[FIRE] All That Echoes

27 Giugno 102 PA - Casa di Iona

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    Quando era saltato malamente sulla groppa di Hrones stringendo fra le proprie braccia la sua Roxanne, il primo posto in cui aveva pensato di recarsi, era stato "casa". Come mercenario errante, Iona non possedeva una casa. Viveva di locande, bettole, postacci d'ogni genere nei quali passare una notte o giusto qualche ora di riposo. Diverse volte si era persino accampato in qualche bosco accasciandosi contro il corpo caldo del proprio drago. Non era il massimo della comodità, certo, ma con il tempo aveva imparato ad adattarsi a qualsiasi condizione. Eppure, diverso tempo fa, anche lui aveva avuto una vera e propria casa e persino una famiglia con la quale coabitarci. Era anche vero che si trattava di altri tempi ormai remoti ed appartenenti a quelle che erano state l'infanzia e l'adolescenza non troppo felici di Iona. Quella casa era grande, spaziosa, colma di ricordi, belli o terribili. Iona ne ricordava ogni stanza con un'acutezza impressionante. Ricordava la stanza da letto dei suoi genitori che, sin da quando era stato molto piccolo, era sempre rimasta chiusa e mai utilizzata poichè suo padre dormiva da solo in un'altra stanza rifiutando quel letto matrimoniale. Da bambino, non se ne capacitava ma, diventando più grande, in lui era cresciuta progressivamente la concezione che suo padre non lo facesse per rispetto della sua compagna. Ricordava la sua cameretta in fondo al corridoio, con quel lettino minuscolo e il pupazzo di un drago di pezza accanto al cuscino. Ogni sera sua nonna si recava lì, a raccontargli le miracolose avventure del suo personaggio delle favole preferito, Frodo della Contea, e ad augurargli la buona notte. E poi la cucina, colma di ogni profumo possibile, e il soggiorno con il camino e il suo odore di legna appena tagliata. E ancora la dispensa dalla quale rubare i biscotti per sè e per Hrones, la camera dove si era trasferito quando le sue gambe avevano cominciato ad allungarsi diventando degne di un Diarmuind, ma troppo per quel letto da bambino. Ora, nella sua mente, immaginava di rispolverare quella casa, di portarla al suo antico splendore. E magari, di tenerci Roxy al suo interno, al sicuro dal suo lavoro fin troppo pericoloso. Aveva sperimentato l'avere una ragazza al proprio fianco durante una delle sue missioni con Amberle, ma lei era diversa. Essendo una strega, era riuscita a difendersi con la magia e, per quanto non dubitasse che anche Roxy avrebbe potuto cavarsela, era pur sempre una semplice ragazza e preferiva non esporla ad alcun rischio. Ormai aveva in sè la concezione che lui e Roxy stessero in un qualche modo insieme, anche se non riusciva ancora a ben definire la situazione. Erano una sorta di compagni di viaggio ma in un qualche modo più legati nel profondo da qualcosa di stabile e, perchè no, anche duraturo.
    Roxy viaggiava davanti a lui e Iona la teneva ferma con le proprie braccia quando Hrones virava bruscamente o trovavano un vuoto d'aria. In realtà, lui l'aveva stretta praticamente sempre, anche quando non ve n'era stato il bisogno. Le aveva avvolto le braccia attorno ai fianchi e aveva posato il mento su una spalla della ragazza. Viaggiavano ininterrottamente da ormai diverse ore e già il sole cominciava a nascondersi dietro le colline mandando raggi cremisi sulla terra. Le squame scure di Hrones erano tinte dei toni dorati, mandando piccoli bagliori tutt'attorno. In lontananza, molto in verità, Iona scorse tra le immense distese di bosco dell'Isola, un punto in prossimità del Castello in cui gli alberi si diradavano e lasciavano il posto a immensi campi verdeggianti. Sapeva bene che proprio da quel punto, da quella sorta di linea di confine, cominciavano gli immensi possedimenti dei Diarmuind. Strinse Roxy a sè e le diede un leggero bacio sul collo. "Siamo arrivati" le disse, "Siamo arrivati a casa."
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    Vedere la faccia di sua madre era stato l'attimo più bello della sua vita. L'aveva sempre trattata male, le aveva sempre detto che non sarebbe mai stata felice, ed invece Roxanne era riuscita a scappare. Thomas, alla vista di Iona, aveva sgranato gli occhi, completamente sopraffatto dalla situazione. Alla ragazza era scappata una risata. Aveva fissato sua madre negli occhi per l'ultima volta, poi Iona l'aveva aveva afferrata per i fianchi e issata su Hrones, che intanto aveva capito tutto. Quando partirono, il cuore le sussultò: era esattamente quello che aveva sognato. Un drago, un salvatore e l'infinito davanti a loro. Non poté fare a meno di gridare la sua libertà al vento. L'urlo le venne direttamente dal cuore, tanto che alla fine scoppiò a ridere. L'aria le scompigliava i capelli, e si meravigliò di quanto facesse freddo lassù, nel cielo. Roxanne non aveva paura: sentiva le braccia di Iona stringerla a lui ed il suo volto poggiato sulla sua spalla. Dietro di loro, sua madre urlava dalla finestra, ma ben presto furono troppo lontani per udirla. Osservò la Fazione della Giustizia farsi sempre più piccola, fino a quando le case non divennero solo dei rettangolini e le persone delle minuscole formichine. Il dorso di Hrones era duro, ma l'enorme e sofisticata sella di Iona le impediva di squarciarsi la pelle. Adesso capiva perché i Cavalieri avevano le protezioni anche sugli stinchi: le squame dei draghi potevano ferire anche gravemente. Un brivido di freddo -o forse d'eccitazione- le percorse la schiena, scuotendola appena. Non sapeva dove il ragazzo la stesse portando, ma non le importava. Sarebbero potuti andare anche nelle Terre Sconosciute, le sarebbe andato bene lo stesso. Adesso voleva imparare a vivere di ciò che trovava. Non avrebbe avuto più tutti i suoi saponi profumati e le sue cianfrusaglie senza senso, ma quello era il suo ultimo pensiero. Ora aveva Iona, e le bastava per una vita ed oltre. Poggiò entrambe le mani su quelle di lui, stringendoglisi ancora di più. Hrones viaggiava a tutta velocità, e Roxy si accorse che puntava verso l'Isola Verde. Quando sorvolarono il mare, al tramonto, la ragazza si imbambolò davanti a quella vista: il sole spargeva un velo dorato sull'acqua, che rifletteva mille sfumature del giallo e dell'arancione. La borsa bordeux che aveva afferrato era incantata: in realtà c'era molto più spazio di quanto sembrava. Non a caso dentro c'erano un sacco di soldi -alcuni fregati anche a Delia- ed un paio di cambi. Roxanne progettava di andarsene da tempo, per questo aveva già preparato tutto. Quando avvertì le labbra di Iona sul suo collo sorrise, rabbrividendo appena. Il ragazzo le disse che erano appena arrivati a casa. L'aveva portata nella sua abitazione. Quindi forse intendeva avere Roxanne tutta per lui? Stavano finalmente assieme? La ragazza aguzzò la vista ed intercettò una vasta zolla di terreno spoglio, ormai non più coltivato, ed in mezzo un'enorme villa. Forse ci viveva con i suoi genitori. Al pensiero di conoscere la sua famiglia, rabbrividì: era pronta per questo? Le ci volle un po' per realizzare che se quel posto era mezzo abbandonato significava che non ci viveva nessuno da tempo. Hrones virò, piegando le ali e cominciando a planare. Atterrò con delicatezza in mezzo al campo. Iona scese per primo, ancora barcollando, poi si voltò, offrendole le braccia per scendere, ma Roxanne fece da sola, balzando sul terreno. Sì, quel vestitino verde era comodo, ma lì faceva un freddo cane. Rovistò nella borsa e ne estrasse una giacca rossa dal tessuto leggero, che si infilò con un movimento veloce. Diede un'occhiata all'esterno della casa, osservandola in tutta la sua bellezza. Si notava che, un tempo, quel possedimento doveva valere una fortuna. Si avvicinò a Iona e gli prese una mano, guardandolo dolcemente negli occhi.
    « Che bello qui. » gli disse, a voce bassa. Nonostante facesse un po' più freddo rispetto a Giustizia -visto e considerato che erano geograficamente più alti- sentiva che quel posto poteva decisamente diventare la loro casa. Con un suo piccolo tocco, le pulizie di primavera ed un bel giardino... beh, sarebbe diventato un paradiso. Strinse la mano di Iona, sentendosi eccitata al solo pensiero di vivere da sola con lui. Non vedeva l'ora di preparargli la cena, ascoltare le sue avventure e coccolare Hrones. A quel pensiero si voltò, guardando il drago e carezzandogli dolcemente il muso. Quello sembrò deliziato al suo tocco, visto che socchiuse gli occhi e si rilassò completamente. Cominciava a piacerle davvero tanto. Si voltò di nuovo verso Iona e poi si morse il labbro inferiore, osservando ancora la casa.
    « Mi piace tanto. » disse, sorridendo dolcemente.
    Roxanne Mumford @
     
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    Roxy gli era sembrata più che entusiasta alla vista di quella che una volta era stata la sua casa. L'abitazione si ergeva saldamente su tre piani di chiara pietra grigia e robusto legno di quercia. Sul davanti si presentava con un ampio porticato con arcate e ogni facciata aveva numerose finestre. D'inverno poteva risultare un po' fredda, ma da che Iona riusciva a ricordare, avevano sempre acceso un immenso fuoco nel camino ed erano stati bene. Prese Roxy per una mano e la condusse con sè su per quei pochi gradini che li condussero sotto il porticato. Iona si guardò attorno, sospirando. Quando era bambino giocava spesso lì. Era stato proprio sotto quegli archi che suo padre gli aveva insegnato a tirare di spada. Giorno dopo giorno, si erano allenati insieme. Si era fatto male qualche volta, aveva sentito il sapore metallico del sangue, ma suo padre gli aveva insegnato a non lamentarsi mai: voleva o no diventare un mercenario? Si voltò e il suo sguardo si posò sull'immenso portone d'ingresso in legno massiccio e rifiniture in cupo acciaio nero. I battenti, due teste di drago, emettevano minacciose due enormi anelli di fuoco scuro. Hrones si avvicinò all'edificio e infilò la testa sotto un arco del porticato, fissando il proprio padrone. "Fa male, eh?" gli domandò, emettendo un leggero sbuffo di fumo grigio. Iona sospirò e non rispose. Si mosse verso l'immensa porta senza mai lasciare la mano della ragazza. Si infilò una mano in tasca e ne estrasse un'arruginita chiave nera di ferro pesante e la infilò nella serratura. Quando fece per girarla, ebbe un attimo di esitazione. Si chiese se stava facendo la cosa giusta. Guardò Roxy al suo fianco con la coda dell'occhio e girò la pesante chiave nella serratura. Il portone si aprì con un sinistro cigolio. Dentro l'abitazione, regnava il buio totale. L'unico fascio di luce derivava dalla porta appena aperta e le ombre dei due giovani si stagliavano scure sul pavimento. Un pesante odore di chiuso aleggiava nell'aria e subito colse il naso di Iona, che lo storse come infastidito. Lasciò la mano di Roxanne e si addentrò nell'abitazione. Anche se vedeva ben poco, sapeva benissimo dove andare, come muoversi. Si muoveva con passo sicuro, virando lì dove sapeva esserci ora una sedia, ora un baule. Arrivò davanti alla parete sulla sinistra e si fermò. Allungò una mano nell'oscurità e afferrò qualcosa che riconobbe essere stoffa. La strinse con forza e la scostò di lato. Una luce accecante lo accolse e gli fece strizzare gli occhi. Quando poi li riaprì, la stanza parve cominciare ad illuminarsi. Una dopo l'altra, Iona corse per la stanza a scostare ogni tendaggio davanti alle finestre e, presto, l'intero salone parve tingersi delle tonalità calde del tramonto. Solo guardandone l'immenso soggiorno preceduto da un piccolo atrio, chiunque avrebbe immediatamente compreso che quella era stata l'abitazione di una famiglia importante. Ogni mobile era fabbricato finemente ed era in linea con ogni oggetto presente nella stanza. Il camino era immenso, costruito con pietra chiara scurita nel suo interno dalle fiamme. Su di esso, su una base di legno, giaceva appesa una lunga spada dalla lama nera e dall'elsa dorata. Almeno, Iona la sapeva essere così: ora, ricoperta da polvere e ragnatele, era piuttosto irriconoscibile. Davanti al camino si stendeva un immenso tappeto blu oltremare circondato da imperiose poltrone dagli schienali alti. Grossi bauli ed armadi si perdevano per la stanza. Sulle pareti vi erano arazzi dai mille colori raffiguranti draghi rampanti e, in fondo alla sala prima della scalinata che conduceva al piano superiore, vi era un grosso dipinto raffigurante un gruppo di persone. Quando, per puro caso, lo sguardo di Iona lo catturò, questi voltò il viso di scatto dalla parte opposta. Diverse porte conducevano alla sala da pranzo e alla cucina. Iona si avvicinò a Roxanne e le rivolse un sorriso. "Lo so, c'è molto lavoro da fare. Bisogna ripulirla da cima a fondo e magari fare qualche riparazione, ma è in ottimo stato. Forse d'inverno sarà un po' fredda ma quel camino è miracoloso, davvero" lanciò un breve sguardo al camino, poi tornò a guardare la ragazza. "Adesso te la farò visitare, vedrai che ti piacerà stare qui" Iona fece una breve pausa, come se avesse dimenticato una cosa importante. "Forse potresti soffrire un po' la solitudine da sola... Mh, ti comprerò un cucciolo. Due se vuoi." Le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte. Quando lui non ci sarebbe stato per lavoro, il che si prospettava avvenire molto spesso, Roxanne doveva pur avere una compagnia. Per quanto ne sapeva, le ragazze adoravano i cuccioli. Gliene avrebbe procurati di ogni tipo: cani, gatti, conigli, purchè non avvertisse la solitudine in sua assenza. Magari, poteva comprarle persino un cavallo. Avrebbe potuto occuparsi di lui e non avrebbe atteso Iona con così tanta impazienza. E poi, con il passare del tempo, si sarebbe fatta sicuramente delle amiche al villaggio: poteva pur sempre passare delle giornate con loro mentre Iona era via per lavoro.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    Lo seguì mestamente, osservando i suoi moviementi. Iona sembrava esitare, colto da un improvviso dubbio. Roxanne non trovò il coraggio di chiedergli nulla: rimase impalata davanti alla porta decorata finemente, osservando le teste dei draghi che spuntavano dal legno. Forse non era così bella come pensava. Quei battenti, per esempio, la inquietavano non poco. Si morse il labbro inferiore ed aspettò che il ragazzo si muovesse. Iona mise la chiave nella toppa e poi la girò, aprendo la porta. La prima cosa che avvertì fu il buio, poi una ventata d'aria viziata. Era chiaro che quel villone non veniva visitato da tantissimo tempo. Arricciò il naso e cercò di scrutare all'interno del soggiorno -o almeno sembrava un soggiorno- ma non riusciva a distinguere bene oltre qualche metro. Iona entrò, procedendo a passo sicuro, ma Roxanne volle rimanere ferma sulla soglia. Per prima cosa non si sapeva orientare, e poi quella casa sapeva di ricordi. Non si era chiesta prima come mai un ragazzo solo abitasse in una villa di tale portata. Era chiaro che gli fosse successo qualcosa durante l'infanzia. In fondo, non sapeva proprio nulla di lui. Iona cominciò a rimuovere le coperte dalle finestre, lasciando che il salotto s'illuminasse della luce aranciata del tramonto. Quando tirò giù anche l'ultimo telo, Roxanne si ritrovò a fissare un salotto di un'antica famiglia nobile. C'erano dettagli dorati ovunque, pavimenti raffinati, poltrone dallo schienale alto ed arazzi imponenti che incombevano sulla stanza. La ragazza sgranò gli occhi, osservando come la pesantezza dell'arredamento si ripercuotesse sull'ambiente. Era davvero orribile. Esagerato. Anche lei aveva i soldi, eppure non aveva comprato arazzi da far installare in camera sua. Era solo una questione di senso dello stile, niente più. Ma era dell'idea che non era bene parlarne in quel momento. C'era qualcos'altro, poteva scometterci. Iona le venne incontro, sorridendo, dicendole che c'era molto lavoro da fare. Roxanne si limitò ad annuire, guardandosi attorno. Oh, sì che c'era del lavoro da fare. Stava aspettando che lui se ne andasse a lavorare per rimettere a nuovo quella sorta di museo dei Cavalieri. Non potevano vivere in un posto del genere, o almeno lei non ne era in grado. Le sarebbe venuta l'ansia. Da fuori sembrava molto più bella. Si era già immaginata un bel salone composto da mobili di legno scuro, un grosso tavolo, delle forti sedie. Niente di tutto quello. Le sembrava di essere la regina dell'Isola Verde. Non disse nulla, almeno fino a quando Iona non le parlò della solitudine. Gli aveva dato la mano per seguirlo nel tour della casa, ma non appena avvertì quella frase si bloccò in mezzo alla stanza. Mollò la presa, irritata, e lo fissò negli occhi, aggrottando le sopracciglia ed assumendo un'espressione quasi sconcertata.
    « Certo. » gli rispose, sarcastica. Incrociò le braccia al petto e poi annuì, ancora guardandolo. « Perché non procurarmi direttamente un amante? » continuò. Ora il suo tono di voce era diventato aspro, diretto. Odiava sentirsi dire certe cose. Era già fastidioso il fatto che lui se ne sarebbe andato per giorni e giorni, figurarsi il rimpiazzarlo con un cagnolino o un gatto. Scosse la testa, superandolo e cominciando a spalancare le finestre. Serviva decisamente dell'aria pulita, là dentro.
    « Sono sempre stata da sola, non devi dirmi tu che cosa devo fare. » disse infine. Non aveva bisogno di un cucciolo di qualcosa per superare la solitudine. Fin dalla sua infanzia, Roxanne pretendeva un po' di tempo per lei, da passare in completa solitudine. Certo, ora ne aveva forse un po' troppo, ma si sarebbe trovata un'occupazione. Anche perché di sicuro non avrebbe fatto la mogliettina che aspetta il suo amore. Si sarebbe trovata un lavoretto, magari anche qualche amica. Era giovanissima, non intendeva passare la sua vita dentro quella specie di gioiellino tuto dorato. Terminò di aprire anche l'ultima finestra, poi tossicchiò, voltandosi verso la stanza. Non riusciva davvero a trovare una cosa buona, lì dentro. Sembrava fosse stata arredata dal Generale dell'Esercito. Sapeva che era solito ricoprire il suo ufficio di oggetti antichi, plasmati nell'oro o nell'argento. Sospirò, sentendosi all'improvviso persa. Forse avrebbe potuto chiedergli di andare a vivere da un'altra parte. Portò lo sguardo su di lui, fissandolo dolcemente negli occhi. Aveva percepito una strana atmosfera, lì dentro: probabilmente Iona ci aveva passato una buona parte della sua vita. Si vedeva che ci teneva. Le mancò la forza di chiederglielo. Si limitò ad avvicinarsi e carezzarlo appena sulla guancia, fissandolo negli occhi. Doveva farsi raccontare la sua storia.
    Roxanne Mumford @
     
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    Dopo quella proposta, Roxy incrociò le braccia e gli rispose sarcastica che poteva anche trovarsi un amante. Iona socchiuse gli occhi e la fissò piegando leggermente il capo. Si chiese se intendeva provocarlo e se, alla minaccia di un altro uomo nella vita della ragazza, lui fosse geloso. Alla fine dei conti, ancora non riusciva a definire il rapporto venutosi a creare tra loro due. Lei gli aveva confidato persino di amarlo, lui aveva degli atteggiamenti di dolcezza nei suoi confronti. Ma per Iona era una situazione particolarmente nuova e dagli strani risvolti. Fino a quel momento non si era sentito pronto per relazioni o cose simili, e adesso, invece, si ritrovava con una ragazza al proprio fianco e un forte legame intercorreva tra loro. Si chiese ancora una volta se stesse facendo la cosa giusta. Non poteva pretendere di proteggere quella ragazza quando lui stesso era la principale fonte di pericolo nella vita di lei. Doveva decidere in che tipo di situazione tuffarsi. Sapeva bene che non appena avesse ricominciato a lavorare Roxy sarebbe stata sempre più sola. E allora, avrebbe dovuto fare i conti con le proprie scelte. Se avesse impugnato una spada, non avrebbe potuto abbracciarla. Viceversa, se non l'avesse fatto non avrebbe potuto difenderla. E poi, doveva pur portare qualcosa a casa per mangiare. In quel preciso istante, era come se la mente di Iona vagasse su mille rotaie diverse ad una velocità allucinante. Era così preso dai propri pensieri che capì a stento ciò che Roxy gli diceva. Lui si riscosse, socchiuse appena gli occhi e tornò a fissarla. Poi sospirò. "Davvero Roxy, tu non sai cos'è la solitudine" le disse con un mezzo sorriso. "Se quella che tu hai vissuto fino ad ora era solitudine, non saprei definire ciò che ho vissuto io." Iona allungò un braccio e la prese per mano, portandola con sè al centro della stanza e facendola accomodare su una delle poltrone. Lui si sedette su quella al suo fianco. Arrivati a quel punto, lui doveva certamente raccontarle ciò che era stato fino a quel momento, doveva parlarle di chi gli aveva dato i natali, della sua infanzia e adolescenza... Della sua vita, ecco. Si grattò il mento, poi fissò Roxy e cominciò a raccontare.
    "Da dove vuoi che cominci, Roxy?" ridacchiò, "Sai ciò che sono. E sappi che è come se fosse ereditario. Mio padre e mio nonno erano mercenari. Per quanto ne so, lo erano anche i miei avi. E' come se da sempre i Diarmuind -perchè questo è il mio cognome- fossero dediti all'assassinio. Forse siamo diventati ricchi grazie a questo. Comunque, dicevamo? Ah, sì. E' stato mio padre che mi ha insegnato a combattere, tirare di spada, a sopportare l'odore del sangue. Lui era... Tutto ciò che avessi. La mia guida, il mio mentore" Iona fece una pausa, mordendosi appena il labbro inferiore. "Me l'hanno ucciso quando avevo più o meno quindici anni. All'epoca, avevo già perso i miei nonni, morti nello stesso modo. Non servì a nulla essere Cavalieri di Drago, morirono tutti miseramente... Ed io rimasi solo. Mio padre non c'era più, i miei nonni nemmeno e mia madre non l'ho mai conosciuta. Morì di parto." Iona si prese il viso tra le mani e se lo strofinò. Non amava ammetterlo, ma ripensare alla propria madre mai conosciuta lo distruggeva e feriva nel profondo. Sapeva solo che aspetto avesse. Anzi, che aveva avuto. "Cominciai a viaggiare a diciotto anni credo. All'epoca non avevo clienti anche se me la cavavo già piuttosto bene. La fama, se così vuoi chiamarla, arrivò con il passare del tempo. Da queste parti sono piuttosto conosciuto. Tutti sanno chi sono, chi erano i miei parenti e ciò che facevano, eppure non se ne dispiacciono. E' come se..." Iona fece una pausa, riprendendo fiato, "Come se si sentissero sicuri e protetti tra le mura bianche delle loro case pur sapendo di essere circondati da assassini. Come si dice, il rosso difende, il bianco offende, no?" Si lasciò sfuggire un sorriso, pur ricordandosi che forse Roxanne non conosceva quel detto che spesso, in passato, aveva sentito pronunciare a suo nonno. "Penserai che sono molto... legato a questa casa. E' tutta la mia vita. Qui ci sono nato, cresciuto... Vorrei che rimanesse così com'è ora, capisci? Intatta." Lanciò uno sguardo d'intesa a Roxanne, sperando che lo cogliesse.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    Roxanne si lasciò trascinare fino al centro della stanza, sedendosi con lui. Quando poggiò il sedere sulla poltrona, un nugolo di polvere si sparse nell'aria, facendola tossicchiare appena. Iona non lo sapeva, come pure la maggior parte delle sue amiche, ma Roxy aveva una leggerissima allergia alla polvere. Le causava qualche starnuto ed una tosse fastidiosa, niente di ché, però si sarebbe dovuta sbrigare a pulire, lì dentro. Iona le raccontò la storia della sua vita, iniziando col dirle che il suo cognome era Diarmuind. Al suono di quella parola, Roxanne aggrottò appena le sopracciglia: l'aveva sentito dalla madre sicuramente, e forse anche dal Generale. Significava che erano molto conosciuti. A quel pensiero, la ragazza si domandò come potessero aver costruito una famiglia senza troppi problemi. Sì, sua madre era morta di parto, ma quelle erano delle cause naturali. Sembrava che con l'adolescenza di Iona fosse andato tutto a rotoli. Quando terminò il discorso, Roxanne sospirò, curvando un po' le spalle e fissandosi le ginocchia. Di sicuro non si aspettava una bellissima storia da un mercenario, però la prospettiva di vivere in quella casa non la rallegrava affatto. Non più per i mobili o per le varie riparazioni da fare, no: più che altro, quell'abitazione significava dolore per Iona. C'era cresciuto, vero, ma in quel modo avrebbe continuato a ricordare per tutta la vita. E gli avrebbe fatto solo male. Uno sbuffò d'aria entrò da una delle finestre, muovendole appena i capelli. Chiuse gli occhi, portando l'indice ed il pollice sul naso e cercando di riflettere. Era più che sicura che non sarebbe riuscita a portarlo via da lì. Roxanne non si sentiva affatto sicura in una casa che tutti conoscevano e che era così facilmente rintracciabile. L'unica in un campo enorme ed incolto. Sospirò, alzando la testa e guardando Iona negli occhi. Non sapeva come dirglielo; l'unica cosa di cui era certa era che lì, lei, non ci voleva stare.
    « Iona... » cominciò, alzandosi da quella poltrena polverosa e prendendo una mano del ragazzo. « Non pensi che questa casa sia il primo posto dove ti cercherebbero? » chiese. Fece una pausa, arricciando le labbra e deglutendo.
    « E troverebbero me, non te. » concluse. Intrecciò le dita con quelle di Iona, cercando di rendere il suo discorso il meno pesante possibile. Nessuno era in grado di essere sdradicato da casa senza nessuna ripercussione. Sarebbe stato indubbiamente complicato, se non doloroso, ma dovevano farlo.
    « E poi, qui ci sono davvero troppi ricordi. Fanno male a te e fanno male a me, visto che mi sento un'intrusa. » gli disse ancora. Si avvicinò appena per sciogliere l'intreccio e poggiargli entrambe le mani sul volto, carezzandolo appena. Le sue dita sottili si adattarono alla forma del viso del ragazzo, poi Roxanne lo strinse a sé. Inarcò appena la schiena e si piegò su di lui, portandogli addirittura le braccia attorno alla testa. Le veniva da piangere -di nuovo- e non sapeva perché, ma si trattenne. Le dispiaceva anche solo che lui avesse vissuto tutte queste esperienze orribili. Roxanne non aveva mai conosciuto suo padre. I più dicevano che fosse un militare, un tizio che aveva brutalmente violentato sua madre, ma qualcosa nello sguardo di Delia la faceva dubitare di tutto quel teatrino. Si poteva dire che la ragazza fosse cresciuta da sola, visto che i nonni materni erano dei bigotti e che Delia non faceva altro che impartirle ordini. Non era stata una vita semplice, no, ma neanche Iona scherzava. Il suo lavoro, poi... il mercenario. Ne conosceva un paio, ad essere sinceri: uno si chiamava David, un gigante tenebroso e borbottone che sua madre aveva assunto per un lavoretto, l'altro era suo fratello Alexander. Iona non assomigliava a nessuno dei due, nonostante anche loro avessero vissuto delle esperienze orribili. Roxanne si ritirò appena e sfiorò il volto di Iona con il suo, appoggiando la fronte alla sua e guardandolo negli occhi. Non gli disse nulla. Stava a lui, ora, pensarci. Gli carezzò una guancia e lo baciò velocemente, ma riuscì a farlo comunque dolcemente.
    « Non dobbiamo decidere subito, prima riposiamoci un po'. » gli disse infine, sorridendo. Aveva intenzione di dare una bella pulita ad una delle camere e stendersi con lui per tutta la giornata. Non avrebbero fatto assolutamente nulla. Non aveva voglia neanche di andare a cercare del cibo. Sarebbero solo stati insieme. Le bastava.
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    Iona capiva ciò che Roxanne cercava di dirgli e, in un primo momento, un moto di rabbia cominciò irrefrenabile a germogliare in lui. Non voleva lasciare quella casa, per nulla al mondo. Potesse cadere il cielo e aprirsi la terra sotto i loro piedi, lui non si sarebbe mosso di un passo fuori da quelle stanze. Certo, presumeva di essere un po' egoista, ma non era tornato in quella casa pronto a lasciarla poco dopo. Si era sentito così bene quando vi era entrato, si era sentito a casa come mai prima di allora. Nemmeno quando suo padre e i suoi nonni erano vivi era mai stato così contento di trovarsi in quel luogo. Ora si rendeva conto di quanto fossero importanti le cose che andavano perdute durante il percorso della propria vita. Una di queste, forse l'unica, chissà, era tornata indietro. Come poteva lasciarla andare ancora? Era come se uscendo da quella casa diversi anni prima vi avesse lasciato dentro lo Iona che era stato e che questi, quando lui aveva girato la chiave nella serratura e spalancato la porta, gli fosse corso incontro fondendosi con lui, diventando nuovamente sua parte integrante. Iona poteva ben comprendere quanto quel discorso potesse apparire infantile agli orecchi altrui, eppure in cuor suo sentiva di essere nel giusto. Sapeva bene che ogni angolo di quella casa era un piccolo frammento di memoria, ogni oggetto costituiva un ricordo indelebile, eppure gli stava bene così. Non sarebbe morto di nostalgia, vi si sarebbe crogiolato. Era ciò che desiderava: tornare a ricordare. Ricordare quei tempi più o meno felici, quei tempi semplici in cui era un bambino come tanti altri e ancora non sapeva bene che lavoro facesse suo padre. Roxanne non poteva capire, almeno per il momento. Lui non sarebbe stato a suo agio in un'altra casa, così come non era a suo agio quando dormiva nelle locande delle svariate fazioni per lavoro. Se vi rimaneva solo pochi giorni, il motivo era soltanto uno: quelle pareti sconosciute lo spaventavano. Avvertiva se stesso come una belva che volontariamente sceglieva di entrare in una pericolosa gabbia. In quella casa, invece, si sentiva nel suo habitat naturale. E poi, sapeva bene che anche Hrones la pensava come lui. Lì il suo compagno alato era nato e cresciuto e, proprio come lui, anche il drago aveva dei ricordi. Entrambi non potevano permettersi di andare via.
    "Roxy, tutti sanno che qui abitavano dei mercenari, eppure non si sono mai fatti troppi problemi. Per quanto riguarda la sicurezza... Ecco, non me ne preoccupo." Era vero. Non sapeva perchè, ma era come se attorno al suo cervello si fosse eretta una muraglia che gli impedisse di pensare a soluzioni che non implicassero il rimanere in quella casa. "E nessuno ti farebbe del male, piuttosto ti rispetterebbero" continuò, parlando più con se stesso che con la ragazza. Quella storia dei ricordi poi, la vedeva più come una sua faccenda che non di Roxanne. Capiva come lei potesse sentirsi in imbarazzo davanti alle quotidiane vicende di una famiglia distrutta, ma Iona immaginava che con il tempo le sarebbe passato. Sospirò afflitto. Non voleva costringere Roxy a vivere in un posto nel quale non si sentiva a proprio agio provando il medesimo senso di smarrimento che lui aveva avvertito per anni, eppure non riusciva a giungere ad altre conclusioni. "Senti" disse infine, "Proviamoci... Almeno per un po', va bene?" le propose. Rivolse a Roxanne uno sguardo afflitto, poi le afferrò una mano e la prese tra le sue, carezzandola appena. "So che potrebbe essere difficile, ma provare non costa nulla, giusto?" Le rivolse un sorriso leggero, poi si sporse in avanti e le pose una mano dietro la nuca, spingendo il viso della ragazza contro il proprio. Le loro labbra si incontrarono e Iona quasi aggredì quelle della ragazza. La sua lingua si muoveva quasi impaziente con quella di lei. Iona si distaccò un po', lasciando pochi millimetri a separarli, tanto che i nasi si sfioravano ancora. Socchiuse le palpebre e, carezzando una guancia di Roxanne, lasciò che il suo respiro la cogliesse.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @


    Edited by varden - 12/3/2013, 22:07
     
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    Come aveva immaginato, Iona fu irremovibile. Riusciva a scorgere un barlume d'indecisione nei suoi occhi, ma i sentimenti che provava per quella casa erano talmente importanti ed enormi che oscuravano tutto il resto. Le disse che non c'erano mai stati dei problemi, che la sicurezza non lo preoccupava e che la gente l'avrebbe rispettata. Il suo discorso non la convinceva per niente, ma si disse che era meglio lasciar stare. Alla fine, lui doveva sapere di che cosa stava parlando, faceva quel lavoro da anni. Roxanne non ne sapeva ancora niente. Magari Iona aveva ragione, nessuno la sarebbe venuta a cercare e nessuno l'avrebbe ammazzata brutalmente con un'ascia. Sì, l'ultimo particolare era venuto fuori con l'immaginazione. Rivolse al ragazzo uno sguardo dubbioso ma dolce, cercando di non cominciare a fare la solita Roxy e dirgli che lei lì non voleva starci. Le propose di provare a viverci per un periodo, di tastare il terreno. In fondo nessuno dei due sapeva che cosa voleva dire la convivenza. Dovevano ancora scoprire i vantaggi e gli svantaggi. Gli sorrise debolmente, ricambiando il bacio, poi gli passò una mano tra i capelli, pettinandoli appena.
    « Va bene. Ma ora non pensiamoci. » acconsentì quindi, dandogli un piccolo bacio sul naso. Lo spinse all'indietro, facendogli poggiare la schiena alla poltrona, poi gli si mise delicatamente in braccio, facendo in modo da non fargli male. Gli portò entrambe le braccia al collo, allacciando le mani dietro la nuca di lui. Lo fissò negli occhi per qualche secondo, come se l'unica cosa che volesse fare era guardarlo. Non le sembrava vero di essere in una casa nuova con la persona che... beh, amava. Portò l'indice della mano destra sul volto di Iona, percorrendo i suoi lineamenti con studiata lentezza. Alla fine lo baciò, senza però insinuare la lingua. Appoggiò appena le labbra, strofinando poi il naso contro il suo. Tornò a guardarlo negli occhi, sorridendogli.
    « Sono felice. » gli mormorò poi, ridacchiando. Si sentiva come una ragazzina di quattordici anni alle prese con il suo primo amore. Non sapeva se dire qualcosa che sarebbe potuto risultare volgare o rimanere sul vago, lasciando che lui captasse ciò che lei gli aveva inviato. Tentò la seconda, cercando quindi di fargli capire che non voleva più starsene intrappolata su quella poltrona, inarcando un sopracciglio e sorridendogli maliziosamente. Si avvicinò alla sua bocca e stavolta cercò di baciarlo con più intensità, stringendosi con decisione a lui. Era davvero contenta di stare lì con Iona. Non sapeva ancora se quella casa fosse sicura, però in quel momento non le importava. Era lontana da Delia, da Thomas, dalle sue amiche oche. Era lontana dalla sua vita. Era il momento di incominciarne una nuova. E lui era compreso. Ancora non riusciva a capire come un tipo come Iona si fosse fossilizzato su di lei: le era sembrato un tipo da una botta e via, un ragazzo che se ne fregava dei sentimenti degli altri. Eppure era tornato da lei. E l'aveva pure rispettata. Non sapeva se dipendesse dal fatto che non si fosse concessa la prima volta, ma probabilmente c'entrava qualcosa. Alla fine, comunque, c'era riuscito: l'aveva avuta. Certo, ancora non completamente, però c'era riuscito. Moriva dalla voglia di sentirsi dire che anche lui ci teneva. A Roxanne era scappato un "ti amo" poco prima di scappare da casa sua, ma forse era stato troppo affrettato. Iona, invece, ancora non si era sbottonato. Certo, il fatto che l'avesse portata nella sua casa d'infanzia per vivere con lui era un gran bel passo, ma sentirselo dire era un'altra cosa. Chissà se ci sarebbe mai riuscito. Il pensiero la intristì un pochino, ma continuò a baciarlo senza esitare. Non voleva che certe idee le impedissero di rilassarsi completamente.
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    Iona si distaccò da Roxanne, fissandola per un po'. All'improvviso, non appena i suoi occhi di inchiostro scuro si riflessero in quelli nocciola di lei, Iona avvertì come uno strano senso d'angoscia. Forse aveva corso troppo, forse aveva accelerato troppo il suo passo. Si diede dello stupido per aver abbandonato il suo tacito istinto per correre dietro ad una donna. Lui, Iona Diarmuind, mercenario, inguaribilmente burbero ed austero aveva dimenticato tutti i dittami dell'essere un ricercato assassino per... una donna? Quanto era stato ingenuo e per nulla furbo. Si bestemmiò altre due volte. E se Roxy avesse avuto ragione? Se quella situazione avesse determinato per lui la fine? Allora non ci sarebbe stato molto a cui pensare, in effetti, se non alla propria stupidità. Iona che diventava una sorta di padre di famiglia? Oh, cielo. Lui era nato per vivere allo sbaraglio, come poteva aver ignorato i segnali vividi e ruggenti del suo istinto per lasciarsi trascinare così, per lasciarsi condurre via da quelle che un tempo erano state le sue priorità. Eppure, doveva ammettere che aveva agito di sua spontanea iniziativa. Era stato lui a tornare da lei, a proporle di seguirlo ovunque andasse. Lei aveva accettato, certo, ma sarebbe stata disposta a tutto ciò che Iona le stava ponendo davanti? Forse Roxanne ancora non lo immaginava, ma la vita al fianco di un mercenario non era sempre rose e fiori. Innanzitutto, se fosse rimasta con lui e avessero deciso di convivere stabilmente, Iona non si sarebbe piegato al supplizio del matrimonio. Quello sarebbe stato uno degli sbagli commessi da suo padre che intendeva evitare. Del genitore, infatti, biasimava solo quell'aspetto: era grato del fatto che avesse trovato una donna ma, sposandola, l'aveva sicuramente costretta al suo fianco. Iona non desiderava che Roxanne subisse la medesima sorte. In secondo luogo, non avrebbero provato intenzionalmente ad avere figli. Iona non era contrario ad avere una progenie, ma viveva con il costante terrore che i suoi figli potessero passare ciò che lui stesso aveva provato. Insomma, se fossero arrivati lui non avrebbe potuto farci molto ma, per quanto poteva contare, non vi avrebbe provato intenzionalmente. Forse avrebbe potuto chiedere a qualche stregone un metodo contro... La sua forza generatrice, ecco. Conosceva uno stregone di nome Brandon, l'unico probabilmente sulla faccia di tutte le fazioni di cui si fidava. Lui avrebbe sicuramente saputo cosa fare. A proposito di bambini... Roxanne gli era parsa un po' troppo infervorata, e per come la vedeva Iona, era una situazione positiva. Si alzò da quella polverosa poltrona di scatto, afferrò Roxanne per un braccio e la tirò su con sè. Le lanciò uno sguardo di sottecchi, poi disse: "Ti mostro il secondo piano." Così dicendo si mosse voglioso verso le scale, infondo alla sala. Teneva Roxy per un braccio e la tirava dietro di sè, neanche fosse stata un sacco di patate. I gradini in pietra erano vecchi e scuriti dal tempo, eppure Iona ne ricordava ancora il numero. Diciassette. Quando li ebbe terminati tutti, avvertendo ancora il polso di Roxanne stretto nella sua mano, continuò a camminare. Gli si aprì davanti agli occhi un corridoio disseminato di porte sbarrate. Eppure, sapeva alla perfezione cosa quelle porte nascondevano. Oltrepassò la prima, ed anche la seconda. Alla terza, si bloccò. Girò con forza la maniglia e diede una spallata alla insistente porta. Dopo un secondo colpo ben assesstato, quest'ultima decise di spalancarsi con un tonfo sordo contro la parete. Iona lasciò per un momento il polso della ragazza, entrando nella semioscurità della stanza. Evitò sapientemente quei luogi che sapeva essere occupati ora da un comò, ora da una spalliera e, fermatosi, tirò con forza le tende. La luce rosseggiante del sole al tramonto lo colpì in pieno viso, riempendo la stanza dei colori vividi dell'estate. Un ampio letto matrimoniale a baldacchino dalle coperte candide si tinse violentemente d'arancio, e con lui ogni mobile nella stanza si rifinì d'oro. Soddisfatto, Iona si mosse verso Roxanne, l'afferrò per un braccio, la tirò verso di sè e le diede un rapido bacio, mentre con l'altro braccio chiudeva sapientemente la porta. Si staccò da lei. Le sorrise sornione, emettendo qualche sonoro "mh" mentre si gettava ancora una volta avidamente sulle labbra della ragazza.
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    Forse aveva fatto male a farsi vedere così intraprendente. Il ragazzo schizzò in piedi come se fosse stato morso da un ragno, poi l'afferrò per il polso e la trascinò per tutta la casa. Era buia, polverosa e fredda, ma Iona sapeva benissimo dove mettere i piedi. Roxanne seguiva proprio le sue orme, per paura di mettere un piede in fallo e ritrovarsi nella cantina. Il suo cuore batteva forte: sapeva che, in queste circonstanze, si doveva passare alle cose serie. Eppure non era ancora convintissima. Alla fine, conosceva ancora troppo poco Iona. Sì, beh, ci era andata a vivere, ma teoricamente era tutta un'altra cosa. Salirono una dozzina di scalini e poi sbucarono in un corridoio. Tutte le porte erano chiuse, ma il ragazzo procedeva imperterrito verso la sua strada. Roxanne si sentiva sempre più nervosa: non era Iona che la innervosiva, bensì la casa. Era tutta scura, chiusa, ancora non... loro. Avrebbero dovuto viverla, renderla accogliente. Allora forse si sarebbe potuta sciogliere un po', tranquillizzarsi. Il botto che fece Iona la riportò alla realtà: stava dando delle spallate alla porta per aprirla. Non era meglio una chiave? si chiese. Probabilmente la stanza sarebbe stata piena di polvere. Poteva già immaginare il fetore di chiuso. E proprio quello fu l'odore che si sprigionò non appena il ragazzo sfondò la porta. Si precipitò a spalancare le finestre, ma non sarebbe andato via molto facilmente. Mentre Roxy era intenta a fissare la camera con gli occhi sgranati, Iona l'afferrò per un braccio e la tirò dentro, avventandosi sulla sua bocca. La ragazza ricambiò il bacio, avvertendo le mani di lui sulla sua schiena. Roxanne gliele gettò invece al collo, stringendoglisi e sorridendo contro le sue labbra. Era così concentrata sul suo amante che si accorse di Hrones solo quando l'aria smosse tutta la polvere. Il drago doveva aver avvertito i suoi pensieri, in qualche modo. Si staccò appena dal ragazzo -giusto il tanto per voltare la testa verso le finestre- ed osservò la scena: il drago aveva soffiato dentro la camera per far fuoriuscire la polvere, e c'era pure riuscito. Hrones conrtinuava a sputare aria, facendo in modo che quest'ultima circolasse. In neanche un minuto la stanza era come nuova. Le sembrò di risentire quella strana risata rauca, poi il drago balzò e spiccò il volo, lasciandoli soli. Sì, doveva decisamente essersi focalizzato sui suoi pensieri. Sapeva che le creature magiche -i draghi e gli Stregoni, per l'appunto- potevano entrare nelle menti di qualsiasi umano. Gli bastava concentrarsi. Il suo sorriso si allargò a tal punto che le facevano male le guance. Tornò a guardare Iona, baciandolo con trasporto. Si sfilò la giacca rossa in un attimo, lanciandola a terra; Hrones aveva soffiato aria calda, quindi in quel momento la temperatura era salita bruscamente. Gettò di nuovo le braccia al collo di Iona, stringendosi a lui e sorridendo. In un attimo -forse presa dall'entusiasmo del momento- balzò sul ragazzo e gli circondò il busto con le gambe, sperando che lui l'afferrasse. Era sicura che l'avrebbe fatto, comunque: aveva i riflessi pronti, e poi di sicuro non avrebbe rifiutato una cosa del genere. Era contenta di essere lì, anche se quella casa non gli andava a genio. Avrebbe dovuto chiamare Brandon e farsi aiutare a pulire con la magia, altrimenti non ne sarebbe mai venuta fuori.
    Prima di salire, Iona le aveva detto che le avrebbe mostrato il secondo piano. La ragazza sorrise al pensiero: probabilmente stava pensando a tutto meno che a quello. Si staccò un poco da lui, infilandogli le mani fra i capelli e fissandolo negli occhi.
    « Ma non dovevi mostrarmi il secondo piano? » gli chiese, ridacchiando.
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    Adorava quando Roxanne gli infilava le dita sottili tra le sue ciocche di capelli smuovendoglieli appena. Quando lo fece, Iona socchiuse appena gli occhi sollevando la testa, come un gatto desideroso d'essere accarezzato. Spinse il viso in avanti, sfiorando le labbra calde di lei. In quel momento, anche lui cominciava a sentire piuttosto caldo. Quel maledetto drago aveva colto i suoi pensieri più reconditi a modo suo e aveva soffiato aria bollente in quella camera come timoroso che lui, Iona, non riuscisse a renderla di suo. Dannato animale.
    Un sorrisetto gli sfuggì mentre mordicchiava animoso le labbra di Roxanne. Istintivamente le portò le mani ai fianchi, ora stringendola con forza a sè, ora lasciandola libera. Preso da quello stato di furia, Iona non riusciva a dar luogo ad alcun pensiero pur semplicemente poco più complesso di quello circa i suoi movimenti. Sapeva come muoversi, dove mettere le mani, eppure la sua mente rifiutava pensieri circa il fare la cosa giusta e fermarsi prima di spingersi troppo oltre. Alla fine, era stata Roxanne a provocarlo, no? Era lei quella che gli aveva dato l'input sperando che lui lo cogliesse. E caspita se l'aveva colto. L'aveva colto a modo suo, certo. Magari Roxanne voleva soltanto essere baciata e coccolata con un po' più di trasporto, ma Iona voleva giocare su quel fraintendimento. Non era forse vero che ormai vivevano insieme? Iona faceva ancora fatica a immaginare se stesso come membro di una coppia stabile, eppure pareva che fosse quello il suo stato attuale. Era diventato l'uomo di casa, fiero compagno di una ragazza rapita dalla fazione di Giustizia. Si sentiva quasi un pirata che stringeva a sè la sua nobile principessina portata via da un castello. Lui rude e voglioso, lei delicata e vergognosa. Un altro sorriso gli increspò le labbra. Non era mai stato un tipo da coppia. O almeno, da coppia che durasse più delle due o tre ore necessarie per conoscere una fanciulla e condurla sotto le sue coperte. Adesso, non avrebbe più potuto destreggiarsi tra le desiderose ragazze delle taverne che facevano a gara di osceni spogliarelli pur di ottenere la sua attenzione, nonostante ottenessero spesso e volentieri, solo un suo sorrisetto divertito. Avere una sola ragazza non lo dispiaceva in fin dei conti. Significava sesso proficuo e giornaliero. Probabilmente. E se Roxanne non avesse voluto? Se si fosse tirata indietro? Iona poteva capirla poichè si conoscevano davvero da molto poco tempo, nonostante altre ragazze gli si erano concesse dopo appena dieci minuti, ma non poteva provocarlo e poi lasciare che sbollentasse il suo ardente desiderio carnale da solo. Le mise una mano sul collo, carezzandolo appena, attento a non farle del male. All'improvviso, avvertì la ragazza sussultare sotto le sue mani, sollevarsi in un balzo e circondargli il busto con le gambe. Istintivamente, lasciò la presa dai suoi fianchi per afferrarla e sostenerla contro di sè. Ora che lei lo sovrastava, Iona aveva sollevato il capo e le aveva rivolto uno sguardo incurisito, quasi accigliato, come a chiederle cosa le passasse per la testa. Poi sghignazzò divertito e le afferrò le labbra con i denti, tirandola verso di sè. Quando lei gli domandò se desiderava ancora mostrarle il famoso secondo piano, Iona ridacchiò di gusto. Si distaccò da lei, inarcò un sopracciglio e serrò le palpebre riducendo i suoi occhi ad uno sguardo felino. Abbassò il capo e spinse in avanti il bacino, fissandosi un punto preciso poco sotto quest'ultimo. Poi sollevò la testa e fissò sornione Roxanne. "Mh... No, preferisco il piano di sotto." Rise spavaldo e strinse le braccia attorno al corpo di Roxanne. Tornò ad avvinghiarsi alle labbra di lei con le proprie, mentre faceva scivolare una mano sotto la blusa di lei. Le infilò la lingua tra le labbra, mentre la sua mano scivolava sempre più su, artigliando voglioso ogni centimetro di carne sul quale si posava.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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    Iona l'assecondò per tutto il tempo, baciandola e tenendosela stretta al petto. Avvertiva le sue mani correre lungo la sua schiena ed i suoi fianchi, come se non sapesse dove prenderla. Roxanne si stava divertendo un mondo: non sapeva perché, ma i movimenti di Iona sembravano un po' impacciati, quasi timorosi. Probabilmente lui sapeva che lei non aveva tutta quest'esperienza e magari temeva di scandalizzarla o che altro. I suoi pensieri si rivelarono subito sbagliati: il ragazzo le aveva alzato il vestito ed aveva infilato una mano sotto di esso, sfiorando la sua pelle con le gelide punte delle dita. Roxanne rabbrividì, lasciandolo fare, poi si accorse che lei, in confronto a lui, era nuda. Iona portava dei pantaloni un po' larghi sulle ginocchia, una cintura gigantesca -alla quale aveva legata la spada- ed una maglia di lana chiara. Si staccò da lui e sciolse pure le gambe, scendendo con un agile movimento. Facilitò i movimenti del ragazzo sfilandosi il vestito con una sola mossa. Sotto di esso non era nuda, anche se alcune ragazze erano solite non portare nulla. Roxanne si era ovviamente discostata da questa moda. Il seno era coperto proprio da un reggiseno dai colori neutri, mentre sotto aveva delle semplici mutandine. Ciò che indossava per forze maggiori, poi, erano i reggicalze. Non le sarebbero mai state su, altrimenti. Sì, nel complesso era una visione abbastanza sexy. Roxanne non se ne curò più di tanto, afferrando la cintura di Iona e slancciandola. Quella si staccò con un mesto clic. La ragazza la tirò a terra, poco lontano, stando bene attenta alla spada. Non era mai stata così sfacciata in vita sua. Non stava facendo niente di sbagliato, visto e considerado che aveva ventidue anni e che quello era il ragazzo che amava, ma uno strano senso di colpa le attanagliava lo stomaco. Cercò di ignorarlo, sorridendo e continuando a baciare Iona. Aveva intenzione di spogliarlo tutto, oh sì. L'aveva già visto nudo, anche se solo in parte, e sapeva che era fatto decisamente bene. Insomma, aveva un bel fisico. Come se se ne fosse ricordata in quel momento, gli portò una mano sulla schiena e ne percorse la curva, assaporando ogni piccolo bacio con lui. La faceva sentire bene, all'altezza. Non le era mai successo, altrimenti lo avrebbe fatto tempo addietro. Si era conservata per qualcuno con un certo spessore, e ce l'aveva proprio davanti. L'altra mano percorreva il petto di Iona con avidità, come se se lo volesse mangiare da un momento all'altro. Si girò e cercò di portare il ragazzo con la schiena verso il letto, per poi spingerlo e tentare di farcelo cadere. Roxanne sapeva di essere pressocché nuda di fronte a Iona, però non se ne curava. Tanto, alla fine, prima o poi l'avrebbe vista. La luce del tramonto era in suo favore, perché le inondava il corpo d'arancione e smussava quelle parti in cui aveva un po' più di carne oppure ne aveva troppo poca. Senza parlare dei capelli, che sembravano avere una vita propria. Iona glieli aveva spettinati, ed alla luce del sole che stava scomparendo parevano come una cascata di riccioli d'oro.
    Con un movimento fulmineo, sfilò la maglia di Iona, lasciando che la sua pelle toccasse quella di lui mentre lo baciava. Le piaceva la sensazione, la faceva sentire parecchio viva. Non si preoccupò neanche delle contraccezioni, a dire il vero. Non le importava, in quel momento, ma era abbastanza matura da filare da Brandon la mattina dopo. Sì, quindi aveva pensato ad arrivare al dunque con Iona, a farci del sesso. Ed in realtà non lo stava solo pensando, stava proprio andando a tutta birra pur di ottenerlo. E non se ne vergognava affatto. Le sue amiche avevano perso la verginità a quattordici, quindi anni, quando erano ancora delle bambine; lei no. Roxanne voleva aspettare, ma quello era il momento giusto, se lo sentiva. Ridacchiò, avvicinandosi a Iona e fissandolo negli occhi, smettendo di baciarlo per qualche momento. Voleva solo vedere la sua reazione.
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    Roxanne gli scivolò dalle braccia così rapidamente che quasi temette d'averla fatta cadere. Invece, quella gatta furiosa era più che indaffata a sfilarsi la veste e a lanciarla scompostamente per terra, continuando a baciarlo avidamente. Iona si lasciò sfuggire un sorriso mentre, con i denti, massacrava dolcemente le labbra di lei. Roxanne era agile, infilava le sue piccole mani ovunque, le sue dita tracciavano sentieri sottili e ghiacciati sulla pelle calda e madida di sudore di lui. Quando l'ebbe nuda davanti a sè, Iona si soffermò per un secondo a guardarla. Era magra la sua Roxanne, sottile ma morbida, dalla linea soffice. Non aveva un petto abbondante quanto sarebbe piaciuto a Iona, eppure nel complesso non gli dispiaceva affatto. Si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto mentre la scrutava, poi tornò a baciarla con palese avidità, mentre le sue mani correvano sul corpo della ragazza stringendo la sua carne morbida tra le mani. Avvertì Roxy armeggiare con qualcosa avvolto attorno ai suoi di fianchi e, istintivamente, come se la ragazza avesse spinto una leva nascosta, qualcosa si animò in lui, come un'improvvisa sensazione di calore nello stomaco. Immediatamente, i pantaloni si fecero più stretti nel punto del cavallo. E brava Roxanne, gli faceva anche quest'effetto. La ragazza gli sfilò la camicia, mettendo in mostra il suo petto solcato da cicatrici. Iona aveva percepito quasi subito, quando l'aveva conosciuta, che Roxy doveva essere una novizia in quel mestiere d'amore. Eppure, da quanto vedeva in quel momento, tutto ciò che lei faceva era animato da una certa passione. Esperta o no, Roxanne si stava dimostrando più abile del previsto. E soprattutto, persino più avida di lui. Per Iona il sesso era una situazione normale, quotidiana. Probabilmente per Roxy non doveva essere così e Iona ne stava ricevendo delle prove. La ragazza lo spinse all'improvviso, cercando di farlo cadere sul letto sotto di sè. Iona, pronto, la afferrò per le braccia e si girò su se stesso al momento della caduta, facendo sì che fosse il corpo di lei ad essere sotto il suo. Atterrarono sul materasso con un tonfo che parve sconquassare l'intero baldacchino. Iona ridacchiò, poi afferrò Roxanne per i fianchi e la spinse più sopra, ponendola su un mucchio di candidi e morbidi cuscini. Per conto proprio, invece, si mise a cavalcioni su di lei, fermandosi per un attimo. Ora guardava Roxanne dall'alto, scrutando il suo visino furbo da volpe animato dal desiderio quasi quanto il suo. Più la guardava, così, praticamente nuda sotto il suo virile possesso, più si accorgeva di quanto stretti cominciavano ad essere i pantaloni. Iona non aveva rimostranze a mostrarsi nudo, in fondo poteva solo essere orgoglioso di ciò che giaceva là sotto.
    "Ti avviso" le disse mordicchiandosi il labbro inferiore, "Non sono vergine". Rise di gusto, poi slegò il laccio dei pantaloni. Afferrò una mano della ragazza e portò le dita di lei sul bordo dell'indumento, quasi a chiederle di tirarlo giù ferocemente. Chissà se Roxy avrebbe avuto il coraggio di farlo. Iona piegò la schiena affinchè il suo viso sfiorasse quello di lei. La sottile catena che aveva al collo a cui era appeso un anello scivolò sibillina sfiorando il corpo della giovane. Iona allungò le braccia sui fianchi di lei, avanzando, centimetro dopo centimentro fino a raggiungere la fascia che le circondava il petto. Vi infilò una mano al di sotto e la strappò via brutalmente, artigliando con le dita ogni millimetro di pelle che questa copriva.
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    Come al solito, la forza di Iona le si rivoltò contro: lei aveva provato a farlo cadere sul letto, ma lui si voltò all'ultimo e capovolse le posizioni. In questo modo, Roxanne si ritrovò spiaccicata sul materasso, con il ragazzo sopra di lei. Forse era colpa di Iona, eppure cominciava a sentire sempre più caldo. Le mani di lui si posarono sui suoi fianchi e la tirarono su, poggiandola su un paio di morbidi cuscini. Roxy ridacchiava sotto i baffi, mentre lo fissava negli occhi. Iona era già sudato, come se non si sapesse trattenere. All'improvviso le si avvicinò, baciandola con lentezza studiata, facendo in modo che la sua catenella scivolasse sul suo petto. Quando la sua pelle incontrò il metallo freddo, Roxanne rabbrividì. Gli portò entrambe le braccia al collo e lo baciò con passione, infilandogli le mani tra i capelli. Gli piaceva farlo, era come una carezza molto più sentita. I capelli, per lei, erano importantissimi, il che significava che anche quelli del suo ragazzo lo erano. Il suo ragazzo. Non poteva neanche pensarci. Non che la considerasse una cosa brutta, però era strana, ecco. Mentre si perdeva nei suoi pensieri e tra le sue labbra, Iona afferrò una sua mano e gliela portò ai pantaloni, come per suggerirle di rimuoverli. Poi le disse che l'aveva avvertita: non era vergine. Roxanne scoppiò a ridere, tirando giù gli ultimi abiti di Iona con una sola mossa. Sì, era abbastanza agile con queste cose.
    « Lo spero per te. » gli rispose, ridacchiando divertita. Il fatto che lei lo fosse, invece, non implicava che non volesse provare piacere. Un conto era non averlo fatto mai, un altro era non saperne assolutamente nulla sull'argomento. Il ragazzo le tolse il reggiseno con una mossa fulminea, spaventosamente abitudinaria. L'indumento intimo volò via come se fosse stata carta, ma fu ben presto sostituito dalle mani avide del ragazzo, che si facevano spazio sulla sua pelle. In un impeto di passione, Roxanne appuntò le dita sulla schiena del ragazzo, infilando le unghie leggermente un po' sotto la carne. Non gli avrebbe fatto male, lo sapeva, però lo avrebbe comunque avvertito. Fu lei a spogliarsi definitivamete: non sembrava più la solita Roxy, quella pudica ed altezzosa, Iona la stava cambiando. Alzò le gambe e le intrecciò intorno al busto del ragazzo, stringendosi a lui come se le mancasse l'aria e stesse per morire. Lo baciava con trasporto, con emozione e con passione. Era attorcigliata a lui come se temesse di perderselo per strada o che altro. Era pronta, lo voleva e ormai lo pretendeva addirittura. Non che Iona le avrebbe permesso di lasciare le cose a metà, comunque. Gli baciò dolcemente il collo, stavolta senza esagerare con la pressione. Le piaceva fare le cose con calma, prendersi il suo tempo, anche se ormai era chiaramente scaduto. Passò una mano sul petto del ragazzo, avvertendo le cicatrici formare come dei piccoli dossi sulla carne del suo uomo. Era sicura che ognuna di esse derivasse da una commissione diversa. Si avvicinò al suo orecchio con le labbra e lo prese tra i denti, evitando di fargli male, poi gli infilò una mano tra i capelli e li tirò appena all'indietro, facendo in modo che la guardasse in faccia.
    « Sei pronto, straniero? » gli mormorò quindi, usando il soprannome che ormai gli aveva affibbiato dalla prima volta che si erano incontrati, facendogli capire che intendeva passare ai fatti. Gli sorrise, determinata e sicura, poi lo baciò con passione. Era contenta. Sì, era contenta perché in quel modo si stava liberando totalmente della sua vecchia vita. Cominciava ad andarle bene persino la casa, da quanto era in estasi.
    Roxanne Mumford @
     
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    Le unghie di Roxanne gli graffiavano dolcemente la schiena. E affermava dolcemente con sicurezza, poichè altre volte alcune ragazze gli avevano letteralmente squarciato la schiena. Non che a Iona non piacesse, a volte mutava in un inguaribile masochista quando si trattava di quel genere di cose. Più lo graffiava come una gatta sorniona, più lui si dimostrava pronto a ricevere le sue amorevoli fusa. Iona incavò la schiena spingendo in su le scapole ed abbassando il torace. Le dita di lei, prima ghiacciate, lentamente erano diventate bollenti e umide del suo sudore. Iona piegò il viso verso la ragazza, infilandolo nell'incavo del suo collo. Tirò fuori prontamente la lingua e percorse lentamente la linea giugulare del collo di lei, salendo su fino al mento e poi fino alle labbra, che accolse con un morso vorace.
    Roxanne tirò giù i pantaloni del ragazzo con una velocità che lo sorprese. Alla fin fine, non era l'unico in quella maldestra unione di corpi che voleva giungere subito al dunque. Sembrava che la sua presenza stesse mutando a poco a poco quel caratterino in parte riservato che aveva colto in Roxanne la prima volta che l'aveva conosciuta. Non poteva presumere di averla cambiata totalmente, ma almeno si attribuiva quel piccolo successo. Infondo, la ragazza di Iona doveva per forza subire la sua influenza distruttrice. La sua ragazza. Chissà se era accaduta la stessa cosa a suo padre quando aveva portato via una ragazzina poco più che diciassettenne dalla sua casa. Chissà se anche lei aveva avuto un carattere differente prima di conoscere suo padre. Scosse la testa come a cancellare via quel pensiero: in quel momento doveva esistere solo e soltanto la sua Roxanne.
    Iona distese le ginocchia e si sdraiò sulla ragazza, rotolando subito dopo al suo fianco. Nel farlo, afferrò la ragazza per i fianchi e la portò su di sè, capovolgendo la precedente situazione. Ora era lei che lo dominava seduta sul suo torace come un'imperiosa regina. Iona si lasciò sfuggire un sorrisetto malizioso, poi circondò il busto della ragazza con entrambe le braccia e la spinse giù, facendola distendere sul suo petto. Adesso Iona aveva il viso di Roxanne avanti al suo, i loro nasi si sfioravano appena mentre i capelli sciolti di lei gli solleticavano il petto. Iona poteva vedersi riflesso nelle pupille scure di lei circondate da un caldo color nocciola. Istintivamente, le afferrò una mano ed intrecciò le proprie ditra con quelle della ragazza, portandole successivamente alle labbra e mordicchiandone le punte. Quando lei gli domandò se fosse pronto, Iona si lasciò sfuggire una risata. "Ormai dovresti conoscermi, Roxanne" le disse, pronunciando il suo nome per intero, "Io sono nato pronto. Soprattutto... In queste situazioni." Si slanciò in avanti mordendole le labbra con furiosa avidità.
    Iona Càel C. F. Diarmuind @
     
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