As far away as possible

23 novembre 102 PA, sera

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    Erano passati diversi giorni da quando quel folle alla locanda lo aveva assalito ed aveva quasi rischiato di ammazzarlo, giorni in cui Goron soggiornava nella stanza di Freya all'insaputa di tutti -eccetto la ragazza, ovviamente. Si sentiva già molto meglio di non più di due o tre giorni prima, la giovane gli cambiava le fasciature ogni giorno, aveva comprato una scorta di cibo solo per lui e, se pur esitante ogni qualvolta arrivava il momento, alla sera si era decisa a dormire nello stesso letto con lui, che si vedeva costretto a tenersela stretta a sé per non farla cadere. Sembravano una coppietta felice ed affiatata, ma in realtà erano l'esatto opposto; o meglio, c'era del feeling tra loro, una sorta di complicità probabilmente dettata dalla convivenza e dalla consapevolezza che, dovendosi la vita a vicenda, in qualche modo sarebbero stati legati per sempre, nonostante ciò nessuno dei due era felice. Freya aveva perso la luce, la grinta e la vivacità che la caratterizzavano quando Goron l'aveva conosciuta, ed il Cavaliere se ne accorgeva man mano che i giorni passavano da come la ragazza parlava, dai suoi sospiri e dal suo guardare fuori dalla finestra agognando a tutt'altro tipo di vita. Lui, dal canto suo, era stanco di stare rinchiuso lì: aveva provato a convincere tanto Freya quanto Eldeth che era in grado di volare via di lì, sarebbe stato disposto a rimanere a Giustizia fino a che non si fosse completamente rimesso, l'importante era trovarsi un posto più sicuro in cui stare. Il Cavaliere e la ragazza vivevano ormai nella costante ansia di venire scoperti dal locandiere, e Goron aveva provato a far leva su quello per convincere Freya e la dragonessa a volare via di lì, ma senza successo: le due lo ritenevano ancora troppo debole per viaggiare anche solo per una breve distanza, ed in più Eldeth non si era ancora convinta del fatto che la ragazza li avrebbe seguiti, anzi, si ostinava a ripetere che l'avrebbe incenerita o lo avrebbe abbandonato lì con lei, pur di non farla montare sul proprio dorso. Insomma, davanti a quel doppio muro, Goron si era dovuto rassegnare.
    Ma era vero che stava già molto meglio: riusciva ora a stare in piedi senza traballare e rischiare di cadere ad ogni passo, e la ferita aveva cominciato lentamente e gradualmente a rimarginarsi. Si affaticava con facilità, certo, ma d'altronde non era passata che quanto? Una settimana? Nessuno si riprendeva completamente in una settimana, dopo uno scontro come quello in cui era stato trascinato lui, non senza cure magiche almeno. Se solo avesse avuto quelle, in quel momento non si sarebbe ritrovato a sorseggiare dell'acqua in una stanza piccola, poco illuminata e umida come quella in cui il locandiere aveva relegato Freya, ma forse avrebbe già ripreso a fare i suoi vari lavoretti per conto degli altri, o magari sarebbe stato a solcare la Sword's Hilt in lungo e in largo insieme alla ragazza, prima di riportarla a casa. C'erano un'infinità di cose che Goron avrebbe potuto fare e che, invece, in quel momento poteva solo e soltanto sognare. -Non è che magari oggi ti sei convinta a partire, no?- domandò il Cavaliere mentre Freya trafficava con le nuove fasce; ormai le faceva quella domanda ogni giorno, sperando che la giornata di lavoro l'avesse talmente sfinita da farle dire "scappiamo, non ce la faccio più". Ma la risposta era sempre stata la stessa, il solito no, la solita spiegazione, l'ennesima ramanzina. Aveva addirittura pensato di scappare di lì e ripartire per conto proprio, ma non ce l'avrebbe mai fatta: avrebbe fatto la figura dell'ingrato, innanzitutto, cosa a cui non teneva minimamente, ed in più si era preso un impegno e l'avrebbe portato a termine.
    Freya gli si avvicinò per cambiargli le fasciature, ma nello stesso momento Goron percepì un rumore di passi in avvicinamento: in quanto Cavaliere -quindi combattente- aveva sviluppato molto i propri sensi, soprattutto vista e udito, ma soprattutto aveva imparato a non abbassare mai la guardia. La ragazza stava per dire qualcosa -probabilmente l'ennesimo no alla sua domanda- ma Goron le poggiò un dito sulle labbra e le fece segno di ascoltare. -Vorrei sapere... per la testa a quella sguattera... soldi... perso.... clienti facoltosi...- il suono era terribilmente ovattato, ma qualche parola, probabilmente pronunciata con un tono di voce molto più alto delle altre, si capiva perfettamente. -Che diavolo è successo?- le chiese sbrigativo, allontanandosi con una mossa veloce da lei per avvicinarsi alla porta. Sentì la ferita mandargli una fitta lancinante, segno che si era mosso con eccessiva sveltezza e non era ancora pronto per quel genere di movimenti, ma Goron strinse i denti e la ignorò. I passi si facevano sempre più vicini, non c'era dubbio. Si guardò intorno alla ricerca di un nascondiglio, ma non c'era nulla di utile. Si sarebbe potuto nascondere alla bene e meglio al lato dell'armadio e sperare che l'uomo non lo notasse. Oppure sarebbe potuto uscire fuori dalla stan.. Troppo tardi, ormai, perché il locandiere era arrivato alla porta. -Cerca di trattenerlo lì, non farlo entrare o siamo spacciati.- le disse in un sussurro, appiattendosi poi dietro la parete dell'armadio, immobile. Non aveva armi con sé e non avrebbe retto uno scontro corpo a corpo -anche perché l'oste era grasso, quindi avrebbe opposto una certa resistenza- perciò se fosse entrato nella stanza sarebbero stati in guai molto grossi.
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    Vivere a stretto contatto con un'altra persona era un’esperienza stranissima, qualcosa a cui Freya non riusciva assolutamente ad abituarsi. Nonostante fosse passato già qualche giorno da quando aveva trovato Goron e l’aveva portato alla locanda, ancora aveva qualche difficoltà a trovarsi a suo agio con lui, soprattutto per quanto riguardava la questione del dormire… e l’avere già passato diverse notti praticamente abbracciata a lui non rendeva di certo la questione meno imbarazzante. Cercava di rimuginarci sopra il meno possibile, consapevole che non c’erano altre soluzioni, per cui tanto valeva provare a non pensarci troppo… eppure ogni volta si sentiva le farfalle nello stomaco quando si svegliava, nel cuore della notte, così appiccicata a lui. Non c’era nessuna implicazione sentimentale, non è che si stesse prendendo una cotta per lui o cose così; per quanto fosse bello, non riusciva a vedere Goron in quel modo, ma era comunque un uomo, e la sensazione di avere un corpo così forte e virile vicino al buio, nello stesso letto, non poteva fare altro che lasciarla sconvolta ogni volta.
    A parte quello, sembrava che fossero entrati entrambi in una specie di routine quantomeno accettabile: durante il giorno lei lavorava, di sera gli cambiava le fasciature (la ferita stava piano piano guarendo, ed ora Goron riusciva anche a camminare senza troppe difficoltà), gli portava da mangiare, lui cercava di convincerla a partire, lei gli diceva di no… normale amministrazione, insomma. Gli aveva anche comprato una camicia nuova, visto che gli abiti vecchi erano andati distrutti durante la rissa, e alcuni di quei medicinali strani fatti di erbe che si applicano sulle ferite e dovrebbero aiutarle a rimarginarsi. Quella sera, come al solito, mentre lo stava aiutando lui le porse la domanda che ormai le faceva ogni volta in cui ne aveva l’opportunità, ovvero « Non è che magari oggi ti sei convinta a partire, no? », guadagnandosi un’occhiataccia ed un sospiro esasperato. Freya capiva l’impazienza di Goron, che detestava quel posto (beh, come biasimarlo?) e che era abituato a viaggiare in lungo ed in largo e a fare sempre quello che desiderava. Sapeva che fremeva per andarsene da lì, per rimettersi in sella ad Eldeth (sospettava che sentisse anche la sua mancanza, ma non glielo aveva mai chiesto) e volare via, ma non ne era ancora in grado. Solo che non voleva ammetterlo. E lui sapeva già la risposta alla sua domanda, ed entrambi sapevano che se fossero partiti subito, probabilmente la sua ferita si sarebbe riaperta ancora prima di arrivare al villaggio più vicino. Ormai si era abbastanza convinta all’idea di seguirlo, anche se certe volte si faceva prendere dai ripensamenti e pensava che quella non fosse una grande idea; tuttavia sapeva che lui non l’avrebbe mai lasciata lì, e, in fin dei conti, nemmeno lei lo voleva. Quel posto le stava succhiando via l’anima e sapeva che non sarebbe potuta sopravvivere ancora molto; in più, in paese continuavano ad arrivare sempre più soldati, soprattutto mercenari, ed accadeva ormai quotidianamente che qualche avventore della locanda provasse a farle avances più o meno insistenti e che lei dovesse respingerle. Nonostante non raccontasse quegli avvenimenti a Goron, si sentiva sempre più estenuata, come se qualcosa la stesse mangiando da dentro. Stava giusto per rispondergli di no, quando lui la zittì posandole un dito sulle labbra, e fu soltanto in quel momento che Freya udì quello che lui aveva probabilmente già sentito: la voce del signor Schmidt, che si faceva sempre più vicina. « Vorrei sapere... per la testa a quella sguattera... soldi... perso.... clienti facoltosi... » sbiancando improvvisamente, rivolse un’occhiata disperata al suo compagno, che tuttavia non sembrava aver perso il sangue freddo. Dopo averle chiesto cosa fosse successo, scattò vicino alla porta, per poi rendersi conto che il suo capo era davvero troppo vicino e che non avrebbe potuto scappare da lì; « Cerca di trattenerlo lì, non farlo entrare o siamo spacciati. » le ordinò quindi, nascondendosi dietro la parete dell’armadio. Al signor Schmidt sarebbe bastato fare tre passi dentro la stanza per notarlo, e sarebbero stati spacciati. Proprio nello stesso momento, lo sentì fermarsi dietro la soglia, bussare con talmente tanta forza da farle andare il cuore in gola ed urlare « Apri la porta, ragazzina! APRI QUESTA MALEDETTA PORTA O LA BUTTO GIU’! ». Freya rimase per un secondo paralizzata, senza sapere cosa fare; poi riacquistò lucidità, e aprì solamente per uscire, intenzionata a chiudersela alle spalle ed impedirgli di varcare la soglia; tuttavia non fece nemmeno in tempo a mettere piedi fuori, bisbigliando un « Mi dispiace… » che l’uomo vi si fiondò dentro, rosso in volto come un peperone e con una vena alla base del collo che sembrava stesse per scoppiare. Sapeva per cosa era arrabbiato: un paio di ore prima, uno dei suoi clienti aveva insistentemente provato a convincerla ad andare con lui; dopo averla stretta alla parete ed avere cominciato a tastarla e baciarla ovunque, Freya gli aveva rifilato una ginocchiata nelle parti basse e l’aveva piantato lì, dolorante ed arrabbiato. Poi si era rifugiata nelle cucine, dove era scoppiata a piangere, disgustata e spaventata, e solo una volta calmatasi era tornata al lavoro. Razionalmente, avrebbe dovuto immaginare che non gliel’avrebbe fatta passare liscia, ma era stata talmente sconvolta da comportarsi in modo imprudente, ed ora sarebbe stato Goron a pagarne le conseguenze. « TI DISPIACE?» le stava ancora urlando il signor Schmidt, troppo concentrato su di lei per guardarsi in giro « Mi hai fatto perdere un cliente, piccola stupida, solo perché ti piace fare la schizzinosa! » le afferrò il polso con forza, facendole male; lei provò ad indietreggiare, spaventata, fino ad andare a sbattere contro il comodino di fianco al letto; senza pensare, impulsivamente, mentre lui la tirava verso di sé, afferrò il vassoio in legno che aveva usato per portare la cena a Goron e lo spaccò con forza sul cranio dell’uomo, che si accasciò improvvisamente a terra, privo di sensi.
    Per un secondo le parve che il mondo si fosse fermato. Finalmente libera, guardò sconvolta il suo datore di lavoro, riverso al suolo, e temette fosse morto. Sentendo le lacrime che cominciavano a scendere dai suoi occhi, terrorizzata, alzò lentamente lo sguardo a cercare quello del Cavaliere, mentre si portava le mani alla bocca. Improvvisamente le veniva da vomitare. « Oh mio dio. L’ho ucciso? Ti prego, dimmi che non l’ho ucciso » le tremava la voce, come tutto il resto del suo corpo, e probabilmente più che una domanda la sua sembrava una supplica. Che cosa aveva fatto?
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    Quell'uomo non si faceva schifo da solo a trattarla come una puttanella da quattro soldi? Ormai avrebbe dovuto capire che Freya non era una ragazza che si concedeva tanto facilmente quanto altre, perciò sarebbe stato meglio per i suoi affari -e sopratutto per il bene di lei- che la licenziasse e la cacciasse via di lì. Ci avrebbero indubbiamente guadagnato entrambi. L'oste era entrato nella stanza e Goron poteva vederlo, ma l'uomo no perché gli dava le spalle ed era fin troppo preso a maltrattare la povera ragazza.Il Cavaliere vide l'intera scena con orrore: il locandiere che entrava urlando come impazzito, accusandola di avergli fatto perdere un cliente per via del suo essere restia a concedersi a chiunque. Le aveva afferrato il polso e l'aveva costretta ad indietreggiare, ed il Cavaliere aveva provato un moto di rabbia e disgusto così forte che si era già preparato per saltare addosso all'uomo e dargli una lezione; avrebbe sfruttato l'effetto sorpresa, e sicuramente sarebbe riuscito a metterlo KO, dopo di che sarebbe scappato e si sarebbe trascinato dietro Freya. Ma non dovette fare nulla, non ne ebbe il tempo. In preda al panico più totale, la ragazza afferrò il vassoio che aveva a portata di mano e lo picchiò violentemente sulla testa dell'oste che, con un singulto, cadde a terra. Goron la fissò sbalordito, rimanendo immobile di fianco all'armadio per un momento, poi il suo sguardo passò all'uomo riverso a terra e di nuovo torno a Freya. La ragazza tremava e quando Goron incontrò il suo sguardo notò addirittura che aveva le lacrime agli occhi. La vide sbiancare, portarsi una mano alla bocca e poi chiedergli se lo avesse ucciso, pregando di no. Per paura che svenisse, il Cavaliere si mosse verso di lei ed in modo del tutto automatico l'abbracciò; se la strinse forte a sé, accarezzandole i capelli e dicendole di calmarsi, ma Freya tremava come una foglia, era totalmente sotto shock. Goron sciolse momentaneamente l'abbraccio e si abbassò lentamente verso l'uomo, portando due dita al suo grasso collo. Il battito c'era ancora, se pur leggero, indicando che l'uomo era solamente svenuto. Il ragazzo sospirò deluso, aveva sinceramente sperato che quella botta in testa lo avesse messo a tacere per sempre, ma come avrebbe potuto? Freya non aveva molta forza, probabilmente se lo avesse fatto lui il risultato sarebbe stato diverso, ma per lei era già tanto l'averlo fatto svenire. Alzò quindi lo sguardo su di lei, scuotendo la testa e poi alzandosi. -Puoi stare tranquilla, è solo svenuto.- la informò. La cosa non sembrava averla tranquillizzata granché, ma non sarebbero potuti rimanere lì ad aspettare che lo shock le passasse e rischiando di venir scoperti da qualcun altro o di far risvegliare l'uomo.
    Goron si guardò intorno, chiedendosi cosa si sarebbero potuti portar dietro: Freya aveva dei soldi da parte, non molto ma sarebbe stata una cifra sufficiente -sperava- a poter tirare avanti qualche giorno, fino a che lui non fosse stato in grado di tornare a casa sua e riprendere qualcosa. Quindi avrebbero dovuto prendere dei soldi e tutto il cibo che avrebbero potuto, così avrebbero risparmiato almeno su quello. Poi servivano le fasciature per lui e gli unguenti, anche se stava sinceramente pensando di andare via di lì e cercare un mago che gli sistemasse la ferita in poco più di un secondo. -Non possiamo stare qui.- le disse, allontanandosi e dirigendosi verso la porta, rimasta aperta. Si assicurò che nessuno li avesse sentiti o stesse arrivando, e per fortuna non si sentiva alcun rumore. -Cibo, soldi, fasce e unguenti, dobbiamo prendere tutto.- le spiegò mentre tornava verso di lei, che ancora tremava; non avrebbero mai potuto viaggiare insieme se per una cosa del genere andava in paranoia. Goron serrò la mascella e sbuffò aria dalle narici. -Hai fatto quello che era necessario, Freya, non fartene una colpa.- borbottò quindi, fissandola negli occhi con fermezza, ma non con severità -che era l'ultima cosa di cui probabilmente la ragazza aveva bisogno. -Fatti trovare alla prima radura utile, Eldeth. Partiamo stasera.- l'avvertì, consapevole che la dragonessa aveva comunque seguito il flusso dei suoi pensieri e sapeva già cos'era successo. La sentì ringhiare, ma non obbiettare, segno che avrebbe rispettato il suo volere. Goron guardò ancora Freya, poi andò alla ricerca di una sacca o di qualsiasi altra cosa in cui poter mettere le cose che gli servivano. Trovò solo il cestino che Freya usava per andare al mercato e cominciò ad acciuffare tutto ciò che gli sembrava utile, muovendosi velocemente, troppo velocemente.
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    Goron la guardava come se le fosse sbucato un terzo occhio proprio al centro della fronte.
    Ed effettivamente, per un secondo Freya si sentì così. Un mostro. Non era mai stata una persona violenta, non dal punto di vista fisico per lo meno, anche perché era troppo fragile per poter fare effettivamente del male a qualcuno; tuttavia, all’improvviso si ritrovò a pensare a come avesse ragione chi affermava che le persone disperate possono compiere azioni straordinarie; il vassoio spaccato a metà ne era la prova inconfutabile, abbandonato com’era al suolo, vicino all’uomo che era stato il suo capo. Se non era morto, di sicuro lei era licenziata.
    Senza staccare gli occhi dal Cavaliere, cercando di trattenere le lacrime, lo guardò mentre si avvicinava a lei e, sorprendentemente, la abbracciava; la strinse a sé, accarezzandole i capelli e dicendole di calmarsi. La ragazza sentì il panico scemare un po’, al sicuro tra le sue braccia, anche se non riusciva a controllare quel tremore che l’aveva assalita e che le faceva sbattere i denti così forte da temere di romperli; l’idea di aver davvero potuto uccidere una persona, per quanto spregevole e disgustosa fosse, le faceva venire la nausea. Rimase quindi con il fiato sospeso mentre Goron si chinava su di lui, liberandola dal suo abbraccio (Freya avrebbe voluto farlo durare di più, bisognosa come non mai di essere consolata, ma non si azzardò a chiederglielo) e portando due dita al collo del signor Schmidt per constatare che era ancora vivo.
    Fu come riaffiorare in superficie dopo troppo tempo in apnea; provando un sollievo enorme, come mai prima di allora, osservò il suo compagno mentre si dirigeva alla porta, dicendole che non potevano stare lì, e che dovevano prendere tutto il possibile –soldi, fasce, unguenti-, essere pronti per scappare. Solo che lei non si sentiva affatto pronta. Era paralizzata sui suoi piedi, incapace di parlare, muoversi o anche solo pensare, terrorizzata all’idea di ciò che sarebbe accaduto: una volta ripresi i sensi, il signor Schmidt l’avrebbe di sicuro denunciata. Se l’avessero presa, probabilmente non avrebbe fatto una bella fine… era evidente che non poteva rimanere lì. Avrebbero dovuto andare il più lontano possibile, ma Goron non era fisicamente pronto per un viaggio lungo, e non avevano quasi più denaro, ed entrambi erano troppo deboli per fare qualsiasi lavoro. « Hai fatto quello che era necessario, Freya, non fartene una colpa. » guardandola negli occhi, il Cavaliere la riscosse dalla paralisi, e sebbene ciò che disse non la aiutò con il suo senso di colpa, almeno le fece capire che non aveva avuto altra scelta; se non l’avesse messo al tappeto, il suo capo avrebbe visto il ragazzo e Dio solo sapeva che putiferio ne sarebbe venuto fuori. Per cui, facendo una serie di respiri profondi che l’aiutarono a smettere di tremare e a schiarirsi la mente, riprese finalmente il controllo di sé stessa; non poteva lasciarsi prendere dal panico in quel momento. Ci sarebbe stato tempo più avanti per dare di matto, ma in quel momento dovevano essere veloci e silenziosi, e partire il più in fretta possibile. Così, mentre lui cominciava a raccogliere il necessario in giro per la stanza, Freya raccolse tutto il denaro che teneva nascosto in un sacchetto dietro il comodino; se lo legò in vita, ed ebbe un tuffo al cuore notando quanto fosse leggero. Maledicendo se stessa per non essere stata più parsimoniosa, cominciò a riflettere su come avrebbero potuto fare… finché non ebbe l’idea. Rapidamente si chinò sul corpo senza sensi del signor Schmidt, e frugò tra le tasche delle braghe fino a trovare la chiave che apriva la porta della sua stanza; Freya non vi era mai entrata, ma sapeva che era lì che teneva tutte le cose di lusso. « Torno subito » borbottò a Goron, schizzando fuori dalla stanza; una volta in corridoio, tuttavia, si ricordò che c’erano clienti che avrebbero potuto vederla; così, sforzandosi con ogni sua fibra per non correre via più veloce che poteva, obbligò se stessa a fingersi tranquilla e si diresse verso le cucine, dove su un panno posò tutti gli alimenti che riuscì a trovare –mezza pagnotta, del formaggio, perfino un paio di salsicce ancora commestibili- e riempì due fiaschette di acqua e vino. Tenendo il panno come un fagotto, si diresse poi verso le stanze del suo capo, incontrando solamente una coppia di amanti mezzi ubriachi intenti ad amoreggiare contro una parete, che non fece assolutamente caso alla sua presenza.
    Fu difficile inserire la chiave nel buco della serratura, a causa delle mani che non ne volevano sapere di smettere di tremare; una volta riuscitaci, la porta si aprì e si ritrovò in una camera piuttosto lussuosa, sebbene non particolarmente pulita; non essendo particolarmente interessata all’arredamento, comunque, Freya non ci fece troppo caso, cominciando piuttosto a frugare in ogni dove alla ricerca di qualcosa di prezioso. Non trovò gioielli, e frustrata stava quasi per darsi per vinta; infine, dopo parecchi minuti recuperò un gruzzoletto di monete nascoste sotto un doppiofondo della scrivania. Si sentì una ladra, ma ancora una volta mise a tacere il senso di colpa mentre, cercando di dare il meno nell’occhio possibile, tornava nella sua stanza stringendosi al petto tutto il suo bottino. « È tutto quello che sono riuscita a trovare » spiegò a Goron con il fiatone, dopo essersi richiusa la porta alle spalle. Gli mostrò il contenuto del fagotto e i soldi che aveva trovato, cercando di ignorare la sensazione di essere in procinto di fare qualcosa di terribile. Non avevano scelta. « Dobbiamo andare, prima che si svegli » gli disse ansiosa, anche se sapeva che non aveva bisogno di sentirselo ripetere. « Ce la fai a camminare? Puoi appoggiarti a me, se fai fatica, ma daremo più nell’occhio » avrebbe voluto semplicemente correre via e non voltarsi più in dietro, ma dubitava che il Cavaliere sarebbe riuscito a reggere il passo in quelle condizioni, e nemmeno lei sarebbe andata troppo lontano; in quei mesi era diventata troppo magra, troppo debole e troppo fragile, ed il suo corpo non avrebbe sopportato sforzi estremi.
    Avrebbero dovuto fare le cose con calma; ma non avevano tempo. Non sapevano quanto tempo avrebbe impiegato il signor Schmidt per svegliarsi, ma una volta ripresi i sensi sarebbe subito corso a dare l’allarme, e loro, per quel momento, avrebbero dovuto essere il più lontano possibile. « Dammi una mano » ordinò quindi a Goron, con un tono di voce pragmatico che quasi non riconobbe. Si avvicinò al letto, prese le lenzuola e cominciò a strapparle in strisce, esattamente come aveva fatto il primo giorno per le fasciature. « Lasciarlo qui legato ed imbavagliato ci darà più tempo per andarcene » gli disse « Per quando lo troveranno potremmo essere già abbastanza al sicuro » Non era un piano impeccabile, ma era tutto ciò che avevano in quel momento… avrebbero dovuto farselo bastare.
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    Era shockata e paralizzata, probabilmente era la prima volta che metteva al tappeto un uomo ed aveva tutte le ragioni del mondo per tremare in quel modo, ma non era il momento adatto per farlo, non potevano permetterselo. E per fortuna, quando il Cavaliere le disse di raccogliere tutto quello che potevano, Freya riuscì a riscuotersi ed a muoversi, frugando dietro al comodino e recuperando il sacchetto tintinnante dei suoi risparmi. Goron le lanciò un'occhiata veloce, notando l'insoddisfazione sul viso della ragazza, poi si concentrò sulle mele ed il formaggio che stavano poggiati su un cassettone, il suo pranzo e la sua cena da qualche giorno a quella parte; li infilò dentro il cesto e si accorse a malapena di quello che Freya stava facendo. Quando però la ragazza borbottò che sarebbe tornata subito e schizzò poi fuori dalla stanza, Goron fece per rincorrerla e fermarla: che diavolo si era messa in testa di fare? Voleva forse chiamare aiuto, farsi beccare con le mani nel sacco e farsi arrestare -e far arrestare anche lui? Ma per quando si era reso conto dei rischi che correvano, Freya era già lontana e lui non avrebbe potuto urlare per tradire la propria presenza. Borbottò, ma poi tornò a concentrarsi sulle sue cose. -Molto furba la ragazza, non c'è che dire.- ironizzò Eldeth, e Goron sbruffò. -Saprà quello che fa, Eldeth, non è così stupida e sprovveduta come pensi.- le rispose, e la dragonessa ringhiò appena, abbandonandosi poi ad una roca risata.
    Goron voleva separare unguenti e cibo per evitare qualsiasi possibile contatto tra le varie sostanze, ma non c'erano sacche né panni. Si guardò intorno ed alla fine i suoi occhi puntarono il cuscino. Tolse la federa e la usò come sacca per il cibo, poi sistemò il tutto dentro il cestino, già fin troppo pieno. Sentì poi, tra un rumore e l'altro, un suono diverso, un leggero lamento; il Cavaliere si fermò, tutti i sensi all'erta, e quando percepì di nuovo lo stesso suono capì che ad emetterlo non era altri se non il locandiere. Gli occhi del ragazzo schizzarono verso l'uomo che si muoveva impercettibilmente; Freya non era ancora tornata e l'uomo non doveva svegliarsi, o per quanto intontito dalla botta in testa, avrebbe potuto chiamare qualcuno, dare un qualche genere di allarme e per lui e la ragazza sarebbe stata la fine assicurata. Goron gli si avvicinò, fissandolo pensieroso. Per un solo, brevissimo istante, il Cavaliere pensò di mettere a tacere l'oste per sempre, ma poi si disse che non ne valeva minimamente la pena. Ucciderlo così sarebbe stato da vigliacchi, visto che l'uomo non si sarebbe potuto difendere in alcun modo. -Hai paura che la ragazza ti ritenga un mostro, per caso?- gli domandò la dragonessa all'improvviso, ma Goron non le rispose perché, a ben vedere, non avrebbe saputo cosa dirle: si, forse non gli avrebbe fatto piacere che Freya lo avesse visto come un assassino, poiché lui era molte cose prima di quello ed uccideva solo per dovere o necessità, come avrebbe fatto in quel caso se il locandiere avesse provato a farle del male o come aveva fatto con l'ubriacone dell'altra taverna. Nonostante ciò, però, se uccidere fosse stato necessario e giusto, Goron non si sarebbe tirato indietro dal farlo, indipendentemente da quello che la ragazza avrebbe potuto pensare di lei. Il locandiere biascicò qualche parola estremamente confusa, segno che si stava risvegliando, e Goron si inginocchiò accanto a lui, si prese ancora del tempo per fissarlo e poi, afferrandolo per i capelli, gli tirò su la testa e poi la abbassò di nuovo, il tutto con violenza, facendogli picchiare la fronte sul pavimento. L'uomo tornò di nuovo immobile e del sangue gli fuoriuscì dalla ferita che il Cavaliere gli aveva appena procurato, ma, di nuovo prendendogli il polso, Goron si assicurò che fosse ancora vivo.
    Si alzò, quindi, e nello stesso momento Freya tornò in camera, portando con sé altro cibo ed altri soldi. Goron le sorrise compiaciuto, era stata un'ottima mossa. -Che ti avevo detto?- domandò retoricamente alla dragonessa, che gli rispose con un ringhio. -Mettiamo il cibo dentro la sacca ed il resto nel cesto.- disse quindi, sfilando pane e formaggio dalle mani di lei e mettendoli dentro la sacca, il tutto mentre Freya gli chiedeva se riuscisse a camminare e volesse il suo sostegno. Goron scosse la testa cercando di sembrare il più convinto possibile, nonostante sapesse che si sarebbe affaticato e non poco, anche perché avrebbe provato a tenere un ritmo più o meno sostenuto e ciò, chiaramente, l'avrebbe stancato più in fretta che mai. -No, non se ne parla. Tu prenderai il cestino ed andrai avanti, Eldeth ci aspetta alla radura più vicina e tu correrai lì senza farti rallentare.- le disse, riflettendo solo in quel momento sul fatto che, per quanto visibilmente non in forma, lui non era ricercato da nessuno, mentre, se qualcuno avesse scoperto l'uomo riverso a terra in quella stanza, avrebbe subito cercato lei. Le si avvicinò, quindi, notando quanto quelle parole non la convincessero; era contraria, ovviamente, e ne aveva tutte le ragioni, ma era giusto così. -Cercano te Freya, non me.- continuò quindi, più serio che mai ma aggiungendo anche un pizzico di dolcezza a quelle parole -Se dovessero cercare il colpevole di tutto ciò cercherebbero te, non me. Se ci dovessero rincorrere, io ti rallenterei e non potrei proteggerti in alcun modo, saresti molto più al sicuro con Eldeth.- Così dicendo, il Cavaliere sapeva di non accontentare né la ragazza né tanto meno la dragonessa, che non voleva vederlo in compagnia di lei, figuriamoci se avrebbe sopportato la vista di Freya da sola. L'aveva fatto una volta soltanto, qualche sera prima, e le era bastato probabilmente.
    Non ancora convinta, Freya gli chiese di dargli una mano a strappare le lenzuola così da legare il locandiere ed imbavagliarlo, guadagnando tempo. Goron non era molto convinto di quella teoria, ma non si oppose e sfruttò le sue poche forze per lacerare il tessuto. Portò le braccia dell'uomo dietro la sua schiena, indicando a Freya di legarle in quel modo e fissando la testa dell'uomo, senza sapere se la ragazza avesse già notato la nuova ferita o meno, poi le fece segno di legare allo stesso modo anche i piedi mentre lui, con un altro pezzo di stoffa, lo imbavagliava. Avrebbe voluto trascinarlo al lato della stanza, magari dietro l'armadio, così che non si fosse notato immediatamente, ma non poteva correre il rischio di riaprire la ferita al fianco e Freya non aveva le forze per trascinare un uomo dalla mole simile. Goron, quindi, si limitò a fissare l'oste ed a convincersi a lasciarlo lì. Poi, afferrò la sacca col cibo, più pesante del cestino che, invece, lasciò a Freya, la guardò e le sorrise. -Sei libera adesso.- le disse, senza smettere di sorridere e parlando con tono piuttosto amorevole, poi le fece segno di fargli strada, visto che lui non sapeva quale fosse l'uscita secondaria.
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    Se non fosse stata così preoccupata per tutto il resto, probabilmente Freya avrebbe capito anche da sola che il Cavaliere non le avrebbe permesso di aiutarlo ad andare via; sapevano tutti e due che ogni minuto era prezioso, e che, tra i due, era lei quella che avrebbe rischiato di più se fossero stati trovati. Eppure non voleva lasciarlo indietro, sia perché era ancora molto debole, sia perché temeva che non l’avrebbe più rivisto… c’erano talmente tante cose che potevano andare storte, e non voleva assolutamente separarsi da lui. Non le aveva nemmeno chiesto che cosa fosse successo, che cosa avesse innescato in quel modo la reazione del suo capo, e sapere che era tutta colpa sua la faceva sentire ancora peggio… l’aveva messo nei guai per aver rifiutato così quell’uomo e poi lo lasdciava ance indietro. Probabilmente Goron dovette notare il suo sguardo scettico, o forse, più semplicemente, aveva solo imparato a conoscerla e sapeva già come la pensava a riguardo; « Cercano te Freya, non me. » le fece notare in tono pacato, gentile. Non era del tutto vero, però; se l’avessero fermato, e si fossero accorti della ferita che aveva al fianco, avrebbe destato sospetti comunque… tuttavia lui avrebbe potuto trovare comunque un modo per tirarsi fuori dagli impicci, mentre se avessero scoperto lei, sarebbe stata spacciata; erano tempi duri, quelli, per le persone come lei. I poveracci, i disperati, i figli di nessuno. Non avrebbero certo perso tempo per farle un processo; non voleva nemmeno immaginare cosa le sarebbe successo. « Se dovessero cercare il colpevole di tutto ciò cercherebbero te, non me. Se ci dovessero rincorrere, io ti rallenterei e non potrei proteggerti in alcun modo, saresti molto più al sicuro con Eldeth. » anche questa volta aveva ragione, per quanto lei odiasse ammetterlo. Avrebbe potuto presentarle tutte le motivazioni del mondo, ma non sarebbe comunque stata d’accordo all’idea di lasciarlo indietro e filarsela; non l’avrebbe mai fatto ad uno sconosciuto, figuriamoci a Goron, con il quale ormai aveva instaurato un rapporto di… beh,, non sapeva esattamente di cosa, ma era comunque un rapporto. « Eldeth sarebbe la prima a volermi uccidere, se ti mollassi qui » borbottò, anche se sapeva di combattere una causa persa. Lui non si sarebbe fatto convincere, e non avevano tempo di giocare a chi è il più testardo; quindi si limitò a sospirare e cominciò a legare i polsi e le caviglie del suo capo, aiutata da Goron. Fu allora che si accorse del sangue, che dalla sua fronte si era sparso sul pavimento; era piuttosto sicura che non ci fosse prima, prima che lei uscisse dalla stanza… lanciò un’occhiata sorpresa la Cavaliere, che doveva averlo tramortito di nuovo mentre lei era vita. La vista di tutto quel rosso le dava fastidio, ma almeno poteva vedere il petto alzarsi ed abbassarsi e sapeva che era vivo… il Cavaliere avrebbe potuto ucciderlo tranquillamente, e invece non l’aveva fatto. Il pensiero la rincuorò un pochettino.
    Quando ebbero finito, lui le sorrise « Sei libera adesso » le disse, con un tono di voce dolce, e sembrava decisamente felice all’idea. Freya dovette farsi forza con tutta sé stessa per non farsi prendere da un attacco di panico... libera. Era una parola che suonava incredibilmente strana nella sua testa, ed ebbe paura.
    Essere libera la terrorizzava. Stare in quella locanda, per tutto quel tempo, era stata un’esperienza orribile, sotto tutti i punti di vista. Aveva vissuto come una sguattera, era stata umiliata, aveva provato la fame, la stanchezza, la paura perfino. Eppure, per tutto quel tempo, aveva avuto un punto fermo. Aveva sempre pensato che, una volta guadagnati abbastanza soldi, avrebbe potuto partire, iniziare una vita nuova, una vita migliore; ’era sempre stata la certezza che avrebbe potuto andarsene, che la rincuorava, ma era come un bel sogno. Qualcosa che serve per non farti andare fuori di testa. Ed ora, che veramente stava accadendo, lei si sentiva completamente persa.
    Eppure Goron sembrava così entusiasta. Freya si disse che probabilmente lui non capiva, abituato com’era ad essere invincibile, a viaggiare sul dorso del suo drago con il mondo ai suoi piedi. Probabilmente lui non immaginava com’era avere paura della libertà, dell’ignoto, sentirsi solamente un piccolo puntino insignificante, che chiunque potrebbe schiacciare. Non voleva deluderlo, così rispose al suo sorriso, raccolse il cesto con tutto quello che erano riusciti a trovare ed uscì per l’ultima volta dalla sua stanza. Aspettò che anche il Cavaliere fosse fuori, dopodiché la chiuse a chiave, così che nessuno avrebbe potuto entrarvi e ritrovare casualmente il signor Schmidt; legato ed imbavagliato com’era, se tutto andava bene non sarebbe riuscito ad attirare l’attenzione in nessun modo, dandogli un po’ di tempo. Poi mormorò un « Seguimi » al suo compagno, e silenziosamente lo condusse fino alle cucine, dove si trovava l’uscita secondaria della locanda. Gli dedicò un’ultima occhiata, pregando mentalmente che tutto filasse liscio e che nessuno lo trovasse, e stava quasi per andarsene quando le venne in mente che non avevano pensato ad un dettaglio fondamentale: Freya non aveva idea di dove trovare il drago. « Devi chiedere ad Eldeth di aspettarci nella radura dove ti ha lasciato la notte che ti ho trovato, quando eri privo di sensi » gli chiese, quindi, stupita di non averci pensato prima. « Se non ti vedrò arrivare verrò a cercarti, non mi importa se mi trovano » continuò poi, senza riuscire a mascherare la preoccupazione nella voce. Goron avrebbe potuto protestare quanto voleva, ma lei non lo avrebbe abbandonato, ed era sicura che nemmeno Eldeth l’avrebbe fatto; senza riflettere, di slancio, lo abbracciò, stringendolo forse un po’ più forte e più a lungo del dovuto; « Stai attento » gli sussurrò quindi, e poi uscì fuori nella notte.
    Mentre camminava sentiva il cuore che le batteva nel petto così forte da scoppiarla; era terrorizzata da ogni rumore, ogni fruscio di vento, e pensò di morire almeno una decina di volte. Eppure, dopo quello che le parve il tragitto più lungo della sua vita, sbucò nella radura in cui li aspettava Eldeth; all’inizio si spaventò ancora di più, non essendo abituata alla presenza di una creatura di quella mole; in più, Freya sapeva benissimo di non andarle a genio, per cui rimase a debita distanza, mentre cercava di riprendere fiato. Posò il cestino a terra e rimase in attesa, fissando la dragonessa. Avrebbe voluto dirle qualcosa, tipo che le dispiaceva di non poter essere la sua cena e che aveva tutte le ragioni del mondo per detestarla, ma pensò che non era il caso di darle fastidio mentre aspettava il suo Cavaliere. Così, con il cuore in gola, attese anche lei l’arrivo di Goron.
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    Freya provò a protestare riguardo la sua idea di dividersi, asserendo che non sarebbe andata molto lontano senza lui perché Eldeth l'avrebbe uccisa. Il tono con cui la ragazza aveva parlato fece capire al Cavaliere che si era già rassegnata all'idea di fare come diceva lui, forse perché ci aveva pensato ed era giunta alla conclusione che era la cosa migliore da fare. Nella sua testa, Eldeth sbuffò sonoramente senza dire nulla, e Goron ebbe la netta impressione che per una volta si trovasse d'accordo con Freya e che la sua preoccupazione stesse crescendo di minuto in minuto in modo esponenziale. Il ragazzo non rispose comunque a Freya, né tanto meno provò a parlare con la sua dragonessa, rimase in silenzio a riflettere, a stringere i denti ed a pensare a come sarebbe arrivato dove doveva arrivare. Goron aveva spirito e sangue freddo a non finire, ma non aveva ancora provato a camminare per lungo tempo su una strada accidentata, per di più di notte: se fosse caduto senza avere alcun appiglio vicino, forse non si sarebbe neanche mai rialzato, e allora sarebbero dovute venire a cercarlo ed avrebbe vanificato ogni sforzo suo e della sua compagna d'avventura per sfuggire alla giustizia del locandiere e dei suoi scagnozzi.
    Goron, insomma, non era poi così felice all'idea di doversi separare da Freya, non del tutto almeno; d'altra parte, però, lei era finalmente libera di andarsene da quel posto e lui non poteva che esserne contento. L'avrebbe potuto fare anche prima, anche indipendentemente dall'arrivo del Cavaliere, ma la ragazza non aveva ancora imparato a rischiare e mettersi in gioco quando si trattava di migliorare la sua vita, mentre dava anima e corpo per quella degli altri. Goron l'aveva visto, l'aveva provato in prima persona, e nulla sarebbe mai riuscito a fargli pensare il contrario. Un sorriso non troppo sicuro si dipinse sul volto della giovane, che prese il cestino con sé -e Goron fece lo stesso con il sacco che conteneva il resto delle cose utili per sopravvivere- quindi uscirono dalla stanza, dirigendosi verso le cucine nel modo più silenzioso possibile -e anche lento, perché il Cavaliere già si stava affaticando- e la fortuna fu dalla loro parte perché non incontrarono nessuno e riuscirono ad uscire dalla locanda totalmente indisturbati. Freya gli specificò il posto dove Eldeth li avrebbe dovuti aspettare, quindi gli disse che se non lo avesse visto arrivare sarebbe andato a cercarlo. -Tutto chiaro?- domandò silenziosamente il Cavaliere al suo drago, che rispose con un ringhio di consenso. -Ti prometto che arriverò, ed Eldeth non ti man..- prese a dirle, per rassicurarla un minimo, ma Freya gli gettò le braccia al collo con un gesto improvviso, pregandolo di fare attenzione. Goron fu preso alla sprovvista ed in un primo momento non ricambiò neanche l'abbraccio, anche perché troppo concentrato sulla ferita ed il dolore che lo scontro con il corpo di Freya gli aveva dato, poi la strinse forte a sé per qualche secondo. La lasciò andare senza dirle una parola, dandole qualche secondo di precedenza per assicurarsi che nessuno alla locanda si fosse già accorto di cosa era successo al padrone del luogo. Quando poi Freya sparì dal suo raggio visivo, anche Goron si mise in cammino.
    Una volta fuori, lontano di almeno una cinquantina di metri dalla locanda, si rese conto che non sapeva dove andare, non sapeva quale era la strada che Freya aveva fatto qualche sera prima, non sapeva qual'era la radura in questione, non sapeva nulla. -L'umana è arrivata.- lo informò Eldeth con tono sprezzante, mentre Goron era tutto concentrato a ricercare qualcosa che lo guidasse, un qualsiasi segno che gli indicasse la strada da seguire. Passò qualche minuto di completo silenzio, poi, nel raggio di più di un chilometro, il mondo fu scosso dal ruggito di un drago, il suo drago, proveniente da est. Goron ebbe un brivido. -Cosa ti dice quel cervello di lucertola, Eldeth!- la rimproverò, poiché non gli piaceva che la dragonessa desse tanto spettacolo di sé e destasse l'attenzione della gente. In più, aveva sicuramente spaventato Freya, già di per sé poco sicura vicino alla creatura. -Volevi un aiuto, io te l'ho dato.- protestò Eldeth di rimando, mentre il Cavaliere, scuotendo la testa, imboccava la direzione suggerita dal ruggito assordante. Faticò molto, la stanchezza raddoppiava passo dopo passo, ma stringendo i denti ed affidandosi a tutta la forza fisica e mentale di cui disponeva, Goron riuscì a raggiungere la grande radura in cui ritrovò Eldeth e Freya. Gli parve di vedere la ragazza sospirare sollevata, mentre la dragonessa cominciò a battere la coda a terra come fosse stata un cagnolino felice di rivedere il proprio padrone. Erano diversi giorni che non si vedevano, lei ed il suo Cavaliere, una cosa che non era mai successa prima. Goron si avviò immediatamente verso di lei, vagando con lo sguardo dalla creatura a Freya, sollevata quanto Eldeth di rivederlo. Il ragazzo accarezzò il muso della sua dragonessa, poi si voltò completamente verso Freya e le sorrise; immediatamente, Eldeth sbuffò. Era gelosa, era indubbiamente gelosa, e lo era di qualsiasi donna si avvicinasse a lui. -Non mancherà molto prima che ci vengano a cercare, quindi sbrighiamoci.- asserì con convinzione e poi fissò Eldeth. Freya sarebbe dovuta salire in sella alla creatura ora, ma forse da sola non ci sarebbe riuscita e lui non poteva sollevarla come avrebbe fatto in altre situazioni. -Uhm..- si lasciò sfuggire, mentre pensava. Automaticamente, Eldeth si abbassò. -Sali tu e poi sale lei, così puoi aiutarla.- suggerì, e Goron accolse il suo consiglio. Si sistemò sulla sella e poi stese un braccio verso Freya, sorridendole ancora. -Volevi vivere avventure, no?- le domandò retoricamente -Eccoti accontentata.- Ci volle un po', ma alla fine Freya si convinse a salire -per la seconda o terza volta, visto che l'aveva portata in quel posto in sella ad Eldeth, mesi prima, e che forse la dragonessa gli aveva permesso di montare in sella quando l'aveva trovato mezzo morto nel bosco- ma alla fine la ragazza si arrese e Goron, non senza fatica, la issò su. -Tieniti forte.- le suggerì, portandole le mani intorno alla propria vita. Quindi, finalmente spiccarono il volo.
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  8. ivash:kov
     
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    Eldeth aveva detestato Freya dal primo momento in cui l’aveva vista, e ne erano tutte e due perfettamente consapevoli. Per quanto la dragonessa non le avesse mai fatto del male, né ci avesse mai provato (Goron non gliel’avrebbe permesso, poco ma sicuro), la ragazza sapeva che, fosse stato per lei, l’avrebbero lasciata in balia dei malviventi che avevano attaccato la sua carovana, mesi prima, e pace all’anima sua. Per questo, pur sapendo di essere ormai al sicuro ed abbastanza lontana dal villaggio, Freya non riusciva ancora a sentirsi tranquilla, così vicina a quella creatura gigante e sputa fuoco che avrebbe potuto mangiarla in un sol boccone, e che probabilmente non avrebbe provato nemmeno nessun rimorso. In più Goron non si sbrigava ad arrivare, e durante quei minuti interminabili lei si ritrovò a pensare alle cose peggiori, tra cui una rivolta popolare contro di loro che sarebbe terminata con loro due impiccati ad un albero. Si stava già facendo prendere dalla paranoia quando, all’improvviso, Eldeth ruggì così forte ed inaspettatamente da farla balzare in aria, terrorizzata. Si voltò per guardare la dragonessa, che però non stava facendo minimamente caso a lei, girata piuttosto nella direzione da cui era arrivata. Era successo qualcosa? L’avevano catturato? Stava per chiedere spiegazioni, pur sapendo che la creatura non poteva risponderle, quando si rese conto che se Goron fosse finito in mani nemiche, Eldeth sarebbe partita subito in suo soccorso; ci avrebbe messo veramente poco a radere al suolo il villaggio solamente per trovarlo; Freya aveva potuto vedere con i suoi occhi quanto i due fossero affezionati, e come la dragonessa avesse messo da parte i suoi sentimenti per collaborare con lei quando cercavano di salvare il suo cavaliere dopo essere stato ferito. Ma se lei era ancora lì, immobile e tranquilla, era perché tutto era ancora a posto.
    Dopo quella che le parve una vita, finalmente, Goron comparve nella radura. Aveva l’aria esausta, di sicuro perché non era nelle condizioni fisiche adatte per intraprendere una fuga, ma nel momento in cui lo vide la ragazza provò un moto di sollievo così potente che le fece tremare le gambe. Era vivo, erano insieme, ce l’avrebbero fatta. Le sorrise, dopo aver accarezzato il muso della sua compagna, e Freya si ritrovò a lottare contro le lacrime che si stavano formando sui suoi occhi, decisa a non comportarsi come una ragazzina emotiva, per non dare a nessuno una scusa per trattarla come una bambina; ma la verità era che aveva avuto il terrore di non rivederlo più. Il Cavaliere disse che dovevano sbrigarsi, poi sembrò intraprendere una conversazione mentale con Eldeth, che alla fine si abbassò per permettergli di salirle sul dorso. «Volevi vivere avventure, no? Eccoti accontentata. » si rivolse poi a lei Goron, porgendole una mano. La ragazza la afferrò, dopo un attimo di indecisione (aveva ancora irrazionalmente paura di essere scaraventata giù nel vuoto da quella dragonessa feroce) e con un po’ di fatica si issò dietro di lui, stringendogli poi le mani al petto e appoggiandosi alla sua schiena. Non era la prima volta che volava, ma quando si ritrovarono in alto, con il vento che gli sferzava addosso, il buio sopra e sotto di loro, non poté non provare una sensazione così strana, di terrore ed euforia, quella specie di adrenalina che ti fa bruciare le gambe e venir voglia di gridare. Sentiva le dita delle mani congelarsi, tanto fredde che aveva paura di staccassero e cadessero giù; le tremavano i denti per il freddo e i capelli le sferzavano il viso con violenza, eppure era comunque una sensazione straordinaria. Rimase appiccicata al suo Cavaliere, e dopo un po’ gli avvicinò la bocca all’orecchio per farsi sentire. « Dobbiamo volare verso ovest, vicino al confine. Se riusciamo ad arrivare lì, possiamo andare dalla mia famiglia. Loro ti cureranno » l’idea di tornare a casa le provocò un cratere nello stomaco, una paura che non aveva nulla a che fare con l’essere in groppa ad un drago. Eppure, sapeva che non avevano nessun altro posto dove andare, e sebbene avvicinarsi al confine fosse pericoloso, con la guerra e tutto, non avevano molte altre possibilità. Ci sarebbero voluti un paio di giorni, con ogni probabilità, perché dovevano praticamente attraversare tutta Giustizia, ma avevano abbastanza soldi per fermarsi in una locanda, una volta allontanatisi abbastanza dal villaggio, e riposare per un po’. Potevano farcela, e dovevano farcela. Non avevano alternative.
    Freya Mackintosh @
     
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    Quanto gli era mancata l'aria gelida che spirava a quelle altezze, la sensazione di sentirsi libero da tutto e tutti e quel maledetto senso di gioia che solo il volo in sella ad Eldeth sapeva dargli. Goron non solcava i cieli della Sword's Hilt che da pochi giorni, eppure gli era parso un tempo estremamente più lungo, tanto che in quel momento si sentiva pronto ad affrontare un'intera notte in volo, pur essendo perfettamente cosciente che non se lo poteva ancora permettere, era troppo debole e non avrebbe retto a lungo. Anche in quel preciso istante, infatti, al di là di una ritrovata vitalità e di un grande entusiasmo, Goron si sentiva stanco e affaticato, e questo si rifletteva totalmente su Eldeth, che percependo il disagio del suo Cavaliere fece in modo di mantenere un andamento costante e regolare, evitando giravolte inutili o particolare correnti d'aria che non avrebbero giovato alla salute del ragazzo.
    Dietro di lui, Freya se ne stava in silenzio e Goron collegò ciò a due motivi: o la ragazza era così terrorizzata da non riuscire ad emettere un solo suono e magari se ne stava con gli occhi chiusi per la paura di scoprire il vuoto sotto di sé, oppure si stava godendo anche lei il volo e le magnifiche sensazioni che sapeva dare. Il Cavaliere, comunque, non la disturbò ed attese che fosse lei a parlare per prima, quando si fosse sentita pronta. -Tu hai bisogno di un mago Goron, o ci vorranno ancora diversi giorni prima che quella ferita ti si rimargini.- gli fece presente Eldeth all'improvviso, e Goron prese a riflettere: la dragonessa aveva ragione, necessitava urgentemente di cure mediche autorevoli perché purtroppo quello che Freya aveva fatto -ed era davvero tanto- non era abbastanza. Lui era una persona impegnata e che doveva lavorare per vivere anche se figlio di persone facoltose; era troppo orgoglioso per chiedere prestiti ai suoi genitori, era abituato a contare su se stesso ed a non dipendere da nessuno, né economicamente né da altri punti di vista. -É notte fonda, Eldeth, adesso dobbiamo trovare un posto dove stare e po..- cominciò a dirle, ma la dragonessa lo fermò. -Rozenwyn.- ribatté quindi -Ti ricordo che tua sorella è una strega e con le erbe ci sa fare.- Goron non aveva minimamente preso in considerazione sua sorella, in quel momento, ma a ben vedere era la persona più affidabile a cui si sarebbe potuto rivolgere, e, soprattutto, che non si sarebbe arrabbiata per essere stata svegliata nel cuore della notte per curare qualcuno. Anche se, Goron lo sapeva, non l'avrebbe raggiunta quella notte stessa.
    Il Cavaliere decise quindi di puntare a nord, verso il Castello dei Draghi dove Roze viveva insieme al resto della famiglia. Forse notando il cambiamento di rotta, Freya si fece finalmente sentire. Gli disse che sarebbero dovuti andare verso ovest e raggiungere la sua famiglia, che lo avrebbe curato. Goron si prese qualche secondo per pensarci su, facendo in modo di ignorare il più possibile la martellante Eldeth che gli diceva di non dar retta alla "sapientona dietro a lui". Era rischioso, troppo rischioso, volare verso il confine, nonostante loro fossero a migliaia di metri sopra le teste di eventuali combattenti. Ma si sarebbero comunque dovuti fermare da qualche parte perché sia lui sia Freya avevano bisogno di riposare, e volare verso Onore non era la mossa migliore da fare. -Mia sorella è una strega, mi curerà lei.- le spiegò quindi -Dobbiamo andare a nord, verso l'isola dei Draghi, anche perché è troppo rischioso varcare il confine ovest in piena notte.- A quel punto, Goron spronò Eldeth a velocizzare un po' l'andatura, e, riluttante, la dragonessa obbedì, consapevole che il suo Cavaliere altro non desiderava che allontanarsi da quel paesino sperduto a Giustizia una volta per tutte e cercare un po' di sicurezza e serenità. A breve, poi, Goron pensò che si sarebbero dovuti fermare, anche perché davanti a loro si intravedevano, di tanto in tanto, lampi minacciosi a cui, molto probabilmente, si accompagnava una bella scarica d'acqua.
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