[FIRE] You made my heart melt, yet I'm cold to the core.

18 LUGLIO 102 PA, SERA, VIA FRATTINA, INDIPENDENZA

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    Erano ormai passate due settimane da quando Zaira aveva deciso di mettere fine all'indesiderata gravidanza, e quelli appena passati non erano stati dei giorni esattamente felici e tranquilli: la ragazza era perennemente nervosa, parlava poco e preferiva stare con se stessa piuttosto che con gli altri, chiusa nella sua stanza o in giro per i boschi, nei dintorni della Base. Anche fare le ronde in quel periodo le risultava difficile da fare, le mancava la voglia principalmente, e poi ormai tutti i Vigilanti di Giustizia avevano scoperto della gravidanza e dell'aborto ed i più intimi con la von Row pretendevano che non si stancasse in alcun modo, almeno per i primi giorni: convincerla era facile solo perché lei in primis si rifiutava di andare a caccia di altri Vigilanti, altrimenti non l'avrebbe fermata niente e nessuno.
    Come aveva detto l'Anziano, passata un'ora dal momento in cui aveva effettivamente abortito, Zaira aveva cominciato a riprendersi; aveva continuato a sentire dolore un po' ovunque per il resto del pomeriggio, ma non era nulla di insopportabile, e già durante la sera era tornata a passeggiare intorno alla Base. Fisicamente si era ripresa nel giro di una giornata, ma emotivamente non era stato altrettanto facile chiaramente, perché per quanto l'avesse voluto lei, abortire non era di certo un'operazione da nulla: non si era minimamente pentita di averlo fatto, certo, ma aveva passato serate in cui si era chiesta e richiesta come sarebbe potuta andare se avesse dato retta a Dastan, a quell'uomo che si era poi rifiutata di cercare dopo averlo sostanzialmente cacciato via dalla sua stanza. Né lui si era rifatto vivo, probabilmente perché sapeva che non era il momento adatto per farlo e forse perché aveva anche timore di tornare a divertirsi in modo sconsiderato e spensierato come avevano fatto fino a quel momento. Era un timore giustificato, quello, ed era lo stesso che aveva spinto a Zaira a non avventurarsi fuori dai confini di Giustizia per tutti quei giorni. Ma non sarebbe potuta rimanere in quella sorta di limbo per tutto il resto della vita, sentirsi inutile non era mai stata cosa a lei gradita e sentircisi in quel periodo le faceva ancor meno piacere, quindi aveva finito col tirarsi su e, giorno dopo giorno, era tornata ad essere quella di prima. Aveva ripreso a conversare con chiunque, senza perdere le staffe nel giro di pochi secondi come le era successo nei giorni passati, ed aveva anche ricominciato a fare le ronde notturne con i suoi compagni. E si era chiesta spesso se sarebbe mai tornata a cercare Dastan: aveva rimosso il pensiero di lui dalla propria mente per almeno i primi dieci giorni, ma nel momento stesso in cui aveva cominciato a riprendersi aveva anche capito che sarebbe tornata da lui, prima o poi. Anche perché le era ormai chiaro che tra loro ci fosse qualcosa che andava al di là del semplice sesso, non si poteva dire ci fosse chissà quale sconfinato affetto, ma di sicuro l'uno teneva all'altra in un modo tutto personale e fuori da ogni schema.
    Di conseguenza, una mattina Zaira si era svegliata con l'idea di prendere un cavallo e filare dritta dritta alla Base di Indipendenza, ma delle questioni riguardanti un gruppo di giovani sedicenni della Base l'aveva tenuta inchiodata a Giustizia per tutta la giornata. Nel tardo pomeriggio, però, aveva cavalcato fino al confine, certa che avrebbe trovato Dastan intento a rilassarsi nella sua stanza. Invece, una volta arrivata lì, la porta non le era stata aperta e da una finestra -che non era quella del Capo di Indipendenza- si era affacciata una delle giovani Vigilanti che più di una volta le avevano lanciato sguardi decisamente poco amichevoli. -Non lo troverai qui, Giusta. Sono giorni che va al centro per.. lavorare per la Witmore, dice lui.- Il tono di voce che la moretta usò ed anche l'occhiata che le lanciò la dicevano molto lunga su quel che sembrava sapere, e soprattutto su quel che voleva lasciarle intendere. Zaira le lanciò un'occhiata di fuoco, ma non le rispose: non gliel'avrebbe data vinta una sola volta alle vipere annidate in quella struttura che cadeva a pezzi, motivo per cui se ne andò non appena quella le chiuse la finestra "in faccia". Zaira tornò in fretta al suo cavallo, con l'intenzione di tornare a Giustizia; ma quando si era trovata di fronte al vecchio cartello di legno che le indicava la direzione per raggiungere la sua Fazione o il centro di Indipendenza, la ragazza seguì quest'ultima indicazione e nel giro di poco meno di un'ora raggiunse il centro della Fazione. In realtà non sapeva dove cercare Dastan né cosa dirgli nel caso l'avesse trovato: insomma, avrebbero anche avuto di che parlare, ma chiaramente entrambi avrebbero preferito lasciare l'argomento nel dimenticatoio in cui l'avevano confinato. Chiese in giro di questa famiglia Witmore che la Vigilante le aveva menzionato, e dopo diversi minuti le fu indicata la casa dotata persino di giardino in cui viveva una donna sulla quarantina e piuttosto abbiente, per cui da poco lavorava un giovane che corrispondeva alla descrizione che Zaira aveva fatto di Dastan. Aveva esitato a varcare l'entrata della proprietà, ma alla fine l'idea di essersi fatta tutta quella strada per nulla non le andava bene e quindi decise di portare a termine la sua "missione".
    Entrò nel giardino con passo decisamente non troppo sicuro, stando a testa alta e guardandosi intorno incuriosita e allo stesso tempo con circospezione. Gironzolò decisamente poco, perché la sua attenzione fu attirata da un rumore continuo ed insistente e alla fine trovò Dastan intento a spaccare legna, dietro di lui, ad un paio di metri di distanza e seduta su una panca di legno, quella che doveva essere la signora Witmore, la quale aveva gli occhi fissi sul corpo dell'Orso del Nord. Lo sguardo compiaciuto della donna infastidì Zaira non appena il suo cervello elaborò la scena, una reazione decisamente non prevista dalla ragazza per altro, e di conseguenza non riuscì a trattenersi neanche dal fare un'entrata in scena da amante isterica ed infastidita. Come effettivamente era, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Mise su la migliore espressione rilassata e prese a camminare con passo adesso sicuro verso i due. -Quindi la scusa ufficiale è che fai il taglialegna adesso?- gli disse, con tono chiaramente sarcastico. Ricevette immediatamente un'occhiata sorpresa dalla padrona di casa, che subito dopo si rivolse a Dastan con indignazione. -Conosci questa maleducata, Dastan?- Zaira lanciò un'occhiata veloce al Vigilante, che la guardava sorpreso e, forse, anche un po' scocciato. Ulteriormente infastidita dalle parole -giustificate- della padrona di casa e dalla mancata pronta reazione di lui, la von Row rispose al posto suo. -Ci mancherebbe che non conoscesse la sua donna.-
    Zaira von Row @
     
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    Da quando aveva lasciato Zaira a riposare, non l'aveva più sentita né vista. La ragazza aveva abortito del suo bambino poco tempo prima, ma Dastan aveva preferito non andarla a cercare per nessuno motivo. Sapeva com'era Zaira, e sapeva quindi che lei si sarebbe innervosita. Aveva bisogno di un po' di tempo da sola, e lui l'aveva accontentata. Non poteva negare che fra di loro ci fosse qualcosa, perché si erano persino baciati poco prima che lei decidesse di terminare la gravidanza. Di conseguenza, entrambi covavano un qualcosa di grosso dentro, che però sembrava non venire mai fuori. Dastan non poteva dire di essere indifferente alla cosa, anzi, tutta quella situazione gli procurava un certo fastidio. Non era mai dipeso da qualcuno, e sentirsi legato così tanto ad una persona che sarebbe dovuta essere sua nemica, beh... lo disturbava. Per quel motivo aveva deciso di cercare di togliersela dalla mente tornando a lavorare sempre più spesso alla bottega che aveva al centro di Indipendenza. Faceva il falegname per vivere, perché di sicuro non poteva campare con quello che i Vigilanti riuscivano a rubare dalle tasche dei visitatori. Qualche giorno dopo l'aborto di Zaira, una bella signora sulla sessantina era venuta a trovarlo, lanciandogli occhiatine compiaciute al petto e dicendogli che le sarebbe servito un taglialegna. Sostanzialmente, i taglialegna non li si veniva ad ingaggiare in una falegnameria; era chiaro che quella tardona fosse lì semplicemente per lui. Dastan, comunque, non ci fece neanche troppo caso, perché lei gli aveva promesso un buon compenso in denaro ed in più qualche raccomandazione ai piani alti. Sì, perché la signora -a quanto gli aveva raccontato- lavorava nella contabilità, ma era impiegata in una grossa fabbrica di legname. In qualche modo, Dastan sarebbe potuto servire lì dentro. Si era così deciso a presentarsi a casa sua -un villone con tanto di giardino, ma poi la Witmore gli aveva detto di "darsi una ripulita". Sostanzialmente, si sarebbe dovuto tagliare i capelli e la barba. Dastan non era un tipo che teneva particolarmente a certe cose -anche se si piaceva di più con la chioma selvaggia e lunga- per cui lo fece, anche se non totalmente: tagliò i capelli corti, ma non riuscì anche a spelarsi completamente. Guardandosi allo specchio, riscoprì la sua vecchia faccia da ragazzino impertinente. Non che gli piacesse troppo ciò che vedeva, ma comunque gli interessava il lavoro. Due giorni dopo, era tornato dalla Witmore con tanto di mazza, pronto a spaccare la legna. La donna lo aveva accolto con un gran sorriso, piazzandogli subito una mano sulla schiena muscolosa e spingendolo dentro. Lo aveva praticamente costretto a favorire un bicchiere di vino, seppur Dastan preferisse alcol più grezzo, più "terra terra". Le giornate erano passate così, tra una frecciatina e l'altra della donna e ciocchi di legna sparsi un po' ovunque nel giardino della signora.
    Quella mattina, era tornato di nuovo dalla Witmore per finire il suo lavoro, conscio di dover poi trattare con la donna. Non sapeva se sarebbe arrivato a chiedergli una scappatella, ma in tal caso si era ripromesso di scappare via il più veloce possibile per evitare minacce e ricatti. C'era comunque un'altra po' di legna da spaccare e poi mettere a posto, quindi arrivò a pomeriggio inoltrato senza neanche accorgersene. Il sole solcò l'orizzonte in pochissimo tempo, spanendo una luce aranciata sul giardino e sulla facciata della casa. La Witmore lo osservava poco lontano, con in mano una lunga sigatetta sporca sul bordo di rossetto. Non si fidava affatto di quella donna, doveva ammetterlo. Gli lanciava sguardi decisamente poco casti, e l'aveva beccata più di una volta con solo la biancheria addosso dentro casa. Era chiaro che volesse spingerlo a fare ben altro che tagliare la legna, ma Dastan cercava sempre di tenersi lontano da ciò. Era diventata sera, ormai, quando si ritrovò a spaccare gli ultimi ciocchi. Gliene mancavano una decina, non di più. Si accorse della chioma rossa di Zaira non appena varcò il recinto del giardino, camminando a passo di carica e con delle movenze isteriche decisamente da lei. Gli sembrava strano vederla lì, tanto che mollò la mazza e la guardò avvicinarsi, assottigliando gli occhi. Aveva il fiatone ed era tutto sporco, ma ovviamente era giustificato: aveva fatto il suo lavoro. A metà strada, la rossa cominciò a camminare tutta impettita, assumendo una falsissima espressione tranquilla. Gli si parò davanti, poi, chiedendogli se la scusa ufficiale fosse che ormai faceva il taglialegna. Dastan la guardò negli occhi, improvvisamente dubbioso. Aggrottò le sopracciglia, respirando con la bocca e tenendola quindi semi aperta. Le braccia gli ricadevano lungo i fianchi, ma non dava alcun segno di aver capito. Fu la Witmore la prima ad intervenire, poggiando la sua sigaretta ed alzandosi in piedi, camminando con i suoi tacchetti fino a loro. Gli chiese se conoscesse quella "maleducata", e Dastan non fece in tempo a rispondere che la rossa si voltò verso la tardona come una tigre che balzava sulla sua preda. Lo sguardo che le rivolse fu mortale. Improvvisamente, sbottò, dicendole che lei era la sua donna. La signora Witmore spalancò la bocca, portandosi una mano ad essa e spostando lo sguardo verso di lui, che ora era più confuso di prima. Non riusciva a dire nulla, e di sicuro non era da lui. Riuscì solo a stare lì, con la sua maglia nera chiazzata di nero e sudore, a guardare le due donne sfidarsi con uno sguardo. La sua attenzione, comunque, la catturò tutta Zaira: la guardava in volto con un'espressione decisamente intensa, seria. Non riusciva a dirle nulla, perché l'ultima volta che l'aveva vista lei portava in grembo suo figlio, che ormai non c'era più. Come le era venuto in mente di uscirsene in quel modo? Lui stava lavorando. Non fu in grado, però, di riprenderla. Forse dipendeva dal fatto che si era presentata come la sua ragazza. Fu la signora Witmore, di nuovo, a svegliarlo dal suo stato comatoso.
    « Dastan, non voglio che tu perda troppo tempo. Dobbiamo ancora... rivedere il nostro accordo. » borbottò la bionda, inarcando un sopracciglio e guardandolo con un'espressione eloquente. Voleva sicuramente discutere di sesso, ci si sarebbe giocato le palle. Dastan la guardava con uno sguardo assente, che lì per lì dissimulò sbattendo le palpebre freneticamente. Si schiarì la voce, muovendosi appena, poi lanciò uno sguardo a Zaira e tornò subito alla Witmore.
    « Sì. Non ci vorrà molto. Potete aspettarmi in casa. » disse. Era chiaro che la tardona fosse in disaccordo, ma girò i tacchi ed entrò in casa, sculettando. Quando la porta si chiuse dietro di lei, Dastan tornò a guardare Zaira sempre con la stessa espressione seria ed intensa. I suoi atterzzi legati ad una cintura di pelle in vita e la maglia nera appiccicata al corpo non aiutavano, ma cercò di rilassarsi. Sospirò sonoramente, scuotendo appena la testa ed arricciando le labbra.
    « Mi piacerebbe tanto sapere perché cazzo fai queste sfuriate da matta. » esclamò, aprendo le braccia e stringendosi nelle spalle, per poi tornare a farle cozzare contro i fianchi. Era stanco, esausto addirittura, e non gli ci voleva un'altra litigata. Non gli andava per niente.
    « Sto lavorando. Taglio la legna, non mi scopo le vecchie con i soldi. » tagliò corto lui, fissandola ed indurendo un po' lo sguardo. Se non fosse stato per i capelli corti, sarebbe sembrato il solito Dastan di sembre, solo con le braccia a penzoloni ed il volto imperlato di sudore. In realtà avrebbe solo voluto chiedere a Zaira come se l'era passata e cosa aveva deciso di farsene della sua vita e della sua relazione con lui, ma tacque. Forse fu a causa della stanchezza, o magari aveva ancora paura di sembrare invadente.
    Dastan Dauthdaert @


    Edited by varden - 9/2/2014, 11:56
     
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    Rivederlo dopo tutto quel tempo e soprattutto dopo tutto quello che era successo le faceva strano, ma soprattutto trovarlo in quella situazione non le andava a genio neanche un po'. Si sentiva improvvisamente gelosa di qualcuno che in realtà non era mai stato suo, perché oltre al divertimento da Dastan lei non voleva nulla di più, anche se la scoperta del lato più "tenero" di lui l'aveva comunque intrigata. Forse era per quel motivo che si era irritata non appena la mora di Indipendenza le aveva detto dove lo avrebbe trovato e, più che mai, non appena aveva visto gli sguardi che la signora gli lanciava: si era sentita molto vicina a lui quando aveva abortito, perché sostanzialmente Dastan era riuscito a tranquillizzarla e le aveva fatto capire che, anche se a modo suo, le sarebbe stato vicino; che poi così non era stato perché lei lo aveva cacciato via in malo modo e non aveva più voluto avere a che fare né con lui né con nessun altro, era un altro discorso. Erano andati oltre il semplice sesso, in pratica, e questo la metteva in una situazione difficile perché lei non aveva mai avuto l'intenzione di legarsi a lui in alcun modo, e invece adesso era andata a ricercarlo e, come se già quello non fosse stato abbastanza, aveva avuto l'accortezza di umiliarsi ulteriormente e spacciarsi per la sua ragazza. Come le fosse uscita quella frase non lo avrebbe saputo dire neanche lei, ma si era così tanto innervosita che le era parso l'unico modo per togliersi di torno la signora Witmore ed ottenere la completa attenzione di Dastan. In realtà, però, non si sentiva affatto la sua donna, neanche lontanamente: per quanto fosse stato brutto da dire, l'uno era il diversivo dell'altra, o almeno così era stato all'inizio e così sarebbe dovuto continuare ad essere, se non fosse rimasta incinta e non avesse intuito di averlo apparentemente ferito con la decisione presa.
    Comunque, nonostante avesse detto una stronzata, Zaira era riuscita nel suo intento: non appena ebbe percorso la distanza che la separava da lui, uscendosene con quella battuta infelice, la ragazza ottenne l'attenzione di entrambi e, ovviamente, si dedicò solo agli occhi di Dastan. Sostenne il suo sguardo serio, contrariato ed allo stesso tempo confuso, come era logico che fosse: non l'aveva prevista lei un'uscita del genere, figuriamoci lui. Ormai l'aveva comunque detto e avrebbe dovuto continuare a recitare la farsa, considerando che, almeno per il momento, l'uomo non sembrava volerla smascherare. Quindi gli rivolse uno sguardo altrettanto serio e palesemente irritato, poi tornò a concentrarsi sulla padrona di casa, che sembrava essere la più sorpresa e schockata dei tre. La donna gli intimò di non perdere tempo, anche perché dovevano ancora concludere il loro accordo, e a sentirla parlare in quel modo Zaira si accigliò: allora non ci aveva visto così male, né la Vigilante di Indipendenza le aveva lasciato intendere il falso. Se Dastan ancora non se l'era fatta con la signora Witmore, poco ci doveva mancare e non tanto per volontà di lui, quanto per quella di lei: se l'Orso era lì, di sicuro era per interesse personale, per racimolare qualche soldo, e questo Zaira non l'avrebbe messo in dubbio. Ma chiaramente la padrona di casa non la vedeva allo stesso modo. Dastan comunque le disse che sarebbe potuta entrare in casa, lasciando intendere che avrebbe velocemente sbrigato la faccenda con la rossa e poi l'avrebbe raggiunta; Zaira non disse nulla né mosse un solo muscolo, nonostante fosse stato un fascio di nervi pronto a scattare, ed aspettò che fosse Dastan a dirle qualcosa. Era comunque certa che non si sarebbe fatta dedicare poco tempo, come l'uomo credeva, a costo di impedirgli di varcare la soglia di quella casa. Con fare chiaramente innervosito, non appena rimasero soli l'uomo le chiese cosa le fosse saltato il mente, per poi precisarle che non era lì per andare al letto con le sessantenni, ma semplicemente per lavorare. Zaira lo fissò per un secondo, incerta se rispondere o meno alla sua prime domanda, visto e considerato che lei per prima non avrebbe saputo spiegare cosa le fosse preso. -Da quello che vedo poco ti manca per farlo, però.- sbottò quindi, dopo quei primi attimi di silenzio, incrociando le braccia al petto e poi cominciando a sventolare una mano a mezz'aria -Di' un po', da quanto va avanti questa storia?- tornò a chiedere, ormai fuori controllo, conscia di quello che stava facendo ma incapace di calmarsi.
    Zaira von Row @
     
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    Dastan non sapeva se ridere o se piangere. Vederla così, innervosita e, in qualche modo, gelosa, lo faceva sentire strano. Sostanzialmente, aveva voglia di spaccarle la testa, ma dentro di sè si stava divertendo un mondo. Quelle braccia strette al petto, la gamba che scattava nervosamente ed il sopracciglio alzato, beh... erano la fine del mondo. Non si sarebbe mai aspettato di assistere ad una cosa del genere. Doveva ammettere che aveva voglia di prenderla un po' in giro e di farla irritare, ma al tempo stesso anche Dastan era arrabbiato ed avrebbe voluto risponderle a tono. Insomma, era combattuto. Sì, era vero, si erano baciati, ma questo significava forse amore eterno ed estrema lealtà? Non gli pareva. Continuava a guardarla con il suo solito sguardo intenso e serio, fino a quando non si bevve il cervello, sostanzialmente. Gli rispose dicendogli che sembrava che stesse proprio facendo marchette -in breve- e poi gli chiese nervosamente da quanto durasse questa storia. Lo sguardo di Dastan si indurì ulteriormente, mentre la fissava negli occhi con tutta la tranquillità del mondo. Non sapeva neanche lui chi diavolo lo stesse tenendo da lassù, fatto stava che era ancora fermo. Aveva già assistito a scenate di gelosia da parte delle tipe di Indipendenza, ma mai niente del genere. Zaira era partita da Giustizia ed era andata a prenderlo fin lì. Dastan ancora non riusciva a spiegarselo, se non con la gelosia. Scosse appena la testa, fissandola negli occhi, come se fosse contrariato e deluso dall'atteggiamento della Giusta. Forse era proprio così. Era stata lei la prima a cacciarlo, a voler chiarire che tra di loro non c'era nulla, perché venirselo a riprendere? Che poi non sapeva se le sarebbe venuto dietro era un altro conto. Anzi, in quel momento era decisissimo ad entrare in casa. Era in grado di difendersi da solo, non gli ci voleva la "fidanzata gelosa".
    « Ma che cazzo vuoi? » le chiese, inarcando appena un sopracciglio. Il sole di luglio gli friggeva il collo e la testa, e sicuramente il duro lavoro non aveva aiutato. Si domandò come cavolo andasse alla Witmore di portarselo a letto, visto che puzzava di sudore ed era tutto sporco. O forse per lei era meglio così.
    « Prima sparisci per un mese, poi mi baci, mi cacci via, scompari di nuovo ed infine mi vieni a cercare per dirmi cosa? Che non devo lavorare? » cominciò, dicendoglielo con un tono di voce abbastanza normale, se non fosse stato per lo sguardo duro ed i denti digrignati.
    « Non sono il tuo giocattolo, rossa. » disse infine, con un tono così basso che sembrò una minaccia. Le opzioni erano due: o non gliene fregava nulla ed andava a letto con lui solo perché le andava -ma, in quel caso, non sarebbe dovuta essere gelosa- oppure cercava qualcosa di più da Dastan, che forse avrebbe avuto o forse no. Non sapeva neanche lui che diavolo gli fosse successo quando l'aveva baciata, contando che l'ultimo vero bacio l'aveva dato a diciassette anni ad una ragazza che credeva fosse l'amore della sua vita. Insomma, non era un tipo che prendeva certe cose alla leggera. Pensando a ciò, credette che fosse una buona cosa dirglielo, perché forse non aveva capito bene come era fatto.
    « Pensala come ti pare, ma i baci non si danno a cazzo. È quello che credo. Pensavo l'avessi capito mentre mi ti scopavi più e più volte nel tuo lettino scomodo del cazzo. » le disse, avvicinandolesi in modo pauroso e fissandola negli occhi. L'ultima frase la disse con un tono un po' più basso, giusto perché le si era avvicinato e perché non voleva che il mondo lo sentisse, sostanzialmente. Gli occhi azzurri di lui erano fissi in quelli di ghiaccio di lei, che, come sempre, sosteneva il suo sguardo. I due erano una coppia strana: o si picchiavano e si insultavano, oppure andavano a letto assieme e poi si baciavano. Dastan sospirò, allontanandosi poi lentamente dal suo volto. In un certo senso, si stava sentendo usato. Non poteva dire di non tenere a lui, farselo e poi venire a reclamarlo. Non gli pareva giusto per niente. Afferrò di nuovo la mazza, voltandosi e facendo per andare dentro casa. Forse, un po', sperava che Zaira lo fermasse.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Probabilmente, se Dastan fosse arrivato da lei dando sfoggio di quell'atteggiamento, Zaira si sarebbe urtata a tal punto da mollargli uno schiaffo od urlargli contro. Anzi, senza "probabilmente", l'aveva già fatto l'ultimo giorno in cui si erano visti. Chi o che cosa stesse fermando Dastan in quel momento non lo avrebbe saputo dire: c'erano buone probabilità che la stanchezza giocasse un ruolo importante nella "calma" che stava ostentando l'Orso del Nord in quel momento, stanchezza e chissà cos'altro che Zaira non riusciva ad intuire. Qualsiasi cosa fosse, comunque, stava tenendo Dastan per le briglie, impedendogli di saltargli addosso e zittirla in maniera non proprio ortodossa. L'unica cosa che al momento faceva l'uomo era guardarla negli occhi, apparentemente disturbato da quella scena; e ne aveva anche tutte le ragioni, Zaira ne era più che cosciente e nonostante ciò non riusciva comunque a trovare la forza per darsi una calmata. Anche perché ormai aveva fatto la sua pessima figura, aveva inutilmente mandato il proprio orgoglio e la propria dignità a farsi fottere con quella scenata che non l'avrebbe portata a nulla se non allontanarsi definitivamente da Dastan, dal momento che la von Row era ormai certa che di punto in bianco l'uomo avrebbe girato i tacchi e, senza dire una parola, sarebbe andato dalla padrona di casa. Il solo pensiero di lui e la signora Witmore la disgustava, la possibilità che fosse stata scaricata per una sessantenne la faceva incazzare, nonostante questo la rossa non avrebbe saputo dire se sarebbe stata in grado di trovare la forza di volontà per reclamare qualcosa che non era suo e che non era neanche certa fino in fondo di volere.
    All'improvviso, Dastan tornò a parlare, chiedendole innanzitutto cosa volesse e cominciando poi a rinfacciarle di essere scomparsa per ben due volte senza dare spiegazione, per poi andarlo a cercare e dirgli che non avrebbe dovuto lavorare. Zaira si accigliò, sorpresa di sentirlo parlare così: prima di tutto, non gli aveva assolutamente detto che non avrebbe dovuto lavorare, anzi, se si guadagnava da vivere onestamente le andava bene, in fondo non erano affari suoi; ciò che non le andava bene era l'idea di essere stata scaricata per una donna facoltosa e troppo avanti con l'età. Se avesse voluto tagliare i rapporti con lei avrebbe anche potuto farlo, soprattutto dopo ciò che era successo ne avrebbe avuto anche le ragioni, ma sarebbe dovuto essere esplicito, dirle che non voleva rischiare in alcun modo di metterla di nuovo in una situazione come quella e che piuttosto se la sarebbe fatta con una che incinta era quasi del tutto impossibile ci sarebbe potuta rimanere. -Lavora e fai quel che cazzo ti pare, Dastan, non sono affari miei.- tornò ad dire lei, cercando di regolare il tono di voce ed evitare di continuare una piazzata che avrebbe attirato l'attenzione -Ma non credere di essere l'unico che può pretendere correttezza dall'altro. Se volevi scoparti una donna che non avrebbe mai potuto avere un bambino solo per stare più tranquillo, potevi benissimo venirmelo a dire. Non ti ho cacciato via per una vita intera, ma chiaramente tu non arrivi a capire neanche le stronzate più ovvie.- Stava sputando veleno adesso e non si sentiva minimamente in colpa nel parlare così, perché dopo tutto era anche la verità: non gli aveva chiesto di sparire per sempre, né lei aveva pensato di farlo, aveva solo implicitamente -e, a suo modo di vedere, giustamente- chiesto del tempo per riprendersi.
    Chiaramente lo scambio di battute non finì lì, perché Dastan continuò imperterrito, dicendole prima che non era il suo giocattolo e poi sottolineandole il significato che per lui avevano i baci. Come se Zaira non l'avesse già capito da tempo e non la pensasse allo stesso modo. La donna affilò lo sguardo mentre lui le si avvicinava e lo fissò negli occhi in silenzio per qualche secondo, poi tornò a parlare, adesso a voce decisamente più bassa: quello doveva essere un colloquio privato, a suo avviso. -Mi hai preso per una cazzo di ritardata, o cosa?- brontolò quindi -So meglio di te cosa significa baciare qualcuno, non ho bisogno dell'insegnante.- Prima che potesse dire altro, però, Dastan sospirò e le voltò le spalle, imbracciando la mazza ed avviandosi verso la porta di casa.
    Ora, Zaira era una persona facilmente irritabile e pronta a prendere fuoco come un cerino imbevuto di zolfo da un momento all'altro, ma se c'era una cosa che più di ogni altra la mandava ai pazzi nel giro di mezzo secondo era proprio l'essere interrotta nel bel mezzo di un discorso ed ignorata. -Non osare darmi le spalle, Orso.- sbottò, raggiungendolo e parandoglisi davanti, frapponendosi tra lui e la porta e sfidandolo con lo sguardo. -Non avevo finito di parlare, grandissimo maleducato che non sei altro.- Cercò poi di addolcire un po' lo sguardo e di calmarsi e ragionare: se era arrivata fin lì, i motivo era solo uno, che lei lo avesse voluto ammettere o meno. Sospirò, scuotendo la testa: aveva disintegrato la sua dignità in un attimo, tanto valeva concludere l'opera in bellezza ed essere sincera con se stessa e con lui. -Se sono qui evidentemente è perché quel fottuto bacio ha significato qualcosa.- disse tutto d'un fiato, facendo appello a tutte le sue forze per sostenere lo sguardo di Dastan.
    Zaira von Row @
     
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    Mentre il Vigilante camminava verso la porta, Zaira proruppe in un grido decisamente irritato, evidentemente infastidita dal suo comportamento. Dastan sapeva di non dover fuggire da certe discussioni, ma con la stanchezza che si ritrovava addosso e l'incredibile irritazione che gli procuravano quegli argomenti, gli era sembrata l'unica cosa sensata da fare. La ragazza gli disse che poteva fare quello che voleva, ma che non poteva essere l'unico a pretendere della correttezza. Se ne uscì con il discorso del bambino, dicendogli che praticamente voleva farsela con una vecchia solo perché quella non sarebbe potuta rimanere incinta. Poi, all'improvviso, gli si parò davanti, dicendogli ancora che era un maleducato e rimanendo in silenzio per un momento. Dastan era decisamente arrabbiato, soprattutto perché aveva buttato in mezzo la questione dell'aborto. Come si poteva pensare che avesse voluto scaricarla per la Witmore in modo da non avere problemi? Scosse la testa, fermandosi per non urtarla. Non voleva farlo entrare in casa, era poco ma sicuro. Dastan mollò di nuovo la mazza, gettandola alla sua sinistra, senza curarsi del fatto che stesse appiattendo tutto il prato verde della tardona. Strinse i denti, evitando lo sguardo di Zaira. Era troppo arrabbiato per poterla guardare in faccia, o anche solo per parlarle. Non era uno che si teneva così tanto, ma con lei era diverso. Se ci fosse stata un'altra persona davanti a lui, probabilmente l'avrebbe già picchiata. Scosse di nuovo la testa, visto che gli giungevano pensieri decisamente assurdi sulle teorie che la rossa aveva potuto elaborare. Respirava forte dal naso, preso dalla rabbia e dal nervoso, ed i muscoli delle braccia e del torso erano tesi, come se si aspettasse di dover balzare da un momento all'altro.
    « Ma che cazzo ti dice il cervello? » cominciò, voltando finalmente lo sguardo verso la rossa.
    « Come puoi pensare che io voglia farmi la Witmore solo perché non può rimanere incinta? Zaira, ma ti ascolti, cazzo? » le chiese, sempre con la solita voce bassa e decisamente seria. Non riusciva proprio a capire come diavolo fosse saltata a quella conclusione. Non gli sembrava di aver mai fatto intendere che amasse le tardone perché andando con loro non si sarebbe proccupato troppo. Era raro che andasse con le ragazze della sua età, figurarsi con le matrone impaccate di soldi. Fortunatamente, non aveva neanche mai avuto bisogno di farlo per vivere. Si era trovato un lavoro piuttosto in fretta, lui. Stava per inveirle di nuovo contro quando la rossa gli disse che quel bacio aveva significato qualcosa per lei. A quel punto, Dastan tacque, guardandola negli occhi, incapace di dire o fare niente di apparentemente pertinente. Quindi gli aveva appena detto che a lui ci teneva? Non poteva crederci. Forse era anche per quello che lei aveva addolcito l'espressione. Il Vigilante sospirò rumorosamente, abbassando lo sguardo. Non sapeva più che fare. Non sapeva se anche per lui era così, se lei significava qualcosa. Indubbiamente l'aveva baciata, e su questo non ci pioveva. Era possibile che l'avesse fatto tanto per farlo? Conoscendosi, era improbabile. Si maledisse, perché non era in grado di essere crudele con lei. Si era rammollito, ed era tutta colpa della rossa. Scosse la testa, portandosi entrambe le mani al volto e strofinandoselo, preso da un'improvvisa stanchezza epocale. Sospirò, lasciando poi ricadere le braccia e guardando Zaira negli occhi. Lei lo fissava con un'espressione intensa ed indecifrabile, perciò Dastan non perse neanche del tempo a cercare di capirla.
    « Posso andare a prendere i miei soldi, per favore? » le chiese, senza mettere cattiveria nella voce. Era una semplice richiesta, e le aveva persino chiesto per favore. Insomma, si era arreso. Non si sarebbe comunque venduto alla Witmore, ma si era ripromesso di separarsi di Zaira, lasciarla andare. Ed invece lei lo avrebbe aspettato di fuori, la conosceva. Lo sguardo stanco di Dastan intercettò una scintilla di qualcosa negli occhi della rossa, ma non riuscì a capire se fosse soddisfazione o irritazione.
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    Dastan continuò a darle addosso e a chiederle cosa fosse andata a pensare, e nonostante Zaira sapesse che sarebbe stato meglio per lei chiudere quella dannata bocca e non dire più nulla di stupido, non fu comunque in grado di rimanere in silenzio: aveva già fatto la figura della scema e della donna folle di gelosia, cercare di evitare di passare anche per quella che non sapeva rimanere fedele alle proprie idee, portarle avanti e difenderle fino all'ultimo pur sapendo di essere lontana dalla verità, le sembrava il minimo che potesse fare. -Oh certo, certo che mi ascolto dannazione!- continuò quindi ad inveire, adesso allargando le braccia -Anche perché tu non parli, non cerchi di farmi capire qual'è il tuo cazzo di problema, quindi è logico che devo trarre conclusioni da sola.- Più ci pensava, più le sembrava assurdo ed allo stesso tempo plausibile il fatto che Dastan avesse deciso di allontanarsi per stare più tranquillo e, in qualche modo, per farle un favore; magari per la mente di un uomo tutto quel ragionamento aveva una sua coerenza e logicità, che lei non avrebbe capito ma che alla fine avrebbe accettato, nonostante ormai le fosse chiaro di tenere a lui in qualche strano ed incomprensibile modo.
    Quando, poi, decise di chiarirgli proprio quel fatto, ossia di tenerci a lui e a quella sorta di relazione che avevano, Dastan sembrò imbarazzato, oltre che preso alla sprovvista: Zaira aveva creduto di non riuscire a sostenere il suo sguardo, ora che si era esposta un po', ed invece successe proprio il contrario, ossia dovette cercare gli occhi di Dastan che invece erano rivolti altrove, sul muro, sul prato, al cielo, da qualsiasi parte ma non verso di lei. La ragazza sentì improvvisamente un peso piombarle sullo stomaco, ed insieme ad esso la testa parve essere sul punto di esploderle: non riusciva a capire se quella reazione così sconcertata fosse positiva o meno, era convinta che l'Orso del Nord viaggiasse più o meno sulle sue stesse frequenze e che in qualche modo anche lui tenesse a lei, ma il fatto che non la guardava e non le parlava non la faceva proprio ben sperare. Magari si era sbagliata, magari Dastan l'aveva baciata in un unico ed improvviso momento di debolezza, così raro per lui che non era riuscito a controllarlo, ma quel bacio non aveva lasciato alcun segno. Eppure i discorsi che aveva fatto fino a quel momento suggerivano l'esatto opposto, quindi perché non affrontare la situazione? Perché essere così restio a cedere un po' ai propri sentimenti? Lei di certo non gli avrebbe chiesto l'amore eterno, anche perché non era neanche così sicura di volerlo, ma un tentativo non le sarebbe costato nulla farlo.
    Dopo quegli attimi di silenzio in cui il cuore di Zaira accelerò paurosamente il battito, in preda all'ansia ed alla rabbia, Dastan se ne uscì chiedendole se poteva andare a prendere i suoi soldi. Zaira sgranò gli occhi, incredula: non solo le stava chiedendo il permesso di fare qualcosa, ma addirittura glielo stava chiedendo per favore. Doveva proprio averlo confuso. Dal tono in cui l'uomo aveva fatto la sua richiesta, comunque, la rossa comprese che non aveva le intenzioni di rimanere in quella casa con la signora Witmore, ed anche se quel tono serviva solo ad ingannarla, comunque non gli avrebbe potuto impedire di prendere ciò che gli spettava di diritto. Fu quindi il suo turno di sospirare pesantemente, poi alzò gli occhi al cielo e si fece da parte, lasciandolo passare; l'intenzione iniziale fu di non dire nulla, ma poi cambiò idea un paio di secondi prima che l'uomo varcasse la soglia di casa. -Non metterci troppo, per favore.- gli disse semplicemente.
    Ed in effetti Dastan non ci mise molto, più di quanto aveva immaginato lei, ma comunque non molto: Zaira aveva sentito una specie di brontolio attutito dai muri della casa ed aveva immaginato che la donna avesse avuto di che ridire su più o meno tutto ciò che era successo nel giardino di casa sua in quegli ultimi dieci minuti, ma la rossa non riuscì a capire una sola parola pronunciata né dall'Orso del Nord né dalla Witmore. Aveva passeggiato nervosamente durante quei pochi minuti che le erano sembrati un'eternità, senza sapere effettivamente se l'avrebbe spuntata lei o la sessantenne; chiaramente, se avesse vinto la seconda, la von Row avrebbe avuto la conferma di avere a che fare con un perfetto idiota. Ma alla fine sentì il cigolio della porta che si apriva, si voltò di scatto nella direzione da cui proveniva il suono e, per sua immensa soddisfazione, vide Dastan uscire, il solito sguardo innervosito; lo sguardo di lei, invece, a quella vista cambiò del tutto e, nonostante non avesse avuto intenzione di farlo, finì per assumere un'espressione trionfante e, soprattutto, raggiante.
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    Alla fine, la ragazza lo lasciò andare. Si spostò dalla porta, muovendosi di lato e permettendogli di passare. Sembrava sollevata, e la cosa forse infastidì un poco Dastan. Non le aveva mica detto che l'amava o che avrebbe lasciato tutto com'era. Non gli piaceva la loro situazione attuale, indipercui non avrebbe continuato in quel modo. L'unica via era cercare di cambiare. Anche da parte sua ci sarebbe voluto uno sforzo decisamente enorme, ma forse ne valeva la pena. Non poteva continuare a vedere Zaira di nascosto -anche se poi lo sapevano tutti- ed a visitarla solo perché voleva fare sesso. Non era giusto, non era normale. Per quanto potesse piacergli andare a letto con lei, Dastan non era un approfittatore. Non poteva evitare di legarsi emotivamente a quella ragazza, perché aveva continuato a stare con lei nonostante fossero due tipi troppo diversi e dalle idee decisamente diverse. Senza dire nulla, comunque, il Vigilante si mosse in avanti, aprendo la porta. La rossa gli disse di nuovo qualcosa, ma la ignorò. Entrò nella villa, dandosi un'occhiata intorno. Evidentemente, la signora Witmore doveva essere andata in qualche stanza. Osservò il tavolo, notando che non c'erano ancora i suoi soldi poggiati lì sopra. Magari era andata a prenderli. Dastan fece qualche passo in avanti, lanciando continue occhiate alle porte. Quel posto gli pareva un po' lugubre: c'erano fiori ovunque, e le decorazioni alle pareti non erano da meno. Gli pareva di essere entrato in una di quelle case che si costruivano molto prima dell'apocalisse, le cosiddette "case settecentesche". L'arredo gli pareva quello. Da piccolo aveva studiato bene, grazie alla sua famiglia nobile, e qualcosa ancora se la ricordava. Avanzò sempre di più, fin quando non avvertì un rumore di tacchi. I passi erano lenti e studiati, perciò il Vigilante ebbe il tempo di voltarsi verso una delle porte chiuse. Quando si aprì, la signora Witmore ne uscì in lingerie di pizzo nero, avvolta alla bene e meglio da una vestaglia scura di seta. Dastan sospirò, scuotendo la testa: come diavolo aveva potuto pensare che a lui sarebbe andato bene tutto quello? Continuò a fare no con il capo, come a voler avvertire la tardona che non c'era speranza, ma quella gli si avvicinò con fare lascivo.
    « Vogliamo contrattare? » gli chiese, sorridendogli maliziosamente e stringendogli un braccio. Dastan provava ribrezzo ad averla così vicina, per cui si allontanò da lei, assumendo senza volerlo un'espressione contrariata e leggermente disgustata al tempo stesso.
    « Non contratto un cazzo, voglio i miei soldi, mia signora. » proruppe lui. La bionda lo guardò con uno sguardo incredibilmente sorpreso, come se non le fosse mai saltato in mente che lui avrebbe potuto rifiutare. Sconvolta ed indignata, si coprì come meglio poteva, forse presa da un improvviso attacco di pudore.
    « Siete tutti uguali, voi uomini! Volete lavorare sempre! » gli gridò, afferrando qualcosa dalla tasca della vestaglia e tirandola fuori: era un sacchetto di monete d'oro. Glielo lanciò addosso, cominciando a piangere. Qualcosa gli diceva che il suo ex marito doveva essere stato un gran lavoratore. Non era sicuro di poter dire altrettanto per quanto riguardava la vita amorosa. Dastan si piegò, raccogliendo il sacchetto da terra, poi lanciò uno sguardo alla donna -quasi intenerito- e la salutò con un gesto. Poi girò i tacchi ed uscì da quel manicomio. Non appena mise la testa fuori, Zaira si voltò verso di lui, sorridendogli. Era forse... felice di vederlo? Dastan si limitò a guardarla per un momento e poi chiudersi la porta alle spalle. Cominciò a camminare verso casa, superando Zaira senza neanche guardarla. Lui aveva il suo cavallo, e credeva che anche lei lo avesse. Avrebbero viaggiato separatamente, ma probabilmente lei lo avrebbe seguito, come era anche giusto che facesse. Non sapeva perché non riuscisse effettivamente a guardarla o a parlarle per troppo tempo. Ogni qual volta si affezionava a qualcuno, a Dastan veniva una sorta di automatico rifiuto per quella persona, come se il cervello cercasse di proteggerlo dal dolore. Intascò il sacchetto d'oro, dirigendosi verso il cavallo. Non sapeva assolutamente che cosa diavolo avrebbe dovuto dirle. Lei si era, in un certo senso, smascherata, dicendogli che quel bacio aveva significato qualcosa. Forse avrebbe dovuto farlo anche lui. Al solo pensiero, però, gli veniva da vomitare. Non capì se fosse per il romanticismo o semplicemente per il nervoso. Raggiunse il suo cavallo nero, sospirando sonoramente e dedicandosi alla sella, che comunque era in posizione perfetta e non aveva neanche un problema. Non seppe perché volle perdere tempo in quel modo. Forse aveva creduto che fosse in grado di calmarlo, ed invece niente. Gli rimaneva quel groppone in gola come se avesse ingoiato un sasso. La rossa lo raggiunse in poco tempo, seguendo i suoi movimenti -assolutamente inutili- con gli occhi. Era sicuro che avrebbe scoperto che lo stava facendo tanto per farlo, perciò mollò le cinghie e le dette le spalle, trafficando con una pezza umida che si passò sul volto.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Fosse stata una persona più espansiva e la loro situazione fosse stata un po' diversa, Zaira gli sarebbe corsa incontro. Con Tommen l'aveva fatto spesso, ma perché sapeva di poterlo fare, sapeva che non ci sarebbe stata alcuna resistenza da parte sua e sul volto dell'uomo avrebbe trovato un sorriso e non un'espressione sorpresa e contrariata. Tommen e Dastan, però, erano uno l'opposto dell'altro e lei non era comunque dell'umore per fare nulla di così "festoso", quindi scacciò via l'idea non appena si rese conto di ciò che era. Anche perché, per altro, Dastan non le rivolse né un'occhiata né tanto meno un sorriso, perciò c'era veramente poco di cui gioire: aveva vinto una battaglia, ma la guerra era ancora in corso e lei doveva giocare bene le sue mosse, o l'avrebbe persa.
    Scosse la testa non appena Dastan la oltrepassò, dirigendosi fuori dal cancello, quindi lo seguì con passò sostenuto: l'uomo aveva la falcata indubbiamente più ampia della sua, stargli dietro richiedeva una camminata più o meno veloce, soprattutto se la distanziava di qualche metro come in quel caso e lei non avesse idea di dove stesse andando. Lo capì non appena vide uno stallone nero legato ad un palo poco distante dalla casa dalla quale erano usciti; sapere che l'uomo aveva un proprio cavallo la faceva stare più tranquilla, non ci teneva a viaggiare scomoda per colpa sua. Zaira lasciò che l'Orso del Nord andasse a prendere il proprio destriero, mentre lei si avviò verso il suo, un altro stallone dal manto bruno-rossiccio, lo accarezzò sul collo muscoloso e poi lo condusse con lei verso Dastan, che stava trafficando con la sella. Zaira lo guardò incuriosita, mantenendo il silenzio e pensando a quanto quella mossa le sembrasse decisamente inutile, una perdita di tempo. L'Orso del Nord le dette poi le spalle e cominciò a passarsi un panno sul volto, chiaramente per rinfrescarsi un po' e darsi una ripulita; ecco, questo aveva decisamente più senso, se non fosse stato che Dastan continuò a passarsi quella pezza bagnata sul volto per almeno un minuto buono. Ancora tentava di prendere tempo, magari nella speranza che lei si sarebbe stancata e se ne sarebbe andata. Se veramente pensava così, allora non aveva capito con che genere di ragazza testarda si era andato ad immischiare.
    Zaira sbruffò sonoramente, quindi montò in sella al proprio cavallo: fissava Dastan ancora in silenzio, l'espressione tranquilla nonostante il tocco di nervosismo ed impazienza dato dal sopracciglio inarcato. Vedendo che l'uomo continuava ad ignorarla, la rossa tornò a spazientirsi. -Quella vecchia tremenda ti ha forse mangiato la lingua, Dastan?- disse a quel punto, ridendo appena e poi riprendendo -Sarebbe decisamente un gran peccato non sentirti più inveire contro il mondo intero, ed in più un viaggio fatto nel più completo silenzio sarebbe una rottura di palle allucinante. cominciò quindi a brontolare, capendo che se non avesse fatto lei -di nuovo- il primo passo, probabilmente il viaggio di ritorno sarebbe stato un disastro e lì sarebbe finita la loro strana relazione. La fine l'avrebbe accettata, ma non una insensata come quella, che le lasciava ancora troppi dubbi a cui aveva bisogno di trovare risposta.
    Zaira von Row @
     
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    Non sapeva che cosa diavolo gli stesse prendendo. Si sentiva nervosissimo, come se Zaira gli avesse appena chiesto di sposarlo. La verità era che Dastan non aveva mai avuto una vera e propria relazione, ed era letteralmente terrorizzato da tutto quello che sarebbe potuto accadere. Smise di pulirsi compulsivamente il volto quando lei gli chiese scherzando se la vecchia gli avesse mangiato la lingua. Rimise via la pezza umida in una piccola sacchetta, dalla quale poi tirò fuori una camicia in denim, che praticamente era rarissima da trovare. Tessuti del genere ormai non c'erano quasi più, infatti la sua blusa era bucherellata di qua e di là. Gli piaceva troppo per buttarla, però. La poggiò momentaneamente sulla sella, poi si sfilò la maglia zuppa di sudore e sporca di terra e si asciugò il petto. La mise via, sospirando, afferrando poi la camcia ed infilandosela. Mentre si stava abbottonando l'indumento, notò che gli tremavano anche le mani. Insomma, era arrivato il momento di finirla con quelle reazioni da femminuccia. Era arrivato ad essere così nervoso da non riuscire a far passare per l'asola l'ultimo bottone, quindi ci rinunciò. Si schiarì poi la voce, sistemandosi meglio la camicia. Zaira, intanto, gli aveva detto che sarebbe stato un peccato non sentirlo più inveire contro il mondo, anche perché il viaggio in silenzio sarebbe stato tremendo. Dastan si ritrovò a sospirare un'altra volta, poi alzò lo sguardo davanti a sé e voltò la testa verso Zaira, fissandola negli occhi. Era serio, ma c'era qualcos'altro nei suoi occhi. Probabilmente, il nervoso si notava anche da quelli. Il non essere bravo a dire bugie non lo aiutava per niente, era chiaro. Che cosa diavolo le avrebbe dovuto dire? Che aveva paura di cominciare una relazione con lei? Che non sapeva come si facesse a mantenerla stabile? O che, semplicemente, temeva il confronto con Tommen? Sospirò di nuovo, puntando lei mani sui fianchi e distogliendo lo sguardo, evidentemene confuso e nervoso. Si morse un labbro, poi tornò a guardare lei ed a gesticolare come faceva sempre quando il cuore gli galoppava misteriosamente.
    « Mi dici perché sei venuta fin qui? » le chiese, fissandola negli occhi. Fece una piccola pausa, durante la quale cercò di scrutare la sua mente. Non avrebbe voluto trattarla male, ma era il solo modo che Dastan conosceva per socializzare con le persone. E lei era comunque una sua conoscente, niente di più. Ormai conosceva il suo carattere, ma non poteva dire che fosse sua amica.
    « Sapevi fin dall'inizio che io non sono come Tommen. Potevamo semplicemente divertirci, e invece no, cazzo, tu hai dovuto baciarmi e complicare le cose. » cominciò, usando parole che sicuramente non stavano viaggiando per la sua testa. « Adesso non so più che devo fare con te, e come se non bastasse sei gelosa di una fottuta vecchia di sessant'anni perché pensi che io non voglia problemi. Oh, cazzo, certo che non ne voglio! Ero pieno di merda fino al collo due anni fa, rossa. Il fatto è che per me il bambino non era un problema. » disse, facendosi travolgere da un fiume di parole. Ok, aveva decisamente esagerato con la storia del bambino. Gli era venuto fuori dal nulla. Era bene che chiarisse, comunque, altrimenti Zaira lo avrebbe come minimo estinto dalla faccia della Sword's Hilt.
    « Ho accettato la tua decisione, comunque. È giusto così. » precisò dunque, stringendosi poi nelle spalle. Era arrivato il momento della domanda decisiva.
    « Il fatto è che a me piace venire a letto con te, e forse... forse, magari... magari non solo quello. » ammise, ritrovanosi a braccia semi aperte, come se volesse dimostrare qualcosa. Le lasciò poi ricadere, sospirando. « Perciò dimmi tu che cazzo dobbiamo fare, perché io non l'ho capito. » concluse. Il suo sguardo era decisamente serio, forse un po' stanco, ma comunque austero. C'era anche una punta di dispiacere, per cosa non lo sapeva minimamente. Quella situazione lo aveva sconvolto.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Vigilante • I'm gonna get to you, you're gonna give into me.
    Asciugarsi la faccia non gli era bastato, adesso doveva anche asciugarsi il petto e cambiarsi la maglia. Dastan stava agendo in modo automatico, magari quello era un "rituale" che compiva ogni qualvolta finiva di lavorare, ma Zaira stentava a crederci. Anche perché l'abitudine non faceva di certo tremare le mani. Si, perché l'occhio attento della rossa non aveva mancato di notare il dettaglio, ossia il tremolio che impediva a Dastan di abbottonarsi la camicia come ogni normale essere umano. Zaira lo guardò incuriosita, sbattendo le palpebre più volte e trattenendo impercettibilmente il fiato: non riusciva a capacitarsi di quella strana reazione da parte dell'Orso del Nord, uomo rude e duro come il marmo che si stava facendo prendere da qualcosa di molto vicino ad un attacco di panico. Zaira non lo volle disturbare in alcun modo, non dopo avergli detto il minimo indispensabile insomma; solo che poi Dastan sembrò scuotersi, svegliarsi, tornare il solito personaggio scontroso che fino a quel momento era più o meno sempre stato. Le chiese nuovamente cosa l'avesse portata fino a lì e la ragazza si ritrovò a sbruffare nuovamente, alzando gli occhi al cielo, ma le seguenti parole di Dastan catturarono completamente la sua attenzione, lasciandola a bocca aperta. Sostanzialmente le chiese perché gli avesse dovuto incasinare la testa in quel modo, perché avesse voluto qualcosa di più del semplice divertimento; tornò poi a ribadire quanto per lui tutto sarebbe stato un problema, tutto fuorché il bambino che avrebbe potuto avere con lei e a quelle parole Zaira sentì una morsa di ghiaccio afferrarle il cuore, tanto che fu costretta a distogliere momentaneamente lo sguardo dalla figura di Dastan, per nascondere ciò che provava. Tornò poi di nuovo a fissarlo, cercando di mantenere il controllo, non appena lo sentì riprendere la parola e confessare che forse oltre al sesso c'era di più per lui ma che non sapeva cosa avrebbero potuto fare. A Zaira sembrò di avere a che fare con un bambino che scopriva il mondo per la prima volta, che si meravigliava un po' di tutto e voleva delle spiegazioni; sostenne lo sguardo dell'Orso del Nord per mezzo minuto abbondante, in silenzio, con il cavallo che cominciava a muoversi nervosamente sul posto, probabilmente perché percepiva il nervosismo di lei.
    Alla fine si costrinse a smontare di sella ed avvicinarsi al Vigilante, continuando a fissarlo negli occhi e sospirando. -Non ho mai cercato Tommen in nessun altro uomo che mi sia capitato di incontrare dopo di lui. In realtà stavo così a pezzi che non ho mai cercato nessun altro uomo, se non per divertirmi.- cominciò a dire, riprendendo il discorso iniziale di lui. Voleva delle spiegazioni, lei era disposta a dargliene fino in fondo. -Credi che per me non sia stata una sorpresa capire che in qualche assurdo modo ci tenevo a rivederti non solo per divertirmi? Che sia stato facile ammetterlo a me stessa? Se è così che la pensi, sei completamente in errore Dastan, perché è tanto complicato per te quanto lo è per me.- parlava lentamente e cercando di mantenere una certa calma, ma avrebbe voluto urlare e sbattere i piedi per terra come se anche lei fosse stata una bambina, capricciosa però. Si passò una mano tra i capelli, portandoseli indietro e continuò -Quel bacio... dannazione, è stato un momento di debolezza tanto tuo che mio, ma non me ne sono affatto pentita, così come non mi sono pentita di non aver portato avanti la gravidanza. Avrei anche potuto contare su di te, ma non avrei permesso a mio figlio di vivere in quel covo di folli e di disgraziati dal quale non me ne voglio andare, non ancora. Ecco perché per me era un problema avere un bambino.- si bloccò di colpo, lasciando che il resto delle parole le morissero in gola: non aveva più voglia di sentir parlare del figlio che non aveva avuto, era una storia passata, doveva esserlo. Abbassò lo sguardo per un secondo, poi si avvicinò ulteriormente a Dastan: gli tremavano ancora le mani, perciò a Zaira venne istintivo afferrargliene una; non che questo avrebbe dovuto calmarlo automaticamente, ma forse era un modo utile per aiutarlo un po'. O forse l'avrebbe solo ulteriormente innervosito, ma valva la pena fare un tentativo. -Non sei obbligato a fare niente che tu non voglia fare, Dastan, solo...- l'altra mano di lei scattò automaticamente verso il viso di lui, finendo poi dietro la nuca ed intrecciando le dita nei capelli dell'uomo -di nuovo corti- nel tentativo di avvicinare i loro volti. L'avrebbe baciato lei stessa, in quel momento, se non fosse stato per il timore di mandarlo ulteriormente fuori di testa. Chiuse quindi gli occhi per un secondo, sospirando e poi riaprendoli e piantandoli in quelli azzurri e confusi di lui. -Solo una volta tanto in vita tua prova a lasciarti andare. Siamo arrivati fino a qui, che cazzo ci costa provare ad andare avanti, vedere come va? Se poi non dovesse essere pazienza, ognuno per la propria strada, ma almeno mettiamoci in gioco del tutto, non solo per quanto riguarda il sesso.- lo stava sostanzialmente mettendo alle strette e si stava dimostrando più sdolcinata di quanto in realtà avrebbe voluto essere, ma la solita Zaira che affrontava tutti i discorsi con serietà e durezza in quel caso sarebbe stata fuori luogo, perché Dastan aveva bisogno di tranquillità e così anche lei, e tra i due l'unica che poteva prendere in mano la situazione in quel senso, di certo, era la rossa.
    Zaira von Row @
     
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    Il sole prepotente e caldo era ormai tramontato, ed i due si erano ritrovati nel bel mezzo della sera a guardarsi negli occhi. Fortuna che la gente accendeva le torce per strada, altrimenti col cavolo che sarebbero arrivati a casa. Dastan non sapeva se Zaira volesse ritornare a Giustizia oppure seguirlo ad Indipendenza. Lei lo lasciò parlare, comunque, guardandolo negli occhi. Quando il Vigilante aveva nominato il bambino, la rossa si era lasciata sfuggire una scintilla nello sguardo, come se il suo cuore avesse mancato un battito. Era una ferita ancora fresca, era chiaro che non le piacesse troppo parlarne, così come era successo a lui. Al pensiero, sentiva di nuovo il groppone in gola ed il dolore alla schiena nel punto in cui aveva sbattuto. Ad un tratto, Zaira sembrò raccogliere le idee e voler cominciare a dirgli qualcosa. Era chiaro che avesse notato quanto era nervoso, visto che gli tremavano pure le mani, e ci mancava poco che corresse via per la paura che provava. Gli disse che non aveva mai cercato Tommen in nessuna delle sue conquiste, e poi gli chiese se sapesse che era difficile anche per lei ammettere di volergli bene. Sì, perché sostanzialmente quello era: si volevano bene, anche se in un modo tutto particolare, decisamente da loro. Aveva visto un paio di volte la rossa in compagnia di Tommen, eppure se la ricordava molto più gioiosa e romantica di quanto non fosse con lui. Indubbiamente la morte del suo uomo l'aveva cambiata, ma era possibile che l'avesse fatto fino a quel punto? Come a voler smentire i suoi pensieri, poi, Zaira gli disse che quel bacio era stato una debolezza, ma che l'avrebbe rifatto, così come avrebbe abortito lo stesso. Dastan la guardava in volto, ora un po' pià tranquillo, ma comunque serio ed abbastanza nervoso. Gli spiegò che non era pronta per lasciare i Vigilanti, e quindi non lo era neanche per un ragazzino. Poi, all'improvviso, gli afferrò una mano, come a volerlo tranquillizzare. Gli si avvicinò un po', dicendogli che non era costretto a fare nulla che non volesse fare, poi l'altra mano si piazzò sul suo volto, carezzandoglielo appena. Gli stava facendo una carezza. L'ultima ad essere stata così carina con lui era stata Astra, che comunque non ci aveva rimediato nulla di buono. Dastan aveva continuato a fare l'amore con Zaira praticamente davanti ai suoi occhi, ignorandola. In quell'istante, si domandò se effettivamente sarebbe stato un buon padre. La rossa lo riportò sulla terra, chiedendogli di sciogliersi almeno un po' e vedere come andava. Gli si era avvicinata come se volesse baciarlo ma non potesse permetterselo. Continuò dicendogli che tanto valeva ballare, ora che erano in ballo. Indubbiamente il sesso li aveva coinvolti troppo, e questo, per Dastan, era stata una bella debolezza. Per quanto amasse ritrovarsi tra le sue braccia -o forse sarebbe stato meglio considerare gli altri arti- doveva ammettere che non aveva mai pensato ad una storia più seria. Non sapeva che cosa risponderle, e di sicuro non sapeva neanche che cosa fare. Avrebbe dovuto baciarla? O magari spingerla via e dirle che no, non era possibile avere una relazione? La sua mano calda sulla sua guancia era una buona scappatoia da tutta la merda del mondo, però. Dastan aveva provato un po' di affetto solo da bambino, da qualche tata, e poi più nulla. Suo padre ci aveva ripensato solo qualche mese prima, chiedendogli di partecipare al suo stupido gala. Forse era per questo che non era in grado di allontanarsi da Zaira: ormai, la sensazione che l'affetto gli dava lo aveva conquistato in modo piuttosto assuefante. La sua mano libera si andò a posare sul fianco di lei, avvicinandolesi senza ancora baciarla. La guardava negli occhi con il suo solito sguardo serio, ma all'improvviso qualcosa cambiò. Forse fu la consapevolezza di avere una persona accanto e di volerle bene, o di voler effettivamente ricevere delle coccole che fece scattare qualcosa nei muscoli facciali di Dastan. Come animati da uno Stregone, i lineamenti del Vigiante si distesero, rivelando un sorriso dolce e decisamente spontaneo. Era un evento più unico che raro. Non sapeva neanche dire che diavolo di faccia avesse in quel momento, ma era sicuro che a Zaira sarebbe piaciuta. Non era uno dei suoi sorrisetti maliziosi o di scherno, era semplicemente la conseguenza di un determinato tipo di pensiero felice. Ed era effettivamente raro che Dastan si azzardasse a fare pensieri del genere. Probabilmente Zaira non aveva idea di che cosa significasse quel sorriso, ma gli andava bene così. Non era niente di vistoso -perché non aveva neanche scoperto i denti- e si smorzò quasi in un attimo, lasciando però la sua ombra sulla bocca del Vigilante, che si avvicinò a poco a poco a quella della rossa. Poggiò le labbra sulle sue in modo da sfiorarle appena. Non se la sentiva ancora di gettarsi a capofitto in quella cosa, perciò era meglio andare piano. Le strinse il fianco, però, avvicinandola a sé. Sostanzialmente, la stava guardando negli occhi ad una distanza ravvicinata. Forse era più sexy con quell'espressione che con il solito sguardo maliziosetto.
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    Era cresciuta come una bambina viziata, tale era rimasta fino all'età di dodici anni circa, quando aveva scoperto il mondo, perciò fin da piccola Zaira era stata abituata a frignare e battersi per quelli che credeva fossero i suoi diritti, per farli valere, e alla fine l'aveva sempre avuta vinta. Crescendo aveva imparato che non tutti erano come mamma e papà, che il mondo non era pronto ad accontentarti non appena facevi la tua richiesta, perciò troppe volte era rimasta delusa dai risultati; ma poi ci aveva lavorato sopra e alla fine aveva imparato a far sentire la sua voce sopra quella degli altri, ad essere convincente e a portare a casa la vittoria. In quel momento, però, Zaira non era poi così certa di essere riuscita a convincere Dastan con quel suo lungo e profondo discorso, ormai non più da lei già da tempo. L'uomo non reagiva in alcun modo, l'unica differenza che la rossa poté notare in lui fu nel suo sguardo, apparentemente meno nervoso di poco prima che lei parlasse e cercasse in qualche modo di tranquillizzarlo e fargli capire che non ci sarebbe stato nulla di male a provare ad avere una relazione, e a provarci con lei in particolare. Al di là di quel lieve cambiamento, però, nulla lasciava intendere che Dastan avesse recepito il messaggio, che quelle parole l'avessero toccato nel profondo, scosso almeno un po'. Zaira non era una di quelle che si arrendeva con facilità, ma se avesse capito che l'Orso del Nord, per qualsiasi motivo, non avesse avuto la minima intenzione di darle retta, allora si sarebbe fatta da parte. Era ormai coinvolta da lui, questo non lo poteva di certo negare, ma non lo era tanto da disperarsi se le cose non fossero andate secondi i suoi piani; se ne sarebbe fatta una ragione e sarebbe tornata a divertirsi con i primi che le capitavano a tiro.
    Quando ormai non sperava più in una sua reazione, neanche minima, Zaira notò una nuova scintilla illuminare per un momento lo sguardo di Dastan, il quale, improvvisamente, sorrise. Non era il primo sorriso che le rivolgeva, più volte aveva incurvato un angolo della bocca dando vita ad un sorriso non poco convinto, ma comunque malizioso o atto a prendersi gioco di lei, ma mai, in quei due mesi di conoscenza, Zaira lo aveva visto sorridere in quel modo. Non c'era malignità, neanche fittizia, in quel sorriso, bensì sincerità e tenerezza. Zaira rimase estasiata da quella vista, non perché quello fosse il sorriso più bello del mondo -visto e considerato che era anche stato appena accennato- ma perché era il primo di quel genere che finalmente le veniva rivolto da un uomo dopo moltissimo tempo -se si escludono i suoi compagni- e anche perché le faceva capire che forse aveva colpito nel segno; le piacque non poco e si rammaricò della sua breve durata. Non rimase che l'ombra di quel sorriso, che Zaira fece appena in tempo a vedere perché poi Dastan si avvicinò ulteriormente al suo volto e le stampò un bacio non troppo convinto ed in qualche modo dolce sulle labbra, per poi distaccarsene subito. La ragazza lo fissò negli occhi, lasciando che l'Orso del Nord la stringesse a sé, quindi fu il suo turno di concedergli un sorriso a metà strada fra il tenero ed il malizioso, quindi scosse appena la testa come a voler lasciare intendere che c'era ancora qualcosa che non le andava bene, ed in effetti così era: se doveva prenderla in giro baciandola in quel modo "finto", tanto valeva che non lo facesse. Ma di sicuro non si sarebbe esposto tanto, non ancora, perciò se voleva un bacio serio doveva muoversi lei per prima e fargli capire che quando parlava di lasciarsi andare, intendeva anche concedersi un bacio appassionato, non uno impaurito e poco convinto. Con quest'idea nella mente, Zaira afferrò il colletto della sua blusa, stringendolo tra le proprie dita e tirando a sé Dastan mentre lei, contemporaneamente, si alzava leggermente sulle punte dei piedi, cercando di nuovo le sue labbra e fiondandosi su di essere come un animale affamato che si lanciava sulla sua preda. Lo baciò come spesso aveva fatto, con passione, ma con una consapevolezza diversa, senza sentirsi più inconsciamente in colpa ed in errore. Si insinuò in lei, dopo poco, il dubbio che quel gesto potesse tornare a sconvolgere un Dastan già di per sé scosso, perciò la rossa si staccò dalle labbra di lui con lentezza studiata, rivolgendogli adesso un sorriso completamente sincero. A quel punto si divincolò dalla sua presa, avviandosi verso il cavallo e montando di nuovo in sella, fissando poi Dastan senza dirgli nulla. Dallo sguardo che aveva, però, era chiaro che avesse fretta di tornare alla Base.
    Zaira von Row @
     
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    Zaira sembrò animarsi tutto d'un tratto. Il bacio leggero ed a stampo di Dastan probabilmente non le era bastato, ma lui c'era andato piano apposta. Il cuore già gli galoppava a più non posso nonostante non avessero poi discusso di cose così importanti, figurarsi come sarebbe diventato con un vero bacio. Non gli ci volle molto per scoprirlo, comunque. La rossa lo guardò con un'espressione leggermente maliziosa, afferrandolo per il colletto della camicia ed attirandolo a sé. Il primo pensiero di Dastan fu di togliersela di dosso con una spinta, perché quello che stava facendo era sbagliato. Successivamente, però, penso che non era affatto una cosa sbagliata. Zaira stava baciando quello che ormai si poteva considerare il suo ragazzo, non di certo uno sconosciuto. Se a lei andava, perché impedirglielo? Non aveva forse appena accettato quelle condizioni? Doveva solo abituarcisi. Provò ad autoconvincersi di questo, poggiando lentamente le mani sulla schiena della ragazza, senza però partecipare poi tanto. Zaira doveva essersene accorta, perché si staccò da lui e lo guardò dapprima con un'espressione un po' allarmata, poi il suo sguardo si scaldò con un sorriso sincero e spontaneo, simile a quello che aveva sfoderato lui prima. Dastan rimase a guardarla senza dirle nulla, semplicemente perché non aveva nulla da dire. Di sicuro non sarebbe cambiato da un giorno all'altro, ed altrettanto sicuramente si sarebbe dovuto costantemente ricordare che ciò che stavano facendo non era sbagliato. Certo, lei era di un'altra Fazione, ma ormai pensava che certe cose fossero superate. Almeno tra le gente normale, insomma. Magari tra Vigilanti era più insolito. Considerando poi che lui era il capo di Indipendenza e lei l'ex compagna di quello di Giustizia, beh, le cose si facevano più complicate. La osservò quando montò in sella, pronta a partire. A causa di quel bacio repentino e passionale, Dastan neanche si ricordava dove diavolo dovesse andare. Scosse appena la testa, sospirando rumorosamente, poi salì anche lui sul suo stallone. Ormai il sole era sparito da un pezzo all'orizzonte, e le persone si erano già rintanate in casa per cenare o anche solo stare un po' assieme. Dastan si sistemò sulla sella, poi diede un colpo leggero coi talloni al suo cavallo nero e quello partì, proseguendo a passeggiata. Gli pareva piuttosto scortese chiederle se sarebbe venuta con lui a Indipendenza, ma già che c'era...
    « Che fai, vieni ad Indipendenza, rossa? » le domandò quindi. Non importava quanto fossero in confidenza, Dastan l'avrebbe sempre apostrofata in quel modo. Gli piaceva chiamare le persone in base al colore dei loro capelli, perché quasi tutti si arrabbiavano. Zaira era stata una delle poche a non farlo, forse perché non aveva nessun problema ed essere effettivamente una rossa. Chi aveva i capelli color carota come lei, invece, era solito irritarsi. Dastan era comunque tornato quello di sempre: espressione seria e neutra, movenze lente, sguardo puntato in quello di lei. Ciò che gli mancava erano i capelli sul volto, ma ormai avrebbe dovuto aspettare un po'. A meno che non avesse chiesto a qualche Stregone. Odiava guardarsi allo specchio e vedersi così... bambino. Il Vigilante, comunque, non aveva pensato alle possibili implicazioni della sua domanda: forse la rossa avrebbe pensato che volesse portarsela di nuovo a letto, o peggio ancora che volesse coccolarsela. Dastan non era tipo da fare entrambe le cose, visto che gli sembrava ancora presto per la prima e sarebbe dovuto diventare scemo per fare la seconda. Per quello il suo sguardo si fece più interessato: secondo come avrebbe risposto Zaira, poi, avrebbe cambiato espressione. Non si aspettava nulla di diverso dal solito, ad essere sinceri, solo che ormai potevano baciarsi tranquillamente. Sperava di essere in torto, perché aveva grosse aspettative dall'amore.
    Dastan Dauthdaert @
     
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    Non era stupida e non si aspettava quindi di vedere Dastan trasformarsi nel ragazzo sprizzante gioia da tutti i pori dopo aver ricevuto quella che sarebbe dovuta suonare come una bella notizia; in realtà non le sarebbe neanche andato a genio un uomo così, la troppa sdolcinatezza la stancava e forse era per anche per quello che Dastan l'aveva incuriosita: poteva avere le potenzialità per diventare chiunque, meno un tipo eccessivamente romantico. O almeno così le aveva lasciato intendere dopo quel poco tempo. Insomma, questa volta Zaira non si preoccupò di non vedere in lui reazione di alcun tipo, né si chiese il perché della sua solita espressione corrucciata o del suo silenzio; era tutto nella norma, in fin dei conti.
    Il viaggio di ritorno lo passarono sostanzialmente nel più completo silenzio, rotto solamente all'inizio dalla domanda di lui e dalla successiva risposta della rossa, che per altro tardo di qualche secondo ad arrivare. Zaira ci dovette pensare un attimo su, perché tornare ad Indipendenza presupponeva un fine ben preciso, visto e considerato che non erano tipi che si sarebbero messi a giocare a carte o fissarsi l'un l'altro negli occhi senza dirsi nulla, né si sarebbero messi di certo a pianificare la loro relazione. Zaira non avrebbe saputo dire se effettivamente sarebbe stata dell'umore giusto per tornare a fare l'amore con lui, ma nel dubbio pensò di annuire e di ponderare bene la sua scelta strada facendo. -Sempre che non cambi idea durante il tragitto.- borbottò solamente, tanto per fargli capire che non c'era effettivamente alcuna certezza. Non appena oltrepassato il centro di Indipendenza, entrambi lasciarono i cavalli liberi di trottare, altrimenti andando al passo non sarebbero arrivati prima dell'alba, impiegando almeno una ventina di minuti per tornare sulla strada che li avrebbe condotti poi al bivio da cui ognuno sarebbe potuto tornare alla propria Base, se quella fosse effettivamente stata l'intenzione. Zaira ci pensò e ripensò, arrivando a concludere che non ci sarebbe stato nulla di male nel tornare a divertirsi come avevano fatto fino a poco tempo prima, e di sicuro questa volta sarebbero stati più attenti. Arrivati davanti all'insegna in legno che indicava la direzione da prendere per raggiungere Giustizia, perciò, la von Row la ignorò completamente e proseguì spedita sulla strada principale, ormai completamente convinta di voler passare la notte ad Indipendenza. Si limitò a lanciare un'occhiata decisamente eloquente a Dastan, ma non aprì bocca dal momento che l'uomo non aveva fatto domande.
    Passò quasi un'altra ora prima che i due arrivassero a destinazione, giungendo decisamente sul tardi e più o meno in concomitanza con parte dei Vigilanti che si avventuravano nei boschi lungo il confine; una buona maggioranza di loro si stavano probabilmente avviando verso Onore, visto la tregua che ormai c'era tra la loro fazione e quella della rossa. Non sapeva se fosse stato Dastan a dare l'ordine o se fosse stato invece spontaneo da parte dei suoi compagni, fatto stava che lungo i confini con Giustizia c'erano molti meno Indipendenti da un paio di mesi a quella parte, e di conseguenza anche i Giusti avevano concentrato le loro forze da tutt'altra parte. Zaira adocchiò immediatamente la giovane mora che giusto qualche ora prima si era divertita a prendersi gioco di lei. La fulminò con lo sguardo, quindi sfoderò il suo miglior sorriso continuando a tenerla d'occhio fino a che quella non si girò da tutt'altra parte, apparentemente infastidita. A quel punto legò il suo cavallo al solito palo a cui lo sistemava sempre quando si trovava lì, quindi rivolse la sua attenzione a Dastan. -Certa gente non si rassegnerà mai dannazione.- borbottò, non proprio sicura che l'uomo stesse seguendo il suo discorso. Scrollò le spalle, poi tornò a dedicarsi al suo cavallo per liberarlo della sella, continuando comunque a parlare -Però devo ammettere che da una certa soddisfazione essere oggetto di invidia da parte delle tue adorate Vigilanti.- Gli lanciò una frecciatina "leggera" senza l'intenzione di innervosirlo come aveva sempre fatto con quel genere di battutine, visto e considerato che apparentemente si era appena calmato e ritenendo, comunque, che quel genere di cose gli sarebbero scivolate addosso. Prese poi la sella tra le braccia e fece per portarsela dietro; pesava quanto lei, ma Zaira non avrebbe comunque chiesto aiuto a nessuno per quel genere di cose, tanto meno a Dastan, e preferì trasportarla verso l'edificio piuttosto che lasciarla ai piedi del paletto perché degli Indipendenti non si fidava e sapeva che loro non l'avevano presa in simpatia neanche un po' -specialmente le ragazze. Si avviò quindi verso la porta della Base come se fosse stata quella di Giustizia e non quella di Indipendenza, e non si fece assolutamente problemi ad entrarvi come fosse stata la padrona di casa, dirigendosi a passo spedito verso la stanza di Dastan sotto i soliti sguardi curiosi, poggiando poi la sella in un angolo e fiondandosi sul letto, concentrandosi sul soffitto per ostentare indifferenza; chiaramente, se Dastan avesse deciso di recepire a dovere il messaggio e saltarle addosso, lei non lo avrebbe fermato, ma qualcosa le diceva che non sarebbe stata una reazione poi così ovvia ed automatica, se lo sarebbe dovuto lavorare a dovere e si sarebbe dovuta impegnare non poco.
    Zaira von Row @
     
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