Turn around, bright eyes.

10 Giugno 102 PA, casa di Roxanne, verso le 2:00

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    Sarebbe stato divertente raccontare agli ospiti di quella sera che Roxanne si era finalmente fidanzata ufficialmente con il soldato Thomas e che presto si sarebbero sposati. Avrebbe davvero voluto dare una notizia del genere. Soprattutto Delia, sua madre, si sarebbe sentita così orgogliosa che probabilmente le sarebbero schizzati gli occhi fuori dalle orbite. Peccato che quando avevano chiesto alla ragazza come fosse messa sentimentalmente, Roxanne avesse risposto soltanto "Ci sto lavorando". Non aveva potuto dire a nessuno che si era presa una sbandata per un mercenario che ammazzava la gente per soldi e che quello se n'era andato per non complicare le cose. La festa era andata bene. Neanche sapeva che cosa stessero festeggiando, veramente, visto che almeno una volta a settimana c'era un ricevimento, a casa sua. Thomas le aveva detto che nel suo vestito rosso sembrava un fiore appena colto. Poi le aveva sorriso, accarezzandole appena una guancia. Quanto avrebbe voluto essere innamorata di lui. Sarebbe stato tutto molto più semplice. Delia l'aveva tenuta d'occhio tutta la sera, poi l'aveva lasciata in pace quando era crollata nella poltrona, in mezzo al salone, con ancora qualche festone appeso e qualche candela quasi completamente consumata per la casa. Le piaceva quando si squagliava la cera: c'era un'atmosfera molto più soft. Era ancora semi sdraiata sulla poltrona, a fissare fuori la finestra con un'espressione persa nel nulla. Teneva il gomito appoggiato sul bracciolo e la testa reclinata verso la sua mano. Aveva abbandonato le scarpe col tacco vicino alla poltrona, perciò ora teneva i piedi scalzi sul pavimento, lasciando che si riposassero. Il lungo vestito rosso le lasciava la schiena scoperta ed aveva uno scollo a cuore davvero delizioso. Aveva raccolto i capelli e si era persino truccata, ma la sua espressione aveva tradito un certo nervosismo ed un senso d'inadeguatezza molto presente. Il taglio alla tempia era ormai quasi scomparso, era riuscita persino a coprirlo con un po' di trucco. Il suo Stregone era stato fantastico. Aveva invitato anche lui, per avere un minimo di desiderata compagnia, però aveva mandato un ragazzino dagli occhi color del ghiaccio che, secondo lui -o almeno così diceva nella lettera, era un tipo davvero molto disponibile e ferrato. Ci aveva chiacchierato un po', ed era venuto fuori che si chiamava Aidan ed era davvero molto simpatico. Ci aveva anche provato con lei, ma inutile precisare che il cuore -ed il cervello- di Roxy era da tutt'altra parte. Non era ancora andato via, però: stava chiacchierando con sua madre nell'altra stanza. Poteva avvertire le loro voci mischiarsi. Probabilmente stavano parlando della tristezza di Roxanne. Delia era solita sparlare dei problemi degli altri.
    Chissà cosa sperava di vedere fuori dalla finestra. Aveva cercato di passare sopra all'idea che non avrebbe potuto avere Iona, eppure quel tizio faceva capolino più volte durante la giornata. Era arrivata ad odiarlo ed amarlo allo stesso tempo. Era per lui che si era ridotta così. "Passerà, Roxanne" le aveva detto sua madre. Come se sapesse perché era così triste. Quella non aveva probabilmente neanche un cuore. Aidan, lo Stregone, sembrava però aver capito qualcosa. Quando parlava si vedeva che i suoi occhi così chiari sapevano. Probabilmente gli Stregoni sapevano leggere nel pensiero o che diavolo ne sapeva. Non voleva neanche pensarci. Si era ripromessa che se avesse incontrato Iona non lo avrebbe trattato bene. Doveva essersi fatto davvero tardi, perché ora non riusciva neanche più a scorgere le luci delle casette semplici che contornavano la sua villa. Si alzò dalla poltrona ed afferrò le scarpe col tacco con due dita, trascinandosi via dal salone. Lo strascico del vestito portò con sé qualche coriandolo, ma lei non ci fece caso. Era così spenta che si sarebbe probabilmente addormentata subito. Sbucò fuori dal salone e trovò Delia ed Aidan intenti a ciarlare sulle scale che portavano al piano superiore. Si fermarono quando la videro. Lei li guardò con un'espressione disgustata, poi cominciò a salire le scale con estrema lentezza. Aidan era vestito bene, doveva ammetterlo: aveva un paio di pantaloni marrone scuro, una cintura di cuoio ed un gilet rosso molto ben lavorato. La maglia bianca che gli copriva il petto e le braccia ancora un po' infantili era candida. Era chiaro che quegli abiti glieli avesse prestati lo Stregone di Roxy. Erano decisamente da lui. Gli sorrise debolmente quando gli passò davanti, ma non rivolse neanche uno sguardo alla madre. Li superò e poi svoltò a sinistra, procedendo verso la sua stanza. Aprì la porta e diede un'occhiata all'interno, ma lì per lì non si accorse di nulla. Si chiuse la porta alle spalle e poi camminò per la stanza, lasciando le scarpe rosse sotto al tavolino, davanti al letto. Quando avvertì un gemito, si voltò all'improvviso. Iona giaceva a terra, pieno di sangue e con un occhio gonfio. Non seppe che cosa la trattenne dall'urlare. Si portò le mani al volto e corse incontro al ragazzo, inginocchiandoglisi accanto. Non lo toccò neanche.
    « AIDAN! Vieni qui! » chiamò. Non le importava se sua madre sarebbe accorsa. Era fortunata ad avere uno Stregone a portata di mano. Lasciò Iona per terra e si alzò lentamente, indietreggiando. Non poteva toccarlo. Non poteva cadere di nuovo nella sua trappola. Gli occhi le si riempirono di lacrime ma riuscì a non liberarle. Stringeva i pugni ed i denti, aspettando che il ragazzo accorresse.
    Roxanne Mumford @


    Aspetto Julza in the sky!
    Scusa per eventuali errori, ho sonno LOL


    Edited by varden - 8/2/2013, 14:57
     
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    "Non voglio, Hrones" pensò Iona rivolto al proprio drago. Persino pensare, in quel momento, gli sembrava doloroso. Hrones non fiatava mentre le sue grandi ali scure si dispiegavano ad un ritmo regolare. "Sto bene, non serve" continuò flebilmente. Ma non era vero, non stava per niente bene. Non credeva di essere mai stato ridotto così, neanche quando circa quindici giorni prima aveva affrontato quello sparuto gruppo di mercenari. Provò a sollevare il braccio destro e gemette di dolore. Stava cominciando a gonfiarsi, probabilmente era rotto. Sedeva sulla schiena di Hrones scomposto, accasciato, il solo mettersi diritto gli procurava lancinanti fitte al costato. La fresca aria notturna era tutto ciò che sembrava dare un minimo di sollievo al livido che aveva sotto l'occhio, sullo zigomo sinistro. Per come era stato conciato quella sera, poteva ritenersi fortunato di riuscire ancora a pur solo respirare.
    Sul calare della notte, quella sera, si era mosso furtivo come un felino lungo le viuzze della città, nascondendosi nell'ombra più fitta e trattenendo il respiro al minimo rumore. La casa del capitano Trent era praticamente dall'altra parte della citta e per raggiungerla aveva dovuto attraversarla tutta, il che si era rivelato più lungo e stancante del previsto poichè Iona preferiva non utilizzare le vie principali. Dopo una lunga serie di luridi lastricati stretti da file di misere abitazioni, Iona si era ritrovato davanti l'immensa villa del capitano. Cinta da un basso muretto, si ergeva su tre piani di mattoni scuri e grigiastri bucati da finestre immense e di scuro ebano. Sul davanti si ergeva un grosso albero dal tronco ruvido e scuro, come se fosse stato anzitempo divorato dalle fiamme, i suoi rami si innalzavano e si contorcevano nell'aria notturna come lunghi artigli, pronti a squartare la casa. Solo le finestre del piano terra sembravano accese, mentre quelle al piano superiore erano tutte buie. Iona si mosse veloce e, attraversando la strada, scavalcò il muretto. Si nascose prontamente dietro il tronco dell'albero, fermandosi ad udire i rumori della notte. Qualche grillo friniva ma sembrava che null'altro vivesse. Iona lanciò una rapida occhiata sopra di sè dove, intricati, i rami dell'albero si alzavano fino alla finestra più vicina. Silenzioso, Iona si arrampicò lungo il tronco e poi su per i bracci dell'albero, fermandosi ogni tanto per guardarsi attorno. Quando raggiunse la desiderata finestra, la trovò sbarrata. Estrasse cauto il pugnale dalla tasca dei pantaloni ed armeggiò con la serratura della finestra fino a quando non udì un leggero "clic". Aprì le imposte con cautela e si infilò nella camera. Attese che i suoi occhi si abituassero al buio, poi si guardò attorno. Si trovava in una camera spoglia, con un misero letto al centro della stanza e una sedia accanto alla porta. Annusò l'aria attorno a sè: sapeva di stantio e di muffa. Iona socchiuse appena gli occhi e uscì dalla stanza. E fu allora che accadde.
    Hrones volava rapido, il vento sferzava il viso ferito di Iona che chiudeva gli occhi sofferente. In realtà, non sapeva cosa lo facesse soffrire di più. Il fatto che Hrones si fosse impuntato perchè lui venisse curato da qualcuno o chi il drago voleva che si occupasse di lui. Ormai quanto tempo doveva essere passato? Una settimana, più o meno. Si era ripromesso di non tornarvi mai più, ma adesso stava per rompere quel patto fatto con se stesso. Si disse che sarebbe forse servito a salvargli la vita, ma in quel momento non vi dava poi tanto peso. Che ne sarebbe stato del suo orgoglio? E lei, cosa avrebbe pensato? Da una parte, sperò che lei lo sbattesse fuori di casa lasciandolo morire sul lastricato davanti alla sua casa. Ma forse non lo avrebbe fatto, non lei. Avvertì che Hrones cominciava a planare. Ecco, il momento era arrivato. Il drago atterrò con un grosso tonfo sulla punta dell'albero sul retro della villa, spezzando diversi rami. Con una grossa codata frantumò qualcosa che inizialmente Iona non identificò. Quando poi si sentì scivolare giù dalla schiena del drago, non oppose resistenza. Atterrò su qualcosa di duro, freddo. Eppure, l'aria che lo circondava era calda. Doveva trovarsi in una stanza e non doveva essere difficile capire in quale. Si trascinò scompostamente fino ai piedi del letto, poi si sedette faticosamente contro quest'ultimo. Socchiuse gli occhi, rantolando dal dolore. Poteva contare sicuramente qualche costola rotta o incrinata, il braccio spezzato, labbro spaccato, occhio nero, tagli ovunque. Praticamente, era una massa informe lorda di sangue vivido. Aveva cercato di rimanere sveglio per quanto gli fosse stato possibile, ma si era trovato davanti Roxy senza avvertirne i passi, nè niente. Lei gli si era messa di fianco, aveva urlato qualcosa. Ma lui era stato troppo debole per udirla e si era accasciato al suolo, l'oscurità che gli riempiva lo sguardo.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    Qualche ora dopo...

    Aidan si era occupato di Iona alla perfezione. Era davvero un bravo Stregone, doveva ammetterlo. Gli aveva fasciato il braccio rotto ed il petto, visto che aveva due costole incrinate, poi gli aveva disinfettato tutti i tagli che aveva addosso, compreso quello al labbro. Si era talmente spremuto che aveva avuto un mancamento in mezzo al corridoio. Le aveva poi detto che usare la magia in modo così potente lo aveva stancato tantissimo. Sarebbe guarito in una settimana, al massimo, ma le aveva raccomandato di non farlo muovere. Sapeva benissimo che Iona se ne sarebbe andato non appena sarebbe stato meglio, ma non lo diede a vedere davanti ad Aidan. Prima di andarsene, lo Stregone l'aveva guardata negli occhi e le aveva detto una frase significativa: "Fai solo quello che ti senti di fare". Si era poi chiuso la porta alle spalle ed era andato via. Roxanne non sapeva neanche più che ore fossero, tanto il tempo le era scivolato via dalle dita. Si era ritrovata Iona mezzo morto tra le braccia. L'avevano messo nel letto di lei perché era quello più vicino. Si sarebbe dovuta andare a prendere le cose per dormire in un'altra stanza. La tentazione di dormire con lui, al suo fianco, era forte, ma riuscì a resistere. Con ancora indosso il vestito, Roxanne si incamminò verso il cortile. Quando aprì la porta sul retro trovò Hrones seduto sul prato, con il muso poggiato sulle zampe. La guardò intensamente, e per un istante le sembrò di poter percepire tutta la preoccupazione della creatura. Era ancora un po' intimorita, però si fece avanti, avanzando a piedi scalzi sull'erba bagnata dall'umidità. Raggiunse Hrones e gli si sedette davanti, muovendosi con cautela. Il testone del drago era enorme. I suoi occhi erano grossi come due pentoloni e profondi altrettanto. Incrociò le gambe, incurante del vestito rosso elegantissimo che si sarebbe inzuppato, allungando lentamente una mano verso Hrones e toccandogli leggermente il muso. La sua pelle somigliava a quella dei serpenti: era squamosa. All'improvviso le salì il groppone in gola, costringendola a trattenere di nuovo le lacrime. Le ricordava un sacco di cose, quel bestione. Aveva letto qualcosa sui draghi, quando lui se n'era andato: erano creature intelligentissime, al pari degli umani. L'unica differenza era che sapevano parlare solo con il proprio padrone.
    « Sta bene. È stato curato. » gli disse, per cercare di tranquillizzarlo un po'. Roxanne non stava piangendo silenziosamente perché Iona le si era presentato pieno di lividi e ferite, ma solo perché gli si era presentato e basta. Le faceva ancora più male, adesso. Probabilmente il drago riusciva a carpire i suoi pensieri, perciò non disse nulla. Si limitò ad accarezzargli il muso, guardandolo fisso negli occhioni. Quello, come per confortarla, le diede qualche copetto. Erano le sue fusa, le sue coccole. Roxanne ridacchiò, avvertendo il drago ruggire basso, come se stesse anche lui sghignazzando. Forse era contento che lei si fosse tolta la paura. Rimase con Hrones per una buona mezz'ora ad accarezzargli il muso, poi si alzò, lo salutò e rientrò dentro casa. Sua madre si era rintanata in camera sua e non le aveva rivolto neanche la parola. Meglio così. Sapeva che era profondamente contrariata e che non poteva vedere neanche da lontano i Cavalieri di Drago, quindi era meglio che fosse rimasta lì dov'era. Roxanne salì le scale e svoltò a sinistra, entrando lentamente nella sua camera. Iona era disteso sul letto, sotto le coperte. Respirava a fatica e probabilmente stava facendo un brutto sogno, perché la sua espressione era corrucciata. Vederlo così infasciato, gonfio e nero le fece venire una stretta al cuore. Si chiuse la porta alle spalle e sospirò, cercando di non scoppiare a piangere di nuovo. Doveva accettare l'idea che sarebbe guarito e poi scomparso. Di sicuro lei non gli avrebbe rivolto la parola. Si diresse verso la cassettiera e ne estrasse una camicia da notte, della biancheria intima e poi afferrò la sua spazzola dal tavolo lì vicino. Avrebbe fatto un bagno dall'altra parte della casa, lontana da quella vasca che aveva imparato ad odiare per colpa del ragazzo che era ora sdraiato nel suo letto, in via di guarigione. Uscì dalla stranza in fretta e furia, chiudendosi la porta alle spalle con accortezza e cominciando a correre verso una delle stanze enormi riservate agli ospiti. Non sapeva neanche lei perché ora correva. Quando si chiuse la porta dalle camera alle spalle, poté finalmente piangere quanto e come voleva. E fece effettivamente questo. Non dormì, quella notte. Il bagno più lungo della sua vita lo fece proprio in quell'occasione, per tentare di spazzare via la preoccupazione e la tristezza. Quando sorsero le prime luci dell'alba, lei era ancora immersa nell'acqua colorata di viola, con gli occhi semichiusi. Eppure doveva sbrigarsi: Aidan sarebbe tornato per controllare la situazione, non poteva mica trovarla dentro ad una vasca. Fu questo il motivo per il quale si alzò e si asciugò, preparandosi per affrontare sua madre.
    Roxanne Mumford @
     
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    Era tutto buio, Iona scuoteva la testa ma era come se non riuscisse ad aprire gli occhi. Ad un tratto una piccola sfera luminosa s'accese in lontanaza. Iona cercò di raggiungerla, ma era come se non riuscisse a muoversi. Per quanto scalciava e scuoteva il capo, era come se qualcosa lo bloccasse. A poco a poco, la piccola luce si fece più vicina e, con lei, dei passi. Numerosi e violenti passi che gli andavano incontro minacciosi. Iona cercò di guardarsi attorno più volte, ma nulla: tutto attorno a lui era nero, vuoto. Cominciò ad agitarsi come in preda al panico ma l'oscurità sembrava stringerlo fra le proprie spire, e non importava dove lanciasse lo sguardo: non vedeva il suo corpo, non vedeva dove si trovava. Tutto quel suo strano mondo era ridotto ad uno sprazzo di luce, l'oscurità e il rumore dei passi, sempre più vicini. All'improvviso, udì un ghigno. Un rumoroso ghigno malefico proprio accanto al suo orecchio. Iona voltò il capo di scatto ma, come lo fece, un potente calcio lo colpì al petto, togliendogli il respiro. Lo udì ancora e ancora, ogni fastidiosa ripetizione seguita da un calcio o da un poderoso pugno sul volto. Sentiva le proprie ossa scricchiolare e rompersi sotto i colpi, ma più lui si divincolava o cercava di urlare, più il suo corpo diveniva immobile e la sua voce inesistente. Cominciava ad avvertire attorno a sè il sentore del sangue, di quello vivo, quello che esce copioso da una ferita. Si sentiva una bestia in gabbia, rassegnata ad essere soppressa dai violenti colpi che riceveva. L'odore del sangue non lo temeva più, nonostante ben sapesse che era il suo. In un momento si calmò e, sollevato lo sguardo verso la sfera luminosa, così pallida, pacifica e quasi ridente della sorte di Iona, si abbadonò al proprio infelice destino.
    Quado Iona schiuse le palpebre, la luce del sole lo investì in pieno, facendogli subito strizzare gli occhi. Provò a muovere lentamente la testa, ma una serie di lancinanti fitte glielo impedì. Immobile e ad occhi chiusi, cercò di rimandare alla mente tutto ciò che era successo. Ricordò il sogno, se di un sogno si era trattato, poi tutto il dolore, il sangue fuori e dentro di lui. Ricordò l'oscurità, il vento freddo, le ali di Hrones che si facevano furiosamente strada nella notte. Ricordò il calore della camera di Roxy, il suono della sua voce. Quel pensiero lo fece rinvenire. Aprì gli occhi e si guardò attorno. Era steso in un morbido letto con le coperte tirate fin sul mento, attorno a sè distingueva le figure spigolose di alcuni mobili. Tentò istintivamente di sollevarsi, ma fu impedito. Gli doleva l'intero costato, senza contare che si sentiva completamente bloccato da qualcosa. Praticamente, era peggio che morto. Cominciò a scuotere il capo, innervosito, cercando di non badare al dolore. Doveva pur fare qualcosa, muoversi, animarsi. Con il braccio sinistro sollevò le coperte: era a torso nudo, l'intero busto totalmente fasciato da candide e morbide bende. Piegò lentamente un ginocchio prima, l'altro dopo, e si diede una spinta. Ricadde sul materasso gemendo come un cucciolo bastonato. Cominciava davvero a spazientirsi. Sollevò il labbro superiore e si morse con violenza quello inferiore, dando sfogo ad ululato di dolore. Si sentiva il labbro gonfio, tumefatto addirittura, e ricordò che lo aveva spaccato. Il caldo e il sapore del sangue vivo gli pervasero le labbra. Il respiro gli si fece via via più rapido e, da quella stessa bocca, uscì una sorta di violento soffio, come se Iona stesse ringhiando. All'improvviso, una porta cigolò al suo fianco aprendosi. Iona voltò di scatto il capo, e i suoi occhi incontrarono una figura scura stagliata contro la luce sulla soglia. Troppo massiccia e alta per trattarsi di Roxy. Iona aspettò che si muovesse e che si facesse avanti per capire chi fosse. Si trattava di un ragazzo, probabilmente molto giovane, magrolino e con una folta zazzera di capelli neri. Iona lo guardò in cagnesco per qualche secondo, poi lo chiamò. "Ehi, tu! Chi sei? Dov'è Roxy?" ringhiò, sopraffatto da un dolore al petto.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    warlock • male, born 1.12.83 PA •
    Dire che si era spaccato in quattro solo per compiacere Roxy ed il suo amico Bran era un eufenismo. La sera prima era arrivato persino a svenire, per quanto si era messo di punta a guarire quello Iona, che gli sembrava tra l'altro un coglione. Non che Aidan fosse uno che giudicava dalle apparenze, ma aveva sviluppato un odio sottile e poco percettibile per i Cavalieri che gli lacerava l'anima sin da quando i suoi genitori erano morti. Ed erano entrambi Cavalieri. Quella mattina si era svegliato presto ed era filato a casa di Roxanne, sicuro di trovarla ancora in piedi. Nonostante le avesse detto di riposarsi, di rilassarsi, la ragazza non aveva probabilmente chiuso occhio. Ci aveva parlato per poche ore, ma Aidan sapeva capire il persone in molto meno tempo. La sua vita era stata costellata di strani personaggi, quindi ormai aveva sviluppato uno spirito d'osservazione davvero impressionate. Delia, poi... non la sopportava. Per fortuna che si era rinchiusa in camera. Non sapeva come facesse Roxy a vivere con lei. Trovò la porta d'ingresso aperta. Fece qualche passo e chiamò la ragazza, ma la casa sembrava vuota. Distese i sensi e gli occhi gli si dorarono, mentre cercava qualche persona con la magia. Proprio mentre iniziava a percepire la sua presenza, Roxanne sbucò da una porta sulla destra. Indossava un vestitino di lino verde bosco, stretto in vita e largo sotto. L'aveva scelto perché era chiaramente comodo, eppure lei riusciva a sembrare incantevole anche in quel vestitino un po' spiegazzato. Sì, gli piaceva: suo fratello diceva che gli si illuminavano gli occhi quando vedeva una ragazza che apprezzava. Beh, non c'era niente di più vero. Le sorrise dolcemente, guardandola negli occhi mentre gli si avvicinava. Lo abbracciò inaspettatamente. Aidan ricambiò la stretta, per poi scostarsi e fissarla in volto. Parlarono un po', ma lei non si sbottonò più di tanto. Alla fine, Aidan non sapeva chi fosse questo Iona. Le uniche cose che aveva capito era che questo tizio aveva avuto una mezza storia con Roxy, che lei non voleva più vederlo e che Delia era molto contrariata da tutto ciò. Probabilmente neanche lei sapeva nulla. Aidan aveva accettato di salvarlo comunque. La ragazza gli disse solo che lei perferiva non farsi vedere e che lo ringraziava molto. Aidan salì le scale con passo sostenuto, svoltando a sinistra ed aprendo piano la porta. Iona si contorceva nel letto. Beh, era comunque un buon segno, visto che la sera prima era quasi morto. Si chiuse la porta alle spalle, avanzando lentamente verso il letto. Il sole era già alto, erano circa le dieci, ma dalla finestra filtrava solo qualche raggio, attenuato ulteriormente dalle tende. A Iona doveva sembrare un fascio di luce insopportabile, visto che aveva gli occhi socchiusi. Magari era abituato a stare all'ombra. Alzò un poco la testa e gli si rivolse in malo modo, chiedendogli chi fosse e dove fosse Roxy. Bene, questo voleva dire che il suo primo pensiero era lei. Confermata la teoria sulla storiella d'amore. Aidan si tirò su le maniche, prendendo un bel respiro. Aveva già capito che quello sarebbe stato un osso duro. Afferrò un lembo della coperta e scoprì il ragazzo, dando un'occhiata alle bende. Qualcuna era insanguinata, altre erano intatte. Riportò il suo sguardo color ghiaccio sul volto di Iona, fissandolo negli occhi.
    « Sono quello che ti ha salvato la vita. » gli rispose, senza stargli troppo dietro. Sapeva che poteva muoversi a malapena, quindi non avrebbe potuto rifiutare le sue cure. Non gli avrebbe dato comunque spago, visto che se voleva vivere gli serviva Aidan. Si incurvò sul suo petto e cominciò a tastarglielo, togliendo pian piano le bende. Alcuni tagli -quelli più superficiali- erano già guariti, ma ne aveva uno che gli percorreva il petto dalla spalla sinistra al fianco destro che non voleva ricompattarsi. Aidan lo fissò con insistenza, avvertendo la magia comprimergli i cervello.
    « Chéile. » mormorò appena. La carne del petto di Iona si riavvicinò, unendosi. Lasciò solo una sottile linea poco più scura della pelle. A dire la verità sembrava una cicatrice, ma Aidan era sicuro che sarebbe scomparsa in poche settimane. Il petto gli avrebbe fatto ancora male, però perlomeno non aveva il taglio di prima. Niente sangue, niente bende. Lo afferrò per una spalla e lo tirò poco su, giusto quanto bastava per srotolargli le bende e lasciarlo libero. I dolori interni non sarebbero di sicuro scemati in una giornata, ma per il resto poteva considerarsi sano. La maggior parte delle ferite era rimarginata. Afferrò le bende e le appallottolò, infilandosele in tasca. Le avrebbe gettate più tardi. Non ci pensava neanche a lavare il petto di Iona, se proprio ci teneva doveva farlo Roxy. Lui non l'avrebbe toccato più del necessario. Passò a controllare il braccio. Per le ossa rotte la procedura era un po' più complessa: bisognava formulare un incantesimo composto da più parole. Tolse le fasciature anche da lì, osservando il punto in cui sembrava tumefatto. La sera prima l'aveva lasciato così per non disturbarlo, visto che si era addormentato quasi subito, ma ora era il momento giusto.
    « Le chéile dhá scaireanna. » mormorò. La pelle del braccio si mosse, come se sotto ci fosse un insetto, ma evidentemente erano le ossa che si stavano ricomponendo. Quello gli avrebbe fatto un po' male. Continuava a ripetere la formula, fino a quando la pelle non si mosse più. Probabilmente l'osso era tornato intero, ma bisognava comunque prestarci molta attenzione. Si mosse ed afferrò una sorta di tutore dal comodino, sistemandolo al braccio sinitro di Iona. In quel modo non si sarebbe dovuto separare. Cominciava già a sentirsi stanco, ma mancava ancora il suo volto.
    Aidan Harper @
     
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    Non gli piaceva come lo guardava quel ragazzo, non sopportava l'aria di finta sufficienza che ostentava rivolgendosi a lui. Quelle parole poi, era stato come le avesse sputate fuori, neanche fosse una vipera. Quello che gli aveva salvato la vita, diceva. Eppure, per quanto probabilmente lo era stato davvero, per quanto quegli avesse potuto occuparsi delle sue ferite ed evitare che morisse dissanguato, l'unica persona che reputava averlo davvero salvato era Roxy. Il solo averlo accettato in casa sua era per Iona un gesto impensabile, pieno di misericordia e carità e chissà cos'altro. E per quanto le parole di quel ragazzo gli erano parse del tutto superficiali ed egocentriche, sapeva bene che se non fosse stata Roxy a chiamarlo, lui non lo avrebbe mai incontrato. Quando poi lui si curvò verso Iona per controllare lo stato delle sue ferite, quest'ultimo piegò il viso dal lato opposto, sbuffando sonoramente. Voleva muoversi, alzarsi e, perchè no, anche scappare via come una belva fuoriosa, fuggire da quella che gli pareva una gabbia. Ma se poi, come un qualsiasi cane che rifugge le catene, fosse tornato indietro perchè affamato? Allora cosa avrebbe fatto? Avrebbe nascosto la coda tra le gambe e si sarebbe accucciato davanti alla porta? No. Non sarebbe andato via di sua spontanea volontà. Voleva essere cacciato, sbattuto in strada come un poveraccio qualunque. Desiderava che qualcosa in lui si rompesse e che fosse Roxy a farlo. Sapeva bene che, se fosse andato via lui, non sarebbe stato sufficiente. Dimenticare Amberle era stato facile, era bastata la delusione dello scoprirla diversa da come si era aspettato. Ma con Roxy? Lei avrebbe dovuto bastonarlo, fargli più male di quanto quei militari non avessero fatto la sera prima. Ma non doveva rompergli qualche costola, no. Doveva calpestargli il cuore. Dargli fuoco al cervello. Allora sì, che Iona sarebbe potuto andare via per sempre, scomparire.
    Quel tipo pronunciava strane parole. Era uno stregone, uno di quegli esseri che Iona aveva meno in simpatia eppure, almeno per il momento, la sua mente era fin troppo occupata da molti altri pensieri per insultarlo a dovere. Iona lo lasciò fare, socchiudendo gli occhi e lasciando che il buio gli penetrasse nel cervello. Avvertiva la propria carne formicolare sotto la pelle, il sangue che formava densi grumi, le ferite dolenti che piano piano si rimarginavano. Mentre era lì, in quella sorta di vigile stato comatoso, decise di convocare il proprio drago. Probabilmente non aveva avuto sue notizie dalla sera prima, ma almeno aveva avuto il buon senso di non sfasciare l'intera abitazione per controllare se lui fosse ancora vivo. "Hrones?" lo chiamò. "Iona." sussultò la bestia, la sua voce roca che risuonava nella mente del ragazzo, "Immagino tu stia meglio. Non dico bene, solo meglio." Iona si lasciò sfuggire l'ombra di un sorriso sulle labbra. "Sì, Hrones, sto 'meglio'. C'è uno stregone qui. Mi sta curando." rispose. "Ah, bene" sentenziò il drago, "Cerca almeno di non sputargli in faccia solo perchè ti ha rivolto la parola." Iona ridacchiò divertito. Ma all'improvviso, qualcos'altro uscì dalle sue labbra. Spalancò gli occhi ed emise una sorta di urlo misto ad un ruggito soffocato. Il braccio rotto gli doleva come se fosse immerso nelle fiamme stesse dell'inferno. Fece per scattare in avanti, diritto, ma il dolore all'addome lo riportò giù, più dolorante di prima. Lanciò uno sguardo brutale al mago, aggrottando le sopracciglia e digrignando i denti. "Iona? Che succede?" si allarmò prontamente il drago. "Nulla, nulla. E' tutto a posto" biascicò Iona mentalmente. Iona deglutì con forza e si convinse a non dire nulla. Era più facile a dirsi che non a farsi ma vi riuscì e, serrate le mascelle sopportò quel doloroso processo. Il pensiero di Roxanne gli si riaffacciò nella mente. Non l'aveva più vista da quando era crollato grondante sangue sul pavimento della sua camera. Chissà dov'era, cosa stava facendo, se anche lei stava pensando a lui. Sperò che, se anche lo avesse fatto, fosse in merito al cacciarlo via di lì. Quando il giovane stregone ebbe concluso, ormai Iona il dolore non lo avvertiva più. "Roxanne" disse solo, "Dov'è?". Ma non lasciò che il mago gli rispondesse che già tentava di alzarsi. Provò più e più volte a tirarsi su, lasciandosi cadere dolorante sul materasso. All'ultimo, decise di tentare un'ultima volta. Preso un gran respiro, si diede una forte spinta che lo fece rotolare su un fianco e, successivamente, sul pavimento. Atterrò con un sonoro tonfo sulle ginocchia, lasciandosi andare in mille imprecazioni a causa del dolore. Soffriva come un cane, ma almeno era riuscito a muoversi. Tentò diverse volte di mettersi in piedi, crollando sul pavimento ogni volta fino a che, issatosi sul materasso con il braccio sano, non riuscì a portarsi su. Barcollava come un vecchio ubriaco, la testa gli girava come una trottola impazzita e stare dritto gli provocava dolori lancinanti al torace, ma doveva provare a camminare. Passo dopo passo, saldamente aggrappato prima ad un comò, poi ai portanti del baldacchino, si stava dirigendo verso la porta in cerca della sua Roxanne.
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    Roxy non era riuscita ad uscire da quella casa. Si era ripromessa di andarsene, di non impicciarsi di ciò che stava facendo Aidan. In fondo lei ci capiva poco, non sarebbe servita a granché. Eppure... eppure dentro la sua stanza c'era Iona. Non poteva mollarlo assieme ad un mago, quello avrebbe scatenato un putiferio. Era per questo motivo che aveva lasciato entrare Aidan e poi l'aveva seguito, appostandosi vicino alla porta. Non stava origliando, no, però voleva sentire se era tutto a posto. Magari sapere anche qualcosa sulle condizioni fisiche del ragazzo. Il vestitino verde le stringeva con delicatezza la vita, eppure era comodo. Di lì a pochi minuti sarebbe arrivato Thomas, il soldatino. Gli aveva mandato un corvo: nel messaggio gli aveva scritto che voleva sposarlo il prima possibile e che sarebbero stati felici assieme. Non sapeva perché aveva deciso di fare una cosa così drastica e immediata, eppure questo era ciò che le aveva detto il cervello. Il cuore aveva protestato in mille modi, ma era riuscita a sopprimerlo. Avrebbe dovuto dirlo a Iona. Anche solo per vedere la sua faccia. Per farsi male da sola quando ci avrebbe visto niente di meno che indifferenza. Si appoggiò al muro e drizzò le orecchie, cercando di captare qualche rumore. In quella casa le pareti erano sottili, dopotutto, non era difficile origliare. La prima cosa che Iona chiese fu dove fosse lei. Le si strinse il cuore, mentre si portava entrambe le mani al volto e scoppiava in un pianto silenzioso. Non era una dalla lacrima facile, eppure tutta quella situazione la stravolgeva. Aidan gli rispose e gli disse qualcosa che Roxanne non capì, forse perché era troppo intenta a non farsi sentire. Lì vicino c'era anche la camera della madre, probabilmente sarebbe stata in grado di carpire un suo singhiozzo a chilometri di distanza. Cercò di dissimulare la tristezza e si asciugò le lacrime, immaginandosi il giovane Stregone che curava le ferite di Iona. Per lunghi minuti non ci fu neanche un suono. Non avvertiva voci né scricchiolii. Eppure il suo letto ne faceva, di rumori. All'improvviso, però, un grido rauco di Iona squarciò l'aria della mattina, facendo agitare Roxy. Scattò in avanti e poggiò entrambe le mani sulla maniglia, pronta ad entrare e fare un gran casino, ma si fermò. Riuscì a riflettere, a freddarsi il sangue. Non poteva vederlo. Non doveva. Thomas sarebbe arrivato a momenti. Si voltò e corse in camera della madre, spalancando la porta con una sola spinta. Evidentemente non era più chiusa a chiave nelle sue stanze. Delia stava leggendo un vecchio libro. Quando la vide alzò lo sguardo su di lei, fissandola con aria di sufficienza, poi tornò al libro. Roxanne la raggiunse con una manciata di falcate, poi le sfilò il libro dalle mani e le bucò il viso con uno sguardo solo.
    « Vai di sotto e aspetta Thomas, per favore. Gli ho detto che voglio sposarlo. » le disse. Nello sguardo della ragazza si vedeva chiaramente che non l'aveva fatto per amore. Delia non fece un fiato. Non esultò nemmeno. E Roxanne che pensava che avrebbe dato una festa. La donna la guardò dritta negli occhi, alzandosi e fronteggiandola. C'era qualcosa di diverso nei suoi occhi: sembrava quasi addolorata. Roxanne sapeva poco sul suo passato. Di sicuro non poteva sapere che, se avesse potuto, sua madre si sarebbe sposata con suo padre, il Cavaliere Harry.
    « È ciò che vuoi? » chiese, con un soffio di voce. Roxy la fissò incredula: sua madre non voleva che si sposasse con Thomas, bensì preferiva Iona. Aveva evidentemente capito che quest'ultimo le donava delle emozioni diverse. Con Thomas c'era una buona amicizia, tutto qui. Lui non la meritava: di sicuro si sarebbe trovato meglio con una donna qualcunque, una a cui piacevano i bambini e sapeva anche cucinare. Roxanne scosse la testa, rispondendo così alla madre. Il suo sguardo si era ora ravvivato. Le poggiò una mano sulla spalla e poi la superò, scendendo al piano di sotto con passo sostenuto. Chissà se l'avrebbe aiutata. La ragazza rimase per qualche istante interdetta davanti alla poltrona dove prima c'era seduta Delia, poi si voltò e corse verso la sua camera. Non appena si avvicinò alla porta, avvertì un tonfo e poi Iona chiedere ancora dove fosse. Aidan implorava il ragazzo di rimettersi a letto e di non muoversi, perché "doveva finire ancora il viso". Si era alzato per andarla a cercare, quindi. Quella sua insistenza era così bella. Forse non era totalmente indifferente a lei. Roxanne portò una mano alla maniglia e la tirò giù, spalancando la porta. Iona era sempre bendato, ma alcune fasciature erano sparite ed aveva un aspetto migliore. Era in piedi vicino ad una colonna del letto a baldacchino, aggrappato ad essa. Si morse un labbro e gli corse incontro. Non poteva sbottonarsi troppo, doveva far vedere che era entrata solo per aiutare. Gli portò entrambe le mani sulle sue spalle e lo guardò negli occhi. Aveva ancora il labbro spaccato ed un occhio gonfio.
    « Sono qui, sono qui. » gli disse, per rassicurarlo. Gli fece segno di mettersi a letto con la testa, carezzandogli appena una guancia.
    « Dai, sdraiati, così peggiori solo la situazione. » continuò. Lo avrebbe sostenuto fino a quando non si fosse sdraiato nel letto. Gli faceva male vederlo così, mezzo stordito e pieno di lividi, ma si disse che Aidan era in grado di farli sparire. Al piano di sotto, intanto, qualcuno bussò alla porta principale. Se ne sarebbe occupata Delia.
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    Quando la vide correre verso di lui, come un'ombra apparsa all'improvviso nell'intensa luminosità della camera, il suo cuore malandato mancò un colpo. Anzi, due. Era stato come rivedere la luce dopo un'eternità intera trascorsa al buio. Una strana euforia si era impossessata di lui, tanto da spingerlo a staccarsi dal baldacchino e correre incontro a Roxy. Povero illuso. La testa aveva cominciato a girargli come una trottola impazzita e aveva avvertito la nausea scendergli giù nello stomaco. Per un secondo, persino la vista gli si era annebbiata, e aveva scosso la testa più volte sperando di tornare lucido.
    All'improvviso però, l'unica cosa a riempire il suo campo visivo era diventata il viso di Roxy. La sua espressione un po' contrariata, le sue labbra che si muovevano in una sorta di tacito rimprovero. Poi erano arrivate le sue mani a posarsi calde sulle spalle di Iona e a spingerlo sul letto, invitandolo a non peggiorare la propria situazione. In quel breve istante, Iona parve ripensarci più volte a quelle parole. In che modo poteva peggiorare una situazione già di per sè piuttosto critica? Si sentiva più debole e solo di un cucciolo ferito, costretto ad abbandonarsi alle mani altrui, alcune persino estranee, senza avere alcuna capacità di intendere e volere, obbligato sotto le coperte di un letto non suo, in una casa che non gli apparteneva e con accanto una persona capace di attrarlo e respingerlo al contempo. E Roxy parlava di situazioni peggiori? Era lei la sua situazione peggiore. A turno, Iona dava prima la colpa a lei, poi a se stesso per ciò che stava accadendo. Era stato uno sciocco, un terribile sciocco, ad abbandonarsi alla prima sconosciuta con cotanto ardore; allo stesso tempo, biasimava lei per essere stata tanto sprovveduta da accogliere un pericoloso estraneo come lui nella sua casa, anzi, ancor peggio, nel suo letto, nella sua intimità.
    Roxy gli accarezzò una guancia. E adesso che l'aveva trovata? Ancora peggio. Sollevò in un attimo lo sguardo verso di lei, poi lo riabbassò rapidamente e sospirò. Cosa aspettava a cacciarlo? Poteva anche tenerselo quel viso tumefatto, non doveva essere più in fin di vita ormai. Roxanne poteva benissimo lasciarlo a contorcersi dal dolore per strada, lei non aveva più alcun obbligo nei suoi confronti. E neanche Iona, probabilmente, considerando che lui l'aveva già salvata ripagandole il favore. Le afferrò la mano che gli sfiorava la guancia e la tenne tra le sue. Si accorse persino che gli tremavano un po' e che era piuttosto impacciato nei movimenti. Lanciò uno sguardo carico di diffidenza al mago che si era occupato di lui fino a quel momento, poi tornò a fissare la ragazza. Gli sembrava assurdo quanto tutto fosse così calmo e quieto. Fin troppo. Nel silenzio, udì il bussare di una porta dabasso. Istintivamente drizzò le orecchie e si fece attento a qualsiasi altro rumore. Mentalmente, convocò il drago. "Hrones, spingiti verso l'ingresso. Credo che stia entrando qualcuno." gli disse. Il drago non rispose, tuttavia udì il lontano fruscio delle sue ali mentre si muoveva nel giardino sotto la sua finestra. Nonostante la stazza, il drago sapeva essere piuttosto furtivo. Non passò neanche un secondo che il pensiero del drago sfondò la sua mente, quasi allarmato. "Sta entrando un soldato, Iona" rispose, "Ed è uno di loro." Quell'ultima parola pronunciata con fin troppa enfasi lo fece scattare su come una molla. Si lanciò in una serie di imprecazioni ed ululati di dolore, poi si drizzò sul letto e si spinse giù dal materasso. Cadde per terra malamente fra mille lancinanti crampi di dolore, sbattendo violentemente il proprio corpo sul pavimento. A fatica si rialzò, muovendosi scompostamente come un vecchio ubriaco. Quando fu in piedi, lanciò uno sguardo di dolore a Roxy. Non poteva biasimarla, certo, eppure lo feriva. Senza alcun dubbio, lei aveva fatto la cosa giusta chiamando un soldato e facendolo arrestare, fosse stato un altro in un'altra vita, forse anche lui l'avrebbe fatto. Eppure, era un gesto che non si aspettava. Voltò il capo di scatto, socchiuse appena gli occhi e si mosse in direzione della finestra. Non fece neanche un passo che subito si riversò sul pavimento, cadendo sulle ginocchia. Questa volta, rialzarsi fu più difficile del previsto. Dovette darsi una forte spinta incarcando la schiena dolorante. Quando fu in piedi, avvertì nuovamente quei conati di vomito che gli salivano dallo stomaco. Lanciò un ultimo sguardo a Roxy e fece un altro passo, poi un altro ancora. Al terzo, cadde nuovamente. Sbattè tanto violentemente che rimase sul pavimento. Che lo prendessero pure. Ormai non aveva più nulla da perdere.
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    Edited by `loki - 25/2/2013, 22:55
     
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    Iona le ubbidì, sdraiandosi lentamente sul letto. Lei seguì tutti i suoi movimenti con gli occhi e con le mani, aiutandolo ad adagiarsi sul materasso. Aveva il terrore che potesse fare una mossa sbagliata e rompersi qualcosa. Roxanne si mordeva con insistenza il labbro inferiore per evitare di scoppiare a piangere come una bimbetta. Quella situazione la stava stressando in un modo così opprimente che sarebbe voluta salire su Hrones e volare via, lontano. Gli portò una mano al volto, carezzandoglielo con delicatezza. Poteva avvertire il ragazzo tremare appena, come se quello fosse l'unico modo che il suo corpo conosceva per fargli sentire meno dolore. Le sfuggì un sospiro angosciato, poi Iona prese la sua mano nella sua e la guardò negli occhi. Non sapeva chi o cosa la stesse trattenendo dal piangere. Sarebbe voluta scoppiare lì, sul petto del ragazzo; avrebbe voluto versare lacrime fino allo sfinimento, disperarsi e poi sentirsi dire che andava tutto bene e che lui sarebbe rimasto. Si limitò a restituirgli uno sguardo carico d'emozione, che però lui probabilmente neanche vide. Si era allarmato all'improvviso, era schizzato in piedi ed era caduto a terra come un sacco di patate. In tutto questo, Aidan osservava da lontano, come se non potesse farci nulla. Sì, le aveva detto che ormai era solo questione di tempo e di convalescenza, eppure la ragazza era sicura che ci fosse un rimedio molto più veloce. Le andava bene qualsiasi cosa. Avvertì la risata prorompente di Delia provenire dal piano di sotto. Thomas stava parlando con lei, quindi. Roxanne schizzò vicino a Iona, cercando di aiutarlo a rimettersi in piedi, ma quello non ne voleva sapere.
    « Iona, che ti è preso? » gli chiese, con la voce spezzata. Sembrava che volesse tutto d'un tratto fuggire da lei. Gli poggiò una mano sulla spalla e poi lanciò uno sguardo ad Aidan, che però si strinse nelle spalle. Non sapeva neanche lui che cosa stesse succedendo.
    « Devi tornare a let... » cominciò, ma la voce della madre al piano di sotto irruppe nella stanza.
    « Roxanne, scendi, c'è tuo marito! » disse, con voce squillante e allegra. Il mondo di Roxy cadde tutto insieme, in una volta sola. Era bastata quella frase per farla accasciare in ginocchio vicino a Iona. Certo, prima o poi l'avrebbe dovuto dire al ragazzo, ma non così, non in quel modo. Si portò una mano alla bocca, sconcertata, poi scoppiò a piangere silenziosamente, aspettandosi una reazione furiosa di Iona. Lei lo aveva accolto in casa ma in realtà si stava per sposare con un altro. Questo era ciò che avrebbe pensato Iona. Inclinò la testa in avanti, le mani che ora le coprivano tutto il volto, singhiozzando a bassa voce. Aidan accorse, afferrando Iona per un braccio e cercando di aiutarlo a mettersi a sedere. Non poteva scappare di lì, ma almeno si sarebbe fatto trovare in una posizione decente. Lo Stregone le inviò un'ondata di comprensione ed affetto, che però a Roxy sembrava totalmente fuori luogo. Rimase lì, a piangere, col volto coperto ed il cuore a pezzi. Sua madre aveva di nuovo rovinato tutto. Alla fine, doveva ammetterlo: Iona era il ragazzo che amava, non Thomas. Il fatto che non volesse neanche pensarci l'aveva costretta a chiedere al secondo di sposarla, così, su due piedi. E quell'idiota aveva persino accettato. Roxanne aveva sperato fino all'ultimo in un rifiuto, eppure Thomas era sembrato davvero molto entusiasta. Non aveva il coraggio di guardare il ragazzo che amava in faccia. Si nascondeva dietro le mani, piangendo. In quel momento, nulla era al suo posto. Delia che se la rideva con Thomas, Iona coperto di lividi e tagli, Aidan che cercava di riorganizzare quella situazione. Era tutto sbagliato. Non poteva essere vero, si rifiutava di credere di aver perso per sempre Iona.
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    Era assurdo come tutta quella situazione di surreale calma iniziale stesse cominciando progressivamente a distruggersi. Non si trattava solo di una rottura del silenzio, forse era qualcosa di più. Come se, finalmente, la barriera si fosse infranta. Una barriera fatta sì di silenzio, ma anche di sguardi di sottecchi, di crampi di dolore soffocati, di parole non dette e di paura, di rammarico, di pura e semplice frustrazione. Era come se quei loro tre corpi nella stanza non fossero altro se non ombre confuse che gradualmente cominciavano a prendere forma in qualcosa di concreto e vivo e, così facendo, si rendevano man mano più vulnerabili. Almeno per quanto lo riguardava, quello era il suo pensiero. Si sentiva stanco, solo, debole e vulnerabile. Il dolore fisico c'entrava poco, in effetti. Iona non vi prestava poi tanta attenzione, o almeno, lo teneva da parte occupando la propria mente con altri pensieri. Roxy gli era corsa incontro e si era piegata al suo fianco. Iona l'aveva guardata per un attimo ed aveva avvertito una sorta di tacita tristezza nel suo sguardo, come se fosse consapevole che qualcosa di brutto, o comunque fuori dalle proprie aspettative, sarebbe avvenuto da un momento all'altro. Lei gli domandò cosa gli fosse preso all'improvviso, ma Iona non rispose. Le rivolse uno sguardo vuoto, perso, come se non la stesse davvero guardando. Una voce lontana, un'esclamazione fin troppo enfatica, salì le scale dal piano inferiore e penetrò nella stanza, fin troppo chiaramente. Chi era appena arrivato? Iona socchiuse gli occhi per un attimo e aprì la bocca come per dire qualcosa ma non uscì alcun suono. Voltò lo sguardo verso la ragazza e udì un leggero gemito, appena soffocato. Leggero uggiolio che gradualmente mutò in un pianto sommesso. Iona la fissò accigliato. Perchè piangeva? Era appena arrivato suo... A quel pensiero la mente di Iona fece un passo indietro. Quanto era passato dall'ultima volta che Iona aveva incontrato Roxy? Dieci giorni, forse poco più. In quel piccolo sprazzo di tempo, a quanto pareva, lei si era fatta una vita ed aveva cominciato a metter su famiglia. Iona rimase come interdetto. Da una parte non si spiegava il pianto improvviso di Roxane, dall'altra stentava ancora a credere a tutta la faccenda del marito in quindici giorni. Istintivamente si slanciò e la avvolse tra le sue braccia, stringendola forte a sè. Avvertì i passi dello stregone dietro di sè ma non vi diede alcuna importanza. Strinse Roxy fino a quando non gli fecero male le braccia, poi la lasciò andare dolcemente. La fissò ancora per un istante e, piegandosi su se stesso, riuscì ad alzarsi barcollando. Allungò una mano verso la ragazza e la chiamò. "Roxy." La sua voce era calma, quasi soffocata, leggera, senza alcun tono. Sfiorò con la mano il viso della ragazza dolcemente. Si rese conto che doveva farle quella domanda, che doveva chiederglielo. Conosceva già la risposta, ma voleva sentirselo urlare in faccia, ora più che mai. Quel momento sarebbe giunto prima o poi, e magari alla fine era meglio che ciò avvenisse prima che un soldato lo prendesse per capelli e lo sbattesse in gattabuia. Prese un profondo respiro. "Vuoi che me ne vada?" buttò fuori tutto d'un fiato. Nonostante tutto, Iona non voleva ignorare quel barlume che fioco baluginava nel profondo del suo animo. Un barlume di speranza, il desidero che dalle labbra rosee di lei spuntasse un cenno di diniego appena accennato. Ma no, non era così che doveva andare. Iona piegò il capo intristito, come pronto a quel secco sì che la ragazza gli avrebbe pronunciato cacciandolo via dalla propria vita una volta per tutte.
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    Il ragazzo rimase immobile, passando lo sguardo da lei alla porta, e poi dalla porta a lei. Non poteva vederlo in volto, ma sentiva i suoi occhi bucarle la testa e scavare nel suo cervello, in cerca del perché sua madre l'avesse avvertita in quel modo, del perché aveva chiamato un altro ragazzo suo marito. Rimase ancora per un po' ripiegata su se stessa a piangere, poi Iona la strinse in un abbraccio che le tolse il fiato. Avvertì le sue braccia circondarle le spalle e tirarla verso di lui, riducendo definitivamente il suo cuore in poltiglia. Se almeno avesse potuto dare la colpa alla forza di quell'abbraccio... invece era tutta colpa sua. Lo aveva deluso, e probabilmente pure perso per sempre. Chissà cosa diavolo le era venuto in mente, quando aveva mandato quel corvo. Abbracciò a sua volta Iona e cercò di smettere di piangere. Non poteva comportarsi da ragazzina, doveva riprendersi e cercare di spiegargli la situazione. Era sicura che avrebbe capito. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, poi Iona sciolse l'abbraccio e si alzò, barcollando e reggendosi al davanzale della finestra. La chiamò, carezzandole il volto e porgendole poi la mano, guardandola dritta negli occhi. Roxanne si alzò, fronteggiando Iona e ricambiando il suo sguardo. Sembrava che non volesse chiederle ciò che stava effettivamente per chiederle, eppure le sue labbra fremevano. Era una situazione strana, ma Aidan li aiutò: uscì dalla stanza e chiuse la porta a chiave. Roxy poteva avvertire la sua voce dal tono falso e squillante che salutava il soldato. Iona continuava ad esitare, ma infine la guardò e le chiese se volesse che lui andasse via. Roxanne lo guardò negli occhi, a bocca aperta, con un'espressione assolutamente persa. No, non voleva che lui se ne andasse. Ma doveva anche dirgli quello che aveva fatto, altrimenti lui l'avrebbe presa per una poco di buono o che altro. Non riusciva neanche a pensare di sposare Thomas, avendo davanti agli occhi il suo Iona. Come diavolo le era passato per la mente di chiedergli di sposarla? Aveva causato un sacco di guai, e solo perché voleva passare oltre la storia con Iona. Credeva che fosse tutto perso, che lui non provasse nulla per lei. L'aveva sottovalutato, l'aveva creduto un mercenario qualunque. Sbatté le palpebre e poi lo guardò dritto negli occhi, con un'espressione turbata. Non sapeva come dirglielo, quindi cominciò a farfugliare. La prima cosa che fece fu abbassare gli occhi e fissare il pavimento.
    « Il soldato... io... io gli ho chiesto di sposarlo perché credevo che tu non tornassi più. » cominciò. Sapeva che non era abbastanza: in dieci giorni non si cambia idea su una persona. « Non riuscivo a dimenticarti, perciò ho deciso di darci un taglio netto. Ma io... » si fermò. Non poteva dirgli che lo amava. Lo avrebbe spaventato ulteriormente. Le venne di nuovo il groppone in gola, ma riuscì a mandarlo giù deglutendo. Scosse un poco la testa e stavolta lo guardò negli occhi, con uno sguardo carico di emozione.
    « Non voglio che tu vada via. » disse, con tono fermo. « Io ti amo. » l'importanza di quelle parole la colse alla sprovvista. Le aveva dette spontaneamente, altrimenti si sarebbe regolata. Si portò una mano alla fronte e scosse la testa, come se avesse effettivamente detto delle cose orribili.
    « Scusa. » sussurrò, lasciando che gli occhi le si riempissero di lacrime. Non poteva cedere ora: era stata brava, si era trattenuta dal piangere come una scema. Le ricacciò indietro, ma lo sbrilluccichio di quelle in superficie rimase. Si passò la lingua sulle labbra e tornò a guardare il pavimento. Era sicura che ora Iona sarebbe saltato in groppa a Hrones e sarebbe scappato il più lontano possibile. Che stupida che era stata. Possibile che non ne facesse una giusta? Era decisamente negata per queste cose.
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    Era come ritrovarsi ad avere davanti sè la tristezza e la confusione fatta persona. Iona non riusciva a capire il perchè di quel comportamento di Roxy, tuttavia se ne dava la colpa. Doveva essere senza alcun dubbio lui la causa di tutti i suoi turbamenti. Del resto, sua madre si era ritrovata uno sconosciuto grodante sangue sbattuto in casa, avevano dovuto convocare persino uno stregone e, per giunta, adesso si scopriva che Roxy aveva un marito e che, come Iona poteva immaginare, sarebbe stato disdicevole per lei che il proprio compagno scoprisse lui nella camera da letto della propria consorte. Sarebbe stato come un'ammissione di colpa di un peccato mai compiuto. Era certo che quello fosse l'ennesimo segno che lo invitava ad andarsene. Iona, solitamente, era un tipo piuttosto fuggitivo e raramente rimaneva in uno stesso posto per troppo tempo: prima o poi cominciava a sentirsi come chiuso in una gabbia. Adesso, più che sentirsi rinchiuso e basta, avvertiva le pareti stringersi addosso. Roxy non parlava, a tratti non lo fissava nemmeno. Ma lui aveva capito. Chi tace acconsente, giusto?
    Udì una parta chiudersi alle proprie spalle. Si voltò e notò che lo stregone era uscito, lasciandoli soli. No, anche lui doveva aver capito male. Iona non sarebbe rimasto in quella casa un secondo di più, anzi, non sarebbe rimasto davanti a quella persona un attimo ancora. Si chiese se ne avrebbe sofferto e si disse di sì, senza riserve. Quando era accaduto di dover 'fuggire' da altre donne con cui aveva passato niente più che una notte sotto le lenzuola, Iona non si era mai posto alcun problema. Semplicemente, il mattino dopo si svegliava all'alba e volava via assieme a Hrones. Perchè adesso era tutto così diverso? Si stava facendo così tanti scrupoli e continuava a ritornarci con la mente, pensieri su pensieri che si accavallavano confusamente. E quel barlume. Quella piccola, insignificante lucciola nell'oscurità più nera del suo animo. Quella luce di speranza continuamente repressa e sottomessa dall'orgoglio e dal rimpianto. Adesso, a poco a poco, sembrava voler crescere e spendere come un sole. Voleva, per l'appunto. Ma Iona non lo avrebbe permesso, mai. Darle spazio significava inevitabilmente illudersi ulteriormente e, di conseguenza, farsi sempre più male. Roxy parlò quando ormai Iona non sperava più di udire la sua voce. Diceva parole sconnesse, senza alcun palese filo logico. Ora parlava di un soldato, ora invece di lui, poi ancora diceva che voleva dimenticarlo, e che lo amava e che... Iona sgranò gli occhi e scosse la testa, come se non avesse ben capito. Si sforzò di analizzare nuovamente quelle parole, riprendendole da capo, rimodellandole, dando ogni altro possibile significato nella sua mente eppure, quelle ultime tre parole rimanevano sempre le stesse. Per quante altre interpretazioni potesse dare a tutto ciò che Roxy aveva detto, quella era la sola, unica eccezione che pareva non mutare. Gli aveva detto anche che non voleva che andasse via, e gli aveva chiesto scusa. A poco a poco, quel barlume cominciò a crescere dentro di lui, rilucendo di brillantezza propria, come un intenso falò in un bosco durante la notte: vivido e selvaggio sprizzava fiamme nel corpo di Iona. Questi, confuso, scosse la testa più volte, poi, guardandosi le mani per un attimo, sollevò il viso e afferrò la ragazza, stringendola a sè. Quel calore ritrovato, misto alle fiamme che gli bruciavano dentro, lo mosse come eccitato. Iona afferrò con una mano il volto della ragazza, prendendole il mento con due dita e avvicinandolo a sè. Adesso aveva concentrato per un secondo lo sguardo sulle labbra di lei. Gli avrebbe fatto male, tanto male: del resto, il suo labbro era ancora spaccato e perdeva sangue alla minima botta. Ma non gli importava. Il suo viso si strusciò con ardore contro quello di lei e un leggero fiotto di sangue sgorgò dal labbro di lui mentre le loro bocche si incontravano. Iona soffriva per quel taglio eppure non vi faceva caso, preso com'era dal momento. Roxy era calda, morbida, dolce: doveva averla per sè fin quando poteva. Quando, a malincuore, si staccò da lei, in mente gli venne solo una frase. Un piccolo, minuscolo periodo che sputò quasi di getto. "Vieni via con me" le sussurrò.
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    « Roxanne! Ma cosa diavolo stai facendo?! » la voce della madre adesso era molto più vicina. Era sicura che fosse dietro la porta. Un secondo dopo, infatti, la donna bussò forte ad essa, chiamandola ancora. Roxanne riuscì solo ad alzare la testa e guardare Iona, che però sembrava spaventato. Aveva sgranato gli occhi e si guardava attorno, come perso nei suoi pensieri. Ecco fatto, l'aveva impaurito. Era chiaro che fosse confuso, si conoscevano da poco. Eppure Roxy aveva visto in lui una sorta di piccola speranza. Lui era quello che l'avrebbe salvata, che l'avrebbe amata per quella che era e non perché era la figlia di Delia Kaylin Mumford. Si limitò ad osservarlo, con uno sguardo desolato in volto. Sembrava quasi volersi scusare ancora, tanto gli occhi si muovevano frenetici in quelli di lui. Iona non disse effettivamente nulla. Roxanne si sentì solo afferrare il mento. L'aveva fatto ancora, l'aveva presa nella sua morsa, come la prima volta che si erano incontrati. Lui le si avvicinò e le fissò le labbra, poi la baciò. Quello era probabilmente una cosa positiva. Non poteva classificarlo, certo, però se avesse voluto si sarebbe potuto gettare dalla finestra, in modo che Hrones lo avesse afferrato al volo. Invece era rimasto. Iona l'aveva baciata, e l'aveva fatto con una passione travolgente. Roxanne ricambiò il bacio, avvertendo un qualcosa di caldo scivolarle sulle labbra. Non appena avvertì il sapore metallico, capì che era sangue. Il taglio sulla bocca di Iona si era riaperto. Probabilmente quello zuccone non se l'era fatto aggiustare da Aidan. Aveva visto come lo guardava: non si fidava affatto. Delia bussava forte alla porta e muoveva la maniglia, cercando di entrare.
    « Roxanne! Maledetta ragazza! » la chiamò ancora, tentando quasi di sdradicare la porta. Ma Roxy era immersa nel bacio con Iona, e niente l'avrebbe distratta. Quando, alla fine, il ragazzo si separò da lei, le chiese di andare via con lui. La ragazza lo guardò negli occhi, seria, cercando anche il più piccolo barlume di indecisione in essi. Non lo trovò. Le sembrava vero quello che le stava dicendo. Dentro di lei c'era una felicità immensa che però in quel momento stava reprimendo, dissimulando. Posò entrambe le mani sul volto di Iona e gli sorrise, baciandolo prima sul naso, poi sulle guance ed infine sulla fronte. Non voleva fargli ancora male, perciò si limitò ad avvicinarsi il più possibile alla bocca senza provocargli dolore. Cercò le sue mani e le prese entrambe, stringendole. Hrones sembrò aver capito tutto, perché comparve da dietro la finestra e lanciò uno sbuffo di fumo grigiastro.
    « Andiamo. » gli rispose infine, sfiorando appena le labbra con le sue. Non le sembrava vero: stava fuggendo da quell'orribile mondo fatto di bugie, ordini e doppie facce. Stava fuggendo da Thomas, da sua madre, da Garrett Hall. Beh, forse lui le sarebbe un po' mancato. Ma neanche troppo. Si voltò, e in un istante afferrò la piccola borsa bordeux che conteneva solo monete d'oro. Se la mise sottobraccio e poi prese una mano di Iona, guardandolo dritto negli occhi. Era pronta, anzi, prontissima. E fu proprio lei a fare il primo passo: sorpassò il ragazzo e poggiò un piede sul davanzale della finestra, slanciandosi ed issandosi su quest'ultima. Si resse alle ante della finestra, sporgendosi un poco ed incoraggiando Iona a seguirla.
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    Dall’altra parte della stanza, sembravano voler buttare giù la porta. Colpo dopo colpo, la voce della madre di Roxanne si alzava sempre più di tono mentre urlava alla figlia di aprirle. Iona strinse la ragazza a sé, voltando il viso verso la porta: con quel ritmo martellante, chissà fino a quanto avrebbero potuto reggerne i cardini. La madre della ragazza batteva con vigore pugni sulla porta che cigolava sinistra. Iona pensò che doveva essere forte per trattarsi di una signora di non più vent’anni. Roxy lo fissava, lui fissava lei. Sin da quando si erano conosciuti, quel gioco di sguardi più e più volte aveva sostituito mille parole e lunghi discorsi. Iona lo reputava quasi come un segno. Entrambi scrutavano nello sguardo dell’altro per trovarvi le sensazioni che questi provava: paura, sdegno, divertimento, rammarico erano solo alcune di queste. Per Iona era difficile trovare qualcuno che lo comprendesse. Aveva un carattere difficile, lunatico, burbero ed egoista tipico di coloro abituati a vivere in solitudine, eppure in Roxy aveva trovato una certa corrispondenza, come se tra loro vi fosse una sorta di legame. Quel filo conduttore permetteva ad entrambi di avvertire i sentimenti dell’altro non solo tramite uno sguardo fugace, ma spesso era avvenuto anche da un semplice tocco. Ad esempio, quando si erano conosciuti, Roxy aveva praticamente inteso subito che Iona non le avrebbe mai fatto nulla di male semplicemente da come lui la toccava. Dall’altro lato, Iona aveva colto subito il gioco e la sfida negli occhi color nocciola di lei. Adesso, guardandola, Iona avvertiva una certa determinazione nel suo sguardo. Dopo quella proposta, lui si era aspettato un ceffone ed un secco no. Invece... Invece sembrava quasi entusiasta. Quando poi lei gli disse che voleva andare via, in preciso istante, Iona si lasciò sfuggire un sorriso divertito. Bene, la ragazza già cominciava a percepire il suo stile di vita, fatto di continui viaggi e fughe e corse e partenze da ogni dove in qualsiasi momento. Roxanne afferrò una piccola borsa violacea e lo condusse verso la finestra. Iona ridacchiò sommessamente mentre barcollava seguendola. Ci sarebbe voluto ancora qualche altro giorno prima che tornasse ad essere il gelido, agile e fatale felino che di solito era. Ma alla fine, come si disse in seguito, quei giorni di ferie non gli avevano poi fatto tanto male. La ragazza si issò sulla finestra e Iona fece lo stesso intrecciando la propria mano con quella della ragazza. Hrones, che da tempo aveva seguito i pensieri del proprio padrone, si era issato sornione sulla quercia spezzando qualche ramo, e ora li attendeva, pronto ad accoglierli sul proprio dorso. La porta fu sfondata con un poderoso calcio e sbattè contro il muro. Iona si voltò di scatto e vide il soldato. Lo riconobbe fin troppo facilmente. Capelli biondo cenere, viso da bravo ragazzo, eppure era a lui che doveva il labbro spaccato e lo zigomo fracassato. Quando questi lo vide lì, sulla finestra, pronto a fuggire via con quella che doveva essere la sua compagna, sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Probabilmente, lo prese per un fantasma venuto dall’oltretomba a punirlo per ciò che aveva fatto portandogli via la ragazza. A quanto pare, quei soldatucci da quattro soldi erano stati convinti fino a quel momento di averlo ucciso. “Davvero frequenti questo tipo di persone?” domandò ridacchiando alla ragazza. Lasciata in fretta la presa della sua mano, l’afferrò per i fianchi e la spinse giù sulla schiena di Hrones, dopodiché si gettò anch’egli. Iona si posizionò dietro Roxanne e la strinse a sé mentre il drago spiccava il volo. Adesso, nell’alto del cielo limpido, nessuno poteva più toccarli.
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