Best thing I never had.

7 Aprile 102 PA, fabbrica tessile, pomeriggio inoltrato

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    In tutti quei mesi, Derren Christopher Loggins aveva pensato spesso a Monique Dubois. Si era domandato più volte se avesse fatto bene a lasciarla al casolare, se alla fine si era trovata bene e tante altre cose. Tornare a casa dopo tutto quel trambusto un po' lo aveva rincuorato, ma indubbiamente si era trovato molto più solo di prima. Era strano che si fosse abituato così velocemente alla presenza della ragazza tanto da sentirne la mancanza. Aveva inoltre parlato con il suo superiore, chiedendogli come stesse il Colonnello Brightman e se la sua memoria fosse completamente andata. Eric era riuscito a fare un bel lavoro, infatti l'ometto non aveva collegato nulla a Derren, quando l'aveva visto. Maxwell, però, lo aveva punito comunque, dicendo a tutti che non aveva svolto bene un compito piuttosto privato assegnatogli da lui stesso. Il Maggiore aveva perso così i suoi trentacinque uomini, che si erano ritrovati un altro Capitano molto meno diretto di lui. Aveva passato mesi a stare dietro a Maxwell, eseguendo dei compiti talmente inutili che a volte si era chiesto come mai fosse ancora un militare. Aveva però mandato giù il rospo e si era rimboccato le maniche, fino a quando, quella stessa mattina, il Colonnello l'aveva chiamato nel suo ufficio e gli aveva detto che era reintegrato come Maggiore. O meglio, come vero e proprio Maggiore. Derren, preso dall'entusiasmo, aveva stretto le mani di Maxwell e l'avea ringraziato più volte. L'uomo, però, non aveva mancato di rimproverarlo.
    « Derren, sai benissimo che certe azioni non sono ammesse. Se vuoi essere giustificato, sposala. » gli aveva detto. A quella frase, il Maggiore aveva ridacchiato, ma aveva smesso non appena aveva capito che Maxwell aveva detto sul serio. Il Colonnello aveva l'espressione impassibile, mentre lo guardava con gli occhi di ghiaccio -più scuri di di quelli di Derren- e la bocca ridotta ad una linea dritta. Il Maggiore, a quel punto, aveva annuito, comprendendo la natura del suo rimprovero. Chissà perché, poi, era salito su Blagden e si era diretto dove alloggiavano i suoi uomini, chiamandoli a gran voce. Quelli erano scesi quasi tutti assieme, formando quattro file di soldati ben composti e facendogli il saluto militare. Derren non aveva potuto trattenere un grosso sorriso, poi era sceso dall'animale ed aveva salutato i suoi Sergenti uno per uno, di persona. Finalmente poteva dirsi felice. Aveva riavuto il suo lavoro e la sua dignità, ma soprattutto la vita di prima. Senza neanche rendersene conto, il Maggiore era salito sul cavallo e si era diretto alla fabbrica tessile. Non c'era nessuno, lì, per lui. A meno che non volesse rivedere Monique. Quando si ritrovò davanti all'enorme casolare blu, realizzò quello che aveva fatto: preso dall'entusiasmo, aveva cavalcato Blagden a trotto fin lì. Chissà cosa diavolo avrebbe detto alla nomade. Amesso e non concesso che fosse ancora lì, poi. Era arrivato tardi, considerando tutto quello che aveva fatto durante quella giornata, quindi era vicina l'ora di tornare a casa per le operaie. Derren scese piano dall'animale, guardandosi attorno: l'ultima volta aveva lasciato Monique in mezzo alla neve, ora era venuta a riprenderla con lo sbocciare dei fiori. Magari le avrebbe potuto chiedere se le andava di passare una serata con lui. Sospirò, aggrottando le sopracciglia: ma per quale diavolo di motivo si trovava lì? Come gli era venuto in mente?
    Legò Blagden allo stesso paletto, poi si infilò le mani nelle tasche della divisa rossa e cominciò a camminare molto lentamente in direzione del casolare. All'improvviso, dall'interno della grossa baracca si levò un grido che apparteneva sicuramente a qualche operaia.
    « Monique! Ti è venuto a prendere il tuo bellissimo marito! »
    « Corri, forza! Non fa niente se stacchi cinque minuti prima, ti copriamo noi! » aggiunse un'altra. Derren si sentì gelare il sangue nelle vene. Non aveva più modo di andarsene, né di fuggire con la coda tra le gambe. Era in trappola.
    Derren C. Loggins @


    Edited by varden - 19/11/2013, 22:04
     
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    Le giornate di Monique trascorrevano lente e in modo terribilmente noioso da quando era arrivata in quel luogo, un giorno era uguale all'altro e lei si ritrovava con pezzi di stoffa in una mano e ago e filo dall'altra costantemente. Aveva impiegato un mesetto buono per apprendere il mestiere e neanche troppo bene, ma riusciva comunque a cavarsela e quello era un motivo per non mandarla via; l'altro era evitare guai con la giustizia, ossia quello che doveva essere suo marito, Derren, un uomo che le aveva cambiato la vita ma a cui Monique evitava di pensare. I primi giorni non era certo stata impresa semplice, principalmente perché tutte le facevano domande riguardo la sua vita prima e dopo aver incontrato Derren, quelle che l'avevano visto crescere le chiedevano che tipo di uomo fosse diventato. E Monique non poteva fare altro che inventare tutta la storia, o almeno la maggior parte di essa, basando il ritratto di Derren su quei due giorni in cui erano stati assieme. Si era chiesta spesso se quell'uomo avesse riavuto indietro la sua vita da Maggiore e cosa avesse deciso di fare in caso contrario, ma una domanda che le era ronzata ancor più spesso in testa era se mai l'avesse rivisto. Non si illudeva che quell'uomo, con tutto quello che probabilmente aveva da fare, potesse tornare di tanto in tanto a farle visita, né tanto meno che avesse veramente voglia di rivederla, ma una parte di lei, chissà per quale dannato motivo, ci sperava. Quei pensieri, però, erano svaniti presto dalla sua mente, e una volta appreso il mestiere si era concentrata solo ed esclusivamente su quello, dimenticandosi di Derren e di tutto il resto.
    Condivideva la casa con un'altra giovane operaia, Martha, la quale era diventata quanto di più vicino ad un'amica Monique avesse mai avuto: era una ragazza timida e poco loquace, ma affidabile e sincera, tanto che la ragazza si era azzardata a rivelarle la verità riguardo la sua vita, o almeno parte di essa: Martha sapeva perfettamente che lei non era la moglie di Derren e che si trovava lì solo perché lui l'aveva salvata e le aveva offerto ogni genere di aiuto. Monique non era entrata nel dettaglio, ma aveva comunque sentito il bisogno di togliersi il peso e confessare a qualcuno la verità. Anche perché Monique si voleva sentir libera di fare ciò che voleva della sua vita, come, ad esempio, avere brevi storie con degli uomini del luogo senza dover rendere conto a nessuno. Martha la copriva e la comprendeva, era una di quelle persone che stavano al proprio posto e lasciavano lo spazio necessario agli altri, ed era per quello che Monique l'aveva presa in simpatia fin da subito. Sicuramente, poi, era meglio delle tante pettegole che affollavano il casolare, le quali, capitanate dalla viscida e bisbetica Adelaide, non facevano altro che parlare e sparlare delle vite altrui, e spesso Monique era al centro dei loro discorsi.
    E furono proprio loro che, in un tardo pomeriggio di aprile, le dissero che Derren era lì. Monique era intenta a sistemare un'orlo e non appena sentì le urla delle donne del casolare si paralizzò: fissava la stoffa che aveva in mano senza vederla veramente, aveva la faccia di chi aveva visto un fantasma e non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo per vedere se effettivamente Derren era lì. Ma fu comunque costretta a farlo, perché le operaie, come impazzite, l'avevano trascinata verso la porta, assicurandole che non c'erano problemi se avesse staccato prima. Monique aveva rivolto lo sguardo verso Martha e la ragazza le aveva fatto segno di andare; Monique non si spiegò quel gesto, ma fece comunque ciò che la stavano obbligando a fare. Un'operaia le aprì la porta, altre due la spinsero fuori, e poi, accalcate in massa sull'uscio, le augurarono di passare una buona serata. Cercando di ignorarle, Monique si diresse verso Derren con le mani incrociate al petto e lo sguardo a terra, che mantenne tale fino a che non se lo ritrovò a due passi di distanza. A quel punto si ritrovò quel viso che le sembrava tanto famigliare quanto sconosciuto; se possibile, Derren sembrava più confuso di lei. -Mi raccomando ragazzi, non esagerate! Monique ci serve ancora!- una voce stridula arrivò dalle sue spalle e Monique si sentì pulsare le tempie con una foga tale che pensò le potesse esplodere la testa, si voltò per cercare di capire chi avesse detto quelle parole, poi il suo sguardo saettò nuovamente verso Derren. Senza pensarci, si avvinghiò intorno al suo braccio e lo costrinse a seguirla neanche lei sapeva dove. -Allontaniamoci da qui, per favore.- riuscì a dire, sempre senza fissarlo e continuando a camminare. Voleva chiederli tante cose, ma non fu in grado di aggiungere altro.
    Monique Céline Dubois@
     
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    Non fece neanche in tempo a sfilare le mani dalle tasche che avvertì un gran trambusto nel casolare, segno che stava succedendo qualcosa. Avvertì voci femminili mischiarsi nella confusione, qualche tonfo ed infine la porta principale aprirsi. Perlopiù erano risatine stupide o isteriche, anche se qualcuna -poteva giurarci- nascondeva una gelosia montante. Derren era un uomo comunque richiesto, anche se aveva quel caratteraccio ormai famosissimo in tutta la Sword's Hilt. Dal casolare spuntò una ragazzetta che non doveva avere più di vent'anni, che lo guardò con un'espressione maliziosetta, sbattendo le ciglia da cerbiatta come se stesse fissando una fetta di torta. Derren inarcò un sopracciglio, domandandosi cosa diavolo stesse succedendo. Evidentemente le operaie volevano vedere chi fosse il fatidico marito di Monique, perché probabilmente le avevano chiesto di tutto e di più. Derren sospirò, osservando tutto il casino che aveva combinato. Dal casolare uscivano donnine senza mai fermarsi, ridacchiando e lanciandogli occhiate languide. Alla fine, la figura di Monique fu spinta fuori. Il Maggiore non la ricordava così bella, doveva ammetterlo. Si era dimenticato della luce negli occhi color nocciola e del fisico ben formato, così come si era scordato della bocca carnosa e dello sguardo intelligente. Abbozzò un sorriso per niente convinto, ma ciò non sembrò turbare le operaie, che erano tutte intente a costruire storie inesistenti sulla loro situazione matrimoniale. Ciarlavano l'una con l'altra fitte fitte, lanciandogli sguardi divertiti. Alla fine, la nomade -anche se ormai non poteva chiamarla più così- gli prese un braccio, quasi spingendolo via di lì. A bassa voce, poi, gli chiese di allontanarsi. Derren la seguì senza dire una parola, ritrovandosi improvvisamente in imbarazzo. Ancora si chiedeva cosa diavolo ci facesse lì, ed ora aveva solo complicato le cose. Era probabile che Monique si fosse rifatta una vita, che avesse trovato un uomo e lo tenesse ben nascosto in qualche angolo di mondo. Così come anche il Maggiore si era fatto i cavoli suoi, dopotutto. Aveva avuto un'altra donna, ma era durata molto, molto poco. Quando furono abbastanza lontani perché non li sentissero, Derren voltò la testa verso Monique e la guardò in volto, preso dalla frustrazione.
    « Mi dispiace, non sarei dovuto venire qui. » si affrettò a dire, tenendole il braccio e fissando poi la strada davanti a lui. Blagden li aspettava muovendo la coda lentamente, quasi come se fosse l'animale più tranquillo della Sword's Hilt. Quando furono nei pressi del paletto al quale aveva legato l'animale, Derren le lasciò il braccio e le si parò davanti, guardandola negli occhi. Non sembrava contenta di rivederlo. A dire la verità, non sapeva che cosa diavolo pensare. Magari lei era tornata ad odiarlo e non lo voleva più vedere. Era possibile. Sospirò, abbassando lo sguardo per terra. Chissà cosa diavolo gli aveva detto il cervello. Si portò una mano al volto, strofinandoselo, poi prese di nuovo un bel respiro e tornò a fronteggiare Monique, cercando negli occhi lei una qualsiasi emozione.
    « Se vuoi, facciamo finta di andare via assieme e poi ti lascio dove preferisci. » disse ancora. Il panico l'aveva assalito come una piovra, stringendogli lo stomaco ed il cuore e facendogli dire ciò che un uomo d'Onore sicuramente non avrebbe detto. Si lasciò scappare un ultimo sospiro, quando si rese conto di ciò che era successo. Era di nuovo piombato nella vita di Monique credendo che il mondo girasse attorno a lui e che lei sarebbe stata contenta di rivederlo. Deglutì, cominciando a massaggiarsi le mani dalle dita lunghe e tipicamente maschili.
    Derren C. Loggins @
     
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    Derren la seguì senza fare storie, un po' come un bambino che viene trascinato via dalla propria madre. Monique cominciò a chiedersi cosa l'avesse portato lì, se portasse cattive notizie, o se addirittura fosse lì solo ed esclusivamente per lei. Non osava neanche crederci, e neanche voleva fosse così: lei aveva accantonato il passato in un angolo remoto della sua memoria, voleva essere una persona nuova, che si era lasciata tutto alle spalle, e quando diceva tutto intendeva veramente ogni cosa. O almeno così aveva pensato. Rivedere Derren, però, le faceva venire qualche dubbio: una persona che accantonava il passato non si sarebbe dovuta gettare tra le sue braccia, come aveva fatto lei. Era comunque vero che non aveva molte altre vie da seguire, le operaie del casolare la credevano sposata a Derren e sarebbe scoppiato uno scandalo se lei si fosse rifiutata di vederlo dopo mesi e per giunta senza alcun motivo; poteva anche rischiare il licenziamento, ed era ciò di cui aveva meno bisogno in quel momento.
    Lei e Derren camminarono in silenzio fino a che le voci stridule delle operaie non furono che un eco alle loro spalle. Più volte Monique cercò di scorgere la sua espressione con la coda dell'occhio, ma con scarso successo. C'era, comunque, un silenzio imbarazzante tra di loro, di quelli che non c'erano mai stati, neanche dopo i famigerati baci che si erano scambiati. Eppure in quel momento sembrava una gara a chi provava più vergogna nello stare lì accanto all'altro. All'improvvisò, poi, Derren se ne uscì fuori con delle scuse e a quel punto Monique non poté trattenersi dall'alzare la testa verso di lui. -Dovresti smetterla di scusarti per qualsiasi cosa tu faccia, sai?- lo rimbeccò con un mezzo sorriso non troppo convinto e accorgendosi di avere la gola secca, come se chissà cosa fosse successo e cosa si aspettasse che potesse succedere. Dopo avergli detto ciò tornò a volgere lo sguardo altrove, questa volta evitando di tenere la testa bassa: ora che aveva parlato si sentiva un po' più leggera. Fissava il pratino e la strada davanti a sé, poi scorse anche il cavallo di Derren e allora il suo sguardo rimase fisso lì. -Pensavo mi avessi completamente rimossa dai tuoi ricordi, dopo tutto quello che ti ho fatto passare.- aggiunse, senza guardarlo: sentì una sorta di calore sulle guance, come se stesse.. arrossendo. E si chiese perché. Non era mai arrossita in presenza di nessuno, men che meno di un uomo, e pensò di aver sbagliato a dire quelle cose perché, forse, Derren le avrebbe potute interpretare in modo sbagliato: lei non aveva mai preteso di rimanergli in testa a vita, entrambi avevano il diritto di dimenticarsi a vicenda.
    In modo ancor più improvviso di prima, poi, Derren le si piantò davanti non appena raggiunto il cavallo: la fissava con sguardo inquisitorio, come se cercasse di venire a capo di qualcosa, poi si lasciò sfuggire una serie di sospiri che Monique registrò come sospiri rassegnati. Dal canto suo, lei lo fissava con fare piuttosto perplesso e con un pizzico di curiosità, giacché le sembrava che alla fine, tra tutti e due, il più imbarazzato e spaesato fosse quell'uomo apparentemente tutto d'un pezzo. Derren le disse che l'avrebbe lasciata stare una volta allontanati da casolare, al che Monique aggrottò le sopracciglia e assunse a sua volta lo sguardo inquisitorio, sentendosi anche improvvisamente seccata: cosa gli dava il diritto di venire lì, di alzare un polverone inutile e poi di dirle che l'avrebbe lasciata andare prima di subito? La ragazza tornò ad incrociare le braccia al petto, sbuffando. -Sei venuto solo a far starnazzare quelle oche in divisa?- borbottò con un tono più acido di quanto non avesse voluto, perciò si costrinse ad addolcire l'espressione con una scossa leggera del capo, mettendo su un sorrisetto beffardo. Quindi lo oltrepassò e si mise ad accarezzare il cavallo, riflettendo bene su cosa volesse fare: si sarebbe potuta far portare a casa, sarebbe finita lì e tutto avrebbe continuato ad andare avanti come aveva fatto in quei mesi. Sapeva, però, che una parte di lei voleva esattamente il contrario: ormai si trovava lì con lui, e se qualcuno l'avesse vista tornare a casa così presto avrebbe messo in giro chiacchiere ben peggiori di quelle che si sarebbe potuta aspettare semplicemente stando con lui, tanto valeva rischiare. -Hai idea di cosa potrebbe succedere se qualcuno ci vedesse separati stasera?- gli chiese, il tono saccente di chi stava parlando dell'ovvio. Riuscì poi, senza sapere neanche come, a sfoderare uno di quei sorrisi furbi e raggianti che gli aveva concesso nelle prime ore del loro incontro, quando ancora progettava di rovinarlo con ogni mezzo a disposizione, e aggiunse -Dov'è che mi portate stasera, marito caro?-
    Monique Céline Dubois@
     
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    Sbagliava o aveva visto Monique arrossire? Derren smise di massaggiarsi le mani, lasciando che le braccia gli ricadessero lungo i fianchi. La donna si strinse a sé, fissando il terreno o forse guardandosi i piedi in cerca di qualcosa da dire. Alla fine, dalla sua bocca uscì una frase un po' controversa: gli disse che aveva pensato si fosse dimenticato di lei, visto quello che gli aveva fatto passare. Il Maggiore la fissò in volto, senza sapere che cosa risponderle. Non sapeva neanche se era stata una frase pronunciata con amarezza oppure una di quelle dette così, tanto per conversare. La sua mente, in quel momento, aveva preso il volo: non riusciva a pensare cose razionali, men che meno convincersi che ciò che stava succedendo era reale. Monique che arrossiva. Forse se l'era sognata. Effettivamente, sarebbe stato meglio se se la fosse dimenticata. Entrambi avrebbero vissuto meglio. Derren continuava a non distogliere lo sguardo dalla sua faccia e dai suoi occhi, segno che tentava di aggrapparsi a qualcosa che neanche lui sapeva spiegare. Se avesse dovuto rivelare a qualcuno i suoi sentimenti, sicuramente gli sarebbe scoppiata la testa, spargendo cervello e pezzi di cranio di qua e di là. Sì, un po' come succedeva nelle storie chiaramente inventate dei bambini, quando descrivevano le loro azioni eroiche mai avvenute. Si ritrovò a sospirare di nuovo: non era riuscito a dare una risposta a Monique. In fondo, però, lei non gli aveva domandato nulla, la sua era stata solo un'affermazione. Se la sarebbe cavata. Infilò le mani nelle tasche della divisa rossa, mordendosi un labbro ed aspettando il verdetto. Se gli avesse detto di riportarla a casa, lo avrebbe fatto. Era giusto nei suoi confronti. Magari si era pure sposata e lui non lo sapeva. Al pensiero, aggrottò le sopracciglia, schiarendosi appena la voce. Magari avrebbe fatto meglio a non accompagnarla direttamente davanti alla porta di casa. Non ci teneva a vedere un omone tutto muscoli e niente cervello che l'aspettava. Stava proprio rimurginando sull'eventuale fidanziato di Monique quando lei incrociò le braccia al petto, guardandolo quasi stizzita. Gli chiese se fosse venuto lì solo per far ciarlare le operaie, poi addolcì l'espressione con un sorriso. Derren non ci stava capendo più nulla: era seria o stava scherzando? Non poteva capirlo dalla sua faccia, ormai avrebbe dovuto rinunciarci. Era ancora piuttosto agitato, ma era gestibile. Non aveva proferito parola fino a quel momento, certo, però almeno non aveva fatto qualche cavolata. La nomade si spostò vicino al cavallo, accarezzandolo appena. Blagden sembrò riconoscerla, perché le poggiò il muso su una spalla e poi nitrì piano, come a salutarla. Derren rimase a guardarli senza dire nulla. Fu Monique a dirgli che sarebbe stato rischioso riportarla a casa. A quella frase, il Maggiore aggrottò le sopracciglia: non era stupido, sapeva come fare a non farsi scoprire. Si avvicinò ai due, camminando piano. Quando fu vicino alla donna la guardò negli occhi, cercando di capire se fosse davvero quella la ragione per cui non voleva tornare a casa. Gli occhi scuri di lei sembravano non nascondere niente, ma probabilmente era Derren che non sapeva leggerci dentro. All'improvviso, Monique gli sorrise, chiedendogli poi dove l'avrebbe portata per cena. Era un appuntamento o solo una missione sotto copertura? Derren sospirò, sfilando le mani dalle tasche. Stava pensando a cosa avrebbe potuto risponderle, eppure le mani si mossero da sole. Se ne ritrovò una appoggiata alla schiena di lei, che la spingeva nella sua direzione. Come diavolo ci era arrivata? Neanche la sua testa rispondeva più ai comandi, piegandosi in avanti ed avvicinando le labbra a quelle di Monique. La stava baciando? Ma com'era possibile? "Ascoltare il cuore" significava questo? Fare cose completamente sconsiderate? Fu così che baciò di nuovo Monique, stringendola a sé. Era una posa probabilmente molto romantica, visto che anche le operaie dietro di loro si esprimevano in monosillabi sospirati. Alla fine, il Maggiore chiuse gli occhi, abbandonandosi al bacio. Era vero, non sapeva se lei fosse fidanzata, ma puntò egoisticamente sul fattore della bugia: non si sarebbe potuta tirare indietro davanti alle altre.
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    Monique non riusciva a vederlo, ma sapeva perfettamente che Derren le stava prestando attenzione, sentiva il suo sguardo su di lei e non sapeva se ciò le facesse piacere o meno. La guardava ma non parlava, come se cercasse di scoprire qualche cosa e fosse concentrato principalmente su quell'attività, il che la confondeva: sapeva perfettamente che Derren Loggins non si poteva definire un chiacchierone -anche se con lei lo era stato- ma non lo ricordava così silenzioso. Monique avrebbe voluto volgere il suo sguardo su di lui e chiedergli che cosa lo facesse stare così eccessivamente in silenzio, ma a causa di una forza più grande di lei e completamente sconosciuta, non ci riuscì: continuò a guardarsi intorno fino a quando non gli confessò che era certa si fosse dimenticato di lei e dopo non riuscì più ad aprir bocca, questo anche perché Derren non si degnava di risponderle e a lei non andava di certo di parlare da sola e fare la figura della matta. Derren non le staccò gli occhi di dosso neanche per un secondo, e più volte assunse un'espressione stupita e confusa, come se tutto ciò che lei facesse o dicesse non gli sembrasse possibile o reale. Monique veramente non riusciva a capirlo, non aveva capito cosa lo avesse portato lì, cosa stesse cercando adesso, cosa avrebbe fatto nel giro di qualche minuto, e questo non riuscire ad aspettarsi nulla, non essere pronta ad accogliere o evitare una sua mossa, la disturbava. Si sentiva impotente, una sensazione che poche volte aveva provato in vita sua e che odiava non poco.
    Pochi minuti dopo essersi avvicinata al cavallo, Monique fu raggiunta da un Derren sempre più perplesso, al che fu certa che ogni parola pronunciata contribuiva a confondere quell'uomo sempre più; non che fosse sua intenzione, certo, ma la cosa le dava una certa soddisfazione, tanto che il sorriso che aveva messo su nel chiedergli dove l'avrebbe portata si allargò ulteriormente non appena realizzò di avere la situazione in pugno. O almeno così credeva. Poi, però, Derren le si avvicinò pericolosamente, molto pericolosamente, e lei non poté fare nulla per evitarlo. Si ritrovò un braccio di lui attorno alla propria vita e non fece in tempo a chiedergli cosa stesse facendo -men che meno a fermarlo- che si ritrovò le sue labbra sulle proprie. Monique sgranò gli occhi, completamente spiazzata da quel gesto: sapeva di avere una "falsa identità" da conservare, ma non avrebbe mai pensato che Derren sarebbe potuto tornare addirittura a baciarla per questo. E, per la seconda volta, non fu un bacio semplice ed innocente, no. Il Maggiore sembrò prenderla molto sul serio -esattamente come le operai, le quali lanciarono grida stridule non appena si ritrovarono ad osservare la scena. Monique si sentì improvvisamente un peso sullo stomaco, o forse un vuoto, non avrebbe saputo descriverlo, stava di fatto che si sentì particolarmente strana. Che fossero le cosiddette "farfalle nello stomaco" quella strana sensazione che sentiva? Non voleva crederlo, non poteva né doveva essere così. Per pochi secondi ricambiò il bacio, poi nella sua testa scattò un campanello di allarme e allora si tirò indietro, allontanando il viso da quello di lui e guardandolo dritto negli occhi; adesso era lei che cercava di scorgervi qualcosa, una spiegazione, un segno, qualsiasi cosa. Ma vi leggeva solo confusione, infinita confusione. -Che ti prende?- riuscì a domandare, le sopracciglia appena aggrottate. Che Derren fosse completamente impazzito?
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    La ragazza stette al bacio -ovviamente. Non gli sembrava tanto convinta, però, quindi la mollò dopo poco tempo. Si ritrovò a fissarla in volto, cercando di carpire il minimo segno di esitazione nel suo sguardo. Sfortunatamente, ne trovò parecchia: Monique era chiaramente scossa. Gli chiese che cosa gli fosse preso, al che Derren le lasciò la schiena e si allontanò un po' da lei. Che cosa avrebbe potuto dirle? Forse la verità sarebbe andata bene. Il problema era che doveva elaborare per bene la sua teoria su quale fosse la sua realtà. Ancora non gli sembrava vero di aver fatto tutto quelle cazzate in fila, una dopo l'altra. Prese un bel respiro ma poi non parlò, guardandosi attorno. Monique aveva notato che qualcosa non andava, ma evidentemente si domandava anche lei che cosa gli stesse succedendo. Cominciò ad analizzare la giornata, partendo da quando era arrivato alla Base ed il Colonnello gli aveva detto che aveva riavuto i suoi uomini. Era poi andato da loro a festeggiare, ma non era stato niente di eclatante. L'avevano solo salutato, poi ognuno era tornato al suo lavoro. E lui era rimasto da solo. Guardava Monique negli occhi, ma sembrava non vederla. Pensava intensamente ad un'altra soluzione, ma era piuttosto evidente che non ce ne fosse. Si aggiustò la giacca, afferrandola per il bordo inferiore, poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Alla fine, sorrise gentilmente ed apertamente a Monique, come se ora fosse in pace con se stesso perché aveva capito il significato della vita.
    « Niente. Volevo baciarti perché credo che tu mi piaccia, tutto qui. » le disse. Le aveva spiattellato la verità in faccia come se fosse stata una dolcissima torta. Non aveva mai detto ad una ragazza che gli piaceva, né tantomeno si ricordava che dichiararsi fosse così liberatorio. Si era tolto un peso enorme, perché l'aveva negato a se stesso fin dall'inizio. Quando l'aveva incontrata aveva capito che Monique non era come le altre, eppure si era detto mille volte che non sarebbe dovuto cadere nella trappola. Non è che le avesse detto che l'amava, le aveva semplicemente confidato una sua piccola debolezza per lei. La sua frase includeva un "frequentiamoci, no?" molto sottointeso. Rendendosi conto di quello che poteva sembrare, Derren si sfilò la giacca e la poggiò sul dorso di Blagden, rimanendo con la maglia nera a maniche lunghe un po' troppo larga per lui.
    « Se ti sei impegnata con qualcun'altro mi dispiace. » cominciò, mentre metteva a posto la sua roba nelle tasche della sella del cavallo. Essersi dichiarato gli conferiva una calma gelida che quasi avrebbe potuto spaventare qualcuno.
    « Dovrai lasciarlo, temo. Sono molto competitivo. » blaterò, annuendo e tornando a guardare Monique negli occhi. Bene, gliel'aveva detto. Non c'era da vergognarsi. Perché avrebbe dovuto avere paura di dirle una cosa del genere? Era una cosa... bella, in fin dei conti. Era disposto anche a corteggiarla, com'era giusto che fosse. Di solito non ne aveva bisogno, ma con lei era diverso. Si appoggiò a Blagden, senza staccare lo sguardo da lei, poi le sorrise maliziosamente.
    « Che ne dici? Ti va di aggirarti non troppo furtivamente con me? » le propose. Sì, le stava chiedendo di frequentarlo.
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    Quello che Derren le disse le gelò il sangue nelle vene. Prima mollò la presa, continuando a fissarla negli occhi, sospirando, quindi parlò. Monique non riuscì a nascondere l'espressione spiazzata, completamente sorpresa da quelle poche parole che l'uomo aveva appena pronunciato. Derren cominciò col dirle che l'aveva baciata perché provava qualcosa per lei, quindi passò al trattare dell'argomento "possibile fidanzato" che Monique avrebbe dovuto lasciare, dal momento che si dava per scontato che l'avrebbe spuntata Derren. Tutto ciò non aveva il minimo senso e la ragazza si costrinse a mordersi la lingua per cercare di capire se quello fosse un sogno oppure la realtà; lo fece con un po' troppa violenza, ferendosi di sicuro perché sentì il sapore del sangue in bocca, ma ignorò il dolore e concentrandosi su Derren, incapace di intendere e di volere. L'uomo aveva parlato con una tranquillità e una naturalezza completamente disarmanti, come se le avesse detto una scemenza o una cosa ovvia, di poco conto, e lei tutto si sarebbe potuta aspettare da lui quel giorno, ma non una dichiarazione. Era, per altro, la prima volta che un uomo le si dichiarava, e questo la rendeva sostanzialmente inesperta e impreparata completamente. -E me lo dici con tanta naturalezza?- riuscì a dire, rimbeccandolo per quello che probabilmente l'aveva spiazzata più della dichiarazione in sé. Ma le ci vollero un paio di minuti di completo silenzio per elaborare il tutto, minuti in cui non staccò mai lo sguardo da Derren. Concluse che era completamente impazzito, forse ubriaco seriamente -anche se dal bacio non avrebbe detto che avesse bevuto.
    Derren Loggins aveva trovato il modo per lasciarla senza parole né mosse utili da fare, ed era il primo essere umano nella sua vita che la metteva in serie difficoltà, ma ovviamente non avrebbe dovuto saperlo. Monique si prese ancora qualche secondo per pensare a cosa dire, poi decise che l'unica cosa che poteva fare era sdrammatizzare. Doveva farlo, perché non aveva cose utili da dire o fare, non sapeva neanche lei come quella dichiarazione la facesse sentire e come avrebbe dovuto reagire in merito. -Io dico che sei completamente impazzito.- borbottò, avvicinandoglisi -E dico anche che sono io a decidere con chi stare, non tu e il tuo essere competitivo.- Questo le sembrava giusto averlo messo in chiaro, Derren non avrebbe mai dovuto pensare di averla in pugno. Anche perché non era così. Ma, per uno strano e misterioso motivo, Monique gli si avvicinò fino ad appoggiarglisi praticamente addosso -per la "gioia" del povero cavallo che sosteneva il peso suo e di Derren. -Ma sono curiosa di vedere che cosa vuol dire aggirarmi non troppo furtivamente con te.- Si diede della stupida perché aveva ceduto un po' troppo facilmente, anche se alla fine non aveva fatto promesse di nessun genere, né si era impegnata con lui. Però era sinceramente curiosa di sapere se facesse sul serio -e lo credeva, gli occhi di Derren non mentivano- e quello era il motivo più razionale che l'avesse spinta ad accettare la sua proposta. -E adesso ribadisco, dove mi porti?- tornò a chiedere. Stava dando inizio al gioco, che forse era più serio di quanto credesse.
    Monique Céline Dubois@


    Edited by Ðräcärys¸ - 13/10/2013, 15:54
     
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    Le donne, dietro di loro, continuavano a ciarlare, ma da laggiù non potevano ascoltare i loro discorsi. Molte se ne erano semplicemente andate a casa, altre si erano fermate lì a discutere e qualcun'altra faceva finta di mettere a posto la propria roba solo per sbirciare nella loro direzione. Monique non parlò per un buono periodo di tempo, il che costrinse Derren a voltarsi più volte verso di lei, con il dubbio di averla persa per sempre. Lo guardava con un'espressione completamente esterrefatta, segno che non se lo aspettava. Tutto ciò non fece altro che gonfiare d'orgoglio Derren, che sfoderò un sorrisetto furbo ed assottigliò lo sguardo, quasi a voler imitare un gatto. Poi, all'improvviso, come se si fosse riscossa da un sonno eterno, gli si avvicinò, dicendogli che era completamente pazzo. Il sorriso del Maggiore si allargò ancora di più, mentre la fissava dritto nelle pupille. Credeva di aver "fatto colpo", o perlomeno di averla impressionanta un po'. Da come si muoveva e lo guardava, la nomade sembrava completamente rapita dal suo gesto. Ormai era chiaro che non fosse riuscita ad anticipare nulla, né un pensiero né una mossa. Poi aggiunse che avrebbe deciso lei con chi stare, non importava quanto fosse competitivo. Derren arricciò le labbra, alzando lo sguardo al cielo, come se stesse pensando ad un'eventualità del genere. Poi scosse la testa, segno che non era comunque possibile che scegliesse un altro invece di lui. Tornò a sorriderle, segno che stava ovviamente scherzando, ma forse neanche così tanto. Monique si faceva sempre più vicina, e si ritrovò a fissarla dall'alto a poco più di un palmo di distanza. Lei gli disse ancora che era curiosa di sapere che cosa volesse dire frequentarlo, poi gli chiese di nuovo dove l'avrebbe portata. Nella mente di Derren cominciarono a farsi strada diverse opzioni. Non sapeva se portarla in una taverna di lusso, o magari se fosse stato meglio comprare qualcosa e cucinargliela con le proprie mani. Lo sguardo del Maggiore si posò sulla divisa blu della nomade, abbottonata fino al collo e con diversi squarci di qua e di là. Era ovvio, era una divisa da lavoro. Lui aveva l'uniforme rossa dedicata alle occasioni importanti, quindi stava bene. Il problema era portarla in una taverna di lusso conciata in quel modo. Inarcò un sopracciglio, sistemando la sella di Blagden ed indicandogliela con un braccio.
    « Innanzitutto, ti porto a comprare un vestito. Uno qualsiasi, basta che ti piaccia. » le disse. Poi, senza aspettare una sua risposta, l'afferrò per i fianchi e la fece salire sul cavallo, guardandola ora dal basso. L'aveva messa davanti, segno che ora importava di più. Si sarebbe seduta dinnanzi a lui, tra le sue braccia, e non dietro come l'altra volta. Dare le spalle ad una donna era da maleducati. Anche il Maggiore salì su Blagden, distanziandosi appena da Monique ma afferrando le redini ben strette.
    « Poi, andiamo a mangiare in una di quelle taverne in cui ci si sente sempre e comunque fuori posto. » le rispose, sorridendo divertito. Nonostante potesse permetterselo, Derren non mangiava spesso da quelle parti. Odiava vedere quella gente scrutarsi a vicenda, ma poteva capire che ad una donna ex-nomade come lei un po' di lusso avrebbe fatto bene. Anche solo vederlo e tastarlo per una sera. Poi sarebbe tornato tutto alla normalità.
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    Minuto dopo minuto, Derren assumeva un'espressione sempre più soddisfatta e Monique non poté evitare di chiedersi cosa gli frullasse per la mente. Avrebbe dato oro per scoprirlo in quello stesso momento, senza dover aspettare mosse o parole di spiegazione che l'avrebbero illuminata, ma qualcosa le diceva che l'avrebbero dovuta chiudere nella soffitta della torre più alta della Sword's Hilt se l'avesse fatto, ne sarebbe uscita pazza. Così come, probabilmente, sarebbe accaduto a ruoli invertiti, ossia se Derren avesse potuto entrare nella sua mente. C'era una confusione esagerata nella sua testa, Monique non riusciva veramente a capire cosa volesse, non sapeva se aveva fatto bene ad accettare la proposta di Derren con tanta fretta solo perché curiosa di scoprire dove sarebbero andati a finire, non sapeva più niente. Quell'uomo aveva il potere di scombussolarle i connotati, la cosa non andava affatto bene.
    Quando Monique ribadì la sua domanda, Derren inarcò un sopracciglio e, finalmente, tornò a parlare, dicendole che l'avrebbe portata a comprarsi un vestito. La ragazza si allontanò qualche centimetro da lui, dandosi una rapida occhiata: aveva su la divisa blu da lavoro, vecchia e anche un po' grandina per lei, ma non era messa poi così male per... Per cosa? Dove la voleva portare? Non appena realizzò che ciò che Derren aveva detto lasciava intendere che avesse un certo tipo di idea in mente, Monique fece per chiedergli spiegazioni, ma non fece in tempo: l'uomo l'afferrò e la sollevò da terra in un batter d'occhio, con grande facilità, come se lei fosse fatta di piume d'uccello e pesasse meno di niente. Non riuscì, comunque, ad evitare di sorridere a quel gesto, sorridere come una stupida, come non aveva mai fatto in vita sua e non voleva cominciare a fare. Non era come le altre, non lo era mai stata: era una donna, era fragile, era sensibile, ma non era una civettella qualsiasi, motivo per cui si costrinse a riacquistare un certo contegno, schiarendosi la voce non appena Derren montò in sella dietro di lei. Era in quel modo che avevano fatto il loro primo viaggio, lei che gli dava le spalle con ostinazione e lui che se ne stava in silenzio, svolgendo il proprio lavoro. Avrebbe voluto farglielo presente, ma le sembrava una cosa troppo... romantica. -E' una cosa mooolto seria, insomma.- borbottò con aria di sufficienza non appena Derren aggiunse che l'avrebbe portata in un posto di un certo calibro -come si era aspettata. Glielo disse senza voltarsi, rimanendo rigida nella sua posizione e guardando dritta davanti a sé, nonostante stesse particolarmente scomoda in quel modo; probabilmente non sarebbe durata molto, prima o poi si sarebbe lasciata andare contro di lui.
    Quel momento arrivò dopo neanche una ventina di minuti di cavalcata: si rese conto che la schiena le faceva male a stare in quel modo e, sbuffando appena, un po' contrariata da ciò che stava per fare, si lasciò andare contro il petto di lui, appoggiando la testa all'altezza della spalla. -Sei comodo.- lo informò, sistemandosi meglio, quindi rimase in silenzio per un po', intenta ad elaborare una domanda. Sentiva crescere dentro di sé una certa curiosità riguardo un po' tutto, ma scelse di giocarsi subito l'asso. -Quand'è che avresti capito di provare qualcosa per me?- domandò, cercando di essere il più naturale possibile, nonostante si sentisse come una bambina quando cercava di scoprire che genere di sorpresa le avessero preparato.
    Monique Céline Dubois@
     
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    A Monique sembrò piacere la situazione, tanto che poté avvertirla ridacchiare quando la mise su Blagden. Quest'ultimo partì al minimo schiocco delle briglie, cominciando a trottare in modo leggero. Non parlarono molto durante il tragitto che avrebbero dovuto percorrere per arrivare alla piazza, ma si dissero l'essenziale. Si provocavano e scherzavano, ma la maggior parte del tempo si dicevano la verità o si chiedevano domande lecite. Ad un certo punto, la donna si appoggiò a lui, dicendogli che era comodo. Immaginava che si sarebbe lasciata andare: Derren sapeva mettere le persone a proprio agio, se voleva. Normalmente era il solito Maggiore gelido e imperturbabile, ma quando aveva a che fare con gente che gli piaceva, ci metteva poco a venire fuori il suo lato da venditore tipico della famiglia Loggins. In quel caso, Derren avrebbe dovuto vendere se stesso, in un certo senso; doveva farsi ben volere da Monique, ma soprattutto doveva farle capire che non le aveva detto una bugia solo per portarsela a letto o che altro. Anche perché, parlando chiaro, il Maggiore non aveva bisogno di faticare così tanto per ottenere una donna solo per futili scopi. Tutt'altro discorso si doveva applicare al suo modo di attirare le ragazze e farsi amare. Era raro che qualcuno durasse con lui più di un certo periodo di tempo. La maggior parte si stancava, o magari pretendeva attenzioni che Derren non era in grado di dare. Non era tipo da mazzo di fiori ogni mattina o che altro. Certo, le sue romanticherie le faceva, ma nei limiti del suo possibile. Poi, dal nulla, Monique gli chiese quando si fosse reso conto che provava qualcosa per lei. Il Maggiore aggrottò le sopracciglia, assottigliando lo sguardo e pensando. Da quando? Beh, non lo sapeva neanche lui. Più o meno dal primo momento in cui l'aveva vista, ma non voleva apparire così suscettibile. Quando l'aveva incontrata, inoltre, lei era praticamente svestita e ballava con le gambe al vento come se fosse stato normalissimo. Non poteva dire che non si fosse accorto di lei.
    « Diciamo che me ne sono accorto una mezz'ora fa. » le rispose, sorridendo divertito. Non sapeva come risponderle in modo esaustivo, così pensò di buttarla sull'ironia.
    « Ma tutto è cominciato con la testata sul naso, sì. » scherzò, annuendo, come se stesse dicendo la verità. Si erano fatti i dispetti a vicenda per tutti e tre i giorni in cui erano stati insieme, a partire dalla testata fino ad arrivare al bacio di Derren. Sì, perché sostanzialmente era stato uno screzio, un modo per canzonarla in qualche modo. Invece aveva complicato molto di più le cose, facendolo arrivare fino a quel punto. Stava andando a comprare un vestito ed una cena ad una donna che lo aveva colpito al volto ed aveva cercato di rovinarlo più volte, riuscendoci anche. Sapeva, però, che non era stata colpa sua. Si lasciò scappare un sospiro, ripensando a quei giorni, poi tornò ad addolcire l'espressione. Stavano per arrivare nella piazza centrale di Onore. Poteva considerarsi il "centro città", se fosse stata una vera e propria città, ma era solo un grosso villaggio.
    Derren C. Loggins @
     
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    Derren si prese qualche secondo per pensare alla risposta da darle, un tempo breve ma che a Monique parve un'eternità, e non perché pensasse che l'uomo potesse fare un passo indietro, bensì perché era dannatamente curiosa di sapere da quanto andava avanti la cosa. Lei aveva qualche idea, molto vaga e anche un po' surreale, semplicemente perché credeva che il tutto fosse cominciato, più o meno, nel momento in cui, dopo le sfuriate della giornata, la sera si erano appacificati e avevano sventolato bandiera bianca. Le sembrava assurdo, certo, ma era assurdo di per sé che lui provasse qualcosa per lei e lei stessa fosse attratta dal Maggiore -inutile dire il contrario- perciò non si poteva escludere assolutamente nulla. Comunque, Derren le disse che si era reso conto dei suoi sentimenti all'incirca quando era arrivato al casolare, al che Monique inarcò un sopracciglio. Se ciò era vero, significava che non c'era intenzione di venire lì quel giorno, era stata una cosa improvvisata e del tutto imprevista. Poi, Derren aggiunse che tutto era, probabilmente, cominciato con la testata sul naso e allora Monique non trattenne la risata per la seconda volta. -Hai un modo tutto tuo di farti attrarre dalle ragazze.- ribatté quindi, allontanando la testa dalla sua spalla per guardarlo un po' meglio, l'espressione soddisfatta in volto, e dopo pochi secondi tornò nella posizione comoda che aveva trovato. Bene, Derren aveva cominciato prima di quanto avesse creduto. E lei? Monique non riuscì ad evitare di chiedersi da quanto durasse quell'attrazione che inevitabilmente l'aveva portata lì, tra le braccia di lui. Lei non si era invaghita di lui quando l'aveva trascinata dietro di sé, legata al cavallo e costretta a faticare non poco, e non ricordava ci fosse stato un momento preciso in cui aveva capito che c'era qualcosa sotto. Forse perché non c'era un vero momento, o addirittura non c'era niente da parte sua e se ne stava lì solo per pura curiosità, ma le sembrava decisamente impossibile come cosa.
    Continuò a rimuginare su di lei fino a che non si rese conto di aver lasciato la strada isolata e di essere al porte del villaggio. Non appena lo notò, decise di darsi un contegno, staccandosi da Derren e risistemandosi in una posizione rigida; insomma, non le sembrava bello farsi vedere stravaccata su di un uomo, lei una cosa del genere, a vederla, non l'avrebbe apprezzata.
    Arrivarono nella piazza centrale nel momento in cui era più affollata, piena di gente che correva di qua e di là per tornare a casa o fare le compere dell'ultimo minuto. Monique non era mai stata nel centro di Onore, o meglio, non si era mai fermata a fare compere, ma con la carovana e la compagnia di Olaf ci era passata moltissime volte. Riconosceva il luogo, ma non avrebbe saputo dove andare a cercare il vestito che Derren le voleva comprare. Il Maggiore lasciò che il cavallo procedesse a passo lento tra la folla, poi trovò una sbarra a cui poterlo legare e allora si fermò, scendendo rapidamente e aiutandola a scendere. Si ritrovarono vicinissimi per l'ennesima volta, ma Monique si limitò a sorridergli per ringraziarlo. Doveva lavorare sulla parola "grazie", non era abituata a dirla molto spesso. Cominciò a guardarsi intorno in cerca di qualche insegna che attirasse la sua attenzione, ma non riuscì a trovare molto, anzi, non trovò praticamente niente. Non riusciva ad orientarsi in quella piazza caotica, così evitò anche di buttarsi in mezzo alla folla alla ricerca di quello che le interessava. -Sai già dove andare?- finì per domandare a Derren dove si sarebbero dovuti dirigere, giacché lei non ci stava capendo niente -Perché, sai com'è, non vengo spesso a fare compere da queste parti!- ironizzò, lanciandogli una rapida occhiata e tornando a guardarsi intorno.
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    Aveva sempre amato la Fazione dell'Onore. Quello era il motivo principale per il quale non si era spostato da lì. Certo, si era dovuto traferire pressoché al confine, però poteva ancora considerarsi un cittadino di Onore e questo lo faceva sentire bene. La piazza centrale era, praticamente, tutta incentrata sulla fontana: tempo addietro, uno Stregone dal nome sconosciuto l'aveva incantata, facendole fare giochi d'acqua perlopiù improbabili. Ed era ancora lì, intenta a schizzare acqua di qua e di là nella sua larga vasca. Era bassa e sottile, ma era molto ampia. La gente di Onore era perlopiù magica, e ciò si poteva vedere chiaramente dagli abiti che portavano: Streghe con lunghi vestiti di velluto viola, Stregoni con giacche strette a doppio petto e sguardi penetranti. Derren adorava la Fazione dell'Onore: era un concentrato di brava gente, ma soprattutto persone interessanti, che avevano qualcosa da dire e sapevano sostenere un discorso. Condusse Blagden fino ad un paletto, poi scese ed aiutò a fare altrettanto Monique, che si guardava attorno incuriosita. Legò il cavallo al palo, poi gli diede una pacca sul dorso ed afferrò il sacchetto rosso con le monete d'oro. Se lo legò alla cintura, facendo bene attenzione ad assicurarlo alla sottile striscia di pelle. Non l'avevano mai derubato, ma c'era sempre una prima volta. Era vero che se ne sarebbe accorto ed avrebbe preso a botte il ladruncolo, ma era meglio evitare certe scene in presenza di una signora. Anche se questa l'aveva visto mollare un destro al Colonnello e poi subirsi la strigliata del suo superiore. Il Maggiore cominciò a camminare verso il centro della piazza, seguito dalla nomade. Quest'ultima, poi, gli chiese se sapesse già dove andare, visto che lei non frequentava posti del genere. Derren si voltò verso di lei, sorridendole appena. Le offrì un braccio, poi mise l'altra mano in tasca e si perse a fissare le mille insegne di legno che costellavano l'ampia piazza del centro della Fazione dell'Onore. C'erano molte erboristerie e farmacie, qualche alimentari ed una sorta di ferramenta.
    « Siamo al centro di Onore, secondo te non troviamo una Strega sarta che ti cucia l'abito in quattro e quattr'otto? » le domandò ironicamente. In realtà, il Maggiore sapeva già dove andare. Sua madre era stata una sarta -anche se umana- ed aveva quindi contatti qua e là. C'era una piccola bottega di una Strega di nome Lauren in una vietta, doveva solo ricordarsi dove si trovava. Cercava di ripercorrere mentalmente il percorso che aveva fatto tante volte assieme a sua madre, ma le cose, negli anni, erano cambiate. Avanzò lentamente, scrutando ogni cosa con una minuziosità impossibile. Poi, lo vide: un vicoletto già illuminato da qualche lampada ad olio, segno che il tramonto stava per spegnersi. Affrettò il passo, puntando poi un dito verso il posto.
    « Conosco una certa Lauren, dovrebbe essere affidabile. » le disse infine, senza neanche guardarla. Era talmente rapito dalla stradina e dai piccoli negozi che si scordò persino di chiudere la bocca: l'espressione era quella di un bambino che vedeva una caramella gigante nella notte di Natale.
    Derren C. Loggins @
     
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    Derren non perse tempo e la condusse subito tra la folla, offrendole un braccio a cui Monique, dopo un paio di secondi di esitazione, si avvinghiò, anche perché temeva di poter essere trascinata via dalla folla. Non che la piazza fosse immensa, ma preferiva evitare di separarsi da lui per il momento. Il Maggiore si guardava intorno incuriosito tanto quanto lei, ma soprattutto affascinato; Monique non poté fare a meno di sorridere a quella visione, vedere gli occhi degli altri che brillavano la metteva sempre di buon umore, soprattutto se quella era una visione rara come poteva essere nel caso di Derren. Lasciò che l'uomo la guidasse tra la gente, poi si sentì dire che l'abito gliel'avrebbe fatto una strega e allora sentì un brivido percorrerle la schiena. Non che temesse streghe e stregoni, ma provava un certo rispetto nei loro confronti e, al contempo, non nutriva troppa fiducia in loro. Se si aggiungeva, poi, che gli amici di Derren dotati di poteri magici non le erano andati a genio, né lei era piaciuta a loro -o meglio, lui- era normale che fosse un po' restia a farsi fare un abito da una strega. -Questa volta mi posso fidare, spero.- borbottò lei, con apparente noncuranza. Sapeva perfettamente che questa volta non le sarebbe successo nulla di spiacevole, anzi, ma era diffidente per natura, non le si poteva chiedere di reagire diversamente. All'improvviso, poi, Derren puntò dritto in una viuzza secondaria, non troppo trafficata come la piazza, informandola che la strega in questione era una sua conoscente, una certa Lauren. Monique si limitò a seguirlo senza batter ciglio, il cuore che, però, le batteva più velocemente del normale a causa del nervosismo, nonostante stesse cercando di convincersi che non sarebbe successo nulla di spiacevole.
    Procedettero fin quasi ad arrivare in fondo alla via, poi Derren si fermò davanti a quella che aveva tutta l'aria di essere una comunissima porta di una comunissima abitazione di Onore. La porta, però, si aprì con un cigolio non troppo rassicurante nel momento in cui il Maggiore fece per bussare, e, senza perdere tempo, i due entrarono -Monique decisamente poco convinta. La stanza aveva l'aspetto di un comunissimo negozio di abiti e non solo, lì dentro c'era di tutto, dalle semplici stoffe agli accessori. Non sembrò esserci nessuno all'inizio, poi, come dal nulla, uscì fuori una ragazzetta piuttosto giovane e dallo sguardo maliziosetto, il cui occhi cadde subito sulla figura di Derren. Quella di Monique fu un'occhiataccia istintiva e anche un po' non voluta, di quelle che dicevano "giù le mani" o "rispetta la fila". Non si degnò di osservare la reazione di Derren e si sbrigò a fare la propria richiesta. -Siamo qui per un abito da.. sera, più o meno,per andare in una di quelle taverne in cui ci si sente sempre e comunque fuori posto.- disse, tutto d'un fiato, lasciando una rapida occhiata ed un sorriso a Derren, soddisfatta per essersi ricordata per filo e per segno ciò che aveva detto lui. La ragazzetta le rivolse un sorriso tirato e oltremodo falso, quindi annuì e sparì dietro la porta alle sue spalle, tornando un minuto dopo accompagnata da una donna decisamente più adulta di lei. -Derren!- esclamò quella che doveva essere la Lauren di cui parlava il Maggiore -Gli anni ti hanno graziato, figliolo, davvero!- Monique si lasciò sfuggire un sorriso a quelle parole, sembrava che nessuna donna fosse capace di rivolgersi a Derren senza complimentarsi per la sua bellezza. -Il vestito è per te, immagino.- tornò quindi a parlare la donna, rivolgendosi adesso direttamente a Monique e tendendole la mano. La ragazza la accettò subito, sentendosi come a proprio agio davanti l'espressione bonaria della donna, e la seguì in quella che doveva essere la sala prove, non prima, però, di aver fulminato anche Derren con lo sguardo. Uomo avvisato, mezzo salvato, diceva un vecchio detto.
    La strega non parlò praticamente mai, le prese qualche misura al volo, poi tirò fuori dei pezzi di stoffa dorati, li guardò per un paio di minuti, guardò Monique e poi di nuovo la stoffa, quindi i suoi occhi di dorarono e Monique assistette ad uno spettacolo che la lasciò senza fiato. Si ritrovò a contemplare la stoffa che veniva tagliata a mezz'aria, ago e filo che da soli cucivano i pezzi, mentre la strega era intenta a cercare qualcosa, ma Monique non le prestò assolutamente attenzione, troppo attratta dall'abito che stava prendendo forma. -Eccolo qui!- esclamò Lauren tutta soddisfatta, tirando fuori un sacchetto verde. Di nuovo le si dorarono gli occhi e dal sacchetto fuoriuscirono delle cose molto simili a perline, sempre dorate, che andarono a finire sul vestito. Lauren, a opera apparentemente finita, prese l'abito tra le mani e glielo consegnò, lasciandola poi sola nella stanza. Monique rimase per un attimo come paralizzata, poi si riprese e indossò l'abito, trattandolo come fosse fatto di cristallo, con una delicatezza estrema ed innaturale. Le calzava addosso perfettamente, non era esageratamente vistoso né in alcun modo provocante, ma era un abito elegante, dotato di una scollatura non eccessiva davanti e completamente aperto sulla schiena. Guardandosi allo specchio quasi non si riconosceva e stette un bel po' a contemplarsi, cercando anche un modo per sistemarsi i capelli, ma non aveva forcine di nessun genere, così li lasciò sciolti. Ricordandosi, poi, di essere attesa nell'altra stanza, la ragazza prese un bel respiro, gettando un'ultima occhiata alla sua immagine riflessa nello specchio, e avviandosi verso la porta. Si sistemò per l'ennesima volta l'abito, poi aprì la porta ed uscì, cercando immediatamente lo sguardo di Derren per scoprire cosa ne pensasse di quella nuova Monique.
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    I due si avvicinarono alla porta della bottega di Lauren, guardandosi attorno furtivi. Si ricordava pefettamente di quella facciata: era una sorta di boutique, la sua, quindi rimaneva all'interno di un "condominio" situato al centro di Onore. Nonostante il posto, per così dire, scomodo, Lauren aveva parecchi clienti. Derren alzò un braccio, cercando di bussare, ma la porta gli si aprì davanti come se uno spirito l'avesse spinta via. Il Maggiore aggrottò le sopracciglia, avanzando dentro il negozio. Per terra c'era della moquette verde, mentre le pareti erano imbottite di tantissime varietà di tessuti. Sembrava come se la stanza fosse stata cucita da Lauren stessa. Monique continuava a tenergli stretto il braccio, mentre si guardava attorno incuriosita. Guardandola, Derren si accorse che era anche un po' spaventata. Era normale esserlo: gli Stregoni e le Streghe erano esseri imprevedibili. Perfino lui non avrebbe avuto alcuna speranza.
    La stanza centrare della sartoria traboccava di stoffe, ed in mezzo c'era un tavolo di legno scuro ricoperto di candele. La luce era lieve, come se fuori fosse già buio e Lauren non avesse neanche una misera lampada ad olio. Se fosse stata umana, probabilmente quel posto sarebbe stato estremamente illuminato: ricordava quando la madre cuciva a casa alla luce di parecchie lampade, di cui una puntata sulle sue mani al lavoro. All'improvviso, poi, da dietro una tenda sbucò una ragazza, che gli lanciò uno sguardo molto interessato. Derren, ovviamente, neanche ci fece caso. Le opzioni erano due: o Lauren aveva preso delle pozioni che l'avevano ringiovanita, oppure quella non era lei. La ragazza era alta, con i capelli scuri e gli occhi verdissimi. Aveva le forme al posto giusto, evidenziate dal vestito di velluto aderente sul seno e sul ventre. Gli sorrise maliziosamente, poi posò lo sguardo su Monique come se fosse stata di poca importanza. Si avvicinò a loro e Derren aprì la bocca per parlare, ma la nomade fu più svelta di lui. Spostò lo sguardo su Monique, notando la scintilla di fastidio che le luccicava negli occhi. Era forse... gelosa? Derren assunse un'espressione divertita e soddisfatta, guardando dritto davanti a sé e trattenendosi dal ridere. Non poteva credere che ad una come lei dessero fastidio quelle cose. Alle sue parole, il Maggiore voltò il viso nella sua direzione, sorridendole appena. Aveva ripetuto le sue stesse frasi. La ragazza dagli occhi verdi come smeraldi stava per parlare, ma dalla tenda sbucò Lauren. In fondo, non era cambiata poi tanto. Certo, gli anni passavano per tutti, ma la vecchia Strega conservava ancora i lineamenti di sempre. Anche lei aveva i capelli scuri -probabilmente tinti- e gli occhi chiarissimi, solo che i suoi erano grigi. Le labbra sempre ricoperte da uno strato sottile di rossetto rosso, il vestito di velluto un po' largo sui fianchi ed i capelli appuntati sulla testa. Sì, più o meno era rimasta la stessa. Lo salutò, avvicinandoglisi ed abbracciandolo, per poi complimentarsi. Anche Derren ricambiò i saluti, sorridendole con cortesia.
    « Non quanto voi, mia signora. » le rispose, indicandola. Il Maggiore aveva sempre dato del voi alla donna, probabilmente perché la madre gli aveva sempre detto che proveniva dalla nobiltà, anche se se ne era tirata fuori. La donna lo congedò con un gesto della mano, come a dire "ma smettila", poi guardò Monique con un sorriso sincero e gli occhi che le brillavano. Si vedeva che il suo lavoro le piaceva. Cominciò a farfugliare qualcosa, poi se la portò nella stanza oltre la tenda, da dove erano sbucate entrambe. Derren rimase solo con la ragazza dal bel fisico ed i capelli scuri, che non finiva più di mangiarselo con gli occhi. Lui posò lo sguardo su di lei, che gli sorrideva. Il Maggiore ricambiò il sorriso, poi infilò le mani nelle tasche e prese a fissare la tenda dietro la quale era sparita Monique. All'improvviso, la ragazza gli si avvicinò in un fruscio di vesti. Poggiò la sua mano sul petto di Derren, fissandolo negli occhi e sorridendo maliziosa.
    « Vi chiamate Derren, dunque? » gli chiese, sbattendo le palpebre velocemente come un cerbiatto.
    « Già. » rispose soltanto lui, annuendo appena. Quella tizia gli metteva l'ansia: poteva avvertire il suo respiro sul volto, ma ciò che lo inquietava di più erano quegli occhi grandi e verdissimi. Lei cominciò a girargli attorno, senza staccare la mano dal suo corpo. Terminò il giro, poi gli si parò davanti e gli prese le mani. Derren non voleva essere scortese, perciò non le sfilò via, ma aggrottò le sopracciglia, fissandola. Poteva avvertire che qualcosa non andava, ma non riusciva a capire che cosa stesse succedendo. Improvvisamente, la ragazza gli lasciò una mano e portò la sua sulla cinta di Derren, giocandoci appena.
    « Volete diverti... » cominciò lei, ma il Maggiore indietreggiò, rivolgendole uno sguardo serio ed arrabbiato.
    « Ma che diavolo fate? » le domandò. La Strega alzò gli occhi al cielo, scocciata, poi si andò a sedere su una sedia accanto al tavolo, guardandosi le unghie. Derren si sistemò la cinta e la giacca, come se all'improvviso si sentisse fuori posto. Ma era possibile che una ragazza così giovane ci provasse con un uomo in divisa come lui? Sospirò, appoggiandosi al muro ricoperto di stoffa, stringendo le braccia al petto ed aspettando che Monique uscisse. Passò qualche minuto, durante il quale Derren si studiò la giovane Strega, che ormai era persa nella sua manicure. Poi, da dietro alla tenda, sbucò prima Lauren e successivamente Monique, che portava un lungo abito giallo caldo. Il Maggiore si staccò dal muro, osservandola: stava benissimo. Il colore della sua pelle s'intonava perfettamente a quella tonalità. Quando poi la nomade si voltò per fargli vedere il retro dell'abito, Derren si stupì: aveva la schiena completamente nuda, eccetto per una fila di perline e fasce che tenevano assieme il vestito. L'espressione del Maggiore si scaldò, trasformandosi: ora sembrava un marito che osservava sua moglie il giorno del loro matrimonio.
    « Eccotela qui! Non è bellissima? » gli domandò Lauren, indicandola e poi appuntando le mani sui fianchi, soddisfatta. Derren sorrise prima alla donna, poi lo allargò rivolgendosi a Monique. Le si avvicinò, ma non troppo, tenendo le mani in tasca e fissandola negli occhi.
    « Certo che lo è. » le rispose, senza guardare la sarta in faccia. Era soddisfatto, perché si vedeva anche dal volto della nomade che le piaceva. Aveva fatto una buona azione, nonché una mossa perfetta per conquistarla. Lauren unì le mani, ridendo, poi si spostò verso un bancone, scribacchiando di qua e di là. Gli occhi di Derren, però, erano fissi in quelli di Monique, mentre le sorrideva.
    Derren C. Loggins @
     
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