It's revolution, I suppose.

04 Giugno 102 PA - Cittadella, Fazione della Giustizia

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Non gli piacevano molto di maghi, vero, ma coloro che più detestava erano i soldati. Beffardi, sbruffoni, fanfaroni e smargiassi: ecco cos'erano. Erano umani, semplici esseri umani, eppure si atteggiavano a dei onnipotenti calatisi sulla terra per distribuire giustizia gratuita. Errato. I soldati creavano disastri e poi li risolvevano recitando la parte degli eroi senza macchia e senza paura. Aveva avuto qualche problema con uno di loro, tempo fa. A causa della loro innata passione per gli alcolici e per le donne, Iona li aveva incontrati spesso sul proprio cammino. E spesso aveva avuto risse con alcuni di loro. Non che Iona fosse il tipo da frequentare bordelli o postacci simili, lui li detestava: pagare una donna per i propri bisogni non gli andava a genio. E poi, le donne andavano spontaneamente da lui, non aveva bisogno di monete da dargli. In ogni caso, chissà per quale motivo, ogni soldato, ubriaco e non, che incontrava provava l'ardente impulso di sfidarlo in qualche rissa senza capo ne coda, tentava di spaccargli un boccale di birra in testa prendendolo in giro per chissà cosa. Puntualmente, Iona li ignorava finchè poteva, poi afferrava la prima cosa a portata di mano e gliele suonava di santa ragione. Suo padre gli aveva insegnato sin da bambino a diffidare da loro: un generale può essere severo e integerrimo, ma non c'è nulla di più pericoloso e sanguinario di una recluta. Animati dal desiderio di gloria, agivano alla cieca e senza ragione alcuna, facendo più danni che buone azioni. "Non fidarti mai, Iona. Mai. Fai da te, hai un drago, se proprio non puoi chiedi aiuto ad uno stregone ma mai ad un dannato soldato." Era suo padre Càel quello che parlava.
    In ogni caso, era stato costretto ad andarci in quella maledetta Fazione della Giustizia. Il lavoro era pur sempre lavoro e se il cliente voleva un incontro e un servizio in quella Fazione, lui doveva andarci. Certo, forse avrebbe alzato il prezzo dei suoi servigi per dispetto, ma ci era andato lo stesso. Hrones avvertiva il suo disappunto mentre sorvolavano, coperti dalla nebbiolina argentea, i boschi della Fazione. Non aveva detto nulla e Iona lo aveva apprezzato: ormai sapeva abbastanza bene che, se nervoso, il suo padrone detestava persino che lo si fissasse. Erano arrivati nella Cittadella prestabilita nella prima serata, il vento soffiava leggero eppure così pungente che un brivido percorse la schiena di Iona. Aveva salutato il suo drago, chiedendogli di rimanere al di fuori delle mura della città, sicchè nessuno potesse vederlo e fare troppe domande. Purtroppo, il suo nome si stava diffondendo. Da una parte, ciò era un bene: più la gente veniva a sapere di lui, più erano i clienti con cui entrava in contatto. Tuttavia, d'altra parte era anche un male: un mercenario doveva agire silenzioso e furtivo come un'ombra ed essere sulla bocca di tutti non era propriamente comodo.
    Scese dalla groppa del drago e lo salutò con una pacca sul lungo muso squamoso. Hrones lo aveva lasciato tra gli alberi nei pressi delle porte della città, ancora miracolosamente aperte. Nessuno doveva averli visti, nemmeno le guardie all'ingresso. Iona si incamminò per un piccolo viale fino a quando, passando per le porte, una guardia non lo fermò. Era un soldato molto giovane, persino più piccolo di lui. Lo guardava di sottecchi, tutto bardato nella sua uniforme forse troppo grande o destinata ad un commilitone più muscoloso. "Chi sei e dove sei diretto, straniero." gli intimò, a voce stridula. Iona gli lanciò un'occhiata nervosa e serrò le mascelle. "Sono Cadogan e vengo dalle Terre del Nord" mentì, "Sono qui solo di passaggio, mi dirigo a Sud per andare a trovare la mia famiglia e, dato che è ormai tardi, vorrei riposare in questa città." Il soldato parve squadrarlo dalla testa ai piedi, poi gli fece segno di andare via. Iona avrebbe tanto voluto tirargli un calcio tra le costole, ma si trattenne. Anzi, forse poteva anche essergli utile. "Soldato", lo chiamò. Quello si voltò, piuttosto seccato, rivolgendogli uno sguardo carico di noia. Iona si sforzò di non rispondergli. "Puoi indicarmi una locanda?" gli domandò. Il ragazzo parve pensarci su, poi gli indicò una piccola via alla sua destra. "Seguila fino a quando non vedi un grande posto pieno di luci. E' quella la locanda." gli spiegò. "Pieno di luci e di baldracche" rise l'altro commilitone. Iona lo fissò di sbieco voltandosi di colpo, poi ringraziati i due soldati con un cenno del capo, si mise in cammino. Era una stradina buia e tortuosa, costeggiata da alte case, l'una attaccata all'altra. A stento sarebbe riuscito a passare un carro. In lontananza vide delle luci gialle e udì degli schiamazzi. Si avvicinò con passo sostenuto, scopendo la locanda. Era una grossa struttura eretta su tre piani, enormi finestre dai vetri lerci davano sulla strada illuminandola a giorno. Accanto alla porta erano appese due lanterne e, sotto una di esse, una grande insegna di legno cigolante che raffigurava una scolorita donna con un boccale tra le mani. Iona storse il naso, ma si convinse ad entrare. Non appena aprì la porta e fu dentro, una calda ondata gli investì il viso. Un forte odore gli colpì il naso: sudore, birra, vino, fumo e cibo troppo cotto glielo fecero storcere un'altra volta. Si guardò attorno. Vi era un grosso camino sulla parete pià lontana, uomini di tutte le età si erano posti attorno ad esso. Iona vide il bancone del birraio e diversi tavoli per la sala. Era molto, anzi, troppo affollata. Ci fu però un'altra cosa che non sfuggì al suo sguardo critico. Vi erano fin troppe ragazze, fin troppo allegre e fin troppo poco vestite. Le vedeva zompettare da un desco ad un altro, facendosi palpare ora da quell'uomo, ora da quell'altro. Iona espresse un ghigno: doveva adattarsi. Aveva fame, sonno, doveva riposarsi e preferiva non farlo all'aperto. Trovò uno sgabello libero accanto al bancone, sedendosi vicino ad un vecchio puzzolente e sdentato che rideva a crepapelle ingollando grandi quantità di birra. Non era di certo l'unico. Iona si accorse anche del gran numero di ragazzi come lui, persino più giovani, in quella sala. E tutti, neanche uno escluso, con qualche fanciulla tra le braccia. Iona scosse il capo con disappunto. Detestava la Fazione della Giustizia.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar




    ◆◆◆◆◆◆

    Group
    dragons
    Posts
    8,529

    Status
    Offline
    female, human • and tell them I was alone
    Roxanne doveva decisamente cambiare aria. L'aveva anche detto a sua madre. Non ce la faceva più a stare rinchiusa in quello studio all'ultimo piano della villa, doveva vedere il sole e respirare un po' di odori diversi. Insomma, uscire. Delia aveva pensato che la sua fosse un'ottima idea, perciò l'aveva mandata dritta dritta alla taverna per fare il suo solito "servizio di recupero minorenni". Dire che la ragazza detestava quel maledetto servizio era un eufenismo. Doveva entrare sempre nelle peggiori bettole, sporcarsi o alle volte essere afferrata da ragazzetti che avevano bevuto troppo. Il loro alito impestato di alcol, poi, di certo non le avrebbe cambiato la giornata. Non voleva respirare quel tipo di aria. Al minimo accenno di protesta, però, Dalia aveva assottigliato gli occhi e l'aveva fissata come se avesse appena maledetto tutti i militari di Giustizia. Per questo Roxy aveva girato i tacchi e si era diretta verso la taverna, solo per quel maledetto motivo. Per colpa della madre. Addosso aveva un paio di pantaloni marroni di pelle conciata e pesante, una maglia verde bosco cucita su misura e con una piccola apertura a V sul davanti. Si era legata i capelli in una treccia e si era infilata i guanti prima di uscire dallo studio. Almeno non si sarebbe ritrovata con delle strane macchie. Per strada qualcuno la salutava, qualcun'altro le lanciava delle maledizioni ed altri le fischiavano dietro. A volte è difficile essere gelosi si ritrovò a pensare, camminando senza fretta. Da lontano cominciava a intravedersi la locanda, ma gli schiamazzi degli zoticoni la precedevano. Si avvicinò con un misto di emozioni: le faceva circolare un po' d'adrenalina, vero, ma a volte era davvero disgustoso. Quando aprì la porta della taverna era già l'imbrunire. I fumi dell'ambiente chiuso le arrivarono alle narici in un batter d'occhio, facendole portare una mano al naso. Entrò e si chiuse la porta alle spalle con delicatezza. Non era abituata a frequentare quei posti, di certo non poteva abbandonare le sue buone maniere solo perché era lì. C'erano altre donne, certo, ma erano delle prostitute. Delle donne di strada. Gli lanciò uno sguardo preoccupato e poi si avvicinò al bancone, affiancandosi ad un ragazzo che sembrava uscire da tutt'altro posto. Era vestito troppo bene per essere di lì. Lo fissò per un istante e poi si rivolse al locandiere, alzando l'indice e la mano guantata nella sua direzione.
    « Scusatemi, signore. Sono qui per conto dell'Esercito, sono del servizio recupero minorenni. Vi spiace se cerco di migliorare la situazione qui dentro? » gli chiese, inarcando un sopracciglio ed assumendo un'espressione acida, come per dire "ci sto anche parlando, io, con questo tizio?". L'uomo sembrava non aver afferrato ciò che Roxanne gli aveva detto, perché scosse la testa e la guardò come se avesse parlato in arabo, perciò la ragazza si limitò a rivolgergli un sorriso falsissimo ed agitare una mano in aria.
    « Oh, non vi preoccupate. La risposta dovrebbe essere , comunque. » rispose, facendo sparire il sorriso all'istante e trasformando la sua espressione gentile con una abbastanza sconvolta, dato il livello d'ignoranza che c'era lì dentro. Girò su se stessa e si avviò verso una ragazzetta mezza nuda. Non aveva di sicuro più di diciotto anni. Le si parò davanti e la guardò negli occhi, poggiandole una mano sulla spalla, ma quella sembrava assente. Oppiacei, quasi sicuramente. Roxanne si morse un labbro e sfarfallò gli occhi, ritirando la mano e strofinandola sulla sua gamba, come per pulirla. Forse non era il caso di intrattenersi con quella tipa. Si voltò e cominciò a scrutare le persone. Individuò un paio di ragazzini seduti ad un tavolo con una brocca di vino davanti, quindi li raggiunse. Almeno loro se li sarebbe potuti gestire.
    Roxanne Mumford @
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Chiese un boccale di birra al locandiere. Era un uomo sulla cinquantina, stempiato, dal ventre prominente e chiazze di sudore e vino ovunque. Iona lo squadrò disgustato, poi prese il boccale che quegli gli aveva porto e bevve la propria birra. Non era freschissima e anche piuttosto amara ma se la fece scendere giù. Avvertì un'ombra affiancarsi a lui, ma non si voltò. Lo fece quando udì la voce di una donna. Chiedeva... Cosa chiedeva di preciso? Iona non l'aveva capito. Aveva parlato di "recuperi" e di "minorenni". La guardò. Era giovane, forse poco più di lui. Minuta, magra, indossava vestiti comodi e puliti, buona stoffa; alle mani aveva guanti di pelle, ben conciati. Nessuno avrebbe parlato in quel modo ad un locandiere, Iona s'accorse che doveva essere una ragazza di un certo livello. Scosse il capo, inarcando le sopracciglia. Cosa ci faceva in una sottospecie di bordello una fanciulla così? Si disse che non erano affari suoi e che non aveva voglia di pensarci. Ingollò altri sorsi di birra e spostò lo sguardo poco distante da sè. Un ragazzino, diciotto anni forse, stava denudando una ragazza seduta su di un tavolo. Bevve altra birra e tornò a fissare la ragazza. Era sparita dal suo fianco. La cercò con lo sguardo per la sala. La vide più lontana, vicino al camino. Un gruppo di giovani la circondava mentre lei cercava di parlarvi. Finì il boccale e ne chiese un altro. Il locandiere lo guardò di sottecchi, domandandosi probabilmente se avrebbe potuto pagarla.
    Iona sbuffò e si costrinse a prendere una moneta dalla tasca dei pantaloni, buttandola sul bancone. La moneta tintinnò e il locandiere, avidamente, la afferrò e la strinse tra le dita. Se la portò alle labbra e la morse. Con un grugno la infilò nella tasca dei pantaloni. Cominciò a sorseggiare la birra con calma. Tutto attorno a sè gli uomini schiamazzavano versando vino e birra ovunque, alzando ora la gonna di quella ragazza, ora afferrandone un'altra per un braccio, ora appartandosi con un'altra ancora. Sentì un braccio stringersi attorno al proprio collo. Si voltò di scatto mollando il boccale sul bancone e liberandosi dalla stretta. Una ragazza lo fissava sgomenta, il braccio ancora teso a mezz'aria, una mano a trattenere i vaporosi capelli scuri. Iona le lanciò uno sguardo carico di disprezzo e tornò verso il bancone. Una mano si posò dolcemente sulla sua spalla, accarezzandolo appena. Iona la ignorò e sorseggiò la propria birra. "Non ti ho mai visto da queste parti. Sei uno straniero". La ragazza parlava con voce suadente e lo costrinse a voltarsi. Gli allargò le braccia e si sedette sulle sue gambe. Iona tentò di scacciarla ma lei persistette. Si accomodò sulle sue ginocchia e cominciò a giocherellare con i propri capelli. "Sei carino, sai?" gli disse, accarezzandogli il viso. Un urlo catturò la sua attenzione. Alzò il capo e guardò oltre il viso della ragazza. La giovane che aveva visto prima era circondata dai ragazzi con cui aveva cercato di parlare. Sghignazzavano allegri, chiazze di sudore e vino sulle loro divise. Soldati. Iona si alzò di scatto, facendo quasi cadere la ragazza che aveva sulle gambe. In lontananza, un ragazzo afferrò la giovane per un braccio, l'altro la prese per i fianchi. La ragazza emise un altro grido e, a grandi passi, Iona attraversò la stanza fino a raggiungerli. Si portò la mano alla coscia, nel punto in cui nascondeva il pugnale. "Credo che dovreste tornare a casa, marmocchi." esclamò afferrando da dietro la nuca di uno di quei ragazzi e, tirandogli i capelli, lo costrinse a piegarsi urlando di dolore.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar




    ◆◆◆◆◆◆

    Group
    dragons
    Posts
    8,529

    Status
    Offline
    female, human • and tell them I was alone
    Non appena si avvicinò ai due, quelli la guardarono prima spaesati, poi uno diede di gomito all'altro e ridacchiarono. Il primo biascicò qualcosa a mezza bocca, poi si alzò e le si parò davanti. La squadrò da capo a piedi con uno sguardo famelico che non rasserenava per nulla Roxanne, ma lei tentò di fare finta di nulla e posò una mano sul petto del tizio, facendolo allontanare un po'. Il suo alito puzzava di vino, ma aveva la divisa da soldato. Una matricola, probabilmente. Inarcò un sopracciglio, guardandolo dritto negli occhi umidi.
    « Potrei farvi passare dei guai. È meglio che ve ne torniate in caserma. » gli disse, con un tono di voce non esattamente gentile. Era un avvertimento, ecco. Alla fine Roxanne poteva gestirsi le matricole come meglio poteva, visto che era invischiata con queste cose. Sarebbe bastata una sola parola al generale, Garrett, che quei due sarebbero stati espulsi e poi probabilmente gli avrebbero sparato in fronte. Odiava ammettere di avere delle conoscenze nell'Esercito, eppure poteva considerarla la sua famiglia. O per lo meno qualcosa che ci si avvicinava molto. Garrett aveva un figlio Cavaliere, Steven, che per un periodo Roxanne aveva trovato interessante, però poi si era resa conto che lui non se la filava e per quel motivo aveva mollato senza neanche rifletterci un attimo. Il soldato, comunque, ridacchiò e poi le si avvicinò di nuovo, guardandola fissa negli occhi. Avvertì una presenza dietro di sé, e non fece in tempo a voltarsi che l'altra matricola le afferrò le braccia. Lanciò un grido, ma nessuno sembrava darle retta. Quella era una scena normale, lì dentro. Cercò di liberarsi strattonando il ragazzetto, che però aveva una bella presa. Non se li ricordava così forti, i soldatini.
    « Vi conviene lasciarmi andare! Io sono una Mumford! Vi faccio esiliare! » urlava, facendo forza con le braccia per cercare di liberare almeno le mani. Quello che le si era parato davanti le afferrò i fianchi e grugnì, scambiandosi delle occhiate con il compare. Roxanne continuava a minacciarli, a dimenarsi ed a cercare di venire fuori da quella situazione, ma all'improvviso quello che le bloccava le mani sparì. Non aveva notato il ragazzo, visto che quelli l'avevano afferrata, ma anche l'altro soldato lasciò la presa sui suoi fianchi quasi subito. Lo sconosciuto gli aveva detto qualcosa. Inoltre, teneva uno dei due per i capelli, mentre quello soffriva. Roxanne indietreggiò e si tastò i polsi, osservando la scena. Il tipo aveva una mano poggiata sulla coscia e fissava dritto negli occhi la matricola che era rimasta in piedi. Il militare sembrò esitare, ma evidentemente i gemiti di quell'altro lo stavano facendo innervosire. Roxy sapeva che avrebbe voluto ribattere, cominciare una rissa e tutto quanto, ma ebbe il buon senso di tacere. La ragazza lasciò cadere le braccia lungo i fianchi ed osservò il ragazzino che soffriva, aggrottando le sopracciglia. Avrebbe voluto metterci il carico da cento e dire ai tizi di andarsene perché non si stavano comportando bene, ma qualcosa nello sguardo dello sconosciuto le suggerriva solo di starsene zitta. Sembrava uno che con questo tipo di situazioni ci viveva. Deglutì e si strinse a se stessa, mordendosi un labbro. La matricola che era rimasta in piedi afferrò il compagno per la camicia verde e lo strattonò verso di sé, senza staccare lo sguardo dal tizio, poi lo trascinò fuori dalla taverna senza dire niente. Roxanne osservò la scena con un misto di preoccupazione e di sdegno. Quel posto era davvero uno dei peggiori. Sospirò e poi si soffermò a guardare lo sconosciuto. Era quello vestito bene che prima era seduto al bancone. Chissà perché si era disturbato. A questo punto era chiaro che non fosse di lì, gli altri non si erano mossi di un millimetro mentre lui sì.
    « Vi ringrazio, ma ce l'avrei fatta anche da sola. » gli disse. Non poteva mettere in secondo piano il suo orgoglio, ci mancherebbe altro. Deglutì e poi cercò di passare oltre la sua figura ed uscire una volta per tutte da quella bettola schifosa. Si accorse che qualcun'altro la guardava e si leccava le labbra con fare lascivo. Quel posto non era sicuro per niente.
    Roxanne Mumford @


    Ora sta a Iona fermarla e dirle con voce sexy "Non è sicuro qui e neanche fuori, ti seguiranno"
    P.S. Scusa per eventuali errori, ho sonno :look:
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Il ragazzino gemeva mentre lui stringeva folte ciocche di capelli biondi tra le sue dita. L'altro soldato sembrava piuttosto indeciso. I suoi occhi correvano dall'amico in difficoltà a Iona, le mani tremanti per l'alcool e il sudore che gli colava lungo le tempie. All'improvviso, parve prendere un po' di coraggio e si lanciò in avanti, afferrando la camicia del compagno e tirandolo via con sè. Iona lasciò andare la presa e i due quasi caddero l'uno sull'altro. Iona emise un ghigno leggero, soddisfatto, poi si ricordò della ragazza. Era ferma, impettita, eppure capiva che era una maschera. Ben costruita, certo, ma pur sempre una maschera. Stringeva le braccia lungo i fianchi, i suoi occhi erano troppo fissi, attenti. Era preoccupata, non necessariamente impaurita, ma preoccupata senza dubbio. Iona si chiese se non dovesse dirle qualcosa. Non era il tipo da lasciare una buona birra -e una ragazza dalle dubbie intenzioni- per correre dietro ad una fanciulla in pericolo. Però lo aveva fatto. Stava per aprire bocca, ancora incerto su cosa dire, quando la ragazza parlò, zittendolo. « Vi ringrazio, ma ce l'avrei fatta anche da sola. » disse lei con durezza. Iona la fissò di sbieco: era questo il suo ringraziamento? Lui si era scomodato mentre tutta la sala l'aveva ignorata. Lui si era alzato, aveva afferrato una matricola per capelli, si era messo contro due soldati e solo perchè loro l'avevano sfiorata con un dito e lei aveva gridato. Iona curvò leggermente le labbra, in segno di disappunto. Nessuno nella sala sembrava essersi accorto dell'accaduto. Se qualcuno aveva visto, probabilmente era stato troppo ubriaco per capire o, più sicuramente, aveva pensato si trattasse di una lotta fra uomini per il possesso di una donna ed era legito non immischiarsi. "Oh beh, immagino di sì." rispose con durezza, "Immagino che saresti riuscita da sola a far sì che quel moccioso non ti..." Ma non finì la frase. A passo svelto, lei lo aveva superato e si apprestava ad uscire dalla locanda. "Sei una stupida" pensò, "Quei due ti stanno aspettando qua fuori e di certo non per scusarsi." Fissò la sua figura farsi strada rigidamente tra gli uomini ubriachi e donne esagitate. La guardò a lungo fino a quando non scomparve nel freddo della notte chiudendosi la porta alle spalle. Gli si riavvicinò la ragazza di prima. Aveva tra le dita un lungo ricciolo nero e ci giocava contorcendolo. Lo guardò e gli sorrise sfarfallando le ciglia. Iona la guardò per un secondo, poi la scacciò in malo modo e tornò a fissare la porta. Si chiese se non dovesse uscire. "No, dannazione. Ha detto che può cavarsela benissimo da sola, no?" Eppure non era convinto. Nessun uomo in quella sala avrebbe mai sollevato un dito per lei. Nessuno.Anzi, se vi fosse stata violenza, probabilmente, qualcuno si sarebbe alzato a dare il proprio contributo o, come lo chiamava Iona, il proprio stampo. Sapeva che quei due la stavano aspettando e, quando avessero finito con lei, avrebbero aspettato lui. Le avrebbero dato il benservito, senza alcun dubbio. Forse però si sbagliava. Magari li aveva intimoriti abbastanza e loro erano tornati come bravi cuccioli alla loro base. Forse avevano inteso che quella fosse la sua donna ed erano restii a prenderla per sè. Eppure, Iona conosceva troppo bene i soldati. Balordi animali in cerca di gloria e dannatamente impregnati di insignificante orgoglio guerresco. Sospirò. Si passò una mano tra i capelli, si tastò il corpo in più punti controllando la presenza delle armi e, a grandi falcate, si diresse verso la porta. Incrociò lo sguardo del locandiere. Grugniva insoddisfatto e gli indicava nervoso lo sgabello su cui Iona era stato seduto poco prima. Iona sibilò qualcosa che il locandiere non capì e gli lanciò due monete. Andò verso la porta e la spalancò. L'aria fredda della notte lo colpì in pieno viso, il vento gelido gli fece lacrimare gli occhi. Sospirò ancora una volta, poi uscì dalla locanda chiudendosi la porta alle spalle.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar




    ◆◆◆◆◆◆

    Group
    dragons
    Posts
    8,529

    Status
    Offline
    female, human • and tell them I was alone
    Roxanne non pensò al fatto che probabilmente quelli la stavano aspettando fuori dalla locanda. Aveva pensato, ingenuamente, che avessero imparato la lezione e si fossero avviati verso la caserma. Superò quindi il ragazzo, senza guardare più in faccia nessuno e continuando a tastarsi i polsi. Gli facevano un po' male, probabilmente ci voleva del ghiaccio, nulla di che. Quando spalancò la porta, irritata, nessuno le si era parato davanti con fare minaccioso. Era un buon inizio. Il sole era calato da un pezzo, ormai, e l'aria si era fatta più rigida. Si strinse a sé e cominciò a camminare in direzione di casa sua. Non aveva intenzione di rimanere in quel posto un minuto di più. Gli si era persino scompigliata al treccia. Ormai non aveva senso lasciare così quei capelli, così la sciolse e li lasciò ricadere liberi sulle spalle. Una Strega le aveva regalato un sapone con cui lei se li curava meticolosamente, quindi le profumavano di frutta. Se ne portò una ciocca al viso ed inspirò quel delizioso profumo, mentre camminava verso la cittadella. Gli stivali battevano con passo regolare la strada, producendo l'unico rumore percepibile, eccetto gli schiamazzi che ancora si avvertivano a distanza. All'improvviso qualcosa scricchiolò dietro di lei. Roxanne si immobilizzò e si voltò all'istante, scrutando l'ambiente. Nulla si muoveva, solo finestre, luci e scale. La strada era vuota, neanche un'anima viva. Le case attorno alla strada sterrata trasmettevano un'atmosfera calda e accogliente, visto che era sera e l'unica fonte di luce erano le finestre aperte. Proseguì, voltandosi in avanti ed accelerando il passo. Improvvisamente le sembrava tutto più oscuro e pericoloso, come se su di lei incombesse una sorta di forza superiore che non poteva controllare. La prima cosa che avvertì fu la botta alla testa. Un dolore lancinante cominciò ad espandersi per tutta l'area della sua tempia sinistra. La ragazza cadde rovinosamente a terra, sbucciandosi le mani e sbattendo il braccio destro. Si sentiva totalmente stordita e non riuscì neanche a vedere chi l'aveva colpita. La testa le girava e gli occhi andavano un po' dove gli pareva, aveva la nausea e non riusciva a ragionare. Aveva preso proprio una bella botta. Istintivamente si portò una mano sul punto dolente e sentì qualcosa di bagnato. Probabilmente era sangue, poteva giurarci. Si accasciò a terra, ma qualcosa la spinse e la fece rigirare a pancia all'insù. La stavano spostando con un piede. Roxanne cercò di aprire gli occhi e mettere a fuoco la figura, ma riuscì a capire che aveva la divisa da soldato. Le sussurrò qualcosa, ma non percepì la frase. Era troppo stordita per parlare o anche solo ascoltare. Si sentì afferrare il bordo dei pantaloni di pelle e poi strappare via il bottone. La cucitura venne via con un attimo. Probabilmente era la matricola di prima che si voleva vendicare. Quindi l'aveva aspettata nascosto tra due case e poi l'aveva colpita per stordirla ed abusare di lei. Avvertì la sua figura premere contro di lei e le venne un conato di vomito. Il ragazzetto avvicinò le labbra al suo orecchio e le disse: « Io ottengo sempre quello che voglio ». Un moto di rabbia si fece spazio dentro di lei, che però non era in grado di reagire. Anche se avesse potuto, a livello cognitivo, quello le teneva le braccia ferme al terreno. Sperava che arrivasse qualcuno e li vedesse, perché non aveva neanche la forza per urlare.
    Roxanne Mumford @
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Chiunque nasca e cresca all'aperto avverte uno strano senso d'oppressione quando si aggira per le vie di una città. Le case sono troppo strette, il pavimento di mattoni troppo scivoloso, le luci troppo strane. Iona si alzò il collo della casacca, si strofinò le mani e si incamminò. Il perchè di quel gesto gli era ancora del tutto ignoto. Camminava senza meta, senza direzione, guardandosi attorno solo quando udiva un impercettibile sibilo o un rumore appena accennato. Forse la ragazza era già tornata a casa e la vicenda si era sistemata. Qualcosa però lo spingeva a continuare la sua ricerca infondata. L'aria fredda gli sferzava il viso screpolandogli la pelle delle labbra. Iona si morse quello inferiore. Camminava con una certa fretta, a lui ignota. Era come se avvertisse uno strano senso d'urgenza e si muovesse di conseguenza. Fu allora che la vide. Anzi, che li vide entrambi. Scattò in avanti con movenze feline, riducendo velocemente e con un unico balzo la distanza che li separava a grandi falcate.
    Lei era distesa sul lastricato, supina quasi, mentre lui le armeggiava addosso. Adesso si apriva la patta dei pantaloni, adesso litigava con un bottone o tentava di fare tutte le cose insieme. Iona poteva avvertire il puzzo d'alcool e sudore che quel ragazzo emanava anche da quella considerevole distanza. Ma qualcosa di diverso catturò le sue narici. Annusò l'aria. Pungente, secco, inconfondibile: sangue. Si chiese da dove venisse, poi vide il viso di lei gocciolarne lungo la tempia sinistra. Non badò a ciò che faceva, ma si buttò. Forse il ragazzo non lo vide, ma Iona fu certo d'aver giocato sull'elemento sorpresa. I suoi occhi si sgranarono mentre, impacciato, cercava una qualsiasi arma tastandosi dappertutto. Iona lo afferrò per la nuca, gli diede un forte pugno sul viso e lo mandò steso per terra con un calcio. Il ragazzo grugnì e si rialzò barcollando. Iona superò il corpo della ragazza, ancora stesa per terra, e tornò ad affrontarlo. Il tutto, questa volta, durò meno della precedente. Per un attimo, Iona pensò d'estrarre il proprio pugnale ma s'accorse che non era necessario: il ragazzo era goffo, impacciato e malfermo a causa dei fumi dell'alcool. A stento si manteneva in piedi. Gli si lanciò addosso a peso morto ma lui fu più rapido. Gli diede una gomitata tra le costole, poi gli afferrò i lordi ciuffi di capelli che gli ricadevano sulla fronte, gli sollevò la testa e gli sferrò un altro potente pugno. Questa volta, steso sul lastricato in malomodo, il ragazzo non si rialzò. Una piccola chiazza di sangue si riversò sui mattoni dal naso di cui Iona aveva sicuramente distrutto il setto. Si strofinò le mani e guardò per un attimo la figura del soldato. Poi si ricordò della ragazza. Giaceva stordita in mezzo alla via, il profilo sinistro lurido di sangue. Non aveva perso i sensi, fortunatamente, e il suo respiro sembrava regolare. Iona si inginocchiò al suo fianco e la osservò accuratamente. Il soldato doveva aver tentato violenza, constatò guardando i pantaloni della ragazza sgualciti e la chiusura brutalmente divelta. Con cosa l'aveva colpita? Un bastone, forse, ma lui non ne vedeva in giro. Afferrò il viso della ragazza e la costrinse ad alzarlo. "Riesci ad alzarti?" le chiese in un soffio.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar




    ◆◆◆◆◆◆

    Group
    dragons
    Posts
    8,529

    Status
    Offline
    female, human • and tell them I was alone
    La prima cosa che tentò di fare fu muovere le gambe, calciarlo da dietro. Insomma, distrarlo. Le ginocchia cercavano di puntarsi dietro alla sua schiena, di fargli male, ma i movimenti non erano abbastanza bruschi. Quello sembrava non essersene neanche accorto. La guardò negli occhi e le sorrise, mostrando una fila di denti bianchi e drittissimi. Non era neanche uno che queste cose le faceva tutte le sere, visto come aveva la dentatura. Era probabilmente proprio appena entrato e stava facendo tutto ciò per farsi grande davanti agli amici, ai compagni di camerata. Il suo sguardo, però, non la ingannava: c'era una scintilla di follia in quegli occhi umidi, la pupilla dilatata. Gli scappò una risata che sembrò più un grugnito, poi le afferrò il viso con una mano e cercò di baciarla. In uno slancio di volontà, Roxanne tirò su col naso e poi gli sputò in faccia prima che potesse avvicinarsi. Quello fu accecato e le lasciò il volto per pulirsi il suo, quasi schifato da quello che era appena successo. La testa conntinuava a girarle e vedeva tutto sfocato. Sperava di non perdere troppo sangue, altrimenti sarebbe morta di sicuro. All'improvviso la figura del soldato scomparve dalla sua vista. Non sentiva neanche più il suo peso sulle gambe. Avvertì diversi colpi e qualche gemito. Non aveva capito proprio nulla di quello che era successo, era rimasta sdraiata per terra a fissare il cielo stellato. Quella era una notte bellissima, non c'era neanche una nuvola. Peccato per tutto il resto. Alla fine sentì un tonfo sordo e poi più nulla. Tossicchiò, infreddolita, indolenzita e impaurita. Istintivamente cominciò a piangere silenziosamente, senza neanche singhiozzare. Al posto del soldato gli si parò davanti quello che l'aveva salvata prima. Ma cos'era, un angelo custode? Perché l'aveva seguita? E, soprattutto, perché l'aveva salvata? Lì non si scomodava mai nessuno. Probabilmente neanche a sua madre interessava niente di lei, di come stava. Lui le chiese se potesse alzarsi, ma Roxy non riuscì a rispondere. In realtà, se avesse potuto, avrebbe di sicuro steso il tizio e poi sarebbe tornata a casa. Orgogliosa com'era, non accettava neanche che qualcuno la salvasse. L'unica cosa che riuscì a fare fu scuotere un po' la testa. Ricordandosi di quello che il soldato le aveva fatto, si portò una mano davanti alla cucitura strappata dei pantaloni, constatando che le si vedevano le mutande. Era come pensava. Cercò di coprirsi alla bene e meglio davanti alla sconosciuto, anche se credeva di potersi fidare di lui. Si era chiusa su se stessa come un riccio: si vergognava. Sì, non era proprio la prima cosa a cui pensare, però lei ci teneva a queste cose. Sfarfallò gli occhi e tentò di mettere a fuoco la figura del tipo, notando che aveva i capelli scuri e un po' di barba. Non lo vedeva bene, visto che la sua visuale era appannata e molto... dinamica. La testa non voleva smettere di girarle, probabilmente a causa della botta. Era un bel problema.
    « G-grazie... » disse, con un filo di voce. Non seppe neanche se arrivò al ragazzo, ma di sicuro capì che non stava propriamente bene. Non riusciva a tenere gli occhi totalmente aperti e le veniva anche da vomitare. Sperava che lui conoscesse qualcuno da cui andare. Certamente non avrebbe potuto dirgli di portarla dal suo medico personale, il solo Stregone di cui lei si fidava, ma lui doveva per forza conoscere qualcuno. Chi non aveva un benedetto dottore? Tutti quanti, soprattutto da piccoli, avevano usufruito dei suoi servigi almeno una volta. Tossicchiò, cominciando ad avvertire sempre più freddo. Probabilmente era per via della ferita.
    Roxanne Mumford @
     
    Top
    .
  9.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    La ragazza scosse la appena la testa in segno di risposta. Iona la vide socchiudere appena le palpebre, poi aprirle lentamente e fissarlo. Con voce flebile lo ringraziò ma lui s'accorse subito che qualcosa non andava. Tremava, forse per il freddo, forse per il trauma del colpo. Iona le tastò la tempia, constatando lo stato della ferita. Un livido violaceo cominciava ad apparire sulla pelle chiara del volto della ragazza, il sangue cominciava ad essere più denso, tuttavia occorreva fermarlo in fretta. Sarebbe potuto essere peggio, il ragazzo avrebbe potuto colpirle qualche nervo o vena principale ma sembrava che ciò, fortunatamente, non fosse accaduto. La ragazza tossicchiò e rabbrividì al tocco di Iona con la sua pelle. Iona la vedeva socchiudere gli occhi sempre più spesso, sicuramente faticava a tenerli aperti a causa dello stress. Valutò cosa avrebbe potuto fare. Conosceva qualcuno che poteva aiutarla, ma questo qualcuno era almeno due fazioni distante da lì. Avrebbe potuto occuparsene lui. A causa del suo lavoro aveva ricevuto diverse botte, contusioni e ferite, anche molto gravi, ed era sempre riuscito a cavarsela. Adesso si trattava di una contusione piuttosto lieve rispetto alle sue passate, non doveva essere tanto diverso. Sarebbe bastato, per il momento, sciacquare la ferita e bendarla stretta affinchè non si infettasse, il resto avrebbe potuto farlo un erborista, un dottore o uno stregone qualsiasi. Iona sospirò e si sollevò le maniche della casacca fin sopra al gomito. Infilò le mani sotto il corpo della ragazza, un braccio sotto la sua schiena e uno sotto le ginocchia e la sollevò tenendola tra le braccia. Era più leggera di quanto si era aspettato. Mentre la teneva lì, sollevata a mezz'aria, si ritrovò a domandarsi cosa stesse facendo. Era una sconosciuta, incontrata meno di mezz'ora prima che non si era presa neanche la briga di ringraziarlo a dovere dopo che lui l'aveva tirata fuori da una situazione incresciosa. Non era il tipo da salvare damigelle in pericolo, lui, eppure non aveva un cuore di pietra e metallo. Sospirò ancora una volta e stringendola tra le braccia si ritrovò ad avviarsi nuovamente verso la locanda. Il venticello notturno gli scompigliava i folti capelli scuri, spostando ciuffi nei suoi occhi. Iona scuoteva la testa affinchè si levassero. Arrivò davanti all'edificio, ma aveva avvertito il suo puzzo e gli schiamazzi che provenivano dal suo interno già diversi metri prima. La porta era socchiusa, un fascio di luce gialla si allungava nel buio della strada. Tirò una ginocchiata alla porta, la quale cigolò violentemente aprendosi. Qualcuno lo fissò, aggrottando le sopracciglia. Qualcun'altro invece gli sorrise malevolo alludendo ad un "buon bottino". Iona li ignorò tutti e, con passo goffo e malfermo, si recò accanto al bancone del locandiere. Questi lo fissò storto mentre strofinava alla bell'e meglio un boccale. Iona avrebbe preferito non rivolgerglisi mai più, ma per forza di cose ne fu costetto. "Mi serve una camera, una qualsiasi. Ti pagherò quanto vorrai" gli disse. Il ghigno del locandiere si tramutò in uno sdentato e scuro sorriso nell'udire quelle parole. Smise di strofinare il boccale e lo mise da parte. "Mi serve anche un secchio pieno d'acqua. Che non sia lercia come questo posto." Il sorriso del locandiere si affievolì appena, poi annuì compiaciuto. "Sali quelle scale lì, seconda porta sulla destra, ci sarà tutto ciò che ti serve. Trenta monete." Trenta monete? Iona sgranò gli occhi. Era decuplo di quanto avrebbe potuto pagare una bettola nella quale dormire per poche ore. Ringhiò impercettibilmente, poi, accostatosi al bancone, riuscì a mantenere il corpo della ragazza pur infilandosi le mani in tasca e prendendo la cifra prestabilita dal locandiere. Lanciò le monete sul tavolo con disgusto, poi tornò ad afferrare saldamente la ragazza. "Mi aspetto che mi porti del cibo commestibile più tardi, o il prossimo coltello da cucina che vedrai sarà piantato nel tuo stomaco" sibilò Iona dirigendosi verso una stretta scalinata di legno semi-marcio. Ad ogni passo, i gradini scricchiolavano sinistri. Comparve in un corridoio buio e puzzolente di muffa e polvere. Scosse la testa, poi cercò la stanza sulla destra che aveva pagato fior di quattrini per quella sconosciuta.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar




    ◆◆◆◆◆◆

    Group
    dragons
    Posts
    8,529

    Status
    Offline
    female, human • and tell them I was alone
    Stava per perdere conoscenza. Probabilmente sarebbe svenuta, se il tipo non l'avesse presa in braccio. Il calore del suo corpo le diede una sensazione piacevole, facendola istintivamente rannicchiare addosso a lui. La tempia gli batteva e poteva avvertire il puzzo di sangue nei suoi capelli. E pensare che prima profumavano di frutta. Essere presa in braccio non era proprio una delle cose che le piacevano di più, visto che veniva spesso sballottata di qua e di là. Aveva la testa totalmente all'indietro, infatti poteva avvertire il braccio di lui dietro alla nuca. Le gambe ciondolavano libere, mentre il resto del corpo gravava a peso morto sul ragazzo. Non riusciva neanche a tenersi un pochino su per non farlo sforzare troppo. L'unica cosa che la teneva sveglia era il freddo, probabilmente, visto che i passi regolari e svelti del ragazzo la stavano dolcemente cullando. All'improvviso una luce dorata le invase il volto, facendole strizzare gli occhi. Erano entrati da qualche parte, perché c'erano delle voci, la musica di un violino ed un odore acre che superò persino quello del sangue. Inoltre, lì dentro faceva molto più caldo. Tutto quel tepore era una benedizione. Probabilmente il tipo l'aveva portata nella taverna di prima. Sperava che non intendesse approfittarsi di lei, ma visto che l'aveva salvata due volte ne dubitava fermamente. Tentò di aprire gli occhi e la luce proveniente dalle lampade quasi l'acciecò. Guardò il volto del ragazzo dal basso, notando come si muoveva la bocca e dove gli fiammeggiavano gli occhi. Non l'aveva mai visto, non sapeva chi fosse. La domanda restava sempre quella: perché si curava così tanto di lei? Quando si sarebbe rimessa gliel'avrebbe domandato, poteva essere certa almeno di questo. Lo sconosciuto cominciò a parlottare col locandiere -probabilmente- chiedendo una stanza. Quando si infilò la mano in tasca per pagare, Roxy venne un po' sballottata, di nuovo, poi tornò al suo posto. Il ragazzo tornò a muoversi, e dai rumori sembrava stesse salendo delle scale. Borbottava qualcosa sottovoce, forse stava maledicendo il proprietario del locale. Sì, le sembravano parole non troppo carine. Tutto quello che riusciva a vedere era il suo mento, la sua faccia ed il soffitto. Il tipo cominciò a trafficare con la chiave ed alla fine riuscì ad aprire una porta, entrando nela stanza e chiudendosela alle spalle. Bene, erano nella camera prenotata. Ora era tutto da vedere. Camminò ancora, poi la poggiò delicatamente sul letto. Roxanne avvertì la schiena mandarle diverse fitte. La testa le scoppiava, lo sguardo era ancora appannato e sperava di non sanguinare internamente. Se avesse avuto un'emorragia, beh... in tal caso sarebbe morta lì. Perlomeno erano a Giustizia. Qualcuno al suo funerale avrebbe potuto dire « Roxanne Edith Mumford, la servitrice della Fazione della Giustizia. Nata e cresciuta qui, è morta per l'ordine sociale ». Il tetto della stanza era fatto di legno, così come l'intero edificio. Temeva che una folata di vento avrebbe potuto buttare giù tutto. Tentò di spostare lo sguardo e di guardare il ragazzo, ma non lo vide. Forse era andato a prendere qualcosa o magari era uscito dal suo campo visivo. Aprì e chiuse le mani, cercando di mantenersi sveglia. Mosse anche le gambe, ma la stanchezza ed il letto le remavano contro. Chiuse gli occhi e si arrese, abbandonandosi in un sonno ristoratore. Era bello morire nel sonno, no?
    Roxanne Mumford @


    Vabbè, lei è svenuta LOL
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Iona armeggiò in difficoltà con la chiave, ma alla fine riuscì ad aprire la porta. La stanza era piccola, troppo piccola, con un solo letto al centro e una seggiola in un angolo con una candela accesa sul sedile. Il pavimento e il tetto erano in legno antico, segno che quell'edificio era in piedi da molto tempo. Ad ogni passo le assi di legno scricchiolavano sinistre. Iona si accorse che vi era parecchia polvere accatastata agli angoli della stanza, forse l'unica cosa che veniva pulita e cambiata erano le lenzuola del letto dopo che qualche cliente le sfruttava. Il letto contava di un semplice scheletro in legno, di un materasso, di due cuscini e di un numero non meglio identificato di coperte di lana. Iona adagiò la ragazza sul letto dolcemente, cercandole di non farle del male. Quando l'ebbe stesa si accorse che era ancora semi-cosciente. Le si avvicinò, domandandosi se riuscisse a percepire la sua presenza. Le spinse il volto di lato e lo espose sotto la luce che c'era nella stanza. Si sollevò le maniche della camicia e osservò la tempia grondante sangue della ragazza. Per prima cosa le prese i ciuffi di capelli impastati di sangue e glieli sollevò mettendo in risalto la ferita. Si allontanò e andò a prendere il secchio di ferro posto sotto la sedia. Vi era effettivamente dell'acqua, sufficiente per pulire la ferita. Spostò la sedia accanto al letto e pensò a trovare degli stracci per pulirla. Non ne trovò neanche uno. Decise quindi di prendere il pugnale nascosto nella fodera dei pantaloni, lungo la coscia sinistra e strappò, aiutandosi con la lama, delle strisce dalle proprie maniche facendone degli scampoli da utilizzare come stracci. Abbandonò il coltello sul materasso e immerse uno strappo di stoffa nell'acqua. Dopo che ne fu imbevuto, lo pose sulla tempia della ragazza e cominciò a lavare via il sangue con cura, sciacquando ogni tanto lo straccio o prendendone uno nuovo perchè il precedente era troppo lordo di sangue. Quando ebbe finito quel lavoro, le asciugò la fronte e le gote. La ragazza dormiva della grossa, forse a causa dello stress, forse a causa della botta che le aveva fatto perdere i sensi. Iona si chiese cosa dovesse farsene di lei in quel momento. Avrebbe potuto svegliarla e costringerla a tornare a casa propria nonostante lo stordimento. Avrebbe anche potuto tenerla lì con sè, ma dove l'avrebbe messa? Il letto era uno solo, non sufficiente per entrambi. Si morse il labbro inferiore screpolato a causa del freddo, pensando alla soluzione migliore. Ancora una volta il suo senso di pietà ebbe la meglio. Infilò un braccio sotto la schiena della ragazza, la sollevò quando bastava per sfilarle le coperte da sotto il corpo e l'adagiò nuovamente. Le sistemò la testa sui cuscini e la ricoprì con le coperte. Afferrò il secchio colmo di acqua rossastra e acre di sangue e lo portò nell'angolo più remoto della camera. Ripose lo stilletto nella fodera dei pantaloni apposita e, posando la candela sul pavimento, si sedette sulla sedia accanto al letto. Si abbandonò contro lo schienale, divaricando le gambe e mettendosi comodo. Alla fine aveva scelto di aspettare che lei si svegliasse e che andasse via con le proprie gambe. Avrebbe potuto mettersi nel letto con lei, ma svegliandosi quella avrebbe pensato che anche lui aveva abusato di lei e apriti cielo. Si passò una mano tra i folti ciuffi ribelli che si posavano sulla sua fronte, ravvivandoli quanto più possibile. Era stanco, molto stanco. Ad un tratto sentì un leggero tocco contro la porta. Si alzò di scatto e andò ad aprire. Sulla soglia vi era una ragazza molto giovane con un vassoio pieno di cibo tra le mani. Iona lo prese senza dire una parola e stava per richiudere la porta quando lei lo fermò. "Il mio signore ha forse bisogno di me, questa notte?" gli chiese afferrando il collo della camiciola e sbottonandola completamente, mettendo in mostra il petto prosperoso. Iona aggrottò le sopracciglia, le rivolse un secco "no" e tornò in camera. Si sedette ancora una volta sulla sedia, il vassoio tra le gambe. Il locandiere gli aveva riservato un piatto pieno di fette di manzo in brodo, un calice di vino, un tozzo di pane, formaggio e prosciutto sufficiente per tre persone. Iona mangiò avidamente, lasciando del cibo qualora la ragazza si svegliasse. Quando ebbe finito, posò il vassoio sul pavimento e, non sapendo cos'altro fare, tornò a fissare la figura della ragazza prima che il sonno cogliesse anche lui.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar




    ◆◆◆◆◆◆

    Group
    dragons
    Posts
    8,529

    Status
    Offline
    female, human • and tell them I was alone
    Con sua grande sorpresa, non morì. Piuttosto dormì come se non l'avesse mai fatto in vita sua. Non sognò, probabilmente perché la sua mente era troppo scombussolata. Non doveva essere semplice ordinare i pensieri con quel bel problema alla tempia. Si svegliò molto piano, avvertendo prima il letto sotto di lei, poi l'odore acre nell'aria ed infine il dolore alla tempia. Le bruciava e pulsava insieme perché era ovviamente lesionata ed in più aveva preso la botta. Le arrivò immediatamente al cervello, facendole aggrottare le sopracciglia. Le serviva il suo Stregone, lui avrebbe saputo come fare. Quel puzzo di sangue, poi... le dava il voltastomaco. Aprì gli occhi con estrema lentezza, constatando subito che il sole non era ancora sorto. La stanza era buia, illuminata solo da un mozzicone di una candela. Si sentiva meglio, dopo aver dormito. Probabilmente era l'ora più oscura, quella appena prima dell'alba. Le sembrava quasi di essere a casa, eccetto per il dolore e per l'odore. All'improvviso si ricordò che cosa era successo: il soldato con i denti bianchi che l'aggrediva, lo sconosciuto che la salvava, il sangue dalla testa e poi la locanda. Cercò di spostare lo sguardo verso la fonte luminosa e notò che il tipo era ancora lì, addormentato su una sedia. Doveva stare davvero scomodo. La sua posizione, tra l'altro, era abbastanza innaturale. Di sicuro avrebbe avvertito le sue lamentele, una volta che si fosse svegliato. Era completamente ammucchiato su un lato, con il collo troppo piegato e le spalle all'ingiù. Gli doveva molto. Non vedeva neanche più sfocato. Doveva ammettere che il dolore era sempre lì, fastidioso e fisso, però si sentiva meglio. Sia perché non le girava più la testa -almeno da distesa- e poi perché avvertiva che il suo corpo stava metabolizzando la cosa e cercando un rimedio. Il suo medico Stregone glielo diceva sempre: "il tuo fisico sta lavorando". Insomma, non sarebbe morta. Probabilmente fu una mossa stupida, ma si alzò a sedere. Lo fece con estrema delicatezza, per cercare di non vomitargli lì sul pavimento e soprattutto di fare attenzione alla ferita. Si portò istintivamente una mano ad essa, avvertendo la pelle morbida attorno ad essa: niente più liquidi caldi né croste. Certo, il taglio c'era ancora, ma era pulita. Aggrottò le sopracciglia e cercò con lo sguardo un eventuale prova, scovando il secchio e vari stracci insaguinati sotto alla finestra. Le aveva pulito le ferite, aveva intuito bene. L'aveva anche coperta. E non si era messo a spogliarla, fortunatamente. Doveva assolutamente sapere chi era quel tipo. Non esisteva che qualcuno si occupasse di una persona senza avere uno scopo, un secondo fine. Almeno lei non conosceva persone che agissero soltanto per il bene comune. Si scoprì le gambe e poggiò i piedi -con ancora su gli stivali- per terra, cercando di autoconvincersi che ce l'avrebbe fatta. Sì, si sarebbe potuta alzare in piedi e raggiungere la roba di lui. Doveva avere appresso qualche documento, un qualcosa che lo classificasse. Anche solo uno stemma di una Fazione o di un villaggio. Si resse alla spalliera di legno e si slanciò in avanti, cercando di fare meno rumore possibile. Lì per lì la testa le girò, costringendola a strizzare gli occhi e sforzarsi. Quando avvertì che l'ambiente era finalmente tornato a posto, si lasciò ed aprì gli occhi, osservando la sua posizione. Era proprio al centro della stanza. Davanti a lei c'era il ragazzo, ma non sembrava avere borse grosse con sé. Magari era lì solo di passaggio, oppure aveva fatto un salto alla locanda giusto per prendersi qualcosa da bere. L'unica scelta era tastarlo addosso e cercare un pezzo di carta qualsiasi, ma era sicura che si sarebbe svegliato anche solo se gli avesse alitato in faccia. Pensò anche alla possibilità di scappare e di lasciarlo lì, ma non sarebbe andata molto lontano. E poi era scortese. Fece un passo verso il ragazzo e cercò con lo sguardo una qualche tasca molto esposta o una borsetta minuscola. Non trovò nulla. Probabilmente teneva tutto in tasca. Conosceva militari che facevano aderire le armi alla pelle, pur di sembrare innocui. Sospirò ed allungò una mano verso il suo braccio. Era rannicchiato tutto da una parte, avrebbe dovuto sposartlo. Sapeva di essersi cacciata nei guai, toccandolo. Si sarebbe svegliato, le avrebbe dato una botta sull'altra tempia e poi l'avrebbe lasciata lì. E doveva ammettere che le stava anche bene. Come poteva non fidarsi di quel tipo? L'aveva salvata due volte! Sì, questo tipo di pensieri frullavano nella testa della ragazza, mentre avvicinava la mano allo sconosciuto.
    Roxanne Mumford @
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Anni di allenamento, anni passati a dormire con un pugnale sotto il cuscino, anni passati a fare il mercenario gli avevano insegnato a utilizzare tutti i sensi che possedeva in ogni situazione. Se non poteva guardare, sfruttava l'udito, se non poteva udire, sfruttava il proprio olfatto. Aveva avvertito il rumore della ragazza che si alzava nel dormiveglia ma aveva deciso di non aprire gli occhi. I suoi movimenti erano piuttosto goffi e ragione, dato che probabilmente le pulsava le girava ancora la testa dopo la botta. Tuttavia Iona era rimasto silenzioso, fermo nella sua posizione quasi fetale, seduto su quella scomodissima sedia. Si era meravigliato quando aveva scoperto di essersi addormentato di colpo. Gli doleva il collo, così assurdamente piegato, e la schiena ma non aveva fatto alcun cenno. Quando si era svegliato, non aveva aperto gli occhi. Era una cosa che era abituato a fare praticamente da sempre. Meglio che le persone ti credano perso nei tuoi sonni o, meglio, morto per darti il tempo di capire la situazione. Lui non apriva gli occhi, semplicemente appurava con l'udito e con l'olfatto ciò che avveniva attorno a lui prima guardare. Aveva avvertito perfettamente la ragazza che si svegliava, che si sollevava, che si metteva seduta e poi in piedi, che sospirava quando la ferita le doleva, che cercava di muoversi quanto più silenziosamente le riuscisse per non svegliarlo. Iona era rimasto silenzioso per tutto il tempo ma, quando aveva avvertito la mano di lei avvicinarsi al suo corpo, aveva spalancato gli occhi e si era drizzato seduto. Il collo gli mandava fitte lancinanti ma non vi fece caso. "Ti sei svegliata." le disse. Poi si alzò e si stiracchiò, allungando prima le braccia, poi le gambe, infine piegando il collo prima da un lato poi dall'altro. Si passò una mano tra i capelli, ravviandoli, e si strofinò gli occhi. "Ti ho sentita muoverti. Immagino che adesso tu possa camminare. Ti gira la testa? Ti passerà. Infondo non ti sei fatta niente, è solo una botta, nulla di grave." Iona afferrò la sedia per la spalliera e la rimise a posto nell'angolo della stanza. Prese il secchio lordo e puzzolente di sangue e lo mise sotto la sedia. All'improvviso Iona si bloccò e fissò la ragazza. Stava cominciando ad albeggiare, la luce chiara e pallida del sole lanciava tenui ombre nella stanza mentre questa si rischiarava debolmente. Il suo stomaco brontolò, affamato, e Iona si portò una mano contro di esso, come a contenerlo. "Ti ho sentita muoverti parecchio, prima. Cercavi qualcosa? Non ho preso nulla, tutto ciò che avevi ce l'hai addosso. Ah, e non farti strane idee. Non ti ho toccata." Iona le lanciò un cenno squadrandola da capo a piedi e sbadigliò per la fame.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Scusami se ho scritto poco, ma siccome devo scappare volevo risponderti comunque :ohyes:


    Edited by SHERLÖCKED· - 23/12/2012, 14:32
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar




    ◆◆◆◆◆◆

    Group
    dragons
    Posts
    8,529

    Status
    Offline
    female, human • and tell them I was alone
    Non era morta e stava un po' meglio, quindi le era tornato anche il suo caratteraccio. Il ragazzo aveva spalancato gli occhi all'improvviso, terrorizzandola e facendole perdere l'equilibrio già molto precario di suo. Insomma, non si reggeva neanche in piedi e quello le faceva gli scherzetti. Indietreggiò con uno scatto, vedendo tutto nero e finendo col sedere per terra. Non aveva fiatato, però. Era quindi seduta sul pavimento, col tipo davanti che parlava. Non era stato affatto cortese da parte sua. Le aveva messo una tale paura che le tremavano le mani. O forse le succedeva anche perché non stava propriamente bene e quel gesto improvviso l'aveva scombussolata. Deglutì e fissò il pavimento, prendendo un bel respiro. Quando si fu calmata tornò a guardare il tipo in faccia, con una smorfia di disappunto e anche una certa irritazione. Parlava già troppo per i suoi gusti: era lei quella che non riusciva mai a tenere a freno la lingua, quando si trattava di ciarlare. Si resse al ginocchio del ragazzo e si alzò, senza neanche curarsi di ciò che stava facendo. Era stato lui a spaventarla, quindi ora lui l'avrebbe aiutata a rimettersi in piedi. Sospirò e si portò una mano alla fronte, cominciando ad avvertire i primi sintomi di un mal di testa. Prima era un pulsare regolare alla tempia, adesso inziava a sentire dolore nel cervello. Di certo lo stress a cui era sottoposta non aiutava.
    « Quanto parli. » sentenziò quindi, lanciandogli uno sguardo di fuoco. Non gli dava neanche del "voi", segno che era irritata e quindi, di conseguenza, irrispettosa. O almeno per lei voleva dire questo. Sapeva di dover essere riconoscente, solo che non era nel suo stile. Avrebbe dovuto trovare qualcosa per riscattarsi, successivamente, così sarebbero stati pari.
    « Stavo cercando qualche informazione su di te, visto che sei spuntato dal nulla e mi hai salvato anche troppe volte. Non mi fido. » continuò quindi, parlando a voce bassa e scandendo bene le parole. Lo guardava dritto negli occhi senza neanche battere le ciglia, come se lo stesse sfidando. Era sicura che ci fosse qualcosa sotto. Non poteva averlo spedito sua madre per controllarla, visto che a lei non fregava niente. Garrett, il generale, non ci avrebbe neanche pensato. Chi diavolo era quel tipo? Fece un passo in avantì e tentò di scorgere qualcosa che potesse darle un indizio. Un taglio di capelli particolare, una cicatrice, un tatuaggio. Si era parata davanti a lui, fissandolo in volto. Non aveva il taglio di capelli dei soldati e non sembrava uno Stregone -anche perché altrimenti l'avrebbe curata in un batter d'occhio. Restava una cosa da appurare: o era un Cavaliere, o era un semplice umano. Si voltò lentamente verso la finestra, come se temesse di scorgere il muso di un drago da un momento all'altro. L'alba cominciava a farsi strada su Giustizia, ma non le sembrava di vedere draghi o che altro. Tornò a guardare lo sconosciuto e lo fronteggiò con un'espressione stizzita che poteva essere benissimo associata ad una zitella contornata da gatti e da erbette mediche. Non poteva essere un Cavaliere, quello. Aveva la faccia troppo poco scalfita. Conosceva Cavalieri senza il naso, senza mani, senza gambe. Insomma, messi abbastanza male. O quello era il migliore di tutti, oppure aveva cicatrici nascoste. Si ricordò successivamente di avere i pantaloni slacciati -o, per meglio dire, divelti- e si portò una mano davanti alla chiusura, cercando di preservare la sua dote dallo sguardo chiaramente furbetto del tipo.
    Roxanne Mumford @
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE.
    ◆◆◆◆◆

    Group
    ghosts
    Posts
    3,924
    Location
    hell's kitchen.

    Status
    Anonymous
    ben
    cavaliere di drago • He’s not a tame lion.
    Era caduta in malo modo, con il sedere per terra. Iona non era riuscito a dominare quel risolino spontaneo alla sua vista. L'aveva spaventata forse aprendo gli occhi, Iona non lo sapeva. Senza dubbio però, non aveva molto senso dell'equilibrio. Stava per avvicinarsi a lei e tenderle una mano per aiutarla a rialzarsi, quando quella lo rimproverò accusandolo di essere troppo loquace. Iona ritrasse la mano, aggrottando le sopracciglia e serrando le mascelle. Gran bel ringraziamento, davvero. Per lo meno, aveva smesso di dargli quel fastidiosissimo, almeno per Iona, "voi". Lui non lo usava mai, lo detestava senza eccezioni. Qualcuno che ti da del "voi" non ti rispetta, ti prende in giro. Nessuno è inferiore o superiore a chiunque altro e, di conseguenza, le formalità che non facevano altro se non aumentare quel processo di diversificazione erano invise a Iona. La ragazza si portò una mano alla testa, segno che il dolore non le era ancora del tutto scomparso. "Ben ti sta." pensò per un attimo Iona, poi ci ripensò e sospirò abbattuto. Si arrotolò ciò che rimaneva delle maniche della sua camicia fin sopra i gomiti, poichè la sera prima da quelle stesse ne aveva ricavato degli stracci. Quando ebbe finito, si piegò in ginocchio al fianco della ragazza e la fissò intensamente negli occhi. Quella però cominciò a parlare. Gli disse che stava cercando informazioni su di lui. A quell'affermazione, un genuino riso spontaneo scaturì in Iona. Informazioni? Come se lui fosse così stolto da lasciare che qualcuno potesse riconoscerlo. Iona era una persona pericolosa, ricercata. Non che fosse un malvivente, per carità, nessuno lo aveva mai identificato come autore di un qualche omicidio, tuttavia la sua fama cominciava a farsi nota e conveniva essere quanto più prudenti possibile. Cosa cercava, quella ragazza? Un documento, uno stemma di qualche fazione? Iona non era così stolto. E poi, lui non apparteneva a nessuna fazione, era uno spirito libero, un nomade. I nomadi non hanno documenti, nè stemmi di fazioni: tutto ciò che hanno è un nome al quale aggrapparsi e i vestiti che hanno indosso. Il resto non è necessario. "Sei spuntato dal nulla e mi hai salvato anche troppe volte. Non mi fido" disse allora lei. A quel punto lo sguardo di Iona si incupì. Due pensieri si fecero strada nella sua mente: il primo era che quella ragazza non doveva essere poi tanto stolta quanto sembrava; il secondo era che non conosceva tuttavia alcuna forma di ringraziamento nei confronti di coloro che le avevano salvato la vita più volte. Il fatto che fosse stata abbastanza perspicace da non fidarsi di Iona la faceva salire di livello nella concezione di Iona riguardo le donne. Aveva almeno un po' di cervello, questo bastava per intrattenere una qualche conversazione con lei, sempre che quella non lo avesse attaccato con quella lingua tagliente che si ritrovava. Ciò, rimandava al suo secondo pensiero: senza alcun dubbio, aveva un caretterino niente male quella ragazza. Un po' come il suo, doveva ammetterlo, ma Iona non maltrattava chi gli aveva salvato la vita. Anche se, ripensandoci, nessuno gliel'aveva mai salvata, quindi non sapeva realmente come avrebbe reagito in seguito. Fece una smorfia e squadrò la ragazza da capo a piedi. "Non fidarti se vuoi, ma non sono tenuto a dirti chi sono." Iona fece una pausa, "Così come tu non sei tenuta a tastarmi per cercare di capire chi sono..." All'improvviso, cominciò a sghignazzare sardonico. "Oh, certo, ora capisco tutto." disse mentre la ragazza cercava, in tutta fretta, di riallacciarsi i pantaloni, rimasti con la chiusura aperta dalla sera precedente. "Ammettilo, volevi toccarmi per altri fini." Adesso ridacchiava come un pazzo, il sorriso beffardo e lo sguardo furbo. "Anche se, devo dirlo, non mi sembri il tipo. Scommetto che sei ancora..." Non terminò la frase, tanto rideva della grossa.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    E IONA ESCE ALLO SCOPERTOOOOOH :gurufiore: :gurufiore: :gurufiore:
     
    Top
    .
60 replies since 17/12/2012, 23:39   623 views
  Share  
.