Forgiveness is not for sale, nor is the will to forget

27 aprile 103 PA, pomeriggio/sera, Base dei Vigilanti e casa von Row

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    Quando Angus o Christopher venivano a farle visita alla Base, non portavano mai buon notizie -almeno dal punto di vista di Zaira-, ma quando venivano tutti e due c'era da preoccuparsi, perché la cosa era seria e non si sarebbe potuta evitare. -Voi scherzate ragazzi! Davvero, non potete dire sul serio, è assurdo!- Zaira girava per la stanza come una trottola impazzita, incapace di credere alle parole dei fratelli. I suoi genitori avevano saputo di lei e Dastan in chissà quale dannato modo -probabilmente voci di paese legate alla difficile situazione che si era ormai creata tra le varie Fazioni- e sua madre si era messa in testa di volerlo conoscere. Rebecca non era mai arrivata a tanto neanche quando la minore delle sue figlie era fuggita di casa per seguire il Capo dei Vigilanti della propria Fazione, cosa la spingesse adesso a voler conoscere il suo uomo la rossa proprio non riusciva ad immaginarselo. -Lo sai come è fatta, Zaira.- borbottò Angus, per nulla toccato dallo sconcerto di sua sorella -Ha sentito che la guerra era scoppiata per questioni di gelosia, e quando ha saputo che una delle principali cause eri tu, si è andata ad informare.- finì per spiegarle il fratello. Zaira si fermò, lanciandogli un'occhiataccia. -Non ha capito un cazzo come al solito. La faccenda è molto più complicata di così.- sbottò, innervosita. Se davvero sua madre pensava che la guerra in corso fosse dovuta a lei e Dastan si sbagliava, perché loro non erano altro che capri espiatori, usati da Llyod come scusa per dare inizio alla guerra che tanto bramava. Christopher scrollò le spalle e si alzò dalla sedia su cui si era accomodato. -Non è stupida, lo sa perfettamente.- le disse -Ma ha deciso di fermararsi alle banalità che le hanno rifilato, e quindi vuole conoscere di persona questo.. Come ha detto che si chiama?- domandò rivolto a suo fratello, mentre anche questo si alzava, ma fu lei a rispondergli. -Dastan non verrà, né ora né mai probabilmente. E non lo obbligherò di certo a prendere parte a questa stronzata.- Angus e Christopher si scambiarono uno sguardo complice e sorrisero, poi il primo si diresse verso la porta e l'altro le rispose prima di seguirlo. -Ti conviene farti trovare a casa stasera, o la prossima volta non troverai noi qui in questa stanza.- e detto ciò, entrambi uscirono dalla stanza. Il solo pensiero di sua madre lì, alla Base, la terrorizzava: le avrebbe fatto mille domande ed avrebbe aspettato l'arrivo di Dastan per conoscerlo, se fosse stato necessario, e la rossa non poteva permetterle di uscirsene con i suoi commenti e le sue battutine proprio lì, davanti ai suoi compagni.
    Zaira avrebbe voluto risparmiargli quel supplizio -e se lo sarebbe voluto risparmiare per sé, soprattutto- ma conosceva sua madre e sapeva che se Chris le aveva detto quelle cose prima di andarsene, voleva dire che Rebecca gliele aveva suggerite, perché aveva previsto come avrebbe potuto reagire sua figlia. Se lei non fosse andata a casa, sua madre l'avrebbe raggiunta lì, e non doveva, non poteva permetterglielo. D'altra parte, però, non avrebbe neanche potuto costringere Dastan ad assecondare le idee improponibili di Rebecca: magari non l'avrebbe voluta seguire, avrebbe ritenuto la cosa un'immensa messa in scena e non avrebbe voluto prenderne parte, lei non l'avrebbe biasimato né trascinato in quella farsa. Solo che poi avrebbe dovuto subire sua madre, che non si sarebbe data per vinta. Si convinse quindi che l'Orso del Nord l'avrebbe dovuta seguire almeno quella volta, così avrebbero accontentato Rebecca una volta per tutte e forse sarebbero stati abbastanza fortunati da non dover più perdere tempo in quel modo.
    La rossa aprì quindi il suo armadio, rovistandovi dentro alla ricerca di qualcosa da mettersi che fosse diverso dal suo solito abbigliamento comodo fatto di maglia, pantaloni e scarponi. Trovò una camicia bianca e dei pantaloni neri, stretti e con la vita alta, due capi d'abbigliamento comprati in quell'ultimo periodo sotto le pressioni di sua madre. Zaira non si sarebbe mai immaginata che sarebbe arrivata l'occasione per indossarli, ma si rallegrò di averli presi: certo, non stava per andare ad un gran gala, ma una volta tanto in vita sua ci teneva a presentarsi bene persino ai suoi genitori, nella speranza che si accontentassero degli sforzi fatti da lei per quell'unica occasione. Se li infilò in fretta e furia, sistemandosi la camicetta dentro i pantaloni; per le scarpe non poteva fare molto, non aveva altro che i suoi soliti scarponi e quelli si infilò, poi concluse il tutto mettendosi una collana e sciogliendosi i capelli. Quando si conciava in quel modo non riusciva a riconoscere l'immagine di sé riflessa nello specchio, e si sentiva tremendamente costretta in quegli abiti. Guardò fuori dalla finestra, il Sole cominciava a calare e lei doveva andare da Dastan subito, perché le sarebbe servito del tempo per convincerlo a seguirla. Spiegò velocemente la situazione a Sam, quindi sellò il cavallo e lo lanciò al galoppo, raggiungendo Indipendenza in poco tempo.
    La Base era la solita, le persone esattamente come le aveva lasciate cinque giorni prima, ferite e demoralizzate. Non ci fu un solo Indipendente che non si accigliò vedendola vestita in quel modo. Zaira cercò di ignorare gli sguardi che si sentiva bruciare addosso, legò il cavallo al solito palo ed entrò nella Base quasi correndo, raggiungendo la stanza di Dastan ed entrando senza neanche bussare. Si chiuse la porta alle spalle e tirò un sospiro di sollievo, sentendosi al sicuro dagli occhi dei curiosi, anche se ora avrebbe avuto quelli del suo uomo piantati addosso. Dastan la fissava un po' inebetito, probabilmente preso in contropiede o magari ammirato, chissà. -Ti prego, non ridere.- lo implorò, mentre si allontanava dalla porta e lo raggiungeva. Gli stampò un bacio veloce sulle labbra, poi prese un bel respiro. -Mia madre ci vuole a cena da lei questa sera, vuole.. conoscerti e non c'è modo di farle cambiare idea.- cominciò a spiegargli, gesticolando nervosamente -Ha promesso che ci raggiungerà alla Base se non saremo noi a raggiungerla, e lo farà, la conosco.- Fece una pausa per dargli il tempo di elaborare le informazioni che gli aveva appena dato, poi lo fissò con sguardo deciso, e con tono altrettanto fermo aggiunse. -Non hai altra scelta Dastan, tu verrai con me.-
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    Era passato solo qualche giorno, eppure Ronald aveva fatto in modo di rimediargli un materasso. Era contento di avere di nuovo la sua vecchia stanza, ed a causa della perdita delle dita dell'ex Capo e della sua momentanea convalescenza, si era deciso di riportare Dastan sul trono. Non era comunque una decisione finale, bisognava valutare i pro ed i contro ed il Vigilante era assolutamente d'accordo. Non poteva arrivare lì e pretendere il posto come se niente fosse. Era stato lontano da Zaira, principalmente perché lei doveva riferire al suo superiore il fattaccio e prepararsi di conseguenza, quindi non aveva avuto tempo neanche di respirare. Non era facile rimanere in contatto dopo l'apocalisse, perché non c'era modo di avere cellulari o che altro. Bisognava cavalcare con il freddo, la pioggia, la neve, il sole cocente o il vento gelido per vedere qualcuno. A volte era una disdetta, a volte gli faceva bene. Per svariati motivi, comunque, non aveva fatto alcuna pressione a Zaira: era giusto che si prendesse cura della sua Base e dei suoi Vigilanti. Nel frattempo, dunque, Dastan aveva occupato il tempo riparando l'armadio di legno ed intagliandolo un po'. Aveva inciso un ricamo particolare sull'anta sinistra, ma poi aveva deciso di non volerlo fare anche dall'altra parte. Pur di non stare con le mani in mano, era costretto ad inventarsi di tutto. Gli Indipendenti non gli permettevano neanche di uscire, si poteva dire, perché avevano tutti paura che potesse prendere un cavallo e dirigersi da Lloyd per sfasciargli la faccia. Per quel motivo si era dedicato al legno. Altrimenti, lo ammetteva a se stesso, probabilmente sarebbe andato veramente dal Moro. Quel pomeriggio Dastan era intento a sfogliare un vecchio libro che si poteva considerare come "romanzo rosa". Non sapeva neanche lui perché diavolo lo stesse facendo, ma la noia era veramente brutta e gli faceva compiere azioni inutili e senza senso. Quello che leggeva lo disgustava, ma era uno dei pochi libri che avevano lì dentro. Era sdraiato sul letto con un'espressione tediata in volto, e dalla finestra entravano spiragli di vento. Sembrava un pomeriggio tranquillo. Avvertiva un vociare indistinto all'esterno, segno che probabilmente qualcuno si era deciso a fare la guardia, nonostante le numerose ferite. Era pur vero che la maggior parte degli Indipendenti stava bene, ma la rassegnazione era una brutta bestia. In quei giorni, aveva sentito solo frasi come "tanto siamo destinati a morire", "contro gli Stregoni non possiamo nulla" e "in fondo l'idea di Lloyd di riunire tutti non è male". Dastan si era messo le mani nei capelli ed aveva evitato di ascoltarli, perché altrimenti si sarebbe arrabbiato per nulla. All'improvviso, poi, un rumore di passi pesanti e veloci risuonò per la Base, facendogli volare il libro dalle mani. Balzò in piedi, pronto a sbaragliare il Moro, ma quando la porta si spalancò ne uscì solo Zaira, che lo raggiunse alla svelta e gli baciò le labbra. Dastan rimase in quella posizione per un minuto buono, mentre la rossa parlava: era come pietrificato. Gli aveva fatto venire un accidenti. Il cuore gli pompava sangue ed adrenalina nelle vene, ma alla fine non ce n'era bisogno. Sbuffò, scocciato come non mai, non facendo momentaneamente caso alle parole della sua ragazza.
    « Ma che cazzo... ma ti sei bevuta il cervello? Mi hai fatto prendere un colpo, cazzo! » la rimproverò. In fondo, era venuta lì solo per dirgli che doveva conoscere i suoi genitori quella sera, nient'altro. Un momento. Doveva... conoscere i suoi genitori? Aggrottò le sopracciglia, spalancando la bocca: non poteva credere alle sue orecchie. Solo in quel momento si accorse del vestiario particolare di Zaira.
    « Cosa? » chiese, incredulo. Scosse la testa, muovendo anche le mani a destra ed a sinistra, come a voler negare tutto.
    « Nono! Sai benissimo che io con la gente non so rapportarmi, e poi ma che cazzo mi rappresenta? Non dobbiamo mica sposarci! » disse, cercando di farla ragionare. Lo sguardo duro ed un po' dispiaciuto di Zaira, però, gli lasciò intendere che non c'era scampo. Conosceva la rossa, sapeva che non era tipa da cena in famiglia col fidanzato, perciò doveva esserci stato un progetto subdolo e calcolatore alle spalle. I genitori di lei volevano conoscerlo... che diavolo gli avrebbe detto? Che aveva ammazzato un uomo nell'Esercito ed era quindi stato espulso e diseredato, diventando un abile Vigilante? L'ansia cominciò ad impossessarsi di lui, come se gli avessero appena dato una notizia molto seria. E, probabilmente, lo era per davvero. E se il padre di lei si fosse impuntato e non gliel'avesse più fatta vedere? Come avrebbe reagito? E se la madre non lo avesse accettato? E se i fratelli l'avessero riconosciuto? Si portò le mani al volto, strofinandoselo. Non aveva neanche niente da mettersi. O meglio, qualcosa gli era rimasto dall'ultima visita a suo padre, ma non ci si sapeva vedere con quella roba addosso. Lo sguardo gli cadde automaticamente su Zaira, che aveva il punto vita segnato dai pantaloni neri ed un velo di camicia che gli ricopriva il petto e le braccia. Al collo portava una graziosa collana. La squadrò da capo a piedi, serio e un po' allarmato, poi arrivò agli occhi di lei, che gli restituivano le stesse emozioni. Forse... ce l'avrebbero fatta insieme. Si meravigliò di aver concepito un pensiero del genere: che fosse merito del romanzo rosa? Le si avvicinò lentamente, portandole entrambe le mani sui fianchi ed osservandola a distanza ravvicinata. La strinse appena, avvertendo il suo profumo entrare dalle narici. Era tanto, troppo tempo che non aveva modo di stare assieme a lei ed amarsi lentamente, anche se non troppo dolcemente. La guardava dritta negli occhi senza dirle nulla, nonostante immaginasse quanto la sua carica sessuale la costringesse a trattenersi. Sapeva di avere un effetto particolare su quella donna, ma d'altra parte la cosa era reciproca. Aspettò qualche momento, poi sfarfallò appena gli occhi.
    « Cosa cazzo mi devo mettere? » le chiese. Aveva intenzione di non essere se stesso, quella sera, o comunque di esserlo molto poco. Doveva fare in modo di piacere ai genitori di Zaira, anche solo per farle provare un po' di orgoglio verso il suo uomo.
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    Come previsto, Dastan non reagì molto bene a quella sua visita. Inizialmente le chiese cosa le fosse saltato in mente, ed in un primo momento Zaira aggrottò le sopracciglia senza capire cosa volesse intendere l'uomo. Perché gli avrebbe dovuto far prendere un accidente, chi si aspettava di trovare a quell'ora e senza che i pochi Indipendenti presenti a fare la guardia non opponessero resistenza? Il Moro, forse? Zaira schiuse appena le labbra per dire qualcosa, ma non parlò, perché non appena lo fece, Dastan cambiò espressione. Le fu subito chiaro che aveva realizzato solo in quel momento ciò che gli aveva appena detto, e infatti l'uomo sgranò gli occhi e poi manifestò il suo rifiuto. Le disse che non poteva farlo, non era in grado di relazionarsi con le persone -specialmente se sconosciute- e visto che non erano ad un passo dall'altare gli sembrava una cosa stupida. Zaira alzò le sopracciglia rapidamente e poi annuì, perché era pienamente d'accordo con il suo uomo. Solo che non poteva farci niente, non avrebbe potuto evitare sua madre per sempre, ed era meglio chiudere la faccenda subito invece che procrastinare e, chissà, peggiorare la situazione.
    Dastan si fece sempre più nervoso, si infilava le mani nei capelli portandoseli indietro con fare frenetico, sbuffava e passava con lo sguardo da lei alla finestra. Le faceva quasi pensa, vederlo in quella situazione le dispiaceva ma era preparata, se l'era aspettato e c'era passata giusto un paio d'ore prima di lui, perciò lo capiva alla perfezione. Ad un tratto l'Orso del Nord si portò le mani al viso, strofinandoselo e respirando più profondamente; stava tentando di calmarsi, così Zaira si trattenne dallo sbuffare e dal fargli pressione. Dastan si stava sicuramente sforzando di venirle incontro e non sarebbe stato giusto da parte sua mettergli fretta o obbligarlo in qualche modo. Poi, di nuovo improvvisamente, l'uomo la squadrò da capo a piedi, come se si fosse accorto solo in quel momento di come era vestita, quindi incrociò lo sguardo di lei. Zaira gli restituì l'occhiata, poi Dastan la prese per i fianchi senza stringerla troppo e la ragazza, in modo del tutto automatico, gli poggiò le mani sul petto. Se fosse dipeso da lei, sarebbero potuti rimanere in quel modo per sempre -o quasi- perché non le interessava davvero che i suoi lo conoscessero, non ancora almeno. Le chiese cosa si dovesse mettere e la rossa non riuscì a trattenersi dal lasciarsi sfuggire un respiro di sollievo, accompagnato da un movimento in avanti della testa: si appoggiò con la fronte al petto del suo uomo, sorridendo appena e mormorando un -Grazie.- Durò dieci secondi, poi alzò di nuovo la testa e ampliò il sorriso, sciogliendosi dalla stretta di Dastan e guardandolo. Visto che lei si era vestita bene, lui non sarebbe di certo potuto venire conciato in quel modo -con un maglione a righe e un paio di pantaloni neri. Zaira si portò due dita al mento, massaggiandoselo e riflettendo. -Io non..- cominciò a dire, scuotendo la testa -Non ti chiedo lo smoking, se non vuoi, ma..- continuò, poi scosse la testa con più determinazione e portò le mani avanti, aggiungendo -No. No, davvero, fai come preferisci, devi essere il più possibile a tuo agio e se vuoi puoi venire anche così.- annuì, senza troppa convinzione perché avrebbe preferito vederlo un po' meglio vestito, un pochino più elegante. Ma non gli avrebbe imposto neanche quello, già voleva dire tanto per lei il fatto che l'Orso del Nord avesse accettato di conoscere la sua famiglia, mettendosi alla prova e, soprattutto, superando l'enorme ostacolo delle sue difficoltà a rapportarsi con nuove persone ed a lasciarsi andare.
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    Zaira l'aveva stretto a sé senza alcuna forza, come se entrambi non volessero sfiorarsi di più per paura di non sapersi controllare. Gli poggiò le mani sul petto e lo ringraziò, probabilmente per aver accettato quel compromesso, poi alzò lo sguardo e gli sorrise così dolcemente che Dastan aggrottò leggermente le sopracciglia, come se si stesse chiedendo perché mai fosse così grata. Sicuramente, l'Orso di qualche mese fa avrebbe risposto con un no categorico, di quelli che raramente si sarebbero potuti obiettare. E, se fosse stato per lui, neanche quella sera sarebbe andato. Lo sforzo che compiva era tremendo, soprattutto perché avrebbe dovuto socializzare e fare finta di trovarsi bene con delle persone che non conosceva affatto. Sperava di riuscire a fingere abbastanza bene: se i genitori di Zaira lo avessero detronizzato, Dastan se ne sarebbe tornato alla Base con la coda tra le gambe per evitare altri macelli. Non sapeva come immaginarseli, a dire la verità: magari la rossa era uscita fuori così per ribellarsi a due bigotti, o magari ce l'aveva nei geni ed anche loro erano così. Sospirò assieme a lei, che lo guardò più o meno esitante. Alla sua domanda, però, prima rispose dicendo che non pretendeva uno smocking, tralasciando quindi il fatto che si sarebbe dovuto mettere qualcosa di elegante, poi invece si corresse e gli disse di fare come voleva. Dal suo sguardo per nulla convinto, però, Dastan capì che avrebbe dovuto fare un ulteriore sforzo ed indossare magari una camicia. Suo padre, quando era piccolo, gli diceva sempre che non importava cosa indossava al di sotto, perché una camicia avrebbe sempre fatto la sua porca figura. Magari avrebbe potuto prendere il suo consiglio di vita alla lettera ed applicarlo proprio in quel momento. La rossa aspettava che si muovesse, ma Dastan fissava l'armadio con uno sguardo stralunato: stava pensando a cosa sarebbe andato bene con un paio di pantaloni neri ed i suoi stivali di sempre. Sicuramente, l'abbinamento bianco e nero era un classico preapocalittico. Si diresse verso l'armadio, aprendolo, ma non che ci fosse poi così tanto, lì dentro: c'era un altro paio di pantaloni di stoffa e qualche maglia arrotolata alla bene e meglio. Sopra ad esse, però, campeggiava una candida camicia bianca, che aveva portato forse una volta, ovvero il giorno in cui l'aveva provata addosso per comprarla. Oltre ad essa, solo mutande, due giacche di pelle, una di stoffa blu scura e qualche maglione. Sì, era un armadio piuttosto scarno. Afferrò la camcia bianca e la poggiò sul letto, chiudendosi le ante alle spalle. Si sfilò la maglia a righe e la gettò di lato, senza curarsi minimamente della fine che avrebbe fatto, rimandendo per un momento a pensare. Si voltò con tutto il petto nudo verso Zaira, come a chiedere la sua approvazione, ma lei gli aveva detto di fare come voleva, perciò tornò alla camicia e se la infilò. Perse qualche momento ad abbottonarsela, ma venne in suo soccorso la rossa, che invece ci mise molto poco con quelle dita sottili e svelte. Dastan rimase immobile davanti a lei mentre gli aggiustava la camicia e gli chiudeva persino i polsini, nascondendo un sorrisetto beffardo sotto i baffi. Diede uno sguardo veloce fuori dalla finestra, controllando il tempo: non faceva freddo, ma era quasi Maggio ed ancora si poteva avvertire un venticello traditore. Per quel motivo decise di tornare di nuovo all'armadio, aprirlo ed afferrare la semplice giacca blu. Non se la mise subito, però: rimase con quella in mano, studiandosi il suo vestiario, poi richiuse le ante e gettò il capo d'abbigliamento sul letto, poggiandosi le mani sui fianchi. Guardò Zaira negli occhi, poi parlò.
    « Non posso credere che lo sto facendo per davvero. » le disse, con un'espressione così rassegnata che era incredibile vedergliela sul volto. Era una cosa seria, ma era sicuro che tutti ci avrebbero riso a crepapelle, vedendolo così. Sospirò, guardando fuori dalla finestra. Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi in una situazione del genere, e invece eccolo lì a sistemarsi la camicia candida. Si passò una mano tra i capelli, cercando di tranquillizzarsi. Si stava agitando perché sapeva che gli riusciva male mentire, e che probabilmente non avrebbe avuto modo di fingersi un altro.
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    Era incredibile il modo in cui un certo tipo di abbigliamento riusciva a conferire un determinato tipo di aspetto ad una persona; se non fosse stato per il fatto che lo conosceva fin troppo bene, Zaira avrebbe potuto pensare che Dastan fosse stato un giovanotto in gamba, con una carriera ben avviata e con la prospettiva di un futuro che più roseo non sarebbe potuto essere. E anche lui, magari, avrebbe potuto pensare lo stesso di lei. I due erano vestiti sostanzialmente allo stesso modo, camicia bianca, pantaloni neri e stivali, e l'Orso del Nord sembrava veramente un'altra persona con quel genere di roba addosso. La rossa lo osservò con attenzione mentre frugava nell'armadio e dovette mordere il freno quando l'uomo prese a spogliarsi; non avevano ancora fatto l'amore da quando Dastan era tornato, troppi disordini avevano accompagnato il suo rientro alla Base ed il tempo da dedicare l'uno all'altra aveva scarseggiato. Magari quella sera sarebbe stata l'occasione giusta per rimediare. L'uomo sembrava chiedere la sua approvazione, come se avesse paura di apparire troppo scialbo o inappropriato, ma con un cenno di assenso Zaira gli assicurò che con quella semplice camicia addosso avrebbe fatto una bella figura agli occhi dei suoi genitori, giacché metteva in risalto il suo bel fisico e gli conferiva una certa eleganza, che di sicuro sarebbe stata apprezzata dai sofisticati von Row. Una volta infilatosi la camicia, Dastan tentò di abbottonarla, ma a causa delle dita troppo grandi e della poca esperienza che aveva con quel genere di cose, dopo un minuto aveva allacciato appena i primi due bottoni. Zaira sorrise e scosse la testa con fare divertito, quindi gli si avvicinò, certa che un po' d'aiuto sarebbe stato apprezzato; lei era più svelta e pratica del suo uomo, il tempo da lui impiegato per un solo bottone lo impiegò lei per sistemargli tutti gli altri, compresi quelli dei polsi. Fatto ciò, Zaira fece due passi indietro per osservarlo: le camicie sembravano essere state create per lui, tanto gli stavano dannatamente bene, e ciò sollevava non poco il morale della von Row: non che le interessasse davvero ciò che i suoi avrebbero pensato di Dastan, ma sapere di aver ottenuto anche la loro approvazione le avrebbe fatto capire che non aveva fatto poi così male a scommettere su di lui. Dastan riaprì poi l'armadio per tirarne fuori una giacca, poi le disse che non poteva credere di starsi davvero a preparare per una cosa del genere. Aveva l'aria meravigliata, stupita e rassegnata, e si vedeva che ogni minuto che passava non faceva che accrescere la sua ansia. -Neanche io posso credere di aver ceduto alle idiozie della mia famiglia, ma vedrai che andrà tutto bene.- gli disse, tornando ad avvicinarsi a lui e mettendogli le braccia intorno al collo -E ti prometto che mi farò perdonare per questo supplizio.- gli lanciò uno sguardo malizioso e complice, poi gli strappò un altro bacio e, dopo un'ultima sistemata, i due uscirono dalla Base di Indipendenza sotto gli sguardi dei curiosi che ridevano e parlottavano tra loro, tutti con un'espressione stupita e, alcuni di loro, addirittura affascinata.
    L'aria di fine aprile era fin troppo gelida per i suoi gusti, e Zaira si maledisse per non essere stata intelligente quanto Dastan e non essersi presa una giacca, maledisse quindi l'orgoglio, che non le permetteva di chiedere all'uomo di prestargliela, e l'essersi impuntata per andare con due cavalli separati, chissà poi per quale strano motivo. Forse per il freddo, più probabilmente per l'ansia, ma la cavalcata da Indipendenza a Giustizia le sembrò durare più del solito, complice anche il silenzio che era sceso tra lei e Dastan, quest'ultimo probabilmente troppo nervoso per emettere un solo suono che non fosse quello del suo respiro. La casa della sua famiglia era sempre la stessa: piuttosto grande, a due piani e fornita di stalla e di un minuscolo giardinetto proprio sull'entrata principale, perché Rowena ci teneva alle apparenze, perciò un giardino curato avrebbe dato l'impressione di essere una sorta di anticamera per una casa ordinata in cui viveva una famiglia quasi perfetta. Tutte stronzate, secondo Zaira, ma la rossa non si era mai messa in mezzo a queste cose ed aveva sempre preferito farsi gli affari propri. -Dunque, un paio di cose al volo, tanto perché così non verrai colto completamente alla sprovvista.- gli disse subito dopo essere scesa da cavallo ed averlo assicurato ad un albero -Mio padre non è quello che si definisce "una persona amorevole", parla poco e quando lo fa spesso crea discussioni inutili. Mia madre ama fare domande e punzecchiare chiunque con le sue frecciatine velenose, mentre le mie sorelle immagino non ti daranno molta confidenza. I gemelli invece sono dei militari e forse ti conoscono, non ne ho davvero idea.- fece una pausa per riprendere fiato, aveva parlato ad una velocità tale da avere il fiato corto e la gola secca. -Non ti dirò stronzate come "sono persone adorabili, vedrai" perché non lo sono affatto, ma ti prego di non rispondergli in malo modo o cose simili perché... bé, sono pur sempre la mia famiglia, e poi dovrei sopportarle io le loro ramanzine. Certo, non che mi interessi, ma nea.. okey, sto parlando troppo.- Si rendeva conto di somigliare ad una pazza in quel momento, ma il nervosismo si era ormai impossessato anche di lei e il solo modo che conosceva per sfogarlo era parlare con estrema velocità. O avere contatti con Dastan, che comunque era più nervoso di lei e non aveva alcun potere tranquillizzante. Gli diede comunque un bacio e poi gli afferrò le mani. -Sei sopravvissuto a molto peggio, quindi questa sarà una passeggiata!- scherzò, anche se con poca convinzione.
    Condusse Dastan davanti alla porta, prese un bel respiro ed alzò la mano chiusa a pugno per bussare. Esitò per un attimo, poi batté tre colpi sul portoncino di legno massiccio. Ormai non sarebbero più potuti tornare indietro.
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    La cavalcata fu oltremodo breve, o forse fu solo l'ansia a fargli sembrare Giustizia troppo vicina. Il bello era che non si trovavano al confine, dove invece c'era la Base di Zaira, e quindi avevano fatto molta più strada rispetto al solito. Nonostante tutto, a Dastan era parso di essere arrivato lì in una volata. Forse era stato complice il suo cavallo, che l'aveva condotto tranquillamente seguendo quello della rossa, e quindi senza fargli impegnare il cervello. Lasciandolo abbandonato a se stesso, dunque, aveva contribuito a fargli venire strane idee, a fargli spremere le meningi e cercare di venire a capo al dilemma: sarebbe riuscito a non essere se stesso per un giorno? Con Benjamin era facile, perché lui lo conosceva e non c'era bisogno che fingesse. Si era detto che questa era una bella prova per quando avrebbe incontrato il suo vero padre. Non voleva esattamente farlo, ma sapeva che avrebbe dovuto, in quanto quell'impiccione del suo fratellastro e la ficcanaso della sua ragazza avevano fatto in modo di farli incrociare per un momento, così che a lui potessero venire gli scompensi. Per i tre mesi in cui era stato via, Dastan aveva provato in tutti i modi ad immaginarsi una conversazione, ma la sola idea gli faceva venire la rabbia dentro, come se Christopher fosse in grado di accendere in lui un tasto così strettamente collegato ad i nervi che la sua sola presenza lo disturbava. Scese da cavallo, lanciando uno sguardo a Zaira: lei lo stava legando ad una breve palizzata lì vicino, perciò lui fece lo stesso. Mentre annodava le briglie la rossa lo raggiunse, cominciando a parlare a raffica, evidentemente nervosa quanto lui. Gli disse che suo padre era -praticamente- molto simile a lui, e che la madre era un'impicciona che lanciava frecciatine. Le sorelle sarebbero state probabilmente apatiche, mentre i fratelli forse lo avrebbero riconosciuto. Non poteva giurarci, però. Il solo pensiero preoccupava Dastan: e se lo avessero accolto con un "ah, tu sei quello che ha ammazzato Jason il truffatore"? Deglutì, evidentemente nervoso, ma la sua espressione corrucciata non lo tradiva poi così tanto. Certo, Zaira se n'era sicuramente accorta, ma solo perché lo conosceva. Poi la ragazza continuò a parlare, dicendogli che non voleva mentirgli e che non erano amorevoli, ma che non avrebbe dovuto rispondergli male perché erano la sua famiglia. Biascicò qualcos'altro, poi concluse dicendogli che aveva vissuto di peggio. Il suo discorso così sconnesso e frettoloso non aveva fatto altro che farlo agitare ancora di più, ma non disse niente e la seguì. Cercò di distendere il volto: non sapeva sorridere forzatamente, ma almeno la faccia neutra sapeva farla. Zaira esitò un attimo, poi bussò. All'interno della casa si avvertiva un vociare sommesso, che però si interruppe quando sentirono il toc toc alla porta. Dastan si portò una mano al collo, sospirando e cercando di calmarsi. Aveva il cuore a duemila. All'improvviso, la porta si spalancò, mostrando una donna sulla cinquantina, estremamente simile a Zaira. Stessi capelli rossi, stessi occhi chiari, stesse labbra e quasi stesso fisico. Se non fosse stato per l'età, Dastan si sarebbe sicuramente potuto sbagliare in qualsiasi momento. Dietro di lei, suo padre sedeva al tavolo, leggermente piegato in avanti, con i gomiti poggiati sul legno. Li fissava con uno sguardo indagatore che metteva i brividi. Le teste dei gemelli sbucarono di lato, curiosi, mentre le sorelle erano sedute di lato, poco lontane dal loro padre. Dastan sfarfallò appena gli occhi, poi tornò alla signora ed accennò un sorriso -forse il più forzato ed indeciso che avesse mai fatto.
    « Ooooh, finalmente! Ce l'avete fatta! Susu, entrate! » esclamò la signora, facendo spazio ai ragazzi e permettendogli di entrare. Zaira fu la prima, poi si voltò immediatamente verso di lui, cercando il suo sguardo. Dastan avanzò, lasciando che la donna chiudesse la porta dietro di lui. Unì le mani, sorridendo divertita ad entrambi.
    « Salve, molto piacere. Mi chiamo Dastan. » disse lui, tendendo la mano alla signora, che l'afferrò e la strinse con forza, come a fargli capire che ancora aveva la testa a posto e che se avesse fatto de male a sua figlia lei lo avrebbe stritolato. Gli restituì il saluto, poi Dastan si voltò verso gli altri. Il padre si era alzato e li aveva raggiunti, salutando prima Zaira, poi anche lui strinse la mano al Vigilante. Quella libera gliela mise sul braccio, dandogli qualche pacca, ma il suo sguardo era un misto tra "morirà presto" e "ora lo metto in imbarazzo".
    « Dastan, eh? Nome strano. » disse. Detto da uno che ha chiamato sua figlia Zaira... gli venne istintivo pensare, ma si trattenne: annuì e tirò fuori il sorrisetto forzato di prima. L'uomo lo lasciò andare, parandosi davanti a lui ed infilando le mani nelle tasche della blusa.
    « Senti, non sei obbligato a divertirti per finta, davvero. Mia moglie rompe le palle. Come probabilmente anche Zaira. Ti capisco. » concluse, sorprendendolo. In quell'istante, a Dastan venne seriamente da sorridere, tanto che lo fece, e fu molto più sincero di quello di prima. Le due donne chiamate in causa si voltarono verso di loro -visto che prima parolottavano probabilmente di lui- e li fissarono arcigni. Quella serata sarebbe stata forse migliore di quanto credeva.
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    Fu sua madre ad accoglierli in casa: Rowena sorrideva palesemente soddisfatta che le sue minacce fossero andate a buon fine, mentre il resto della famiglia rimase seduta al tavolo, salutando appena lei e prestando la loro più completa attenzione all'uomo che gli aveva portato in casa. Tutto era come sempre, Rowena non aveva fatto alcun cambiamento per l'occasione e la sala da pranzo si presentava ancora come una grossa stanza arredata con l'essenziale -tavolo, sedie ed una credenza con dentro qualche ciotola e qualche boccale- e l'unica novità era costituita da un vaso di fiori che Zaira non conosceva. -Mamma.- biascicò la rossa mentre sua madre le stampava un bacio sulla guancia, quindi il suo sguardo finì automaticamente a suo padre: l'uomo ricambiò l'occhiata e poi si alzò, e nello stesso momento Dastan si presentò a Rowena, stringendole la mano. Già era un passo avanti, quello. Zaira fissò i due mentre si presentavano, poi tornò a suo padre che l'aveva affiancata per salutarla e seguì l'uomo mentre si avvicinava all'Orso del Nord. Henryk era una persona dalla stazza imponente, e a lei era sempre sembrato un gigante, ma di fianco a Dastan sembrava una persona di media robustezza, uno qualunque. Quello era il momento che più la incuriosiva e terrorizzava, l'impressione che i due uomini si sarebbero fatti l'uno dell'altro. Ma sua madre, come sempre doveva fare, la trascinò da parte, facendole perdere l'attimo. -Non mi avevano detto che era un tipo così attraente.- gli disse sussurrando, e Zaira alzò gli occhi al cielo, ribattendo -Qualsiasi cosa ti hanno detto è probabilmente una stronzata, di cosa ti meravigli?- Rowena la guardò malissimo, non aveva mai tollerato che sua figlia usasse quel linguaggio, ma non ebbe il tempo di rimproverarla perché si sentì chiamata in causa da suo marito, e lo stesso fu per Zaira. L'uomo stava dicendo al Vigilante che non doveva fingere di divertirsi e che sua moglie e sua figlia erano due rompipalle, lui ne era consapevole. La cosa fece indignare Rowena, accigliare Zaira e divertire il Capo di Indipendenza, che sorrise con più convinzione. -Papà, non mettergli in testa strane idee.- intervenne quindi lei, scoprendosi in quella risposta molto più rilassata di quanto pensasse, giacché pronunciò quelle parole sorridendo. Prese Henryk per un braccio, trascinandolo verso il tavolo, mentre sua madre fece accomodare Dastan.
    Gli eredi dei due von Row fissavano il suo uomo con curiosità, persino Tanya, che normalmente viveva in un mondo tutto suo, sembrava essere presa da lui, il suo sguardo attento non lasciava dubbi a riguardo. La rossa passò in rassegna gli sguardi dei fratelli e delle sorelle, quindi si voltò a guardare l'Orso del Nord e poi tornò a loro. -Bé, eccovi finalmente accontentati. Lui è il famoso Dastan.- lo presentò con una punta di acidità nel tono di voce: aveva provato a prendere profondi respiri per cercare di non rivolgersi a quegli impiccioni dei suoi famigliari come alla fine aveva fatto, ma proprio non le era riuscito -ed il fatto che le sue sorelle si stessero quasi mangiando Dastan con gli occhi le dava estremamente fastidio e la costrinse quasi a mettersi sulla difensiva. -Vacci piano sorellina.- fu Domitilla a ribattere: lei e Zaira non erano mai andate troppo d'accordo perché eccessivamente diverse caratterialmente. Zaira la fulminò con lo sguardo, ma scelse di non risponderle.
    Prese posto in una delle due sedie vuote, quella vicino a suo padre, ma l'uomo alzò una mano per fermarla. -Pensi che voglia fare la tua conoscenza, figliola?- le domandò, alzando poi lo sguardo su Dastan che ancora non aveva preso posto -É lui la stella, questa sera.- Zaira sbuffò aria dalle narici, lanciando un'occhiata torva a suo padre prima e, in modo quasi del tutto automatico, anche a sua madre, che sedeva di fianco a lui. Quei due insieme erano imprevedibili e capaci di tutto, non voleva che mettessero Dastan più a disagio di quanto non fosse già. Non si oppose comunque alla richiesta di suo padre, lasciando il posto libero al suo uomo e sedendosi quindi tra lui e Christopher. -Ti sei presa una bella testa calda.- commentò immediatamente il fratello, dandole la tanto attesa conferma: lui -e sicuramente anche Angus- conoscevano Dastan. -Avresti potuto evitare questa buffonata raccontando loro quello che sai, visto che sembri così sicuro di quello che dici.- gli rispose quindi lei, incrociando poi lo sguardo carico di rimprovero di sua madre. -Così papà sarebbe partito armato di fucile per evitare che uccidesse anche te.- La rossa lanciò al fratello uno sguardo curioso, chiedendosi quanto sapesse lui di Dastan. Fece per chiederglielo, visto che lei era solo a conoscenza di semplici voci di paese, ma Rowena si schiarì la voce, riportando lei e Chris alla realtà. -Invece di raccontare solo a tuo fratello come vi siete conosciuti, parla apertamente con tutti noi cara, no? Almeno ti risparmierai altre cinque racconti uguali a se stessi.- Zaira non voleva credere a quello che aveva appena udito né tanto meno alla sottile arguzia di sua madre: i metodi di tortura di Rowena erano migliorati -o peggiorati, a seconda dei punti di vista- non si sarebbe potuto dire il contrario. L'istinto le suggerì di cercare lo sguardo di Dastan per farsi venire in mente qualcosa -perché non avrebbe potuto raccontare la verità- o anche solo per sperare di fargli pena e lasciare che fosse lui a parlare.
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    Le due donne gli rivolsero uno sguardo tra il divertito e l'infastidito, ma la signora Von Row non parlò. Fu piuttosto Zaira a rimproverare suo padre, dicendogli che non doveva mettergli in testa strane idee. Dastan inarcò un sopracciglio, guardandola con fare divertito: come se già non sapesse che la rossa (la più giovane, in questo caso) era una rompiscatole di prima categoria e che non si faceva mai gli affari suoi. Capì in quel momento che quel tratto lo aveva probabilmente ereditato dalla madre, che li ignorò bellamente, cominciando ad apparecchiare la tavola. Zaira lo raggiunse, affiancandoglisi, poi si voltò verso i fratelli e le sorelle, aprendo le braccia ed indicandolo. Gli disse che lui era il famoso Dastan, e che li aveva finalmente accontentati. Entrambe le sorelle gli rivolsero uno sguardo sbarazzino, come se non avessero capito affatto che era lì in quanto fidanzato -ormai ufficialmente- con Zaira. Cosa credevano, di poterci provare? Anche se doveva ammettere che non erano male. Dastan aggrottò le sopracciglia, poi lo sguardo gli volò automaticamente sui gemelli. Seppur somigliassero poco a Zaira, si poteva notare l'impronta dei Von Row. Era sicuro di non averli mai visti durante l'apprendistato all'Esercito, e neanche quando c'era entrato veramente. In fin dei conti era stato solo qualche anno, niente di più, ma due tipi così li avrebbe dovuti riconoscere per forza. Erano entrambi rossi con gli occhi scuri, e si muovevano esattamente allo stesso modo ed allo stesso tempo. Gemelli in tutti i sensi. Lo sguardo che gli rivolsero fu gelido, e Dastan si ritrovò pietrificato: evidentemente, sapevano qualcosa che lo avrebbe sicuramente messo nei guai. Nel frattempo, il padre di Zaira aveva scacciato la sua stessa figlia per far mettere lui seduto: in quel modo, si sarebbe ritrovato tra i genitori della rossa, in pieno campo minato. Si sedette, però, senza fare neanche un fiato. La presenza dei gemelli lo turbava, perché sapeva che poi avrebbe dovuto dire tutto a Zaira. Neanche fece in tempo a mettere le chiappe sul legno della panca che quelli si rivolsero direttamente alla sorella, dicendole che si era presa una testa calda. Dastan si limitò a fissare uno dei due -quello che aveva parlato, ovviamente- con uno sguardo a metà tra l'allarmato e l'arrabiato, e l'altro gemello se ne accorse, tanto che sfoderò un sorrisetto complice. Non capiva se avessero effettivamente compreso le sue ragioni e quindi lo avessero "perdonato" o se lo stessero sfidando a perdere le staffe in modo da metterlo dentro. Zaira, sorprendedolo, sbottò, rispondendogli che se sapeva tutto allora avrebbe potuto riferirlo ai genitori senza coinvolgerli. Quello, per tutta risposta, le disse che il padre sarebbe sicuramente partito per acciuffarlo prima che Dastan avesse ucciso anche lei. L'uomo, che era passato dal figlio al Vigilante, lo guardava in volto, aspettandosi chissà quale reazione. Era uno sguardo decisamente serio, come se volesse sentire ciò che aveva da dire al riguardo. Fu la signora Von Row a spezzare quella catena di ansia ed arroganza, chiedendogli come si erano conosciuti. I suoi occhi si intrecciarono automaticamente a quelli di Zaira, che lo fissava piuttosto allarmata. La capiva, sapeva che non avrebbe dovuto raccontare la verità. O meglio, non tutta.
    « Ci siamo incontrati al confine. All'inizio ci odiavamo, ovviamente, ma con il tempo ci siamo resi conto dell'ammirazione reciproca che ci univa. A quel punto, abbiamo smesso di fingere di detestarci. » rispose lui. Sperava di aver "salvato" Zaira in qualche modo, perché la madre si era rivolta a lei. Il padre ancora lo fissava, quasi senza sbattere mai ciglio, e la cosa inquietò piuttosto Dastan, che temeva ancora una qualche reazione dei gemelli. La signora Von Row annuì, sorridendo, poi sventolò una mano per aria.
    « Passeremo sopra al fatto che sei un Indipendente, Dastan, ma solo se ci piacerai! » esclamò, ridendo, ma il ragazzo sapeva che c'era della verità in quelle parole. A quel punto, intervenne.
    « In realtà non lo sono, signora. Sono nato e cresciuto a Giustizia. Mio padre è il Generale di Divisione Benjamin Dauthdaert. » chiarì. Aveva fatto il nome di suo padre principalmente per spaventare un po' i gemelli, o comunque per fargli capire che aveva le spalle coperte. Fece una piccola pausa, durante la quale il padre della rossa si sistemò meglio sulla sedia, voltandosi completamente verso di lui. Sapeva che avrebbero voluto scoprire come mai non era diventato un Maggiore o un Colonnello.
    « La vita da militare non fa per me. Mi occupo dei ragazzini che fanno parte della mia Base, in quanto sono il più grande. La maggior parte di loro non ha né casa né famiglia. » concluse. Non era proprio tutta la verità, ma poteva ammettere facilmente che lui era rimasto ad Indipendenza solo per loro, ormai. Zaira era a Giustizia, suo padre anche, sarebbe stato stupido rimanere lì senza alcun apparente motivo. Dastan non era il tipo che si scioglieva in certe cose, ma ciò che c'era da fare la faceva comunque: era lui che si occupava degli Indipendenti, e quello era indubbio.
    « Con questa guerra in corso, poi, non posso abbandonarli. Giusto qualche settimana fa hanno subito un attacco durante una ronda da parte del Capo di Onore, e non posso permettere che certe cose accadano. Stiamo organizzando un piano per sbaragliarli. » concluse. L'aveva detto con l'espressione più seria che aveva, e Zaira si sarebbe accorta che quello era il vero Dastan. Le sopracciglia aggrottate, gli occhi penetranti ed il corpo immobile. Era incredibile, però, quanto l'educazione gli desse modo di parlare e dire quello che pensava. Le innumerevoli ore passate con le tate ad imparare le buone maniere erano servite. Persino l'impostazione della voce era diversa. Sembrava quasi un uomo d'affari.
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    Dastan le venne incontro, per sua grande fortuna, prendendo la parola e raccontando parte della verità. Il sorriso spuntò sul volto di Zaira in modo del tutto automatico e sincero: ripensare agli inizi della loro storia, adesso, la faceva sorridere -per non dire ridere- ed il fatto che l'ammirazione reciproca li avesse avvicinati, facendoli andare oltre i loro difetti e oltre la distanza che li separava -fisica, mentale, geografica- aveva un che di affascinante. La rossa cercò gli sguardi dei suoi famigliari, per capire se si stavano bevendo la storia -che comunque appariva come il racconto una delle tante relazioni strane che di tanto in tanto nascevano- ma tutti erano presi da Dastan e dalle sue parole. Probabilmente nessuno aveva avuto modo di raccontare le più strampalate versioni riguardanti il loro primo incontro e quelli seguenti, perciò ciò che l'uomo stava raccontando poteva passare a buon diritto la versione originale della storia. Quando Dastan si zittì, poi, Rowena annuì con apparente soddisfazione, ironizzando poi sul fatto che fosse un Indipendente. Zaira alzò gli occhi al cielo, imprecando in silenzio: ma perché, per quale motivo sua madre doveva rovinare tutto così? Perché doveva mettere in risalto ogni dettaglio, ogni difetto, perché doveva vanificare ogni sforzo altrui? Dastan la sorprese: la rossa si era già convinta che il suo uomo non avrebbe dato peso alla frecciatina della padrona di casa, e invece no, le rispose con una cortesia che Zaira non pensava potesse avere, tanto che rimase visibilmente sbalordita e non si trattenne dal socchiudere un poco le labbra e sfarfallare le ciglia. L'Orso del Nord spiegò che in realtà era un Giusto tanto quanto loro, perché nato e cresciuto lì; fece il nome di suo padre, e Zaira, che con il proprio braccio sfiorava quello del fratello Chris, lo sentì improvvisamente intirizzirsi, come se quel nome lo avesse innervosito. Si voltò a guardarlo, poi lanciò uno sguardo anche ad Angus, ma i volti dei gemelli non tradivano alcuna emozione; magari quel pezzo della storia non lo avevano mai conosciuto, il che probabilmente li metteva in condizione di rivedere i propri piani malefici riguardo il ragazzo della sorellina. Quello era un punto a favore suo e di Dastan, così Zaira gioì interiormente.
    Ma l'Orso del Nord non si fermò lì, proseguì le sue spiegazioni parlando più che mai, ostentando una calma ed un'educazione che non finivano di sconcertare la sua donna, che si chiedeva, per altro, perché con lei e gli altri dovesse sempre comportarsi come un uomo burbero e privo di tatto. Aveva paura di perdere il rispetto che la gente gli portava? Le sembrava una cosa improbabile, per non dire addirittura impossibile: Dastan incuteva timore e rispetto solo per la sua stazza, l'espressione corrucciata, l'indifferenza o l'arroganza erano qualcosa in più, da cui sicuramente non dipendeva il rispetto che le persone gli portavano, non in modo primario per lo meno. Comunque, l'uomo spiegò che la vita militare non aveva mai fatto per lui e che a Indipendenza si occupava dei più scapestrati ragazzini della Fazione. Zaira si lasciò sfuggire un risolino divertito, giacché si immaginò Dastan che, con il suo caratteraccio, faceva da balia ai giovani ribelli di Indipendenza. Ebbe tutti gli sguardi puntati addosso, incuriositi da quella sua uscita, ma Zaira fece finta di non notarli, si schiarì la voce e si ricompose. -Come vedete, noi Vigilanti non siamo dei semplici "disgraziati che si divertono a picchiarsi tra loro".- commentò quindi la rossa, mandando giù un sorso di vino e citando testualmente le parole di sua madre, che aveva definito lei e i suoi compagni in quel modo ed in altri mille modi peggiori. Rowena si trattenne dal rispondergli, ma le si leggeva in faccia che lo sforzò che stava compiendo per non urlare contro sua figlia era davvero enorme. Zaira la stava portando all'esasperazione, come spesso faceva, e pur rendendosi conto da sola che ciò non avrebbe giovato a lei e Dastan e, più in generale, alla serata, sua madre l'aveva così infastidita con le sue strampalate idee che lei era stata costretta ad accettare, che la giovane Vigilante non riusciva proprio a trattenersi dallo sputargli veleno addosso. Come a voler evitare scontri tra le due rosse della casa, Dastan aggiunse ancora che ora che i tempi erano più duri, a maggior ragione non avrebbe potuto lasciare i suoi compagni da soli. Henryk annuì: Zaira sapeva quanto suo padre apprezzasse quel genere di spirito combattivo, incapace di abbandonare i propri compagni persino nei periodi peggiori. Quel gesto da parte di suo padre non era affatto un buon segno, soprattutto perché Dastan non accennava a smettere di mettere tutti i presenti al corrente dei fatti che interessavano i Vigilanti delle varie Fazioni, e Zaira sapeva che di lì a poco il discorso avrebbe teso per tutta la sera a quell'argomento, tanto caro agli uomini di casa. -Già, ma siamo ancora tremendamente in alto mare perché Llyod non agisce da solo, ha chiaramente le spalle coperte e noi non possiamo rischiare uomini inutilmente.- si mise quindi a spiegare lei, sperando di poter mettere un punto finale all'intero discorso. Mai nulla fu più sbagliato: i suoi genitori la conoscevano, ed erano così amorevolmente subdoli che quando potevano farlo non esitavano a metterla in imbarazzo. -Non tentare di cambiare discorso, signorina.- la rimproverò bonariamente suo padre, stranamente sorridente -Lo sai che mi interessano questo genere di argomenti e le diverse opinioni delle persone.- spiegò, prima di tornare a Dastan. -Addio seratina tranquilla.- sbuffò Angus, venendo però ignorato da suo padre. -E di' un po', Dastan.- riprese quindi il capofamiglia -Come pensate di attaccare una Fazione come Onore? Ho sentito che è ben difesa dalla magia, quei dannati Stregoni si saranno inventati chissà quali trucchi e incantesimi pur di tenervi lontani.- poi il suo sguardo si posò su Zaira, che per tutta risposta assottigliò il suo come a voler far capire al padre che stava andando oltre un certo limite e la serata non era iniziata che da poco più di mezz'ora. Ma Henryk sfoderò uno sguardo quasi preoccupato, e le sue parole servirono a confermare a Zaira che suo padre temeva per la sua incolumità e nulla più -Sarà un'impresa molto rischiosa, no?- domandò infatti retoricamente, cercando conferme o smentite che fossero. Zaira sospirò. -Per il momento puoi dormire sogni tranquilli papà, non attaccheremo e il Moro non attaccherà noi perché non ha le palle per farlo.- spiegò, afferrando un pezzo di formaggio e tagliandolo in tre pezzi più piccoli. Il coltello le scivolava dalle mani, tanto erano sudate: il nervosismo di Dastan sembrava essersi trasferito a lei, e la cosa non sarebbe potuta che peggiorare.
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    La conversazione cominciava a farsi decisamente interessante, tanto che il padre di Zaira si voltò completamente verso di lui per rivolgergli tutta la sua attenzione. Sembrava un uomo abbastanza posato, eppure certi discorsi parevano essere il suo punto forte, visto che cominciò ad osservarlo con estrema curiosità, come chiedendosi che tipo di vita potesse trascorrere ad una Base di Vigilanti. La rossa intervenne subito, dicendo che non era il caso di attaccare Onore perché il Moro aveva le spalle coperte, ma non molte persone le prestarono attenzione. Eccezion fatta per Dastan, chiatamente, che le rivolse uno sguardo a metà tra il diverito ed il malizioso. Se credeva che avrebbe lasciato cadere il discorso in quel modo si sbagliava di grosso. Suo padre -che si chiamava Henryk, da quello che ricordava, infatti, si voltò verso di lei, dicendole di gli interessavano certi argomenti. Mentre uno dei gemelli faceva una battutina alla quale Dastan non prestò attenzione, poi, Henryk tornò a guardare lui, chiedendogli come avessero intenzione di attaccare Onore. Ciò che attirò il suo sguardo fu il sussulto contenuto alla bene e meglio della madre di Zaira, che sembrò aver avuto un attacco di cuore. Sapeva che se Dastan si sarebbe mosso allora l'avrebbe fatto anche sua figlia, e magari il pensiero di saperla in pericolo le metteva ansia, com'era giusto che fosse. Anche l'uomo davanti a lui sembrava preoccupato, tanto che chiese ad entrambi i Vigilanti se fosse un'impresa rischiosa, chiedendo conferma. La rossa, quasi immediatamente, proruppe con un fiume di parole, dicendogli che non potevano attaccarli ora perché il Moro non aveva le palle. In realtà non era proprio così: Lloyd era un vigliacco, certo, ma il bello era che non sarebbe mai stato lui ad attaccare. In nessuna occasione. Dastan, quindi, ridacchiò con una risata chiaramente amara, rivolgendo la sua attenzione ad Henryk.
    « Come se Lloyd si fosse mai fatto vedere in qualche scontro. Quando l'ha fatto ci ha preso le botte, e non solo da me. » chiarì, inarcando appena un sopracciglio. L'uomo ridacchiò sinceramente divertito, ma ancora chiaramente nervoso per la situazione. Dastan capì che ai due genitori interessava sapere che Zaira fosse al sicuro ogni giorno della sua vita, seppur si notasse quanto si fossero arresi con lei. Tornò alla sua solita espressione, annuendo e sospirando.
    « Avevo pensato di andare lì da solo o con pochi uomini, perché in quel modo saremmo stati meno visibili, o comunque considerati non una minaccia. Anche se ci manca un arciere, che è fondamentale in questi casi. » disse, e sentiva già il calore salirgli al petto e poi al collo: l'ira che gli montava dentro solo pensando al mettere addosso le mani a Lloyd era incredibile ogni volta. Fece una piccola pausa, cercando di calmarsi, poi fissò Henryk dritto negli occhi -che forse si era accorto del suo patetico tentativo di trattenersi.
    « Vorrei proprio che se ne andasse per sempre. » mormorò. Fu così lieve che probabilmente solo l'uomo davanti a lui l'avrebbe sentito. Si era veramente trattenuto, perché non gli era parso il caso di parlare di omicidio con i gemelli lì vicino. L'aveva detto a mezza bocca, inoltre, evidenziando la mandibola, chiaramente infervorato. Se solo pensava al brutto pezzo che aveva fatto ai suoi Vigilanti gli ribolliva il sangue e quasi evaporava. Non vedeva l'ora di mettere le mani al collo del Moro e stringerglielo così forte da non fargli passare più aria, vederlo morire tra le sue braccia e finalmente seppellirlo. Non sapeva se sarebbe stato in grado di farlo per davvero, ma la rabbia era tanta e sembrava non affievolirsi mai. La madre di Zaira lo fissava con uno sguardo allarmato, perché Dastan non le aveva dato nessuna sicurezza: sua figlia sarebbe stata comunque in pericolo. Il Vigilante aveva deciso di non immischairsi in certe cose, in quanto poi Zaira se la sarebbe presa con lui se avesse detto qualcosa di sbagliato. Preferiva lasciarla fare.
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    Dastan non la stava affatto aiutando: si stava dimostrando più loquace di quanto lei avrebbe mai potuto pensare, e ciò, con sorpresa, non sembrava essere un bene. Suo padre aveva sempre avuto grande passione per i discorsi riguardanti la politica, la guerra e le varie strategie che permettevano all'intero sistema di muoversi, motivo per cui non lasciò affatto cadere il discorso che aveva iniziato con Dastan, né quest'ultimo pensò a farlo al posto suo, anzi; l'uomo le sorrise con fare divertito, come a volerle dire che non c'era bisogno di scaldarsi tanto, si faceva per parlare ed era un argomento con cui avrebbe potuto costruire una buona conversazione, ai fini della conoscenza con i suoi genitori poteva quindi sembrargli una buona mossa. A lui, magari, ma Zaira era di tutt'altro avviso, solo che per mettere fine a quella conversazione avrebbe dovuto dare di matto e rovinare la serata, mossa ancor più sbagliata da fare. I suoi genitori erano visibilmente spaventati all'idea che la loro "bimba" potesse immischiarsi in faccende più grosse di lei, sua madre glielo aveva detto più volte quando durante quell'ultimo periodo la rossa era andata spesso a trovarla, mentre suo padre non glielo aveva mai detto apertamente, ma se possibile era ancor più spaventato di Rowena. Dastan disse inizialmente che Llyod non si era mai fatto vedere sul campo di battaglia, e le rare volte in cui ciò era successo non era andata a finire bene -anche per mano sua, ci tenne a specificarlo. Zaira assunse un'espressione scocciata e sbuffò sonoramente, girando lo sguardo totalmente dalla parte opposta al suo uomo nel tentativo di tenere a freno il nervosismo che pian piano si stava tramutando in rabbia. La rossa si era immaginata che sarebbe andata a finire in quel modo, ma aveva sperato di poterlo evitare oppure di dover affrontare quel genere di argomenti verso la fine della serata, così che avrebbe potuto decidere di andarsene per evitarli; chiaramente, in quel momento aveva le mani legate, la cena era appena cominciata e né lei né tanto meno Dastan potevano permettersi di alzarsi da quella tavola.
    Il sangue le si gelò nelle vene quando l'Orso del Nord riprese a parlare, spiegando come aveva pensato di agire: voleva andare da solo ad Onore, o al massimo con pochissimi uomini, ma aveva prima bisogno di trovare un arciere. Zaira voltò la testa verso di lui con uno scatto secco, fissandolo come si fissa un fantasma. Non le aveva ancora mai parlato di cosa aveva in mente di fare per avvicinarsi al Moro, e il fatto che si esponesse solo in quel momento, in quelle circostanze, le mandò il sangue al cervello. La cosa peggiore poi -ma questo lui non avrebbe potuto saperlo- era che aveva chiesto per un arciere, e si dava il caso che Henryk fosse particolarmente pratico a tirar le frecce. Alla rossa non sfuggì la scintilla negli occhi di suo padre, e di sicuro non sfuggì neanche al resto dei presenti se non a Dastan, che non l'avrebbe saputa interpretare come loro. Il suo uomo borbottò qualcosa tra i denti, ma lei non riuscì a capirlo; Henryk invece si ed il suo sguardo si fece improvvisamente vuoto: stava pensando. -Papà..- lo richiamò lei all'attenzione, prevedendo già cosa gli stesse frullando per la testa -nulla di buono. Zaira conosceva suo padre, e lui conosceva lei: l'uomo sapeva che sua figlia avrebbe seguito il suo uomo, non l'avrebbe mai lasciato da solo, e la sua natura di padre gli imponeva di assicurarsi che lei non rischiasse la vita così facendo. -Io so tirare di arco.- Henryk si riscosse dallo stato di trance in cui era piombato momentaneamente piombato, parlando però come se fosse ancora sovrappensiero. Zaira si coprì il volto con entrambe le mani, sospirando: era proprio ciò che aveva temuto, il fatto che al suo geniale padre venisse in mente la brillante idea di improvvisarsi Vigilante ed affiancare Dastan nello scontro con Llyod. -Non è la tua guerra papà, lasciala combattere a chi di dovere.- Tanya parlò per la prima volta, stranamente, e Zaira le lanciò un'occhiata confusa, felice comunque che la sorella si esponesse un po'. Ma suo padre non era facile da convincere, ed il fatto che non avesse perso tempo a dire all'Orso del Nord che sarebbe potuto tornargli utile, face capire alla rossa che era più che determinato a portare a termine quella cosa per tenerla sotto controllo.
    E infatti Henryk si zittì per un paio di minuti, fissando per un po' Tanya e poi Zaira: lo sguardo era così intenso che sembrava le stesse leggendo dentro. -Se il giovanotto qui ha bisogno di una mano non vedo perché non dovrei dargliela.- rispose quindi, fissando un po' tutti negli occhi -Sarò lontano dalla mischia, se è questo che vi interessa sapere.- Zaira non distolse mai gli occhi da suo padre, lo guardava come se volesse rimproverarlo, ma in realtà voleva soltanto che l'uomo si facesse passare quell'assurda fantasia. -Tu non vuoi dare una mano a lui, papà, tu vuoi controllare che io non mi faccia male perché sai che andrò ad Onore.- gli disse improvvisamente, dando voce ai suoi pensieri senza pensarci troppo e continuando a mordere il freno per evitare di urlargli contro. Si girò poi verso Dastan con gli occhi ridotti quasi a due fessure, incrociando il suo sguardo -Che lui lo voglia o no.- concluse, sfidando il suo uomo con gli occhi. Non avrebbe mai permesso a Dastan di escluderla da quella lotta -che in fondo la vedeva coinvolta esattamente come lui- né avrebbe permesso a suo padre di farsi ammazzare per qualcosa a cui non si era mai interessato e da cui sarebbe dovuto continuare a rimanere fuori.
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    Quella serata non era andata affatto come aveva pensato. Era stato tutto il pomeriggio ad arrovellarsi il cervello cercando un modo per non essere se stesso, per andare a genio ai genitori, ed invece non si era neanche dovuto sforzare più di tanto. Era proprio vero che Henryk era simile a lui, tanto che l'uomo si ritrovò a pensare ad un modo per aiutarli ad attaccare. Dastan lo poteva capire dal tipo di sguardo: assente, un po' preoccupato e decisamente agguerrito. Sapeva anche che a Zaira la cosa non andava decisamente a genio, come se avesse già sapesse di dover andare assieme a lui. Il Vigilante la guardava, ma quella si era voltata nella direzione opposta, evitando accuratamente il suo sguardo. Dastan non voleva assolutamente che Zaira lo affiancasse durante le ronde o gli scontri, perché odiava averla vicina in quei momenti. Erano entrambi più fragili, perché pensavano comunque sempre a proteggere l'altro, e certe cose non facevano altro che compromettere l'esito delle battaglie. La rossa sembrava sicurissima che l'Orso l'avrebbe portata, ma non aveva messo in conto il suo rifiuto. Avrebbe fatto come voleva, certo, ma non se l'avesse legata alla sedia. All'improvviso, poi, come se il silenzio di suo padre le sembrasse strano, si voltò, cercandolo con lo sguardo. L'uomo, però, fissava ancora il vuoto, evidentemente pensando a qualcosa di estremamente complicato. La rossa parlò, chiamandolo, ma fu Henryk ad intervenire e tornare a guardare Dastan dritto negli occhi, come se potesse scorgerci tutti i suoi pensieri. Di punto in bianco, gli rivelò che sapeva tirare bene d'arco. Il Vigilante rimase con lo sguardo conficcato in quello dell'uomo, senza sapere che cosa diavolo rispondere. Si sarebbe veramente portato dietro il padre della sua ragazza? Sarebbe potuto funzionare? All'improviso, però, la famiglia esplose, cominciando da una delle sorelle, che si immischiò dicendo che non era la sua guerra. Zaira sembrava concordare, mentre i gemelli non si erano espressi. Dastan credeva che avessero paura anche solo di parlare contro il padre, ed ora che lui aveva nominato Benjamin probabilmente il discorso si era fatto ancora più inaccessibile. Il ragazzo gli lanciò uno sguardo, osservandoli, poi tornò ad Henryk, che si era invece voltato verso una delle sue figlie e le stava dicendo che avrebbe aiutato Dastan, visto che ne aveva bisogno. Le promise che sarebbe stato "lontano dalla mischia" -quel compito spettava sicuramente all'Orso del Nord- ma nessuno dei presenti sembrava essere d'accordo. La rossa intervenne, dicendogli che non voleva aiutare Dastan, bensì voleva assicurarsi che Zaira stesse bene in quanto sarebbe andata lì comunque, anche senza l'approvazione del fidanzato. Quest'ultimo la osservò con la sua solita espressione seria, ma si notava che era infastidito. Per quale motivo sarebbe dovuta venire con lui? Non aveva bisogno di lei, né tantomeno necessitava di un punto debole tra i piedi. Guardò Henryk, che gli rivolse attenzione solo quando parlò.
    « Posso assicurarvi che Zaira non metterà piede in quella Fazione a causa mia. Se mai lo farà, sarà perché qualcun'altro l'ha aiutata. Non io. Non ho intenzione di portarla con me, innanzitutto per la sua incolumità, e poi perché sarebbe il mio punto debole più evidente. » disse. Voleva che le cose fossero chiare a tutti, lì dentro. La maggior parte delle volte Zaira neanche sarebbe dovuta esserci, invece aveva sempre voluto essere al suo fianco. Non sapeva se proporre di andare da Lloyd in quell'istante, in modo da trascinarsi dietro solo Henryk, ma era piuttosto sicuro che avrebbe scatenato il finimondo. No, se aveva intenzione di farlo, allora glielo avrebbe dovuto confermare lui. Non poteva fare come voleva, conosceva da molto poco tutti quanti e non gli sembrava il caso.
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    Zaira si era aspettata un muro da parte del suo uomo, sapeva che nei suoi piani lei non sarebbe mai dovuta rientrare, altrimenti le avrebbe comunicato la sua decisione e l'avrebbe resa parte integrante della missione ben prima di quella sera. No, Dastan non la voleva tra i piedi e lei non gliene faceva neanche una colpa: aveva avuto modo di sperimentare la cosa con Tommen, e non era andata a finire bene -se pur non per colpa sua-, ma non riusciva proprio ad evitare anche solo l'idea di seguire l'Orso del Nord ad Onore. Dastan assicurò i genitori e tutta la famiglia di lei che la rossa non avrebbe mai raggiunto Onore, non grazie a lui almeno, perché era il suo punto debole, e lui sarebbe stato il suo. Aveva perfettamente ragione, Zaira si ritrovò ad annuire con convinzione quando lo sentì parlare così, eppure la sua decisione rimase immutata. In un modo o nell'altro, se Dastan fosse arrivato ad Onore lei non sarebbe stata da meno: non era il tipo di donna che se ne stava a girarsi i pollici seduta a casa, no, pur sapendo di essere del tutto indesiderata lei faceva in modo di ottenere la sua parte in qualsiasi evento la riguardasse in modo diretto oppure no. Si dava anche il caso, per altro, che Llyod non avesse fatto un affronto solo ed esclusivamente a Dastan ed i suoi, perché la guerra era scoppiata anche a causa sua, della sua relazione con l'Orso del Nord. Il Moro l'avrebbe voluta tutta per sé, lei lo sapeva, quindi perché non avrebbe dovuto farsi valere e fargli capire che non l'avrebbe mai avuta -anche se, ovviamente, era del tutto logico e scontato, anche uno stupido come il Capo di Onore l'aveva già capito. -Non mi impedirai di combattere una guerra che è anche mia.- ribatté a quel punto lei, in modo sorprendentemente calmo, poi, in tono adesso stizzito, aggiunse -E non ho bisogno che mi guardi le spalle, Llyod vuole morto te per avere me, non mi farebbe mai troppo male.- Ed in realtà Zaira non era affatto convinta di quella cosa, anzi, tutt'altro: magari il Moro avrebbe fatto fuori entrambi, oppure li avrebbe presi prigionieri e avrebbe chiesto alle rispettive Basi di arrendersi -il che non sarebbe avvenuto molto facilmente, forse- e poi li avrebbe uccisi comunque. Ma in quel momento era alla ricerca di qualsiasi pretesto pur di non rimanere con le mani in mano e seguire il suo uomo e, com'era probabile che sarebbe successo, anche suo padre.
    Nella stanza calò il più completo silenzio per qualche secondo, si sentivano solo i respiri profondi dei presenti; lei e Dastan si scambiarono una lunga occhiata in cui si dissero un'infinità di cose, ma fu Henryk a rompere nuovamente il silenzio. -Cos'è che sai fare, tu?- le domandò con fare incalzante, cercando probabilmente di dissuaderla mettendola alle strette e facendole capire che sarebbe stata solo di peso -Saprai anche combattere un po', grinta e coraggio non ti mancano, ma queste cose.. queste cose devi lasciarle fare a chi sa gestirle indubbiamente meglio di te.- Sentire suo padre parlare in quel modo, svalutandola completamente, la feriva. Non era una ragazza che si lasciava condizionare dai commenti della gente, Tommen per primo le aveva detto che la vita da Vigilante non era fatta propriamente per lei, ma Zaira non gli aveva mai dato retta; nonostante ciò, sentire suo padre confessare per via indiretta di non avere un briciolo di fiducia in lei le faceva male. -Pensi mi abbiamo sempre parato il culo negli scontri?- sbottò quindi, alzandosi di scatto dalla sedia, che cadde a terra con un tonfo sordo. Notò le sorelle trasalire, ma le ignorò. -É vero, non sono forte, tutt'altro, ma sono furba, sono agile e veloce ed è così che ho sempre mantenuto la testa attaccata al collo, che tu ci creda o no.- fece una pausa, allontanandosi dal tavolo ormai in preda ad un moto di rabbia che doveva essere sfogata. -Ad Onore ci andrò, lo farò perché quello stronzo ha un conto aperto con me personalmente e non perché devo parare il culo a Dastan, può farlo benissimo da solo, esattamente come potrò farlo io. Non mi serve il suo aiuto, meno che mai ho bisogno del tuo.- finì di urlare contro Henryk con il viso ormai rosso per la rabbia e lo sforzo. Le tempie le pulsavano come non mai e capì di doversi allontanare momentaneamente da tutti, soprattutto da suo padre. -Vado a rinfrescarmi il viso.- disse, dirigendosi verso le scale, salendo al piano superiore e dirigendosi verso la stanza degli ospiti dove sapeva che sua madre teneva per abitudine una bacinella con dell'acqua fresca ed un asciugamano per ogni eventuale "ospite dell'ultimo momento". Suo padre la seguì inizialmente con lo sguardo, poi sibilò qualcosa tra i denti e le si lanciò dietro. -Avrò rischiato innumerevoli volte di perderti, non ti manderò al macello proprio sotto i miei occhi.- lo sentirono dire una volta raggiunta la figlia. Zaira non riuscì a realizzare in tempo ciò che stava accadendo, tanto la cosa fu veloce. Si stava rinfrescando il viso, ancora con i nervi a fior di pelle, quando udì la voce di suo padre e, voltandosi, vide il suo volto sparire dietro la porta che veniva chiusa con una doppia mandata. -Papà no!- gli urlò, improvvisamente in preda al panico -Apri subito questa cazzo di porta!- ma chiaramente Henryk non le dava ascolto. L'uomo si era già diretto verso la sua stanza, aveva preso arco e frecce ed era sceso nuovamente, improvvisamente pronto per andare in guerra. -Non uscirà da quella stanza prima che tutto sia finito.- esclamò con tono austero, dando implicitamente un compito ed un ordine ai suoi famigliari: nessuno doveva farsi prendere dalla compassione per nessuno motivo. Henryk poggiò poi una mano sulla spalla di Dastan, guardandolo con determinazione e parlando con un tono di voce altrettanto fermo e deciso -É il momento giusto per sistemare la faccenda.- gli disse -Pensi di poterlo fare, adesso?-
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    Okay, forse aver introdotto quell'argomento non era stata una genialata. Il padre di Zaira si era offerto di aiutarlo senza neanche conoscerlo un poco, senza sapere come diavolo si organizzasse durante una rissa o che altro. Sua madre era chiaramente in iperventilazione, tanto che le guance le si erano colorite di un rosso acceso; i gemelli ciondolavano sulle sedie, inermi, come se si stessero maledendo per essere entrati nell'Esercito e quindi non essere utili in situazioni come quelle; le sorelle erano scioccate, ed una in particolare aveva nascosto la bocca dietro alle mani, allibita; Zaira, d'altro canto, gli rivolgeva degli sguardi di fuoco degni del primo periodo in cui si erano incontrati. In quel momento, insomma, nell'aria non c'era un'atmosfera leggera, e purtroppo l'Orso del Nord non sapeva come sdrammatizzare. Non che gli fosse concesso, visto che era stato proprio lui a mettere in mezzo certi discorsi. Henryk gli aveva proposto di andare assieme, ma la rossa era scoppiata -chiaramente indignata dalla situazione- ed aveva argomentato anche piuttosto seriamente le sue motivazioni, tanto che per un istante Dastan credette che gli altri si sarebbero arresi. Un solo, piccolo errore la tradì: dopo aver terminato di sbraitare si chiuse in bagno, evidentemente scossa da tutto quello che stava succedendo. Il padre di lei, che aveva una considerazione non troppo alta di sua figlia, evidentemente, si mosse con una tremenda agilità: il Vigilante non lo avrebbe mai detto, eppure quell'uomo si muoveva ancora alla grande. Con due balzi arrivò al piano di sopra, costringendo tutti ad alzarsi dalle sedie per vedere che cosa diavolo stesse succedendo. Dastan si sentì in dovere di rivolgere ai presenti uno sguardo allarmato, ma fu la signora Von Row ad indicargli di salire immediatamente. L'Orso del Nord ubbidì, facendosi le scale a due a due, notando chiaramente il momento in cui Henryk chiudeva sua figlia a chiave dentro la stanza. Le urlò qualcosa che in quel momento il ragazzo non capì, poi si voltò verso di lui e lo raggiunse a grandi passi. Si stagliò in cima alle scale, fissando tutta la sua famiglia con uno sguardo decisamente furioso e guerrigliero. Non avrebbe mai immaginato che le cose sarebbero finite in quel modo. Dastan scese assieme a lui, mentre quello diceva a tutti che non sarebbe dovuta uscire per nessun motivo. La grande rossa ebbe un mancamento e fu costretta a sedersi, improvvisamente pallida in volto: sapeva che cosa diavolo stava passando per la mente del marito. Quest'ultimo si voltò verso di lui, fissandolo dritto negli occhi. All'improvviso, gli chiese di partire all'istante. Il Vigilante rimase a bocca aperta, restituendogli uno sguardo pressoché incredulo. Dopo aver sbattuto freneticamente le palpebre, Dastan assunse la sua solita espressione corrucciata, anche perché si addiceva terribilmente al momento: non ci stava capendo proprio nulla.
    « Io sono pronto, ma dovete farmi un favore. So di contraddirmi, ma... » cominciò. Sapeva che avrebbe sorpreso tutti quanti e che non era decisamente una mossa geniale, ma allo stesso tempo sapeva di doverlo fare. Fece una piccola pausa, poi fissò tutti quanti in volto, tornando infine ad Henryk. « Lasciate andare Zaira. Non fate altro che alimentare la sua rabbia, in questo modo, e se mai dovesse succedermi qualcosa sul campo vi incolperà a vita. Vi giuro sulla mia Base e sui miei ragazzi che farò tutto ciò che posso per proteggerla. A costo della mia vita. » disse. Aveva parlato a bassa voce, ma tutti quanti sembravano averlo capito. Di sopra, si poteva avvertire Zaira sbraitare, urlare imprecazioni e bestemmie, tanto che perfino Dastan si meravigliò di sentirla così sboccata. Sapeva che tra poco sarebbe scoppiata a piangere ed avrebbe gridato fino a quando qualcuno non l'avrebbe liberata. Glielo doveva. Lei c'era sempre stata per lui, e poi era sicuro che non le sarebbe capitato nulla. La famiglia Von Row lo fissò come se fosse stato un malato di mente -specialmente la grande rossa- ma Dastan non demorse. Sapeva di aver detto fino a poco prima che non sarebbe arrivata ad Onore per colpa sua, ma sentirla così adirata e saperla in gabbia gli dava fastidio. La sua donna poteva fare quel cazzo che le pareva, e quella era una certezza. Restituì lo sguardo battagliero, e fu uno dei gemelli a superarlo per andare a liberare sua sorella. L'Orso del Nord annuì lentamente, mantenendo l'attenzione su Henryk, che era arrabbiato come non mai. Gli si avvicinò in un attimo, e ciò che disse fu così flebile e veloce che per poco non gli sfuggì.
    « Se dovesse succedere qualcosa a mia figlia per colpa tua, giuro sulla mia famiglia che ti strapperò il cuore mentre batte ancora. » esclamò, con la sua solita espressione arcigna e bruciante. Il Vigilante annuì, senza aver paura di sostenere il suo sguardo.
    « In tal caso lo farei da solo, signore. » gli rispose.
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    Non avrebbe mai pensato di arrivare a provare ciò che probabilmente provavano gli animali in trappola, ed il tutto per mano del suo stesso padre. Non le interessavano le motivazione di Henryk, non lo avrebbe mai perdonato per quello che le stava facendo. Zaira girava per la stanza come una trottola impazzita, andando avanti e indietro, infilandosi le mani nei capelli e tirandoseli indietro, urlando e prendendo a calci la porta. -Fammi uscire da questa cazzo di stanza papà, o giuro su qualsiasi cosa che te la farò pagare.- gli gridava di continuo, ogni volta sempre più forte. Chiamò i nomi di tutti i suoi famigliari, consapevole che nessuno si sarebbe messo contro il capofamiglia, ed arrivò persino ad implorare il suo uomo di liberarla , ma Dastan non arrivò. Se l'era aspettato, lui per primo non avrebbe voluto che la rossa lo seguisse ad Onore e sicuramente quella mossa da parte di Henryk gli andava più che a genio. Non riusciva a capacitarsi di come le cose le fossero sfuggite di mano quella sera, di come la situazione fosse precipitata senza che le fosse stato dato neanche il tempo per provare ad evitarlo. Con che coraggio suo padre si fosse proposto di rischiare la propria vita in quelle circostanze ancora non riusciva a spiegarselo: l'aveva ignorata per anni perché era per lui un grande disonore -pur tenendola segretamente più in considerazione di Tanya o anche di Domitilla, a volte- quindi perché proprio adesso doveva ficcare il naso in faccende che non lo riguardavano proprio non le era chiaro. Si arrovellò il cervello per qualche altro secondo su quella cosa, cercando spiegazioni che andassero oltre il semplice amore e senso di protezione che un padre aveva nei confronti della propria figlia, ma senza successo. Zaira stava tremando come una foglia tanto i suoi nervi erano tesi e pronti a fare il minimo scatto. Continuò a sferrare calci e anche pugni alla porta e alle pareti, sentendo la prima cedere leggermente sotto il peso dei colpi, ma troppo poco perché lei col suo misero peso potesse avere la possibilità di sfondarla, e dopo un po' che aveva cominciato a prendere a pugni la parete delle piccole ferite le si aprirono sulle nocche e sul lato della mano che cozzava contro il solido muro di pietra. Era dentro quelle quattro mura solo da pochi minuti, eppure le sembravano un'eternità: due lacrime le rigarono il volto, dettate dalla rabbia ma anche dalla preoccupazione di poter perdere non una bensì due persone che nel bene e nel male erano parte di lei, e non avrebbe sopportato la perdita di nessuno dei due. -Porca puttana Dastan!- tuonò di nuovo, dopo un minuto di pausa -Che cazzo ti sei messo in testa anche tu?- La voce cominciava a venirle meno, ma finché avesse avuto la certezza che qualcuno poteva ancora sentirla, lei non avrebbe smesso di agitarsi. Sapeva che i due uomini non erano usciti perché la finestra della stanza dava esattamente sul cortile davanti, quello da cui si usciv...
    Un momento. La finestra poteva essere un'ottima soluzione per uscire fuori da quell'inferno. Zaira si avvicinò per valutare l'altezza e la presenza di qualche appiglio utile, e la frustrazione si impadronì di lei quando si rese conto che saltare da lì avrebbe significato farsi male, molto male, ed essere di conseguenza impossibilitata a seguire i due ad Onore anche se fosse evasa dalla cella in cui suo padre l'aveva amorevolmente rinchiusa. Non c'era nessun appiglio, il tubo di scolo della grondaia era troppo lontano, non c'erano alberi e neanche aggrapparsi ai mattoncini più sporgenti e scendere sarebbe stata una soluzione intelligente. La rossa non riuscì a trattenersi dal lanciare un urlo estremamente forte e disperato come non mai, cui seguirono una serie di imprecazioni di ogni genere. Non poteva finire in quel modo quella sera, non poteva rimanere dentro quella dannata stanza fino a che non avesse visto tornare Dastan ed Henryk, magari entrambi cadaveri.
    La chiave all'esterno della porta girò ed una luce diversa da quella della luna fuori dalla finestra invase la stanza: Angus le fece segno di uscire e Zaira non se lo fece ripetere due volte. Non lo degnò di uno sguardo né di alcuna parola, ma si precipitò giù per le scale puntando dritta verso suo padre con le braccia protese in avanti, spintonandolo. -Che cazzo pensavi di fare, eh?- lo incalzò, facendo per avanzare di nuovo e venendo però trattenuta da Angus, che le era corso dietro e la reggeva per le braccia -Non sono uno di quei fottuti cervi che metti in trappola e poi ammazzi, non puoi trattarmi come un animale del cazzo.- La rossa urlava come impazzita, accecata dalla rabbia più profonda e sincera che avesse mai provato in vita sua. Suo padre non le rispose neanche, ma le dette le spalle e si diresse verso la porta, lanciando solo una rapida occhiata a Dastan e facendo urlare nuovamente Zaira. -Vuoi darti una cazzo di calmata?- intervenne a quel punto sua madre, superandola con un urlo più acuto e deciso di quello della figlia. Zaira non le aveva mai sentito pronunciare una sola parola fuori posto, perciò quella fu una sorpresa che conquistò tutta la sua attenzione. -Hai ottenuto il permesso di andare ad Onore con loro, ringrazia Dastan per questo.- le spiegò, e solo in quel momento Zaira notò che la madre aveva le lacrime agli occhi. Ma non si lasciò impietosire, continuò a guardare anche lei come se fosse la colpevole di tutta quella storia che di per sé aveva dell'assurdo. -E lasciami.- sibilò a denti stretti, liberandosi dalla stretta di Angus che ancora -logicamente- non si era fidato a lasciarla andare. -Ricordati che io non ho bisogno del permesso di nessuno, mamma.- le disse, e Rowena trasalì a quell'ennesima dimostrazione di spavalderia, superbia e stupidità da parte della minore delle sue figlie. Zaira si voltò poi verso Dastan, lanciandogli uno sguardo di fuoco ed avvicinandoglisi dicendo -Nessuno, sia chiaro.-
    La rossa uscì quindi dalla casa con l'impetuosità di un uragano, slegando velocemente -nervosamente, rabbiosamente- il suo cavallo dal palo a cui l'aveva assicurato e montando in sella. Non aveva armi con sé, né aveva la sua fedelissima lupa al proprio fianco e non sarebbero mai passati alla Base per recuperare qualcosa, ne era certa. Poco male, avrebbe cercato di disarmare e sicuramente avrebbe avuto molte più difficoltà del normale, ma non era sola e se la sarebbe cavata, come sempre. Attese che Dastan raggiungesse lei e suo padre, piombato in un profondo silenzio, quindi spronò il cavallo. Era definitivo, ormai: o loro o Llyod, quella notte.
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