Who knows what's right?

16 Ottobre 102PA ~ Cittadilla [Confine Onore/Giustizia]

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    L'avevano ripulito. Completamente. Era convinto fosse opera di magia. Insomma, lui giocava d'azzardo molto spesso. Era bravo. Vinceva delle belle somme. Due settimane prima però, non c'era stato verso che i dadi girassero a suo favore. L'aveva visto succedere spesso: prima vincevi una grossa somma e rinfrancato dalla vincita, alzavi il gomito e puntavi forte della tua fortuna. E puntualmente uscivi in braghe di tela. E lui ci era caduto. Insomma, nemmeno fosse stato un allocco di prima categoria. Il pensiero non si schiodava da lì. Possibile fosse pure merito di quella donna dai facili costumi con il quale si intrattenuto. Perchè dopo giorni a cavallo, in compagnia solo di altri uomini, gli ormoni avevano urlato alla sfogo per mera pietà. Che fossero stati in combutta? Possibile. Insomma, non era così difficile da credere. E lui si era ritrovato senza un denaro in tasca, con la necessità di pernottare, di mangiare, di.. avete capito e di continuare il suo ritorno a casa. Elemosinare? Non era nel suo stile. Motivo per il quale, si era recato alla fucina centrale, all'interno della cittadella maggiore che esisteva a confine tra la fazione dell'Onore e quella della Giustizia. Il clima era teso, almeno era quello che percepiva lui. Le zuffe tra i vari apparteneti erano un'abitudine, per quello che aveva visto nei giorni precedenti. Alla fucina, non aveva fatto altro che offrire i suoi servigi. Era un fabbro capace, avrebbe lavorato per guadagnare quanto gli serviva per continuare il viaggio di ritorno. Avrebbe dovuto faticare non poco e sicuramente avrebbe tardato. L'unica fitta di dispiacere fu per sua madre.
    Il gestore della bottega, era un uomo rubicondo, affatto brusco di nome Alfred che sembrava aver l'aria più simile a quella di un fornaio. Per fortuna, il suo rapporto con l'uomo era divenuto rapidamente d'amicizia. Insomma, Alain sapeva farsi voler bene in caso. Lavorava assieme ad altri tre uomini, due dei quali erano ragazzi che stavano imparando il mestiere. Fortuna aveva voluto che uno dei lavoranti di Alfred si fosse fatto male poco prima dell'arrivo di Alain, motivo per il quale una volta vista la sua abilità nella forgia, fosse stato assunto a paga ridotta e in base alla soddisfazione del cliente. Meglio di nulla, no? Fuori c'erano le prime avvisaglie del freddo invernale che avanzava inesorabile da Nord. Li dentro invece, nella fucina centrale c'era un caldo infernale. La mole di lavoro non era indifferente quella mattina e lui lavorava sul piano della strada, in quello che era il retrobottega con un fucina minore. Teneva le pinze con la destra stringendo la lama di una spada incandescente e con la sinistra, batteva inchiodando la spada, tra incudine e martello. Indossava solo un paio di braghe di cuoio consunto e gli stivali. Il petto era nudo, sporco di fuliggine e sudore così come il viso, i capelli leggermente umidi. Entrati nella bottega c'era quello che in passato si sarebbe chiamato uno "showroom" con armi fissate alle pariti, un'armatura intera fissata per terra, il bancone dinnanzi all'entrata e poi aperto alla vista, la zona dove lavorava lui. Faceva scena secondo Alfred, che in quel momento si era allontanato per una qualche commissione. C'era solo lui nella bottega. Al livello inferiore, c'erano gli altri.
    Non alzò gli occhi quando il campanello dell'entrata risuonò. Era immerso nel lavoro, un fascio di muscoli e nervi tesi nella realizzazione di una spada, che doveva esser fatta a regola d'arte. Nient'altro. Chiunque fosse il cliente appena giunto, Alain non per cattiveria ma per troppa concentrazione, non lo notò.
    Alain Seòras Lochlainn @



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    Se c'era una cosa che Zaira odiava, era fare le commissioni e i viaggi eccessivamente lunghi. Ma qualcuno doveva pur farli di tanto in tanto, così nel piccolo gruppetto di Vigilanti si erano divisi i compiti: un mese ciascuno a giro per le commissioni che richiedevano un viaggio lungo, di almeno una settimana o dieci giorni, mentre due settimane a giro per i viaggi di più breve durata. Ciò significava che, per un intero mese o due settimane che fossero, uno dei componenti del gruppo era costretto ad affrontare un viaggio, qualsiasi esso fosse, senza possibilità di scampo. E nel mese di ottobre, il viaggio era toccato proprio a lei. Le era andata anche troppo bene, aveva dovuto affrontare viaggi in pieno inverno e non era stata affatto una bella esperienza, inoltre, il viaggio che doveva fare non richiedeva un grande impegno, doveva recarsi a Giustizia, poco al di là del confine, nella cittadella principale: lì' avrebbe trovato la grande fucina e vi avrebbe fatto sistemare le armi. Il viaggio richiedeva solo un paio di giorni, tre a volersela prendere comodo, Zaira non poteva affatto lamentarsi. E, come al solito, non sarebbe stata sola, perché la fedele Denna l'avrebbe accompagnata.
    Era partita di buon mattino, con la borsa delle armi in spalla: Zaira non era eccessivamente robusta di corporatura, perciò non poteva permettersi di trasportare un peso eccessivo. E non possedeva un cavallo, quindi doveva inevitabilmente arrangiarsi; aveva scelto di portare con sé tutti i pugnali bisognosi di una sistematina e due delle spade più rovinate, per il resto si era ripromessa di fare un secondo viaggio. Era giunta nel bel mezzo della cittadella poco dopo l'ora di pranzo e si era rifugiata in una locanda per mangiare un boccone veloce, quindi si era recata alla fucina. La strettura era grande e articolata su due piani, vi lavoravano almeno una decina di persone e sicuramente l'avrebbero servita in fretta.
    -Tu fai la guardia qui Denna, chiaro?-aveva sussurrato alla lupa una volta trovatasi sulla porta della fucina. L'animale, ubbidientemente, si era accucciato accanto alla porta e aveva atteso il ritorno della sua padrona.
    Entrando, Zaira aveva cominciato a guardarsi intorno per trovare a chi chiedere; l'atmosfera del luogo era quanto di più insopportabile avesse mai dovuto subire, faceva dannatamente caldo e l'aria era impregnata di fuliggine e dell'odore del fumo. Si sarebbe fatta un sano e lungo bagno al suo ritorno a casa, questo era poco ma sicuro. Stanca di notare che nessuno le dava attenzione, Zaira si era avvicinata all'uomo più vicino a lei e aveva chiesto udienza. Quello, un uomo tozzo e senza un occhio, le si era rivolto con fare burbero, berciando un -Sali da quello nuovo!- e tornando subito al suo lavoro. Zaira aveva fulminato l'energumeno con un'occhiataccia che quello non aveva notato, purtroppo, poi decise che non era il caso di perdere tempo e quindi aveva seguito il consiglio dell'uomo ed era salita al piano superiore. Chi fosse quello nuovo lei non lo sapeva di certo, ma una volta salita notò che c'era solo un ragazzo intento a fabbricare una spada. Zaira gli si avvicinò e attese per un paio di minuti che quello la notasse, ma quando si rese conto che anche lui, come il fabbro precedente, non sembrava essere intenzionato a curarsi di lei, si indignò. -Ma insomma, le buone maniere non vi sono state insegnate neanche un pochino?-sbraitò, sbattendo la borsa con le armi sul banco da lavoro, sperando così di attirare l'attenzione dell'uomo.
    Zaira Domïtïlla Von Row @
     
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    Non trasalì quando udì una voce estranea irrompere nel silenzio - scandito solo dal battere ritmico del martello sulla spada stretta tra esso e l'incudine - ma l'ultimo colpo deviò leggermente sulla lama andando a compromettere il filo della spada. Fermò il battere e lasciò il manico con la mano sporca. Posò di lato le pinze e fissò il filo della spada, con un cipiglio serio. La sollevò proprio dinnanzi a sè, prima di girarla un paio di volte e trarre un piccolo sospiro di rassegnazione. Le parole erano arrivate, forti, chiare e decisamente inequivocabili. Altro sospiro, prima di gettare la lama che tendeva ad assumere la connotazione scura e non più incadescente, in un catino d'acqua che diede una svampata di vapore. Si prese il tempo necessario per agguantare uno straccio quasi pulito che passò distrattamente sul viso per togliersi di torno quel mix di fuliggine, sporco e sudore rivelando un volto non più fanciullesco, dai tratti netti e definiti, non particolarmente bello ma piacente. Passò la stoffa anche sulle mani prima di appenderselo alla cinta alla quale dondolavano diversi strumenti con una sacca da lavoro al fianco, salvo alzarsi con un movimento fluido.
    Solo in quel momento, alzò gli occhi chiari in direzione di Zaira, che aveva ignorato fino adesso. Guardò per qualche istante la borsa sbattuta sul bancone e si avvicinò con passo tranquillo e cadenzato, fino al bancone. « Il pavimento è un po' troppo sporco per cadere ai tuoi piedi adorante, mia Signora » flautò lui, con un tono che sembrava tutto meno che ironico. Le rivolse persino un sorriso, un bel sorriso che dimostrava quanto fosse assolutamente non turbato dalla sua scortesia. Non usò un tono formale, non le diede del Voi, ma la trattò da pari. L'occhio cadde lungo sugli abiti, ma non sulle sue forme sulle quali soprasedette completamente. Diede un'occhiata alla sacca, calcolando quanto potesse pesare ad occhio e croce « Sembrano molte armi, da portare per un solo combattente » aggiunse, con fare mansueto e tranquillo. Sfregò tra di loro le mani e tirò su col naso, passando le dita tra i capelli senza alcun gesto malizioso.
    « Hai la mia completa attenzione: sono al tuo servizio »
    disse in ultimo, alzando gli occhi per guardarla con cipiglio affabile e paziente. Non si poteva dire che si ponesse in maniera spiacevole. Aveva la barba leggermente sfatta, ma non sembrava in disordine. Beh, fuliggine apparte ovviamente.
    Alain Seòras Lochlainn @
     
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    Il fabbro si prese il suo tempo prima di darle attenzione, sistemando la spada su cui stava lavorando, ripulendosi il viso dalla fuliggine e dal sudore. Solo allora alzò lo sguardo, incrociandolo con quello di una Zaira decisamente spazientita da quell'atteggiamento. La ragazza, dal canto suo, trasalì per un attimo quando i suoi occhi guardarono dritti in quelli dell'uomo: non c'era un briciolo di somiglianza tra lui e il suo Tommen, ma in quello sguardo rivide per un brevissimo istante l'uomo della sua vita. Bé, ad essere completamente sinceri, lei riusciva a vedere il segno di Tommen in qualsiasi cosa, probabilmente anche nel singolo granello di polvere se si fosse concessa di guardarlo con attenzione.
    Non badò alla risposta sarcastica dell'uomo, guardò altrove per evitare di rispondere in malo modo e doversi andare a cercare un altro fabbro. Quando il fabbro fece commenti sul peso della sacca contenente le armi, Zaira sorrise leggermente. Effettivamente, non erano tantissime, ma era stata comunque una fatica non indifferente portarla a spalla dal covo del suo gruppo fino alla cittadella, ma non era comunque la prima volta che le capitava di farlo, ormai sentiva sempre di meno il peso. Sbuffò leggermente, ma continuò a sorridere beffarda -Sono meno di quel che si può pensare-rispose molto tranquillamente-Ma richiedono un lavoro un po' lungo, sicuramente accurato. Sono di vitale importanza, quelle lame.-concluse affilando lo sguardo, lasciando intendere chissà cosa all'uomo. Si prese un minuto, forse due, per studiarlo un po': era sicuramente più grande di lei di qualche anno, un bell'uomo tutto sommato, nonostante la fuliggine non rendesse completamente giustizia ai tratti del viso ed ai muscoli.
    Si guardò poi intorno, rendendosi conto del caldo asfissiante presente in quella stanza, del buio e dell'odore che la facevano da padroni tra quelle quattro mura. Storse il naso, lei che amava tutto l'opposto, la luce, l'aria fresca -Voi fabbri siete persone da ammirare, ci vuole un vero e proprio coraggio a trascorrere intere giornate in stanze come queste.-guardò quindi l'uomo, lanciando un'immotivata frecciatina -Ditemi, ricordate ancora com'è stare alla luce del Sole?-
    Zaira Domïtïlla Von Row @
     
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    Le sorrise di nuovo, quando lei finì per osservare la sacca di rimando. Alzò le mani in un tacito "posso" prima di scostare i lembi e sciogliere i legacci che tenevano assiele la stoffa. Cominciò a tirare fuori le varie armi e disporle sul bancone. Non disse nulla, quando lei ammise che erano meno di quelle che sembravano ma che tutte avevan una grande importanza.
    « Sono varie e diverse tra di loro. Non sono sicuramente tutte tue.. »
    ma non c'era curiosità morbosa nel dirlo, sembrava una constatazione. Prese una spada corta stringendone l'impugnatura e si scostò dal bancone: roteo e torse il polso, accompagnando la spada in un movimento circolare laterale che disegnava immaginifici cerchi. Sembrava a suo agio, nel maneggiare quell'arma « Questa è sbilanciata. Andrebbe forgiata di nuovo, ma immagino sia un costo eccessivo per.. le tue tasche. Posso assottigliarne la lama e ridurne la lunghezza, ne verrebbe fuori una buona daga con un piccolo costo extra, ma così.. hai poco da sperare nell' "offendere" qualcuno » inteso ovviamente, come danni apportati al nemico. Posò l'arma e tirò fuori l'unica balestra del gruppo di armi. Si passò una mano sul mento puntò l'arma verso il basso inserendo il piede nella staffa, tirando il tensore ed inserendo il noce di sicurezza. Quindi andò a recuperare un paio di quadrelli e alcuni dardi. Alloggiò i secondi e si scostò di nuovo dal bancone per andare a saggiare la meccanismi dell'arma.
    Il corpo nei singoli movimenti, aveva piccoli guizzi dati dai muscoli. Gocce di sudore scivolavano sulla pelle creando solchi e portandosi via la fuliggine. Inspirò appena prima di scoccare e fare una leggerissima smorfia « Non fate molta manutenzione vero? » chiese con leggerezza prima di tornare ad avvicinarsi a Zaira. L'occhiata che le rivolse era più attenta adesso, quasi minuziosa ma che non voleva suonare invadente, di per sè. Arcuò le sopracciglia alla sua smorfia prima di uscirsene con quella frase sull'ammirarli, per avere il coraggio di rimanere tutto il tempo in stanze come quelle. E l'ultima frecciata, gli strappò un sorriso più affilato, divertito. Posò la balestra e si strinse nelle spalle, prima di alzare una mano a grattare la guancia. Si spostò di qualche passo e andò a tirare una leva che azionò un meccanismo ad incastro e di ingranaggi. Sopra di loro, sul tetto si aprirono due paratie sufficentemente larghe per far passare due persone e che fecero filtrare aria fresca in cambio delle zaffate di calore mefistofelico assieme alla luce, portandosi via la fuliggine.
    « Ti sorprenderesti se ti dicessi che sono fuori dal mio ambiente naturale. E sì, ricordo perfettamente com'è il sole » ma lo disse senza animosità. Inoltre, non mentiva. La luce naturale che era colpiva la sua figura tanto quanto quella di Zaira, rendeva visibile i colori che lo caratterizzavano. Aveva capelli corti di un castano tendente al fulvo, mentre la barba era unicamente rossiccia. Gli occhi che potevan esser sembrati marroni o verde palude, erano adesso chiari, tendenti al verde mentre la pelle non aveva un aspetto pallido e malaticcio, ma era rosea e il torace pareva leggermente abbronzato, come il viso.
    Alain Seòras Lochlainn @
     
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    Zaira non lo faceva di proposito, avrebbe desiderato evitare di rispondere malamente agli altri ogni qualvolta le succedeva, molto spesso a dire il vero. Ma non ci riusciva. La sua teoria era che il mondo la spingeva inconsciamente a comportarsi come si comportava, a dire ciò che diceva, ad essere ciò che era, senza la ben che minima speranza di cambiamento. Così, quando il fabbro ipotizzò molto tranquillamente che tutte quelle armi non le appartenevano, Zaira lo guardò con uno sguardo affilato quanto la migliore spada in circolazione. -Mai detto che appartengono tutte a me, come è evidente.-disse in modo piuttosto spocchioso. Quel fabbro stava prendendo più maltrattature in quei pochi minuti di quante ne avesse mai prese in vita sua, probabilmente, il tutto perché lei non sapeva approcciarsi con il prossimo in maniera civile, non subito almeno.
    Quando l'uomo le spiegò lo stato di una delle lame, Zaira arricciò il naso e si tastò le tasche della giacca e dei pantaloni. Portava sempre qualche moneta in più con sé quando andava a fare quel genere di commissioni, perché sapeva bene che per un lavoro ben fatto spesso non bastavano i soldi che racimolavano lei e i suoi compagni nelle loro scorribande e nei loro scontri con gli altri gruppi di Vigilanti. Quindi metteva mano ai suoi personali risparmi. -Sono sono qui per lavori mediocri, suppongo tu non ti sentiresti neanche soddisfatto a fare un lavoro non all'altezza delle tue capacità, o no?-azzardò lei sorridendo, avvicinandosi al banco e fissandolo intensamente. Lo osservò maneggiare le lame e poi la balestra. Quando tornò ad avvicinarsi, il fabbro le chiese quanta manutenzione facesse; l'ombra di un sorriso passò velocemente sul volto di Zaira, e velocemente scomparve, lasciando dietro di sé un'espressione divertita. -Avete occhio, ve lo concedo.-scherzò lei, finalmente meno arrogante di prima-Manutenzione si fa quando le casse sono piene, sapete, quindi ci sono periodi in cui la si fa più spesso e periodi in cui è già tanto se si riesce ad avere una lama!-Non fece alcun riferimento al suo gruppo di Vigilanti, non aveva intenzione di far sapere esplicitamente ad uno sconosciuto quale fosse il suo ruolo nella società, anche perché era certa che al fabbro non interessasse minimamente cosa faceva lei per guadagnarsi da vivere.
    La leggerezza con la quale aveva detto tutte quelle ultime parole si volatilizzò come fosse stata fatta di vapore, e al suo posto si ripresentò il modo altezzoso di fare. Per tutta risposta, l'uomo non se la prese e si limitò ad aprire due botole sul soffitto dalle quali entrarono luce e aria. Solo allora le disse che si trovava fuori dal suo ambiente naturale, cosa che, contrariamente a quanto l'uomo avesse creduto, non sorprese minimamente Zaira. La ragazza dai capelli fiammanti sorrise di nuovo: quell'uomo stava cominciando a piacerle, le sapeva tener testa nel giusto modo e per questo era oggetto d'ammirazione per lei. -Non mi riesce difficile crederlo, invece.-borbottò mentre ammirava la figura del fabbro messa in risalto dalla luce. Illuminato dai raggi del Sole, l'uomo mostrava essere molto più bello di quanto Zaira l'avesse creduto. Senza staccare gli occhi da lui, Zaira prese uno sgabello poco distante da lei e vi si sedette, accavallando una gamba; poggiò il gomito sul ginocchio e chiuse la mano a pugno, poggiandovi il mento. Sorrideva, ma il suo era uno sguardo curioso più che divertito. -Mi intrigate, signore, anche se non so il vostro nome.-asserì, facendo una pausa in cui il suo sguardo si fece più penetrante che mai. -Deduco che voi non siete del luogo, o sbaglio?-
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5 replies since 8/1/2013, 22:44   105 views
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