di una lampada ad olio sprigionò nella nella stanza. Ambërle entrò e chiuse la porta, guardando immediatamente dalla finestra, osservando il ragazzo che la aveva offerto la camera andarsene chissà dove nella foresta. La strega sospirò di nuovo, chiundi si allontanò dalla finestra e guardò la porta. -Daingean-pronunciò; adesso quella porta non sarebbe stata aperta neanche con un ariete scagliatogli contro. Si mise subito nel letto e cercò di dormire.
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    Non appena la ragazza -della quale non sapeva neanche il nome, tra l'altro- afferrò la pietra e lo ringraziò, Ebony si sistemò la borsa addosso e le rivolse un sorriso. Gli disse che gli avrebbe fatto passare una notte serena, ma dubitava seriamente che dipendesse da lei. Qualcosa gli diceva che quell'Adam era fuori ad aspettarlo. Lei gli disse poi che si sarebbero visti il giorno seguente per la colazione -dubitava anche di questo- , ed a quel punto Ebony stava per salutarla, ma la sconosciuta si sporse e gli sfiorò la guancia con le labbra, lasciandolo come un imbecille. Ebony era rimasto immobile a fissare la parete della taverna, mentre quella era schizzata via alla velocità della luce. Bene, non si sapeva chi dei due fosse più timido. Decisamente un buon inizio: cercare di far comunicare due timidi era come tentare di farlo con un muto ed un cieco. Sospirò, superando i tavoli di legno e le sedie sgangherate della taverna. Passò anche davanti al bancone, quando avvertì una mano piazzarsi sul braccio e stringerlo con moderata forza. Daniel si voltò, scoprendo di star guardando in volto il barista. Aveva uno sguardo serio, quasi preoccupato. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, strattonando il braccio e liberandosi della presa dell'uomo all'istante.
    « Stai attento, ragazzo. Non è bene avere Adam Tower come nemico. » gli disse, fissandolo negli occhi come se volesse bucarglieli con il pensiero. Ebony si ritrovò ad essere un po' in soggezione. Prese un bel respiro e portò ancora le mani alla cinta della borsa, sistemandosela sulle spalle. Era un gesto abitudinario, ormai era chiaro. Il fatto che fosse anche un po' nervoso, poi, accentuava questo suo vizio. Non rispose al barista, anzi, uscì immediatamente da quella taverna troppo calda e impestata di odore di fumo, di birra e di sudore. L'aria fredda lo colpì all'istante, costringendolo a prenderne una bella boccata. Inspirò, chiudendo gli occhi, poi espirò e cominciò a scaglionare l'orizzonte con gli occhi. Doveva trovare un posto dove poter dormire. Innanzitutto doveva riprendersi Flame. Avanzò di qualche passo e lo cercò con lo sguardo, ma il cavallo non c'era. Ebony spalancò gli occhi, allarmandosi all'istante. Quel bastardo gliel'aveva rubato. Con uno scatto iniziale cominciò a correre, guardandosi freneticamente attorno. La borsa gli sbatteva sul fianco e la cintura piena zeppa di utentili produceva un rumore piuttosto buffo contro di esso. All'improvviso, individuò la figura di Flame poco lontano, legato ad un albero. Il cavallo aveva uno squarcio lungo tutto il fianco sinistro. Il sangue scuro colava così velocemente dalla ferita che l'animale si stava come accasciando a terra lentamente. Ebony accorse all'istante, appoggiando la borsa a terra e cominciando a carezzare Flame per tentare di tranquillizarlo. Quello, invece, si era agitato di più. Impose le mani sulla ferita e si concentrò, cercando di fargliela rimarginare. L'animale si muoveva velocemente, come per fuggire da quel dolore. Nitriva forte e tentava di tirare via la corda a cui era legato, ma ovviamente non ci riusciva.
    « Stadanna an fhuil! » urlò, senza curarsi di chi poteva sentirlo. Se solo fosse successo qualcosa a Flame... non se lo sarebbe mai perdonato, così come non avrebbe mai perdonato quell'Adam Tower. Gli importava poco se era un tipo temibile: l'avrebbe cercato e l'avrebbe fatto fuori, magari con l'aiuto di Jace o di Kian. La ferita si accese di un arancione quasi rassicurante. L'animale si immobilizzò, continuando però a sbuffare con disapprovazione. Il taglio, che tra l'altro era profondo, stava cominciando a rimarginarsi. Ci sarebbe di sicuro voluta tutta la notte prima che il cavallo si riprendesse e lo squarcio non si vedesse più. Poggiò le mani sulla groppa di Flame e lo carezzò, cercando di tranquillizzarlo.
    « Buono. Suaimhneas. » gli sussurrò, infondendogli un po' di calma con un incantesimo. L'animale scalciò ancora qualche volta, poi decise che effettivamente non ce n'era motivo. Sicuramente non sentiva più dolore. Ebony sospirò, lieto di essere arrivato in tempo. All'improvviso, una voce dietro di lui ruppe il silenzio.
    « Uno Stregone rubacuori, eh? » chiese Adam Tower.
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    Ambërle dormì veramente poco in quella stanza, probabilmente dieci minuti o poco più, ma soprattutto non dormì serenamente. Il suo sonno fu tormentato dal volto sorridente dello stregone che le aveva ceduto la stanza, la cui espressione veniva straziata all'improvviso, senza sapere come; poi, nel suo incubo, era apparsa una lama e poi aveva udito la tremenda risata di qualcuno che lei non riusciva a vedere. Ambërle assisteva impotente a quel massacro, urlando senza che nessuno potesse sentirla, senza che neanche lei potesse sentirsi. Poi apparve la il volto di Adam, contorto in un'agghiacciante risata, e lei si svegliò di soprassalto. Grondava di sudore nonostante non facesse affatto caldo, aveva il respiro grosso e probabilmente anche un'espressione totalmente sconvolta. I suoi sogni erano rari, ma quando li aveva non c'era nulla da fare: i suoi sogni si avveravano sempre, nel bene o nel male, ecco perché Ambërle era, adesso, più agitata di quanto non lo fosse stata di sotto.
    Fortunatamente si era messa al letto tutta vestita, così prese solo il lungo mantello viola, lo indossò e poi si avviò alla porta. -Conlán-pronunciò, facendo spalancare la porta e richiudendola immediatamente con lo stesso incantesimo usato non appena era arrivata in quella stanza. Uscì velocemente, lasciandosi dietro le occhiate curiose e i mormori dei presenti intorno al bancone. L'aria della sera era ghiacciata ed Emerald dovette stringersi bene attorno il mantello, per cercare di riscaldarsi il più possibile. Camminò a passo spedito seguendo l'unica strada a disposizione, e quando arrivò al bivio disse -Rianta- e sul terreno apparvero dei leggerissimi aloni a forma di impronta; il gentilissimo sconosciuto doveva essere passato di lì, e lei seguì quelle tracce. C'erano, però, più tracce diverse, orme e zoccoli di cavallo, così Emerald dedusse che c'era qualcosa che non tornava in quella storia, motivo per cui proseguì con estrema cautela. E la prudenza le dette ragione. Si stava avvicinando ad un punto impreciso della strada e il suo acutissimo senso dell'udito captò parole dal tono poco amichevole. Ambërle si nascose dietro un cespuglio e cercò di mettere a fuoco le due figure scure, illuminate solo nei contorni dalla luce lunare; ma lei non aveva dubbi: davanti aveva il ragazzo della taverna e l'uomo che, se pur silenziosamente, gli aveva giurato vendetta.
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    Si voltò lentamente verso Adam, guardandolo con uno sguardo d'odio. Non avrebbe dovuto toccare il cavallo, non c'entrava nulla con lui. Non era suo, tantomento si erano scontrati durante un duello. Era stato solo con colpo basso. Lo fronteggiò senza problemi, scoprendo che lo superava anche di una manciata di centimetri. Certo, quello era più piazzato e nascondeva una mazza chiodata appesa alla cintura, ma Ebony era comunque uno Stregone. Adam soppiò in una risata untuosa e amara, che lì per lì sembrò essere persino vera. La velocità con la quale tornò serio, però, la diceva lunga. Lo fissò negli occhi e portò una mano al manico della mazza, credendo che Daniel non l'avesse visto. Il ragazzo, dal canto suo, si era accorto persino delle foglie che si muovevano, ma credeva che fossero i suoi rinforzi. Magari aveva un paio di scagnozzi alle calcagna che si accertavano se ci stirasse le zampe o meno.
    « Povero ragazzo, venire sfigurato così giovane... » disse Adam, scuotendo la testa. Ebony fece appena in tempo ad aggrottare le sopracciglia: l'uomo aveva sfilato l'arma dalla cintura e l'aveva scagliata in aria. Daniel scattò e si abbassò, rotolando di lato. La mazza chiodata lo prese in pieno dietro alla schiena, sulla clavicola, ma non gli faceva male -almeno in quel momento. Quando tirò su la testa vide Adam che teneva l'arma con due mani, dietro la sua testa. Stava per spaccargli il cranio. Si concentrò su di essa ed i suoi occhi si dorarono.
    « Titim » sussurrò. In un attimo, l'uomo si ritrovò a scagliare l'aria addosso ad Ebony. L'arma gli era caduta di mano e lui non se n'era neanche accorto, per quanto era invasato. Il ragazzo alzò una gamba e calciò l'addome del tipo con tutta la forza che aveva, facendolo cadere a terra con la schiena. Daniel si alzò in fretta e impose una mano sull'uomo, fissandolo.
    « Aon aer. » sussurrò ancora. Adam si portò le mani al collo e cominciò a respirare a fatica, come se qualcuno lo stesse strangolando. Non l'avrebbe ucciso, no: Ebony non era cattivo. Voleva solo dargli una lezione. Gli occhi dorati dello Stregone fissavano quelli porcini e spaventati dell'uomo, che intanto era diventato tutto rosso. Ebony lasciò cadere il braccio lungo il fianco e Adam ricominciò a respirare, alzandosi a sedere. Tossicchiava e inspirava a pieni polmini, cercando di riprendersi in fretta. Riuscì ad alzarsi e cominciò a correre nella direzione opposta rispetto a quella da dove era venuto. L'uomo passò persino davanti al cespuglio che si era mosso ma non successe nulla. Forse se l'era solo immaginato.
    Il dolore arrivò tutto insieme. La spalla gli bruciava terribilmente. Chinò la testa in avanti e strizzò gli occhi, portando istintivamente la mano destra sulla spalla. Non era proprio il punto esatto della ferita, ma non sarebbe mai potuto arrivare fin là dietro. Il giorno dopo si sarebbe fatto curare da Matthew, era solo questione di tempo. La sua clavicola sinistra stava di sicuro sanguinando, poteva sentire le goccioline fargli il solletico dietro alla schiena. Sospirò, camminando lentamente verso Flame. Ora cavallo e cavaliere erano in convalescenza. Quella ferita gli bruciava dannatamente: non era normale. La vista gli si appannò persino. Aveva sentito parlare di armi imbevute di veleno, ma non pensava che lo facessero anche con le mazze chiodate. Ebony tentò di reggersi al cavallo, ma cadde rovinosamente a faccia a terra, svenuto.
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    Ambërle aveva camminato più in fretta che poteva, ma non era riuscita ad arrivare in tempo. Dal suo nascondiglio poté "godersi" la battaglia tra lo stregone e il tozzo uomo che lo stava sfidando. La luce della luna delineò i contorni di quella che sicuramente era una mazza chiodata che si scagliava contro il giovane mago, colpendolo. Ambërle trattenne a stento un urlò, gli occhi fuori dalle orbite e il cuore in gola; la mazza sembrava aver sfiorato il ragazzo solo di striscio, visto come fu pronto a reagire, usando la magia: l'arma cadde a terra e l'uomo fu colpito da un calcio ben assestato, quindi, con l'ausilio di un altro incantesimo, lo stregone cominciò a strangolarlo. La ragazza temette davvero che quella fosse la fine per il malcapitato sfidante, ma il ragazzo riuscì a fermarsi in tempo, dando all'altro la possibilità di fuggire. L'uomo sfrecciò davanti al cespuglio in cui Ambërle era nascosta e lei, istintivamente, si ritrasse; sicuramente quello non avrebbe avuto il coraggio di fermarsi né tanto meno si sarebbe accorto di lei in quella frettolosa fuga, ma per una questione di sicurezza personale, lei si nascose ancor di più, meglio che poté. Attese un po' per essere sicura che lo stolto non ci avesse ripensato e avesse deciso di tornare a morire, quindi si sporse un po' per vedere al di là del cespuglio. E con orrore, notò che il ragazzo cominciò a vacillare, quindi lo guardò cadere, impotente.
    Di nuovo, Ambërle represse un urlo, ma i suoi occhi si riempirono di lacrime: se quel ragazzo fosse morto, lei non se lo sarebbe mai perdonato. Uscì con un balzo quasi prodigioso da quel suo nascondiglio, spiccando una corsa velocissima verso di lui. Gli si inginocchiò accanto, cercando di farlo rinvenire in qualche modo, il panico che si stava impossessando di lei. Poi, la strega mise a fuoco una macchia scura all'altezza della spalla ed intuì che la mazza aveva colpito il ragazzo proprio in quel punto. Si toccò addosso alla ricerca di qualcosa con il quale tagliare la maglia dallo spesso tessuto, ma la ricerca ebbe esito negativo, quindi mormorò -Gash- e sulla maglia si aprì uno squarcio. La luce non aiutava la strega a capire l'entità del danno, era tutto troppo buio; e soprattutto era freddo. Disperata, cercò di concentrarsi e pronunciò Tine- con il palmo della mano aperto; immediatamente, con una scintilla, un fiamma apparve sul palmo della sua mano e Ambërle la usò per cercare di far luce: la ferita aveva uno strano alone nero bluastro e la strega dedusse che non si trattava di una semplice ferita da arma, ma di un avvelenamento. Non avrebbe saputo cosa usare contro quel veleno, dal momento che non lo conosceva, e anche se avesse saputo come curarlo, di sicuro il veleno sarebbe entrato in circolo prima e allora per il ragazzo sarebbe stata la fine.
    La fiamma sulla sua mano si affievolì velocemente e poi scomparve. Ambërle cominciò ad inspirare a fondo e pensare; doveva tentare qualcosa, qualsiasi cosa, per salvarlo. -Íonaithe ó ghoimh-disse, imponendo entrambe le mani sulla ferita del ragazzo. Non sembrava essere successo niente, la luce lunare illuminava debolmente il corpo di lui, e lei continuava a vedere l'alone nero. Íonaithe ó ghoimh-ripeté nuovamente, per altre tre volte, e alla fine ottenne risultati: alla debole luce della luna, si vide chiaramente che l'alone intorno alla ferita cominciò a ritirarsi gradualmente, fino a scomparire del tutto. Ambërle tirò un sospiro di sollievo, lasciando finalmente i nervi di tutti il corpo liberi di rilassarsi.
    Ambërle Labaarth @
     
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    Il buio. Era tutto completamente nero. Sentiva solo qualche rumore in lontananza, forse Adam che scappava. I passi, però, sembravano avvicinarsi. Avvertì una persona inginocchiarsi accanto a lui, col fiato corto tipico del nervosismo. Dai sospiri, però sembrava una donna. Ridotto in quello stato di certo non l'aveva riconosciuta. Gli sembrava come di essere uscito dal suo corpo: non sentiva alcun tipo di dolore e neanche avvertiva le braccia o le gambe pesanti. Niente. Era estraniato da tutto. Riuscì a percepire la ragazza sussurrare qualcosa che all'inizio non capì, ma quando lo ripeté gli fu ben chiaro: era un incantesimo. Una Strega era venuta ad aiutarlo. Che fosse Elsie? O magari la compagna di Matthew. Forse gli aveva mandato un messaggio telepatico e sua moglie -sì, si erano sposati a diciannove anni- era accorsa in suo aiuto. Ricordava quanto Annabeth fosse potente con gli incantesimi di teletrasporto. All'improvviso, dunque, si sentì come risucchiato, tanto che la sua schiena sussultò appena. Pian piano cominciò ad avvertire l'odore dell'erba -che aveva in faccia, visto che era crollato come un sacco di patate- ed un bruciore terribile alla clavicola. Quello era un incantesimo istantaneo: ti curavano appunto in pochissimo tempo, però erano dolorosissimi. Lui non ne era molto capace, preferiva di gran lunga le sedute curative. Ci voleva di più, sì, ma era meno shockante. Quando il bruciore iniziò a scemare, Ebony riaprì gli occhi pianissimo, ritrovandosi riverso a terra, sotto a Flame. Il cavallo era rimasto quasi immobile dopo il suo incantesimo, ciò voleva dire che stava funzionando alla grande. Alzò la testa, tossicchiando e sputacchiando fili d'erba. La spalla gli faceva ancora male, però l'effetto del veleno era scomparso. Gli serviva solo vedere in faccia la sua salvatrice. Puntò una mano a terra e si voltò su un fianco, aspettandosi di trovare Annabeth sorridente. La sua sorpresa fu più che evidente: spalancò la bocca e sgranò gli occhi, ma poco dopo cercò di riprendersi e di dissimulare l'entusiasmo. Sì, era contento che davanti a lui ci fosse la ragazza di prima. Voleva dire che: uno, era una Strega; due, che avrebbero potuto parlare in tranquillità; tre, che le interessava, e quattro, che era ancora viva. Si alzò a sedere e lasciò che la sua testa si ambientasse un pochino a quella situazione. Era stato appena salvato da una ragazza bellissima, che tra l'altro l'aveva visto riverso a faccia a terra privo di sensi. Proprio un grande inizio, Daniel gli disse la coscienza. Rimase seduto e la guardò negli occhi, sorridendole con un misto di gratidudine e di stupore.
    « Beh... » cominciò, notando che aveva la voce roca. Gli sembrava di aver dormito per settimane. Se la schiarì, dunque, allargando un po' il sorriso. « ...grazie. » terminò. La schiena gli si incurvò un po' a causa dei nervi che si scioglievano e la ferita gli pulsò. Ebony scattò di nuovo alla posizione in cui era prima, sospirando. Chissà se sarebbe riuscito a cavalcare. Cercò di non dare a vedere che la spalla gli faceva male, guardando la ragazza negli occhi e continuando a sorriderle.
    « Hai anche un nome, Salvatrice? » chiese, arrossendo un poco sulle guance. Non era da Ebony spingersi così in là, probabilmente c'era ancora una piccola percentuale di veleno che agiva dentro di lui e lo faceva straparlare.
    Ebony Daniel Hall @
     
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    Ambërle difficilmente si cimentava in quel tipo di incantesimi. Lei era per gli unguenti preparati con tanta cura, quelli che davano una guarigione lenta e progressiva, ma pressoché efficace e infallibile. Ma i suoi maestri gliel'avevano detto più volte: non sempre si ha la possibilità di salvare le persone con qualcosa di pronto, è bene conoscere incantesimi più potenti e da "improvvisare" sul momento. E lei si era tanto applicata nel fare suoi quel genere di incantesimi, ed era a buon punto. Solo non si sentiva mai in grado di portarlo a termine fino in fondo, motivo per cui spesso e volentieri doveva ripetere più volte lo stesso incantesimo, come era appena successo. Ma ce l'aveva fatta, non doveva più preoccuparsi di nulla.
    Il ragazzo comiciò a muoversi piano piano, movimenti impercettibili che Ambërle sapeva essere esistenti solo grazie al fruscio dell'erba sotto il corpo di lui.Il giovane tossicchiò un po' e si girò su un fianco, cercando di riprendersi un po', quindi lo stupore si dipinse sul suo volto. Ambërle avrebbe voluto abbracciarlo, tanto era contenta che il peggio fosse stato scongiurato, ma si rese conto che non l'avrebbe potuto fare perché la timidezza la frenava e perché avrebbe potuto fargli male alla spalla. Lui la ringraziò con la voce un po' roca e lei sorrise debolmente, arrossendo un po', anche se con il favore delle tenebre lui non l'avrebbe vista arrossire. -Ambërle Mi chiamo Ambërle...-balbettò con un tono di voce molto debole, quasi avesse paura di dirgli il suo nome. Gli tese però la mano, poiché amava fare le cose per bene -Felice di saperti vivo!-scherzò-E tu sei?-
    Poi un brivido la percorse lungo tutta la schiena e lei si rese conto di aver freddo. -Non alzarti, sei ancora un po' debole!-lo ammonì, nonostante fosse convinta che lui sapesse perfettamente di non essere nelle condizioni per compiere sforzi. Quindi si alzò e prese qualche ramoscello caduto ai piedi di quale ramo, deponendolo poi davanti a lui; fece più viaggi, poiché non era fortissima e non sarebbe riuscita a portare troppa legna insieme. Alla fine collezionò abbastanza legna per accendere un bel fuoco, quindi si sedette comodamente e disse -Tine.- Subito si accese un fuocherello scoppiettante e lei cominciò a riscaldarsi le mani, in un silenzio imbarazzato.
    Ambërle Labaarth @
     
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    La ragazza gli rispose quasi subito, sorridendo nell'ombra e tendendogli la mano. Ebony la guardò e la strinse con delicatezza ma anche con una certa sicurezza, o almeno cercò di farlo. Non gli andava di farla preoccupare ancora per la ferita. Disse di chiamarsi Ambërle. Un nome particolare, effettivamente. Era fuori discussione che lui si presentasse con il suo primo nome, quindi si limitò a restituire lo sguardo imbarazzato e rispondere a voce bassa.
    « Daniel. » le rispose. Quasi nessuno sapeva che in realtà il suo nome era Ebony. Neanche da piccolo gli era mai saltato in mente di dirlo a qualcuno. Lo sapeva suo padre, suo fratello, Kian ed il suo Cavaliere, che però l'aveva letto per sbaglio su un documento accartocciato a casa sua. L'aveva preso in giro per settimane. Ambërle si alzò e gli intimò con voce seria di rimanere seduto a terra perché era ancora debole. Anche volendo, non sarebbe di certo riuscito a trasportare la legna. La ferita gli bruciava ancora e oltretutto aveva la spalla rintronata dalla botta, quindi gli tremava un po'. O forse era effettivamente il freddo. Si limitò ad osservarla con un sorriso dolce sul volto. La ragazza mise insieme un po' di rami secchi sparsi qua e là e poi accese il fuoco con una sola piccola parolina, la stessa che usava anche Ebony. Vedendo la legna bruciare, sorrise: poteva finalmente guardarla in volto senza sforzare gli occhi. Il fuoco, infatti, non solo li scaldava, ma li illuminava anche. Flame era sempre dietro di lui, fermo. Sbuffava qualche volta, ma niente di che. Si stava riprendendo. Riuscì ad incrociare le gambe e sistemarsi un pochino meglio, non senza avere qualche fitta alla ferita. Sospirò e allungò le mani verso il fuoco, tentando di riscaldarsi un po'. Si ricordò solo il quel momento che aveva una pietra speciale in tasca. La sfilò con un gesto veloce -con il braccio buono, ovviamente- rigirandosela tra le dita. In mano a lui sembrava abbastanza piccola, ma in realtà era piuttosto grossa. Seal ar, pensò. I suoi occhi si dorarono e la pietra diventò di nuovo rosso acceso. Se la rimise in tasca, avvertendo già un po' il tepore gentile che rilasciava. Si rivolse ad Ambërle, sempre sorridendole. Non era un sorriso esagerato, aveva solo gli angoli della bocca piegati all'insù.
    « Che coincidenza: uno Stregone ed una Strega. » disse, evidenziando l'ovvio. Si notava molto che Ebony non era in grado di fare conversazioni? Sì, lui salvava la fanciulla nella torre e la damigella in pericolo, però poi le mollava a metà strada perché non sapeva che cosa dire durante il tragitto. Una metafora forse un po' esagerata, eppure veritiera.
    Ebony Daniel Hall @
     
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