what we left behind

25 novembre 102 PA, tramonto

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  1. alpenglow
     
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    dragons
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    Far from the streets I call my own, I'm coming home.
    Goron era particolarmente legato alla sua famiglia, lo era sempre stato, anche se il legame che intercorreva tra i Muireadhach non era proprio dei più convenzionali: ogni tanto necessitavano di starsi lontani, gli scambi di aiuti di un certo peso avvenivano solo in casi di estrema necessità, così che ognuno sapesse contare prima su se stesso e poi sugli altri ed avesse una propria indipendenza. Ecco, se la situazione fosse stata diversa, se non avesse avuto una ferita pronta ad infettarsi ed a riaprirsi, probabilmente Goron non sarebbe tornato a casa propria ad elemosinare aiuto e fino all'ultimo avrebbe provato a cavarsela da solo, perché così era sempre stato abituato. Ciò non significava di certo che il Cavaliere non si fidasse della propria famiglia o che questa non fosse interessata alle sue sorti, tutt'altro: quando, nel presentare Freya, aveva accennato ad un suo essere stato "mezzo morto", le tre donne avevano trasalito, Gwen più palesemente di tutte. Sua madre era una donna troppo impassibile per esternare in modo decente qualsiasi tipo di emozione, Roze invece era una persona posata e difficilmente dava in escandescenze. Ad ogni modo l'aveva trascinato subito con sé per poterlo curare con uno dei suoi intrugli e l'ausilio dei suoi incantesimi, e Goron, anche se preoccupato all'idea di lasciare Freya insieme alle altre due donne di casa, non poté fare altro che seguire sua sorella e tornare finalmente in forma. Se fossero state in vena, Isolde e Gwyneth avrebbero fatto il terzo grado alla povera ragazza, che con tutta probabilità, vuoi per la timidezza vuoi per la giustificata riservatezza, avrebbe risposto solo ad una parte delle loro domande.
    Il Cavaliere, leggermente instabile sulle proprie gambe poiché in quel momento la stanchezza del viaggio cominciava a pesargli sulle spalle, seguì sua sorella in quello che da sempre lui definiva "il laboratorio dei pasticci", perché quando era piccola sua sorella ne aveva combinate diverse lì dentro. Erano secoli che non vi entrava, e non appena vi mise piedi notò i cambiamenti -in meglio- che Roze aveva apportato alla stanza. Goron la ricordava piuttosto funzionale, arredata con le cose essenziali quali un tavolo, un bancone con sopra ampolle, boccette e ciotole di varie dimensioni e poi scaffali di libri ed intrugli di vario genere già imbottigliati e pronti all'uso. Ma, più di tutti, ricordava una stanza buia, illuminata solo da una debole luce magica. Adesso, invece, un lato della stanza era occupato da un letto, sopra al quale, fissate alla parete, stavano delle mensole su cui stavano dei libri e qualche pianta. I banconi erano raddoppiati, e adesso su uno stavano le ampolle e le boccette vuote e sull'altro le ciotole. Lo scaffale era rimasto l'unico elemento di continuazione tra la vecchia stanza e quella nuova, la cui cosa più bella erano la dozzina di fiammelle fluttuanti in aria, che illuminavano la stanza a giorno e davano una sensazione di pace ed accoglienza. -Sei migliorata in quanto a gusti sull'arredamento, sorellina.- la stuzzicò quindi, mentre Roze gli lanciava un'occhiata divertita. -Felice di sapere che ti piace.- gli rispose lei, con la sua solita calma, agguantando un paio di fialette dal contenuto scuro e qualche garza, indicandogli poi di sedersi sul letto. Goron obbedì e, mentre la sorella finiva di prendere le cose, cominciò a togliersi le fasciature. La pelle intorno alla ferita era di nuovo arrossata, sicuramente a causa degli sballottamenti incassati in sella ad Eldeth. Roze storse il naso di fronte a tutto ciò. -Avresti dovuto aspettare che si cicatrizzasse, così non hai fatto altro che vanificare tutto il lavoro di quella povera ragazza.- lo rimproverò quindi la Strega mentre si chinava e cominciava a tamponargli la ferita. Poi gli occhi le si dorarono e Goron sentì improvvisamente una fitta al fianco, notando poi che i punti di sutura di Freya erano saltati. Aggrottò le sopracciglia ma rimase in silenzio, certo che Rozenwyn sapesse cosa stava facendo. -Erano punti di fortuna, non potevo lasciarteli.- gli spiegò poi la sorella, come se lo avesse letto nel pensiero, cosa molto probabile per altro. -Freya ha fatto quello che ha potuto, se non fosse stato per lei mi avreste rivisto solo per seppellirmi.- in modo secco e crudo, Goron non aveva trovato parole migliori per spiegare cosa era successo. In realtà, poi, non voleva neanche raccontare ciò per cui era stato ridotto in quello stato. Forse il tono di voce con cui aveva parlato aveva tratto in inganno Roze, fatto sta che il Cavaliere si sentì rispondere -Tranquillo fratellone, non volevo criticare la tua ragazza.- parole che la Strega accompagnò con un sorrisetto beffardo che portò il ragazzo a sbuffare. -Sei completamente fuori strada, Roze.- le rispose secco, lasciando cadere il discorso. Roze non disse più nulla, limitando a curare la ferita. Dopo aver spalmato l'unguento contenuto in entrambe le boccette, aver pronunciato un incantesimo di chissà che genere ed avergli poi fasciato di nuovo il tutto, Rozenwyn si rialzò e, piantando le mani sui fianchi, disse -Ecco qua, pronto per tornare a farti bello agli occhi delle altre.- Quella frecciatina portò Goron ad affilare lo sguardo, poi si limitò a ringraziare la sorella ed a tornare nella sala, sperando di ritrovare tutte e tre le donne che vi aveva lasciato.
    Freya non era scappata e, anzi, Goron la trovò a conversare più o meno tranquillamente con sua madre e sua sorella. Il Cavaliere arrivò proprio mentre la ragazza diceva alle due donne di casa che voleva solo assicurarsi che lui stesse bene. -Massimo un paio di giorni e tornerò completamente in forma, Freya.- esordì quindi, avvicinandolesi e poi sedendosi su una delle poltrone libere. Rimase in silenzio a fissare le proprie mani per un po', poi alzò lo sguardo su sua madre. -Abbiamo bisogno di rimanere qui fino a che questa dannata ferita non si chiude del tutto, così potrò riportarla a casa sua senza rischiare il collasso.- le spiegò, certo comunque che per Isolde non ci fosse nulla in contrario.
    Goron Muireadhach @
     
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